sabato 15 marzo 2014

LA LEGGENDA DEL MONACO EPIFANIO


In ogni uomo il volto di Cristo
 


Sotto la dominazione normanna, all'inizio del secolo millennio, viveva in Sicilia un monaco di nome Epifanio.
Forse solo per talento naturale, o forse perché educato al culto delle immagini e all'uso dei segni, Epifanio era quasi giunto alla maturità coltivando un desiderio. Voleva dipingere una tavola, con un grande Cristo, che esprimesse tutto di Lui: la divinità e l'umanità, il mistero e la sua manifestazione. A volte il santo monaco si esaltava a fantasticare come sarebbe stata la sua tavola: ne vedeva i colori, immaginava i lineamenti del volto di Cristo, maestosi ma anche dolci, da amico. Altre volte, invece, cadeva in profondi scoramenti, perché giudicava presuntuoso quel sogno e perché pensava che mai avrebbe potuto trovare un modello per il Cristo.
Ma il Cristo continuava a delinearsi, a disfarsi e a ricomporsi dentro il suo animo. Spesso lo dipingeva con la fantasia e poi si inginocchiava a pregarlo, e passava così lunghe ore nella cella, sperando che Cristo stesso gli ispirasse qualcosa, e ingenuamente, gli prometteva che lui. il monaco Epifanio, avrebbe fatto accorrere attorno a quella tavola tanti uomini, don­ne e bambini, che si sarebbero convertiti all'osservanza dei suoi precetti, all'amore del prossimo e alla fedeltà verso la santa Chiesa. Purché lui. il Cristo, gli facesse la grazia.Un giorno il monaco Epifanio venne chiamato dal vecchio superiore, il quale lo accolse con benevolenza, si interessò della salute della sua anima e del suo corpo e poi gli disse: «Figliolo ascoltami bene, perché ti parlo a nome di Dio. So che nascondi nel segreto del tuo animo un grande disegno. Ebbene, dopo aver tanto pregato e meditato sono giunto a ritenere conforme ai piani di Dio ciò che desideri. Lo farai con la grazia di Dio. Va in pace e compi questa missione».
Cominciò dunque Epifanio il lungo pellegrinaggio, del quale non conosceva la meta, ma bensì lo scopo: doveva trovare un modello per dipingere il Cristo. Senza portar nulla con sé, si mise in viaggio verso Nord, vivendo di carità e fermandosi in tutti i villaggi e le città, mescolandosi alla gente dei mercati, nelle piazze, attorno ai castelli, nei campi, nelle foreste, ovunque potesse trovare il possibile volto di Cristo. Passarono così mesi, anni, senza che Epifanio riuscisse a trovare quello che cercava. Qualche volta gli era sembrato di scoprire il modello e aveva iniziato a dipingere. Ma poi si era fermato e aveva distrutto la tavola coperta dai primi segni e già dai primi colori. Si accorgeva che mancava sempre qualcosa al modello: o era troppo umano, o troppo angelico. o femmineo, o rude o banale! Attraversò momenti di scoraggiamento, durante i quali avrebbe senza dubbio rinunciato al progetto, se il ricordo delle parole del superiore non lo avesse sostenuto.


Un giorno Epifanio rifletté sul fatto che spesso gli accadeva di scorgere in un volto qualcosa, magari solo un particolare, che corrispondeva al modello immaginato. Ma tutto il resto non era adatto a completare il dipinto. Fu questa, per il monaco, una grande illuminazione. Ecco come avrebbe potuto condurre a termine l'impresa: cercando in tanti volti diversi le parti che avrebbero composto il suo Cristo. Da quel giorno mutò il modo di guardare la gente; perché andava cercando soltanto i particolari del modello. Quando avvenne tale cambiamento, si trovava all'incirca nelle campagne intorno a Roma e decise di continuare il viaggio verso nord. A poco a poco Epifanio riprese coraggio e cominciò a tracciare i primi segni sulla tavola. Incontrò la gioia in una fanciulla che cantava, chissà? forse pensava all'innamorato. Incontrò la forza di un contadino che trasportava pesanti sacchi di grano. Scopri la solennità nel volto di un vescovo che celebrava il pontificale.
Ritrasse la malinconia degli occhi rassegnati di una povera prostituta. Contemplò il segno della presenza di Dio sulla faccia implorante di un mendicante. La bontà gli si rivelò nell'atteggiamento di un prete che assisteva un ammalato; e sofferenza in questi.
Poi scopri la severità di un monaco che predicava la penitenza; e la giustizia di un saggio principe amato dai sudditi.  Una donna che allattava la creatura gli ispirò
la tenerezza; un ladro inseguito dalle guardie, la paura. Lesse nel pianto di una madre vedova un dolore immenso. Mentre l'allegria sprigionava dal canto di un giullare e la misericordia dalla mano benedicente di un vecchio confessore, Epifanio raccolse tanti altri particolari del modello: li mescolava, li sovrapponeva, li contemplava l'uno con l'altro e infine traduceva in segni e colori, cercando in ognuno anche la forma esteriore degli occhi, dei capelli, del collo, delle mani. Il Cristo andava prendendo sempre più consistenza, ma il monaco non ne era ancora contento. Gli sembrava che mancasse qualcosa.
Aveva raggiunto la riva del Po e un giorno stava riposando, seduto ai margini di un prato;quando senti il suono di un campanello che gli annunciava, come era prescritto, l'avvicinarsi di un lebbroso.Senti un brivido attraverso tutto il corpo, ma non si mosse. sia perché era molto stanco e sia perché non gli sembrava caritatevole fuggire davanti ad un fratello sventurato. Il lebbroso si fermò appena lo vide e gli parlò:
«Non avresti un pezzo di pane, anche duro, giacché non mangio da diversi giorni, fratello?»,
.— Aveva il volto coperto da bende e da un velo, e la sua voce si diffondeva come se giungesse da un luogo invisibile.
«Certo che le lo posso dare. Te lo lascerò qui accanto, perché tu lo possa raccogliere. Ma dimmi, chi sei tu, che mi sembri parlare con una voce nobile e dolce?»
«Che importa dirti il mio nome? Vedo che hai dipinto un 'immagine di Cristo. Dovresti sapere, fratello, che Lui ha detto di essere in ciascuno di noi che soffriamo. Dunque questo io sono: il Cristo che tu disegni».
 Epifanio fu molto turbato dalle parole del lebbroso e, dopo aver deposto il pezzo di pane, raccolse la bisaccia, la tavola e il bordone, salutò lo sconosciuto e riprese il cammino.
Poco lontano si fermò e diede alcuni tocchi di pennello sulla tavola dipinta. Ecco che cosa mancava a quel volto: il mistero del Cristo velato anche dopo la sua manifestazione. La tavola era così, completata e il monaco cercava un luogo dove fermarsi per sempre, lui e il suo Cristo, giacché era diventato ormai molto vecchio. Trovò un prato in mezzo al bosco; depose la tavola sotto una grande quercia nel cui tronco si era formala una specie di grotta naturale. La gente del villaggio vicino si accorse dell'arrivo di quel monaco che aveva portato una grande tavola con il Cristo raffiguralo, e cominciarono a venire uomini, donne, bambini, e offrire doni al santo monaco e a pregare davanti al Cristo. I romei aumentarono ogni giorno, Finché divennero una discreta folla. Passarono gli anni e il Signore concedeva ancora lunga vita al vecchio Epifanio. La devozione era tanto aumentata che gli uomini avevano costruito attorno al dipinto una chiesa. Poi alcuni di loro vollero vivere con Epifanio e divennero monaci, e costruirono un monastero. Un giorno Epifanio chiamò i fratelli e raccontò loro la storia del suo Cristo e cosi concluse:
«Poiché io ho conservato di ciascuno dei miei modelli il nome e il luogo dove li ho incontrali, vi domando la grazia di andarli a cercare e di portare qui quelli che ancora trovate vivi affinché vedano come il Signore si sia servito di loro per dare agli uomini la grazia».
I monaci andarono e con grande fatica e dopo lungo cercare, tornarono, portando quegli uomini e quelle donne che avevano trovato ancora vivi. Quando furono tutti davanti al Cristo, ciascuno cominciò a riconoscersi nell'immagine e,prima ne furono contenti, ma poi cominciarono a litigare, perché ognuno sosteneva che Cristo fosse solo la copia di se stesso. La gente che aveva costruito il santuario, invece, fu preda di molta delusione, perché diceva: «Ma allora quello non è il volto di Cristo, bensì di questi uomini, e dì queste donne, che ora sono vecchi e brutti e anche cattivi: infatti litigano tra loro e non si amano come comanda il Vangelo.»
La chiesa di pietra risuonava di grida, di imprecazioni. mentre di solito non si sentivano che preghiere dei fedeli e canti dei monaci.
II vecchio Epifanio allora si alzò lentamente dal centro del coro, dove si trovava e, appoggiato ritto al bordone, appena si fece un gran silenzio, cominciò a parlare:
Figlioli miei. sono venuti oggi a venerare il volto di Cristo coloro che hanno contribuito a dipingerlo: donne, uomini, vescovi, preti, monaci, principi, ladri, prostitute. Ma nessuno di voi è uguale al Cristo. E Cristo che è simile a tutti voi. allo stesso modo che un giorno decise di farsi uomo, senza cessare di essere Dio, e come ogni volta che si fa cibo consacrando il pane formato di tanti chicchi di grano. Questo volto di Cristo non sarebbe mai stato composto, se un giorno non avessi incontrato un santo pellegrino dal volto velato. che ora non è in mezzo a voi. Egli mi disse:
«lo sono Cristo». Quel giorno il  mio Cristo fu compiuto, perché mi fu ispirato il mistero che nessuno di voi mai avrebbe potuto rivelare. il mistero è questo: «Non cercate mai nel Cristo il volto di un solo uomo. ma cercate in ogni uomo il volto di Cristo. E ora andate e annunciate il mistero, perché tutti gli uomini possano scoprire il volto».
Da quel giorno si incontrano sempre, in qualche parte del mondo, uomini e donne che svelano il mistero del santo monaco Epifanio.



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