venerdì 16 maggio 2014

L'ARTE DI DIRE «NO» «Che il vostro sì sia sì e che il vostro no sia no» di Franck Olivier


Sono davvero numerosi coloro che soffrono di incapacità a dire «no». Di fronte a qualunque richiesta queste persone acconsentono, mentre avrebbero delle buone ragioni per rispondere negativamente. Ma si può guarire...
Quando rispondiamo «sì» mentre pensiamo «no», viviamo una stortura interiore che, alla lunga, ci condanna a comportamenti frustranti o di scarsa autostima. Non teniamo conto dei nostri bisogni personali: i desideri o le attese degli altri ci sembrano più importanti dei nostri.
Imparare a dire «no»
Questo comportamento conduce ad un vicolo cieco, a meno che non si tratti di una scelta matura e compiuta liberamente, per esempio di abnegazione per amore dell'altro, di evangelico rinnegamento di sé, di un atto d'amore gratuito..., ma ciò non ha niente a che vedere con una fondamentale incapacità di dire no. Nel rinnegamento di sé evangelico si tratta di dire sì anche avendo la possibilità di dire no senza per questo sentirsi colpevole, cattivo o peccatore.
Chi sceglie di dire sì per amore o abnegazione gusta il frutto dello Spirito, che è la gioia, la gioia del dono e non la sua contraffazione che e la frustrazione: «che il vostro parlare sia sì, sì, no, no: il di più viene dal maligno» (Mt 5, 37).
Imparare a dire no è anche una scuola di umiltà, di verità e di carità. Significa imparare a prendersi cura di sé, ad ascoltarsi, ad amare se stessi, per entrare in relazioni autentiche con gli altri.
Se non diciamo quello che pensiamo veramente e che sentiamo in noi, le nostre relazioni rischiano di venire prima o poi profondamente scosse. Lasciamo all'altro il compito altamente problematico di intuire quello che stiamo vivendo dentro di noi e siamo infelici quando, inevitabilmente, ciò non accade.

Mancanza di fiducia in sé
La principale origine delle malattie della comunicazione si trova molto spesso nella scarsa autostima. Il fatto di evitare di manifestare il proprio disaccordo di non esprimere un'opinione diversa, di non saper dire no, manifesta la ricerca della stima o dell'approvazione dell'altro ed è il segno evidente che si manca di stima di sé e si dubita della propria identità profonda.
Avendo, per così dire, affidato all'altro piuttosto che a Dio la nostra autostima, diventiamo incapaci di esprimere apertamente e precisamente le nostre idee personali e i nostri bisogni, che avvertiamo come minacciosi.
Chi è davvero radicato in Dio, in una profonda coscienza della propria identità, guarisce da questa scarsa autostima perché è consapevole di essere amato per ciò che è, incondizionatamente. Il proprio valore non deriva dalle sue azioni, dai suoi meriti o dall'approvazione degli altri, ma dall'amore divino nel quale egli è fondato. Uno dei più bei frutti di una vita spirituale autentica è di cessare di odiare se stessi e più ancora, di amarsi, accogliersi, accettarsi.
Perché non osiamo dire «no»
Dobbiamo metterci in testa che rispondere no a una domanda non è in se drammatico. Di solito non osiamo dire no, perché pensiamo che non è educato, non è caritatevole o perché temiamo di essere sgraditi o giudicati male. Abbiamo paura che gli altri ci rifiutino o ci detestino se non soddisfiamo le loro richieste.
Accade anche molto spesso che rispondiamo sì per timore di una reazione aggressiva o addirittura violenta. In tal caso viviamo sotto l'influsso di manipolatori, che giungono ai loro fini attraverso diverse tecniche, che vanno dalla seduzione alla minaccia..., e trovano nei nostri sensi di colpa un prezioso alleato alle loro manovre. Ma spetta a noi soltanto sapere e decidere ciò a cui vogliamo sottostare, fissare dei limiti, prendere atto e fare un ordine gerarchico dei nostri bisogni Siamo spesso presi in questa trappola: stabilire delle «equazioni» tra i comportamenti e poi fare giudizi di identità. Per esempio riteniamo che essere gentili o caritatevoli equivalga a dire sì e che dire no equivalga ad essere cattivi ed egoisti. Crediamo che dire no significa necessariamente opporsi, e stabilire inevitabilmente relazioni conflittuali, come se in fin dei conti non avessimo altra alternativa se non quella di essere sottomessi (passivi, gentili) o aggressivi (cattivi, peccatori).
Imparare a dire di no in modo sano, cioè senza aggressività, senza ferire il prossimo ed in modo da prendere in considerazione contemporaneamente i propri bisogni, quelli degli altri e la relazione con loro significa imparare ad assumere un comportamento radicato e ancorato nell'amore e nella presenza di Dio. Se non sappiamo dire no è perché confondiamo il dono di sé con il vittimismo.
L’arte di dire «no»
Ognuno di noi ha una propria visione del mondo, cioè un modo di rappresentare il modo in funzione dei propri valori, credenze, attese... Ora nessuno di noi conosce a priori la visione del mondo degli altri e gli altri non conoscono la nostra, se non siamo noi a fargliela conoscere. Noi e noi soltanto abbiamo la responsabilità di fargliela conoscere. Una delle caratteristiche della persona matura è precisamente di saper manifestare al momento opportuno i propri sentimenti, i propri desideri o bisogni e di prendere le proprie decisioni in coerenza con essi, l'uomo maturo si considera come il primo responsabile della propria vita e dei risultati che ottiene.
L'uomo maturo, pieno di Spirito Santo, non è opprimente, ma rassicurante. Dolcezza e umiltà non sono l'opposto di fermezza e sicurezza. Se c'è autorità non è mai autoritario. Se deve rispondere negativamente a una domanda lo fa in modo posato, caritatevole ma diretto, senza provare il bisogno di scusarsi o di giustificarsi. Evita di essere oggetto di manipolazioni, di lusinghe, di pressioni che tendono a trasmettere sensi di colpa o sottili minacce.
I principi pratici per rispondere negativamente ad una domanda in modo maturo sono alla fin fine molto semplici: * Verificare le proprie disposizioni interiori, essere chiari con le proprie motivazioni: il mio obiettivo è accusare l'altro o
manifestargli serenamente i miei bisogni o il mio modo di sentire? * Far precisare bene la domanda. Manifestare all'altro che si è capito ciò che egli desidera. * Svelare ciò che si prova di fronte all'insistenza della domanda. * Fare esplicita domanda di cambiamento se la richiesta persiste. * Per finire, usare la tecnica detta del «disco rotto»: ci si accontenta di dare le stesse risposte senza lasciarsi prendere
nell'ingranaggio delle giustificazioni o del ricatto affettivo.
Riconoscere i propri limiti
Una regola d'oro è l'apertura del proprio cuore, la manifestazione di ciò che si prova. Dicendolo si espongono i propri limiti e le propri debolezze personali, parlando di sé e non dell'altro, ciò che evita di farlo sentire sotto accusa: rinunciando a dire «tu sei un irresponsabile», «tu fai sempre così...», «tu sei così o cosà...».
Il principio per una buona comunicazione sta precisamente nel permettere alle divergenze di esprimersi, alle contrarietà di manifestarsi, alle differenze di esistere e di essere riconosciute come legittime. Avere propri bisogni e propri desideri ed esprimerli come tali senza timore di essere giudicato o rifiutato non è mancanza d'amore. Il problema non è tanto di essere in disaccordo, ma di essere incapaci di dirlo, di accettarlo e di gestirlo sanamente senza sentirsi minacciati o cadere nell'ingannevole paura di essere rifiutati, disprezzati o di provocare nell'altro la collera.
(Da Feti et Lumière, N° 206, mai 2002. p 14-17)



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