mercoledì 30 aprile 2014

Dai Discorsi di s. Giuseppe Benedetto Cottolengo - Fiducia nella Divina Provvidenza



Le persone sagge e prudenti secondo le stolte idee del mondo non mettono già la loro totale confiden­za nella Divina Provvidenza, ma nella loro industria, cura e sollecitudine, nelle loro facoltà, nell'appoggio degli amici e dei figliuoli, come appunto li descrive con queste parole il profeta: Essi confidano nella loro forza; si vantano della loro grande ricchezza (Sal 48, 7).
Ma stolte e pregiudicate si devono dire tali per­sone, perché non dovrebbero confidare in se stes­se, non negli amici, i quali d'ordinario dacché sono giunti a occupare posti più alti, o a possedere più ampie sostanze, non li mirano più con occhio di amore; non nella loro figliuolanza, che perlopiù ama assai più le paterne sostanze; non nei grandi del secolo e in qualsivoglia altra persona del mon­do, nelle quali, secondo l'avviso di Davide, non v'ha salute e speranza di sicuro soccorso; non nella for­tuna che gli possa ridere piacevole in faccia, per­ché quell’ instabile ruota spesso pesta sotto il grave peso di mille infelicità colui che poco prima per l'auge di felicità l'innalzava fin sopra le stelle; non nelle ricchezze che presto sfuggono dopo un lam­po di brevissima durata; non nelle forze del loro in­gegno che sovente per giusto voler di Dio si cam­bia in oscurità e densa caligine; non negli onori che come fumo si dissipano veloci; e infine non in qual­sivoglia altra sorgente temporale per essere tutte vanità e inconsistenza.
Nella sola Divina Provvi­denza confidar deve l'uomo, sicuro che questa nel governo universale del mondo non manca, né man­cherà mai; in questa si deve sperare, su di questa come su di sodo e immobile fondamento si deve poggiare, a questa pienamente affidarsi, e su di es­sa gettare ogni pensiero, desiderio e speranza, giu­sta l'importante avviso che ce ne dà il profeta: Get­ta nel Signore il tuo affanno (Sal 54, 23). Con que­sto non intendo dire che il ricco si spogli piena­mente delle sue ricchezze; che nessun conto faccia degli amici colui che per buona sorte ne ha, ma ve­ri amici; e che non debba prendersi l'uomo alcuna briga e interessamento per la sua salute e vantaggi temporali; no, non questo intendo; anzi si deve e procurare e conservare con grazia tutto il suddet­to; ma solo intendo rimproverare coloro che più si fidano degli appoggi temporali che del soccorso di­vino.
L'uomo si affatichi pure quanto gli piace, stenti e sudi per rendere stabile la sua casa e formare le sue fortune; se Iddio non benedice dall'alto, e con la sua provvidenza non Io seconda e lo sostiene, in breve ogni tesoro accumulato si disperderà qual polvere al vento e, come una casa fondata sulla re­na, cadrà ogni sua felicità. Lo disse già il salmista: Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode (Sal 126, 1).






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