domenica 29 dicembre 2013

Festa della Sacra Famiglia: presentazione di Dom Guéranger



Fino a pochi anni fa era la regalità di Cristo, il suo impero eterno che la Liturgia cantava in questa Domenica, unendo i suoi cantici a quelli dei Cori angelici nell’adorazione del Dio fatto uomo (Introito della Messa della Domenica nell’Ottava della Epifania). Ma la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo e dalla sua materna sollecitudine, ha pensato che poteva essere opportuno invitare le generazioni del nostro tempo a considerare oggi le mutue relazioni di Gesù, di Maria e di Giuseppe, per raccogliere le lesioni che esse contengono e trarre profitto dai soccorsi così efficaci che offre il loro esempio (Martirologio romano). Il fatto che nel Messale è assegnato lo stesso brano evangelico alla Domenica nell’Ottava dell’Epifania e alla recente festa della Sacra Famiglia, non è stato senza influsso – si può supporre – sulla scelta del posto che occupa ormai nel calendario la nuova solennità.

Questa d’altronde non distoglie completamente il nostro pensiero dai misteri del Natale e dell’Epifania: la devozione alla sacra Famiglia non è forse nata a Betlemme, dove Maria e Giuseppe ricevettero dopo Gesù, gli omaggi dei pastori e dei Magi? E se l’oggetto dell’odierna festa sorpassa i primi momenti dell’esistenza terrena del Salvatore e si estende ai trenta anni della sua vita nascosta, non si trovano forse già presso la mangiatoia alcuni dei suoi aspetti più significativi? Gesù, nella volontaria debolezza in cui lo pone il suo stato d’infanzia, si abbandona a coloro che i disegni del Padre suo hanno affidato alla sua custodia; Maria e Giuseppe esercitano, nell’umile adorazione riguardo a Colui che ha loro dato l’autorità, tutti i doveri che impone la loro sacra missione.




Modello del focolare cristiano.


Più tardi il Vangelo, parlando della vita di Gesù fra Maria e Giuseppe a Nazareth, la descriverà con queste sole parole: “Ed era loro sottomesso. E la madre custodiva nel suo cuore tutte queste cose, e Gesù cresceva; in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini” (Lc 2,51.52). Per quanto breve sia in questo caso il testo sacro, esso scopre tuttavia al nostro sguardo una luminosa visione d’ordine e di pace, nell’autorità, nella sottomissione, nella dipendenza e nei mutui rapporti. La santa casa di Nazareth si offre a noi come il modello perfetto del focolare cristiano. Qui Giuseppe comanda con la calma e con la serenità, perché ha coscienza, agendo in tal modo, di fare la volontà di Dio e di parlare in suo nome. Sa che riguardo alla sua castissima Sposa e al suo divin Figlio egli è molto inferiore, tuttavia la sua umiltà gli fa accettare, senza timore né turbamento, il compito che gli è stato affidato da Dio di essere il capo della sacra Famiglia, e come un buon superiore non pensa a far uso dell’autorità se non per adempiere più perfettamente l’ufficio di servitore, di suddito, di strumento. Maria, come conviene alla donna, rimane modestamente sottomessa a Giuseppe e, a sua volta, adorando Colui cui essa comanda, dà senza esitare gli ordini a Gesù nelle mille occasioni che presenta la vita di famiglia, chiamandolo, chiedendo il suo aiuto, affidandogli questa o quella occupazione, come fa una madre con il figlio. E Gesù accetta umilmente tale soggezione; si mostra sollecito ai minimi desideri dei genitori, docile ai loro minimi ordini. In tutti i particolari della vita ordinaria, egli, più abile, più sapiente, più santo di Maria e di Giuseppe, e benché ogni onore sia dovuto a lui, resta sottomesso a loro, e lo sarà fino ai giorni della sua vita pubblica, perché quelle sono le condizioni della umanità che ha rivestito e quello è il beneplacito del Padre. “Sì – esclama san Bernardo preso dall’entusiasmo davanti a spettacolo così sublime – il Dio al quale sono sottomessi gli Angeli, al quale obbediscono i Principati, le Potestà, era sottomesso a Maria; e non soltanto a Maria, ma anche a Giuseppe a motivo di Maria! Ammirate dunque l’uno e l’altro, e osservate ciò che vi sembra più ammirevole, se la benignissima condiscendenza del Figlio o la gloriosissima dignità della Madre. Motivo di stupore da entrambe le parti; miracolo sublime ancora da entrambe le parti. Un Dio obbedisce a una creatura umana: ecco un’umiltà che non ha riscontro; una creatura umana comanda a un Dio: ecco una sublimità che non ha uguali” (Omelia I sul Missus est).


Salutare lezione quella che qui ci è presentata! Dio vuole che si obbedisca e si comandi secondo il compito e le funzioni di ciascuno, non secondo il grado dei meriti e della virtù. A Nazareth, l’ordine dell’autorità e della dipendenza non è lo stesso che quello della perfezione e della santità. Così avviene pure spesso in qualsiasi società umana e nella stessa Chiesa: se il superiore deve talvolta rispettare nell’inferiore una virtù più alta della sua, l’inferiore ha sempre il dovere di rispettare nel superiore un’autorità derivata dall’autorità stessa di Dio.


La sacra Famiglia viveva del lavoro delle sue mani. La preghiera in comune, i santi colloqui con i quali Gesù si compiaceva di formare ed elevare in maniera sempre crescente le anime di Maria e di Giuseppe, avevano un proprio tempo, e dovevano cessare davanti alla necessità di provvedere alle esigenze della vita quotidiana. Povertà e lavoro sono mezzi di santificazione troppo importanti perché Dio non li imponesse al piccolo gruppo benedetto di Nazareth. Giuseppe esercitava dunque assiduamente il suo mestiere di falegname, e Gesù, appena sarà in grado di farlo, condividerà il suo lavoro. Nel II secolo, la tradizione conservava ancora il ricordo dei gioghi e degli aratri fabbricati dalle sue mani divine (San Giustino, Dialogo con Trifone, 88).


In quelle ore, Maria compiva tutti i suoi doveri di padrona d’una umile casa. Preparava i pasti che Giuseppe e Gesù dovevano trovar pronti dopo il lavoro, attendeva all’ordine e al disbrigo delle faccende,e senea dubbio – secondo l’usanza di quel tempo – provvedeva essa stessa in gran parte ai vestiti suoi e della famiglia, oppure faceva per altri qualche lavoro il cui compenso sarebbe servito ad aumentare il benessere di tutti. Così, con la sua vita oscura ed attiva nella bottega di Giuseppe, Gesù ha elevato e nobilitato il lavoro manuale che è la sorte della maggior parte degli uomini. Assumendo per sé e per i genitori la condizione di semplice artigiano, egli ha meravigliosamente onorato e santificato la condizione delle classi lavoratrici, che possono d’ora in poi venire a cercare, in così augusti esempi, insieme ad un incoraggiamento nella pratica delle più nobili virtù, un motivo costante di soddisfazione e di felicità (Leone XIII, Breve Neminem fugit del 14 giugno 1892).


Così ci appare la sacra Famiglia sotto l’umile tetto di Nazareth, vero modello di quella vita domestica con i suoi mutui rapporti di carità e le sue ineffabili bellezze, che è la sfera d’azione di milioni di fedeli in tutto il mondo; dove il marito comanda come faceva Giuseppe, la moglie obbedisce come faceva Maria; dove i genitori sono solleciti dell’educazione dei figli, e dove questi ultimi tengono il posto di Gesù con l’obbedienza, il progresso, la gioia e la luce che diffondono intorno a sé. Secondo l’espressione d’un pio autore che ci piace citare, il focolare cristiano, per le grazie che ogni giorno e ad ogni istante sono riversate dal cielo su di lui, per la moltitudine delle virtù che, mette in azione e infine per la felicità di cui è lo scrigno, è “come il vestibolo del Paradiso” (Coleridge, La vita della nostra vita, ovvero la Storia di Nostro Signor Gesù Cristo, III, c. 16). Cosicché non c’è da stupire se esso forma l’oggetto di continui attacchi dei nemici del genere umano. E se questi riportano talora qualche notevole vittoria sul regno fondato quaggiù da Nostro Signore, ciò avviene quando riescono a contaminare il matrimonio, a distruggere l’autorità dei genitori, a raffreddare gli affetti e i doveri che legano i figli al padre e alla madre. Non v’è invasione di orde barbariche avanzanti attraverso una fiorente regione che mettono a ferro e fuoco, che sia tanto odiosa agli occhi del cielo quanto una legge che sanzioni lo scioglimento del vincolo matrimoniale, o che sottragga i figli alla custodia e alla direzione dei genitori. In tutto il mondo per misericordia di Dio, la famiglia cristiana è stata stabilita e difesa dalla Chiesa come la sua più bella creazione e il suo più .grande beneficio verso la società. Ora la luce, la pace, la purezza- e la felicità del focolare cristiano, è derivato tutto dalla vita trascorsa da Gesù, Maria e Giuseppe nella santa casa di Nazareth.


Storia.


Il culto della sacra Famiglia si sviluppò particolarmente nel secolo XVII, sotto la forma di pie associazioni aventi come fine la santificazione delle famiglie cristiane sul modello di quella del Verbo incarnato. Questa devozione, introdotta nel Canada dai Padri della Compagnia di Gesù, non tardò a propagarsi rapidamente grazie allo zelo di Francesco di Montmorency-Laval, primo vescovo di Quebec. Il virtuoso Prelato, con il suggerimento e il concorso del Padre Chaumonot e di Barbara di Boulogne, vedova di Luigi d’Ailleboût di Coulonges, antico governatore del Canada, eresse nel 1665 una Confraternita di cui egli stesso ebbe cura di stendere i regolamenti, e poco tempo dopo istituì canonicamente nella sua diocesi la festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, disponendo che ci si servisse della Messa e dell’Ufficio che aveva fatto comporre per tale circostanza (Gosselin, Vie de Mgr. de Laval, I, e. 27).


Due secoli più te(di, davanti alle crescenti manifestazioni della pietà dei fedeli riguardo al mistero di Nazareth, il papa Leone XIII, con il Breve Neminem fugit del 14 giugno 1892, istituiva a Roma l’associazione della Sacra Famiglia, con lo scopo di unificare tutte le Confraternite costituite sotto lo stesso nome. L’anno seguente, lo stesso Sommo Pontefice decretava che la festa della Sacra Famiglia si celebrasse nella terza Domenica dopo l’Epifania dovunque era stata concessa, e la dotava d’una nuova Messa e d’un Ufficio di cui egli stesso aveva voluto comporre gli inni. Infine Benedetto XV, nel 1921, rendeva obbligatoria la festa in tutta la Chiesa, e la fissava alla Domenica tra l’Ottava dell’Epifania [1].


Epistola (Col 3,12-17). – Fratelli: Rivestitevi adunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di modestia, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se alcuno ha di che dolersi d’un altro; come il Signore ci ha perdonati, così fate anche voi. Ma soprattutto abbiate la carità, che è vincolo della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati in un solo corpo, trionfi nei vostri cuori; e siate riconoscenti. La parola di Cristo abiti in voi nella sua pienezza con ogni sapienza. Istruitevi ed esortatevi tra di voi con salmi, inni e cantici spirituali, dolcemente a Dio cantando nei vostri cuori. Qualunque cosa diciate o facciate, tutto fate nel nome del Signore Gesù Cristo, rendendo, per mezzo di lui, grazie a Dio Padre?


In questo brano dell’apostolo san Paolo troviamo l’enumerazione delle virtù familiari che debbono adornare il focolare cristiano: la dolcezza, l’umiltà e la pazienza, con le quali le anime sono rafforzate contro l’urto dei difetti, le divergenze di temperamento e di carattere; la mutua benevolenza la quale fa sì che ciascuno cerchi di alleggerire il fardello degli altri, non conosce le disgrazie e le infermità se non per addolcirne l’amarezza; la misericordiosa indulgenza che perdona gli inevitabili screzi e dispone i cuori offesi al perdono, sull’esempio del Signore che tutto ha perdonato. Tutte queste disposizioni morali hanno come radice la carità della quale appaiono come l’irradiamento: per essa le relazioni domestiche sono perfezionate, soprannaturalizzate, e si effondono nell’affetto profondo, nel rispetto, nei riguardi, nella sottomissione e nell’obbedienza. La pratica di queste virtù, unita agli atti di religione che vengono a santificare tutte le gioie e tutte le pene legate naturalmente alla vita familiare, assicura agli uomini il più largo margine di felicità di cui possono godere quaggiù, ed è proprio in Gesù, in Maria e in Giuseppe che bisogna cercarne il modello perfetto.






PREGHIAMO



O Signore Gesù Cristo che, sottomesso a Maria e a Giuseppe, consacrasti la vita domestica con ineffabili virtù; fa’ che noi, per loro intercessione, imitiamo gli esempi della tua Santa Famiglia e ne conseguiamo la compagnia in cielo.



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