martedì 11 febbraio 2014

Frate Ginepro...Della sua grande carità, che per consolare uno infermo tagliò il piede ad uno porco vivo


Il desiderio di consolare un frate ammalato fa compiere a frate Ginepro un gesto «assurdo»: tagliare la zampa ad un maiale vivo per poterla cucinare ed offrire all'in­fermo. L'ira del padrone dell'animale, lo scandalo dei frati e di tutta la gente, l'amarezza di Francesco vengo­no vinti dalla semplicità e dalla carità che il povero Ginepro manifesta in questa situazione imbarazzante. Quel giorno la mensa dei frati è rallegrata dal dono che l'uomo, prima offeso e poi pacificato, offre con genero­sità e San Francesco si augura che di frati come Ginepro ce ne siano una selva intera.

Una volta a santa Maria degli Angeli, frate Ginepro sì come infocato di carità divina, visitan­do un frate infermo, con molta compassione domandollo: «Possoti io fare servigio alcuno che ti piaccia?». Risponde lo infermo: «Molto mi sarebbe grande consolazione se tu mi potessi fare che io avessi uno peduccio di porco». Disse subito frate Ginepro: «Lascia fare a me, ch'io l'avrò inconta­nente». E va e piglia un coltello, che stava in cuci­na; e in fervore di spirito va per la selva, dov'era­no certi porci a pascere, e gittossi addosso a uno e tagliògli il piede e fuggì, lasciando il porco col pie' troncato; e ritorna e lava e racconcia e cuoce que­sto piede; e con molta diligenza apparecchiato bene, porta allo infermo il detto piede con molta carità. E questo infermo il mangia con grande avi­dità, non senza consolazione molta e letizia di frate Ginepro, il quale con grande gaudio, per fare festa a questo infermo, ripeteva gli assalimenti di questo porco.

In questo mezzo colui che guardava i porci e che vide frate Ginepro tagliare il piede, con grande amaritudine riferì tutta la storia al suo signore per ordine. E informato del fatto, viene costui al luogo de' frati molto turbato, chiamandoli ipocriti, ladroncelli e falsari, malandrini e male persone, però ch'aveano tagliato il piede al porco suo. A tanto rumore, quanto costui facea, ce trasse santo Francesco con tutti i frati, e con grande umiltà scu­sando i suoi frati, e come ignoranti del fatto, per placare costui, promettevano di ristorarlo d'ogni suo danno. Ma per tutto questo non fu costui appagato, ma con molta iracondia, villania e minacce si parte dai frati, replicando più e più volte come maliziosamente aveano tagliato il piede al porco suo; e nessuna escusazione né pro­missione accettando, partesi così scandolezzato.

Santo Francesco pieno di prudenza, tutti gli altri frati stupefatti, cogitò e disse nel cuore suo: «Avrebbe fatto questo frate Ginepro con indiscreto zelo?». E fece segretamente chiamare a sé frate Ginepro e domandollo: «Avresti tu tagliato il piede a uno porco nella selva?». A cui frate Ginepro, non come persona ch'avesse commesso difetto, ma parendogli aver fatta una grande carità, tutto lieto rispose e disse: «Padre mio dolce, egli è vero ch'io ho troncato al detto porco un piede, e la cagione, padre mio, se tu vuoi, odi con pazienza. Io andai a visitare il tale frate infermo»; e per ordine gli narra tutto il fatto, e poi aggiunge: « Io si ti dico che, considerando la consolazione che questo nostro frate ebbe, e il conforto preso dal detto piede, s'io avessi a cento porci troncati i piedi come ad uno, credo certamente che Iddio l'a­vrebbe avuto per bene». A cui santo Francesco con uno zelo di giustizia e con grande amaritudine disse: «O frate Ginepro, or perché hai tu fatto così grande scandalo? Non senza cagione quel buon uomo si duole ed è così turbato contro di noi; e forse egli è ora per la città diffamandoci di grande difetto, e ha grande cagione. Onde io ti comando per santa obbedienza che tu corra dietro a lui, tanto che tu lo giunga, e gittati in terra steso dinanzi a lui e digli tua colpa, promettendogli di fare soddisfazione tale e sì fatta, ch'egli non abbia materia di rammaricarsi di noi; ché per certo que­sto è stato troppo grande eccesso».

Frate Ginepro delle sopraddette parole fu molto ammirato, maravigliandosi che di tanto caritativo atto alcuno si dovesse turbare; imperò che pareva a lui queste cose temporali essere nulla, se non in quanto sono caritativamente comunicate col prossimo. Rispose: «Non dubitare, padre mio, che di subito io farollo contento. E per­ché debbe essere così turbato, con ciò sia cosa che questo porco, al quale io ho tagliato il piede, era piuttosto di Dio che suo, ed èssene fatta così gran­de carità?».

E così si muove a corsa, e giugne a questo uomo, il quale era turbato senza nessuna misura, e in cui non era rimasto punto di pazienza; e narra a costui come e per che cagione al detto porco ha troncato il piede, con tanto fervore ed esultazione e gaudio, quasi come persona che gli avesse fatto uno grande servigio, per lo quale da lui dovesse essere molto rimunerato.

Costui, pieno d'iracondia e vinto dalla furia, disse a frate Ginepro molta villania, chiamandolo fantastico e stolto, ladroncello, pessimo malandri­no. Frate Ginepro, di queste parole così villane molto maravigliandosi, avvegna Iddio che nelle ingiurie si dilettasse, e credendo che egli non lo avesse bene inteso, però che gli parea materia di gaudio e non di rancore; ripeté la detta storia, e gittossi a costui al collo e abbracciollo e ba­ciollo e dice come questo fu fatto solo per cari­tà, invitandolo e pregandolo a simile dello avanzo, in tanta carità e semplicità e umiltà, che que­sto uomo, tornato in sé, non senza molte lagrime si gittò in terra, e riconoscendosi della ingiuria fatta e detta a questi santi frati, va e piglia questo porco e uccidelo, e cotto il porta con molta divo­zione e con grande pianto a Santa Maria degli Angeli, e diedelo a mangiare a quelli santi frati, per la compensazione delle ingiurie dette e fatte loro. Santo Francesco, considerando la semplicità e la pazienza nelle avversità del detto santo frate Ginepro, a' compagni e agli altri circostanti disse: «Fratelli miei, volesse Iddio che di tali Ginepri io n'avessi una grande selva!». A laude di Cristo. Amen.


II testo è la traduzione libera della Vita Fratris Juniperi inserita nella Cronica XXIV Generalium (AF, III, 54-64).

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