venerdì 24 gennaio 2014

CHE COSA DESIDERO?


CHE COSA DESIDERO?
Che frutto abbiamo desiderato in tanti giorni di preghiera del mattino? Abbiamo desiderato la pace. Abbiamo pensato che la meditazione del mattino, come una immensa pianta, ci dia la sua ombra. Ci salverà dai calori quotidiani del mondo.

Ma non si può avere la pace solo desiderandola: se non facciamo più di questo, anche le preghiere per la pace saranno infruttuose. L'ammalato indebolito dalla malattia desidera dì essere liberato dal calore della febbre. Potrebbe gettarsi dentro l'acqua, ma ne avrebbe un sollievo momentaneo e poi l'ardore della febbre aumenterebbe. Se l'ammalato vuole la pace, ma non vuole la salute, non avrà né pace, né salute.

Per la nostra pace è necessario l'amore, ma noi ci accontentiamo solo di un po' di pace che ci avvolge per un po' di tempo di un tenero calore, che ci inganna. Dentro di noi diciamo sicuri: La preghiera ha avuto il suo frutto! Ma non vediamo in noi i frutti della pace; perché vediamo che la malattia non se ne va.

Avviene come le relazioni dell'ammalato con l'ambiente esterno: dove fuori c'è un po' di fresco per il corpo malato diventa freddo insopportabile; fuori dove il contatto è tanto dolce, per il corpo ammalato è sofferenza. È la nostra condizione: nella nostra condotta non teniamo le giuste misure con l'esterno: una piccola parola diventa tanto grande ed un fatto insignificante si fa tanto pesante.

Quando il peso cresce? Quando c'è attrazione verso il centro di gravità. Le cose leggere che sulla terra noi possiamo sollevare con tanta facilità, sul pianeta Giove le stesse ci possono spezzare le ossa, perché là l'attrazione di gravità è più grande che sulla nostra terra. È quello che succede in noi quando l'attrazione verso noi stessi diventa tanto grande. Dentro di noi c'è l'interesse che ci attira; attira anche l'orgoglio e così le cose diventano pesanti. Quello che è disprezzabile, solo per la mia attrazione interiore, mi opprime: tante piccole cose mi piegano; tante piccole parole mi fanno curvare a terra. Che guadagno abbiamo per una pace illusoria e momentanea?

Questa oppressione diventa leggera nell'amore. La sua attrazione ci libera e ne abbiamo avuto la prova tante volte nella vita. Il giorno in cui il nostro amore è spuntato in modo particolare, quel giorno non solo la luce del sole è diventata più brillante e il verde della foresta più verde, ma anche l'attrazione verso il mondo è diventata più leggera. Gli altri giorni davamo al mendicante cinquanta lire, quel giorno ne daremo cento. Vuol dire che le cento lire di oggi hanno lo stesso peso delle cinquanta lire di ieri. Ciò che un giorno ci annoiava, oggi non ci è più di alcun disturbo: d'improvviso il lavoro stesso è diventato leggero. Le lire sono le stesse lire ed il lavoro è lo stesso lavoro: solo è diminuito il peso, perché non c'è l'attrazione verso il centro dell'« io ». L'amore mi ha liberato e in un momento tutto il peso del mondo è diminuito. Se con le nostre preghiere non riusciamo a far leggero il peso del mondo, vuol dire che non abbiamo pregato.

Se sento ancora grave il peso del denaro e le cose ancora mi opprimono, tanto che non ho ancora la forza di liberarmi da esse; e se sento il lavoro pesante più di quello che è, devo concludere che l'amore non è ancora arrivato. La grazia richiesta non è ancora giunta.

Allora che cosa facciamo solo con un po' di pace? Ci tiene soddisfatti per poco tempo, nascondendoci le cose essenziali. Nell'amore non c'è solo pace, ma anche dolore. È come l'acqua del mare, con le sue basse e alte maree: con la sua alta marea non ei lascia inerti, ma ei riempie; con la sua bassa marea ci porta fuori. Finché l'amore non ci attira non c'è altro vantaggio nella pace e bisogna sentirei insoddisfatti. A sera andando a riposo porteremo dentro di noi una sofferenza e ci alzeremo al mattino con la stessa pena. Versa pur lacrime, ma non stare tranquillo.

Ogni mattina, quando si aprono le porte delle tenebre, possa vedere l'amico in piedi: sia un giorno di gioia, una gioia di dolore: sia un giorno di coraggio. Mi sono incontrato con Te: non ho alcuna preoccupazione: oggi posso sopportare tutto. Se manca l'amore non mi assillo troppo per la pace. Per mancanza di forza non riesco a sopportare le offese; ma se nasce la forza attraverso queste pene e dolori troverò l'amore e potrò prendermi sul capo ogni sofferenza.

O Amico, nella preghiera non Ti chiederò più la pace, Ti domanderò solo amore. L'amore verrà nella sofferenza e nella pace; verrà, fattosi pace e ansietà. In qualsiasi veste venga, io possa vedergli il volto e dire: Ti ho conosciuto, o Amico, Ti ho conosciuto!

Robindronath Tagore


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