venerdì 11 luglio 2014

Certe fantasie sono fastidiose come le zanzare. Io le scaccio aggrappandomi alla realtà. Con il rosario in mano




Aprile 6, 2014 - padre Aldo Trento, missionario in Paraguay

Ero stanco e ho deciso di mettere la testa sul cuscino per un quarto d’ora, approfittando dell’occasione per recitare il santo Rosario. Riposare è per me pregare, e pregare è riposare. Stavo meditando i Misteri gioiosi ma, come spesso mi succede, non riuscivo a rimanere con lo sguardo fisso sui fatti che caratterizzavano la vita della Vergine nella sua gioventù, perché una zanzara continuava a tormentarmi appoggiandosi sul mio viso.
Con la mano destra mi sono preso a schiaffi cercando di ammazzarla, ma non c’è stato verso. Alla fine ha vinto lei la battaglia. Perciò mi sono seduto sul bordo del letto e ho pensato: ora posso utilizzare entrambe le mani per ucciderla prima che torni a toccarmi, perché in questa posizione la vedrò ben bene quando arriverà. Un pensiero inutile perché le mie grandi mani che soffrono di artrite non riuscivano ad acchiapparla. Alla fine mi sono alzato e sono uscito dalla stanza scegliendo un altro posto per finire la recita del Rosario.
L’episodio ha fatto emergere una considerazione. Ho fatto un paragone tra la zanzara e la fantasia; quest’ultima infatti è la pazza della casa (così la definiva santa Teresa d’Avila) e per questo motivo è difficile da controllare. Fa quello che vuole, sorprendendoti e distraendoti da quello che sei impegnato a fare in qualunque momento del giorno. Un vero fastidio per me.
Le fantasie sono state il tormento della mia vita, perché ostacolavano la mia attenzione. Spesso infatti mentre pregavo, senza rendermene conto, invece di fissarmi sui salmi e sui loro contenuti, mi trovavo “dall’altra parte del mondo”. Ricordo quanto mi disturbavano perché non riuscivo a frenarle né con la confessione né con la mia volontà.

A volte diventavano un tormento persino durante lo studio, tanto che dovevo riprendere continuamente la materia che stavo studiando. Per grazia del Signore avevo una memoria eccellente che mi permetteva di trattenere i contenuti. Avevo, tuttavia, un problema che i professori sottolineavano così: «Trento, non puoi essere come un pappagallo. Non basta imparare a memoria una poesia, è necessario capirne il significato, perché altrimenti nel tempo questa svanirà dalla tua mente». È come quando copi un problema di matematica dal tuo compagno di banco: pensi di ingannare il professore, ma quando questo ti chiede la spiegazione non sai ripetere niente.
Da dove nasce la mancanza di concentrazione, di attenzione? Dove ha la sua origine?
Sempre partendo della mia esperienza personale, il germoglio del progressivo dominio della fantasia rispetto alla ragione sta nella mancanza di osservazione e attenzione alla realtà. Le idee non sono innate nell’essere umano, bensì sono frutti (come lo afferma la stessa parola “idea”, dal verbo greco: oráo) del vedere, del guardare la realtà. Per questo mi è sempre piaciuta l’affermazione del giovane premio Nobel per la medicina, Alexis Carrel: «Molta osservazione e poco ragionamento portano alla verità, molto ragionamento e poca osservazione portano all’errore».
Per Carrel era evidente che la parola ragionamento aveva un significato negativo, frutto del razionalismo dell’epoca. Era uno scienziato ateo che si convertì grazie all’onestà e alla lealtà con la sua ragione, col suo cuore. Un giorno è voluto andare con una paziente malata al Santuario della Vergine di Lourdes, in Francia, per dimostrare che in quel posto dove la Madonna era apparsa a santa Bernadette e dove aveva fatto molti miracoli, si celebrava una grande “bugia”, una colossale menzogna. Grande è stata la sua sorpresa quando, mentre era a Lourdes, la sua paziente è guarita per grazia della Vergine. È stata la scintilla della sua conversione alla fede cattolica.

Occorre uscire dal proprio mondo
Solo chi è stato educato a guardare la realtà impara a non essere nel tempo vittima delle fantasie, cioè del razionalismo, e di quelle forme di nevrosi sintetizzate nella “famosa” diagnosi: soffre di una depressione ossessivo-compulsiva.
Ho imparato, pagando di persona, che l’origine del dominio delle fantasie nella vita umana dipende fondamentalmente dalla mancanza di nesso con la realtà. La fantasia, quando non è educata a incarnarsi nella realtà, si trasforma progressivamente in fantasie che sono fastidiose come le zanzare. Per questo, la strada per vincere questi disturbi è uscire dalla propria “stanza”, dal proprio mondo, per incontrare la realtà, unica grande amica dell’uomo, a costo di sbatterci la testa contro. È uscire da quell’immagine narcisistica che abbiamo di noi e che è come quelle pozzanghere nelle quali si riproduce il famoso aedes aegypti, origine del Dengue, una malattia tropicale che ogni anno fa moltissime vittime.
Viviamo in una cultura dove esiste una forma di razionalismo differente da quello dell’età moderna; ci troviamo nell’era della “virtualità”, dell’assenza delle relazioni non solo interpersonali, ma con la realtà intera. Per questo motivo i nostri ragazzi non vivono più con i piedi per terra e sono vittime delle peggiori fantasie.

Alcuni giorni fa David, un bambino che vive nell’opera San Rafael, mi ha detto: «Padre, il diavolo mi parla e mi dice: comportati male. Ma io gli ho risposto che non voglio, perché sono di Gesù». Gli ho chiesto quando sogna quelle stupidate. E lui: «Padre, mentre dormo ascolto la voce del diavolo che mi obbliga a comportarmi male». Gli ho dato il santo Rosario invitandolo ad andare a letto e ho chiesto a Fortunato, di 78 anni, di fargli compagnia. Piu tardi, mentre stavo cenando con gli altri che vivono in casa con me, sento il ragazzo parlare per conto suo e colpire il materasso piangendo. Quando sono entrato era nel pieno di una crisi isterica. L’ho accarezzato, parlandogli con affetto. Si è calmato. Era tranquillo, quand’ecco arrivare il vecchio Fortunato, fischiettando. Il ragazzo sentendolo si è spaventato, pensando che fosse uno dei miti delle leggende guaraní presenti nella stanza: l’Ao Ao, una bestia che assomiglia a una pecora con la testa di cinghiale. Si dice che l’unico modo di salvarsi è arrampicarsi su una palma pindó, l’albero sacro che ha alimentato Gesù. Il bambino aveva gli occhi spalancati dallo spavento. Mi sono arrabbiato con l’anziano: «Per favore Fortunato, basta con queste stupidate del Pombero» (altro personaggio della mitologia guaraní, che si presenta fischiettando e pretende dei doni per scongiurare la sua vendetta). Poco dopo il ragazzo si è finalmente addormentato.
Il giorno dopo avevo un importante incontro con i dirigenti di un’impresa. Il ragazzo è venuto con me e, prendendo il microfono, ha detto ai presenti: «Per favore, non guardate in tv i film dell’orrore, perché dopo vi appariranno i mostri, il diavolo. Io non voglio più vedere questi film perché non voglio stare male». Gabriele, l’altro ragazzo ribelle che vive con me, un giorno mi ha detto: «Padre, io guardo la tv per distrarmi dalla realtà che è brutta». In quel momento ho pensato che se don Giussani non ha mai voluto che il Gruppo Adulto avesse in casa la televisione avrà avuto le sue buone ragioni.
Adesso David è molto più tranquillo, sia perché ha una compagnia adulta che lo accompagna la sera, sia perché finalmente gli abbiamo tolto gli psicofarmaci che uno psichiatra, a mia insaputa, gli aveva dato. Le controindicazioni parlavano di allucinazioni. Così finalmente il diavolo è tornato all’inferno e noi con il Rosario in mano ci aggrappiamo alla realtà, il cui cuore è il battesimo che David ha ricevuto domenica 17 novembre.
http://www.tempi.it/blogs/post-apocalypto - padre Aldo Trento, missionario in Paraguay


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