Fino a pochi anni fa era la regalità di Cristo, il suo impero eterno che la Liturgia cantava in questa Domenica, unendo i suoi cantici a quelli dei Cori angelici nell’adorazione del Dio fatto uomo (Introito della Messa della Domenica nell’Ottava della Epifania). Ma la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo e dalla sua materna sollecitudine, ha pensato che poteva essere opportuno invitare le generazioni del nostro tempo a considerare oggi le mutue relazioni di Gesù, di Maria e di Giuseppe, per raccogliere le lesioni che esse contengono e trarre profitto dai soccorsi così efficaci che offre il loro esempio (Martirologio romano). Il fatto che nel Messale è assegnato lo stesso brano evangelico alla Domenica nell’Ottava dell’Epifania e alla recente festa della Sacra Famiglia, non è stato senza influsso – si può supporre – sulla scelta del posto che occupa ormai nel calendario la nuova solennità.
Questa d’altronde non distoglie completamente il
nostro pensiero dai misteri del Natale e dell’Epifania: la
devozione alla sacra Famiglia non è forse nata a Betlemme, dove
Maria e Giuseppe ricevettero dopo Gesù, gli omaggi dei pastori e dei
Magi? E se l’oggetto dell’odierna festa sorpassa i primi momenti
dell’esistenza terrena del Salvatore e si estende ai trenta anni
della sua vita nascosta, non si trovano forse già presso la
mangiatoia alcuni dei suoi aspetti più significativi? Gesù, nella
volontaria debolezza in cui lo pone il suo stato d’infanzia, si
abbandona a coloro che i disegni del Padre suo hanno affidato alla
sua custodia; Maria e Giuseppe esercitano, nell’umile adorazione
riguardo a Colui che ha loro dato l’autorità, tutti i doveri che
impone la loro sacra missione.
Modello del focolare cristiano.
Più tardi il Vangelo, parlando della vita di Gesù
fra Maria e Giuseppe a Nazareth, la descriverà con queste sole
parole: “Ed era loro sottomesso. E la madre custodiva nel suo cuore
tutte queste cose, e Gesù cresceva; in sapienza, in età e in grazia
davanti a Dio e davanti agli uomini” (Lc 2,51.52). Per quanto breve
sia in questo caso il testo sacro, esso scopre tuttavia al nostro
sguardo una luminosa visione d’ordine e di pace, nell’autorità,
nella sottomissione, nella dipendenza e nei mutui rapporti. La santa
casa di Nazareth si offre a noi come il modello perfetto del focolare
cristiano. Qui Giuseppe comanda con la calma e con la serenità,
perché ha coscienza, agendo in tal modo, di fare la volontà di Dio
e di parlare in suo nome. Sa che riguardo alla sua castissima Sposa e
al suo divin Figlio egli è molto inferiore, tuttavia la sua umiltà
gli fa accettare, senza timore né turbamento, il compito che gli è
stato affidato da Dio di essere il capo della sacra Famiglia, e come
un buon superiore non pensa a far uso dell’autorità se non per
adempiere più perfettamente l’ufficio di servitore, di suddito, di
strumento. Maria, come conviene alla donna, rimane modestamente
sottomessa a Giuseppe e, a sua volta, adorando Colui cui essa
comanda, dà senza esitare gli ordini a Gesù nelle mille occasioni
che presenta la vita di famiglia, chiamandolo, chiedendo il suo
aiuto, affidandogli questa o quella occupazione, come fa una madre
con il figlio. E Gesù accetta umilmente tale soggezione; si mostra
sollecito ai minimi desideri dei genitori, docile ai loro minimi
ordini. In tutti i particolari della vita ordinaria, egli, più
abile, più sapiente, più santo di Maria e di Giuseppe, e benché
ogni onore sia dovuto a lui, resta sottomesso a loro, e lo sarà fino
ai giorni della sua vita pubblica, perché quelle sono le condizioni
della umanità che ha rivestito e quello è il beneplacito del Padre.
“Sì – esclama san Bernardo preso dall’entusiasmo davanti a
spettacolo così sublime – il Dio al quale sono sottomessi gli
Angeli, al quale obbediscono i Principati, le Potestà, era
sottomesso a Maria; e non soltanto a Maria, ma anche a Giuseppe a
motivo di Maria! Ammirate dunque l’uno e l’altro, e osservate ciò
che vi sembra più ammirevole, se la benignissima condiscendenza del
Figlio o la gloriosissima dignità della Madre. Motivo di stupore da
entrambe le parti; miracolo sublime ancora da entrambe le parti. Un
Dio obbedisce a una creatura umana: ecco un’umiltà che non ha
riscontro; una creatura umana comanda a un Dio: ecco una sublimità
che non ha uguali” (Omelia I sul Missus est).
Salutare lezione quella che qui ci è presentata!
Dio vuole che si obbedisca e si comandi secondo il compito e le
funzioni di ciascuno, non secondo il grado dei meriti e della virtù.
A Nazareth, l’ordine dell’autorità e della dipendenza non è lo
stesso che quello della perfezione e della santità. Così avviene
pure spesso in qualsiasi società umana e nella stessa Chiesa: se il
superiore deve talvolta rispettare nell’inferiore una virtù più
alta della sua, l’inferiore ha sempre il dovere di rispettare nel
superiore un’autorità derivata dall’autorità stessa di Dio.
La sacra Famiglia viveva del lavoro delle sue mani.
La preghiera in comune, i santi colloqui con i quali Gesù si
compiaceva di formare ed elevare in maniera sempre crescente le anime
di Maria e di Giuseppe, avevano un proprio tempo, e dovevano cessare
davanti alla necessità di provvedere alle esigenze della vita
quotidiana. Povertà e lavoro sono mezzi di santificazione troppo
importanti perché Dio non li imponesse al piccolo gruppo benedetto
di Nazareth. Giuseppe esercitava dunque assiduamente il suo mestiere
di falegname, e Gesù, appena sarà in grado di farlo, condividerà
il suo lavoro. Nel II secolo, la tradizione conservava ancora il
ricordo dei gioghi e degli aratri fabbricati dalle sue mani divine
(San Giustino, Dialogo con Trifone, 88).
In quelle ore, Maria compiva tutti i suoi doveri di
padrona d’una umile casa. Preparava i pasti che Giuseppe e Gesù
dovevano trovar pronti dopo il lavoro, attendeva all’ordine e al
disbrigo delle faccende,e senea dubbio – secondo l’usanza di quel
tempo – provvedeva essa stessa in gran parte ai vestiti suoi e
della famiglia, oppure faceva per altri qualche lavoro il cui
compenso sarebbe servito ad aumentare il benessere di tutti. Così,
con la sua vita oscura ed attiva nella bottega di Giuseppe, Gesù ha
elevato e nobilitato il lavoro manuale che è la sorte della maggior
parte degli uomini. Assumendo per sé e per i genitori la condizione
di semplice artigiano, egli ha meravigliosamente onorato e
santificato la condizione delle classi lavoratrici, che possono d’ora
in poi venire a cercare, in così augusti esempi, insieme ad un
incoraggiamento nella pratica delle più nobili virtù, un motivo
costante di soddisfazione e di felicità (Leone XIII, Breve Neminem
fugit del 14 giugno 1892).
Così ci appare la sacra Famiglia sotto l’umile
tetto di Nazareth, vero modello di quella vita domestica con i suoi
mutui rapporti di carità e le sue ineffabili bellezze, che è la
sfera d’azione di milioni di fedeli in tutto il mondo; dove il
marito comanda come faceva Giuseppe, la moglie obbedisce come faceva
Maria; dove i genitori sono solleciti dell’educazione dei figli, e
dove questi ultimi tengono il posto di Gesù con l’obbedienza, il
progresso, la gioia e la luce che diffondono intorno a sé. Secondo
l’espressione d’un pio autore che ci piace citare, il focolare
cristiano, per le grazie che ogni giorno e ad ogni istante sono
riversate dal cielo su di lui, per la moltitudine delle virtù che,
mette in azione e infine per la felicità di cui è lo scrigno, è
“come il vestibolo del Paradiso” (Coleridge, La vita della nostra
vita, ovvero la Storia di Nostro Signor Gesù Cristo, III, c. 16).
Cosicché non c’è da stupire se esso forma l’oggetto di continui
attacchi dei nemici del genere umano. E se questi riportano talora
qualche notevole vittoria sul regno fondato quaggiù da Nostro
Signore, ciò avviene quando riescono a contaminare il matrimonio, a
distruggere l’autorità dei genitori, a raffreddare gli affetti e i
doveri che legano i figli al padre e alla madre. Non v’è invasione
di orde barbariche avanzanti attraverso una fiorente regione che
mettono a ferro e fuoco, che sia tanto odiosa agli occhi del cielo
quanto una legge che sanzioni lo scioglimento del vincolo
matrimoniale, o che sottragga i figli alla custodia e alla direzione
dei genitori. In tutto il mondo per misericordia di Dio, la famiglia
cristiana è stata stabilita e difesa dalla Chiesa come la sua più
bella creazione e il suo più .grande beneficio verso la società.
Ora la luce, la pace, la purezza- e la felicità del focolare
cristiano, è derivato tutto dalla vita trascorsa da Gesù, Maria e
Giuseppe nella santa casa di Nazareth.
Storia.
Il culto della sacra Famiglia si sviluppò
particolarmente nel secolo XVII, sotto la forma di pie associazioni
aventi come fine la santificazione delle famiglie cristiane sul
modello di quella del Verbo incarnato. Questa devozione, introdotta
nel Canada dai Padri della Compagnia di Gesù, non tardò a
propagarsi rapidamente grazie allo zelo di Francesco di
Montmorency-Laval, primo vescovo di Quebec. Il virtuoso Prelato, con
il suggerimento e il concorso del Padre Chaumonot e di Barbara di
Boulogne, vedova di Luigi d’Ailleboût di Coulonges, antico
governatore del Canada, eresse nel 1665 una Confraternita di cui egli
stesso ebbe cura di stendere i regolamenti, e poco tempo dopo istituì
canonicamente nella sua diocesi la festa della Sacra Famiglia di
Gesù, Maria e Giuseppe, disponendo che ci si servisse della Messa e
dell’Ufficio che aveva fatto comporre per tale circostanza
(Gosselin, Vie de Mgr. de Laval, I, e. 27).
Due secoli più te(di, davanti alle crescenti
manifestazioni della pietà dei fedeli riguardo al mistero di
Nazareth, il papa Leone XIII, con il Breve Neminem fugit del 14
giugno 1892, istituiva a Roma l’associazione della Sacra Famiglia,
con lo scopo di unificare tutte le Confraternite costituite sotto lo
stesso nome. L’anno seguente, lo stesso Sommo Pontefice decretava
che la festa della Sacra Famiglia si celebrasse nella terza Domenica
dopo l’Epifania dovunque era stata concessa, e la dotava d’una
nuova Messa e d’un Ufficio di cui egli stesso aveva voluto comporre
gli inni. Infine Benedetto XV, nel 1921, rendeva obbligatoria la
festa in tutta la Chiesa, e la fissava alla Domenica tra l’Ottava
dell’Epifania [1].
Epistola (Col 3,12-17). –
Fratelli: Rivestitevi adunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di
viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di modestia, di
pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se
alcuno ha di che dolersi d’un altro; come il Signore ci ha
perdonati, così fate anche voi. Ma soprattutto abbiate la carità,
che è vincolo della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale
siete stati chiamati in un solo corpo, trionfi nei vostri cuori; e
siate riconoscenti. La parola di Cristo abiti in voi nella sua
pienezza con ogni sapienza. Istruitevi ed esortatevi tra di voi con
salmi, inni e cantici spirituali, dolcemente a Dio cantando nei
vostri cuori. Qualunque cosa diciate o facciate, tutto fate nel nome
del Signore Gesù Cristo, rendendo, per mezzo di lui, grazie a Dio
Padre?
In questo brano dell’apostolo san Paolo troviamo
l’enumerazione delle virtù familiari che debbono adornare il
focolare cristiano: la dolcezza, l’umiltà e la pazienza, con le
quali le anime sono rafforzate contro l’urto dei difetti, le
divergenze di temperamento e di carattere; la mutua benevolenza la
quale fa sì che ciascuno cerchi di alleggerire il fardello degli
altri, non conosce le disgrazie e le infermità se non per addolcirne
l’amarezza; la misericordiosa indulgenza che perdona gli
inevitabili screzi e dispone i cuori offesi al perdono, sull’esempio
del Signore che tutto ha perdonato. Tutte queste disposizioni morali
hanno come radice la carità della quale appaiono come
l’irradiamento: per essa le relazioni domestiche sono perfezionate,
soprannaturalizzate, e si effondono nell’affetto profondo, nel
rispetto, nei riguardi, nella sottomissione e nell’obbedienza. La
pratica di queste virtù, unita agli atti di religione che vengono a
santificare tutte le gioie e tutte le pene legate naturalmente alla
vita familiare, assicura agli uomini il più largo margine di
felicità di cui possono godere quaggiù, ed è proprio in Gesù, in
Maria e in Giuseppe che bisogna cercarne il modello perfetto.
PREGHIAMO
O Signore Gesù Cristo che, sottomesso a Maria e a
Giuseppe, consacrasti la vita domestica con ineffabili virtù; fa’
che noi, per loro intercessione, imitiamo gli esempi della tua Santa
Famiglia e ne conseguiamo la compagnia in cielo.
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