sabato 19 aprile 2014

Giovanni va a prendere la Madre. Tratto da "L'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta - Libro n° 10 - Capitolo 607


  

Ore 10,30 del Venerdì Santo 1944 (7-4-44).
Ora che il mio interno ammonitore mi dice esser quella in cui Giovanni andò da Maria.
Vedo il prediletto ancor più pallido di quando era nel cortile di Caifa insieme a Pietro. Forse perché là la luce del fuoco acceso gli dava un riflesso caldo alle guance. Ora appare scavato come da una grave malattia ed esangue. Il suo viso emerge dalla tunica lilla come quello di un annegato, tanto è di un pallore livido. Anche gli occhi sono offuscati, i capelli opachi e spettinati, la barba, spuntata in quelle ore, gli mette un velo chiaro sulle guance e il mento e le fa apparire, biondo chiara come è, ancor più pallide. Non ha più nulla del dolce, ilare Giovanni, né dell'inquieto Giovanni che poco prima, con una vampa di sdegno sul volto, a fatica si è contenuto dal malmenare Giuda.
Bussa alla porta della casa e, come se dall'interno qualcuno, timoroso di ritrovarsi di fronte Giuda, chiedesse chi è che picchia, risponde: «Sono Giovanni». L'uscio si apre ed egli entra.
Va anche lui subito nel cenacolo, non rispondendo alla padrona che gli chiede: «Ma che avviene in città?».


Si chiude dentro e cade in ginocchio contro al sedile su cui era Gesù e piange chiamandolo con dolore. Bacia la tovaglia nel posto dove il Maestro tenne congiunte le mani, carezza il calice che fu tra le sue dita... Poi dice: «Oh! Dio altissimo, aiutami! Aiutami a dirlo alla Madre! Io non ho cuore!... Eppure devo dirlo. Io devo dirlo, poiché sono rimasto solo!».
Si alza e pensa. Tocca ancora il calice come per attingere forza da quell'oggetto toccato dal Maestro. Si guarda intorno... Vede, ancora nel suo angolo dove Gesù l'ha posto, il purificatoio usato dal Maestro per asciugarsi le mani dopo la lavanda e l'altro che si era cinto alla vita. Li prende, li piega e li carezza e bacia.
Resta ancora perplesso, ritto in mezzo alla stanza vuota. Dice: «Andiamo!», ma non si muove verso la porta. Anzi torna al tavolo e prende il calice e il pane spezzato in un angolo da Gesù per staccarne il boccone da dare a Giuda, intinto. Li bacia e, insieme ai due purificatoi, li prende e se li tiene stretti contro al cuore come una reliquia. Ripete: «Andiamo!», e sospira. Cammina verso la scaletta e la sale a spalle curve e a passi riluttanti e strascicati. Apre, esce.
«Giovanni, sei venuto?». Maria è riapparsa sulla porta della sua stanza, sorreggendosi allo stipite come se non avesse forza di star ritta da sola.
Giovanni alza il capo e la guarda. Vorrebbe parlare e apre la bocca. Ma non riesce. Due lacrimoni gli rotolano giù dalle guance. Curva il capo, vergognoso della sua debolezza.
«Vieni qui, Giovanni. Non piangere. Tu non devi piangere. Tu lo hai sempre amato e fatto felice. Ciò ti conforti».
Queste parole aprono le dighe al pianto di Giovanni, che diviene tanto alto e fragoroso da fare affacciare la padrona, Maria Maddalena, la moglie di Zebedeo e le altre...
«Vieni. da me, Giovanni». Maria si stacca dallo stipite e prende per un polso il discepolo, e lo trascina dentro alla stanza come fosse un bambino, e chiude la porta piano, per isolarsi con lui.
Giovanni non reagisce. Ma, quando si sente posare sul capo la mano tremante di Maria, cade in ginocchio posando al suolo gli oggetti che aveva contro il cuore e, viso contro il suolo, tenendo un lembo della veste di Maria premuto sul suo viso convulso, singhiozza: «Perdono! Perdono! Madre, perdono!».
Maria, ritta e ambasciata, con una mano sul cuore e l'altra pendente lungo il fianco, con una voce di strazio dice: «Che ti devo perdonare, povero figliuolo? Che? A te!».
Giovanni alza il volto, mostrandolo così come è, senza più traccia di orgoglio maschile, il volto di un povero bambino piangente, e grida: «Di averlo abbandonato! Di esser fuggito! Di non averlo difeso! Oh! Maestro mio! O Maestro, perdono! Dovevo morire prima di lasciarti! Ma dre, Madre, chi mi leverà più questo rimorso?». «Pace, Giovanni. Egli ti perdona, ti ha già perdonato. Non ha mai tenuto conto del tuo smarrimento. Ti ama». Maria parla con soste fra le brevi frasi, come presa da affanno, tenendo una mano sul capo di Giovanni e una sul suo povero cuore che palpita d'angoscia.
«Ma io non l'ho saputo capire neanche ieri sera... e ho dormito mentre Egli chiedeva il con- forto del nostro vegliare. Solo l'ho lasciato, il mio Gesù! E poi sono scappato quando quel maledetto è venuto coi manigoldi...» «Giovanni, non maledire. Non odiare, Giovanni. Lascia al Padre il giudizio di farlo. Ascolta: dove è Egli, ora?».
Giovanni torna a cadere faccia a terra, piangendo più forte. «Rispondi, Giovanni. Dove è mio Figlio?». «Madre... io... Madre, è... Madre...». «É condannato, lo so. Ti chiedo: dove è in questo momento». «Ho fatto tutto il possibile perché mi vedesse... ho cercato di ricorrere a chi è potente per ottenere pietà, per farlo... per farlo soffrire meno. Non gli hanno fatto molto male...».
«Non mentire, Giovanni. Neppure per pietà di una madre. Non ci riusciresti. E sarebbe inutile. Io so. Da ieri sera l'ho seguito nel suo dolore. Tu non le vedi. Ma le mie carni sono contuse dai suoi stessi flagelli, ma alla mia fronte stanno le spine, ho sentito le percosse... tutto. Ma ora... non vedo più. Ora ignoro dove è il mio Figlio condannato alla croce... alla croce... alla croce!... Oh! Dio, dammi forza! Egli mi deve vedere. Non devo sentire il mio dolore finché Egli sente il suo. Quando poi sarà... finito tutto, fammi morire allora, o Dio, se vuoi. Ora no. Per Lui no. Perché mi veda. Andiamo, Giovanni. Dove è Gesù?».
«Parte dalla casa di Pilato. Questo clamore è la turba che grida intorno a Lui, legato, sugli scalini del Pretorio, in attesa della croce o già camminante verso il Golgota».
«Avverti tua madre, Giovanni, e le altre donne. E andiamo. Prendi quel calice, quel pane, quei lini... Mettili qui. Ci saranno di conforto... poi... e andiamo».
Giovanni raccoglie gli oggetti rimasti al suolo ed esce per chiamare le donne. E Maria lo attende, passandosi sul viso quei lini come per ritrovare su essi la carezza della mano del Figlio, e bacia il calice e il pane, e mette tutto su una scansia. E si ammanta ben stretta nel suo manto calandolo fin sugli occhi, al di sopra del velo che le fascia il capo e le si attorciglia al collo. Non piange. Ma trema. E pare che l'aria le manchi tanto ansa a bocca aperta. Giovanni rientra seguito dalle donne piangenti.
«Figlie! Tacete! Aiutatemi a non piangere! Andiamo». E si appoggia a Giovanni, che la guida e sorregge come fosse una cieca.
La visione cessa così. Sono le 12,30 di ora, ossia le 11,30 dell'ora solare.

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