lunedì 23 ottobre 2017

Sant’Antonio Maria Claret - Sallent (Catalogna, Spagna), 23 dicembre 1807 - Fontfroide (Francia), 24 ottobre 1870 - Tema: Apostolato sacerdotale



«Sapete che c'è una cosa che non ho mai potuto capire? È che, pur essen- do Nostro Signore infinitamente buono e amandoci senza misura, gli uomini lo amino così poco!» Queste parole ci rivelano il cuore di un grande apostolo, sant'Antonio Maria Claret.

Venuto al mondo l'antivigilia del Natale 1807, nella città industriale di Sallent, provincia di Barcellona, in Catalogna (Spagna nord-orientale), Antonio Claret viene battezzato il giorno della nascita del Salvatore. I suoi genitori, tessitori di cotone, sono profondamente cristiani. Le prime parole che insegnano ai loro figli sono i santi nomi di Gesù e di Maria. Il giovane Antonio ne deriva una grande devozione verso la Santissima Vergine di cui ama frequentare i santuari. Il giorno della sua prima Comunione, si considera il ragazzo più felice del mondo. È molto presto attratto verso il sacerdozio, ma suo padre lo destina al mestiere di tessitore e Antonio si appassiona a questa arte di cui diventa ben presto un esperto. Ragazzo modello, deve ciò nondimeno lottare per essere fedele al Signore. La lussuria e l'avarizia gli si presentano sotto forma di tentazioni seducenti. Per vincerle, si sforza di pregare di più, soprattutto la Santissima Vergine. In seguito, nel suo Catechismo della Dottrina Cristiana, darà questo consiglio salutare: «Se sei assalito da qualche tentazione, invoca Maria in quel momento, venera la sua immagine, e ti assicuro che se la invochi costantemente..., ti aiuterà senza fallo e tu non peccherai».

Troppi ostacoli

Un giorno, il giovane si rende conto che, nonostante la sua fedeltà alla preghiera quotidiana, incontra nel mondo troppi ostacoli per vivere in unione con Dio. Mentre si trova in chiesa, si vede assalito da così tante distrazioni che, malgrado i suoi sforzi per scacciarle, ha «in testa più macchine di quanti siano i santi in Cielo». Quando suo padre gli parla di un'offerta che permetterebbe di ingrandire la loro fabbrica, si scontra con l'esitazione di suo figlio. In effetti, da qualche tempo, quest'ultimo sente risuonare nel suo cuore le parole del Vangelo: A che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? (Mt 16,26). Poco dopo, un incidente gli fa sfiorare la morte; allora, comprendendo che Dio lo chiama, decide di abbandonare tutto.



Il suo primo pensiero è quello di lasciare il mondo per diventare Certosino; ma, dopo aver riflettuto, entra nel seminario di Vich. Sotto la guida di un prete oratoriano, compie rapidi progressi nella vita interiore, in particolare nell'umiltà. Se qualcuno lo loda per i doni naturali e soprannaturali che possiede in abbondanza, risponde: «Sì, sono come un asino carico di gioielli e pietre preziose, ma che è comunque un asino.» Riceve l'ordinazione sacerdotale il 13 giugno 1835, poi viene nominato vicario nella sua parrocchia natale di cui diventerà parroco due anni dopo. Gli abitanti di Sallent sono edificati da questo giovane sacerdote, così preciso negli uffici, e così attento nella celebrazione della santa Messa. Si fa anche notare la sua carità verso i poveri e gli ammalati, perché don Claret dona senza riserve, fino al punto da non tenere nulla per sé. Il suo zelo nell'istruire è ardente, e approfitta del suo tempo libero per immergersi nuovamente nello studio.

Attorno al giovane sacerdote, il mondo sta perdendo i suoi punti di riferimento: molti suoi contemporanei hanno una fede indebolita; anche negli ambienti cattolici, il liberalismo s'infiltra nelle menti. «Il liberalismo in religione, sottolineava il beato John Newman, contemporaneo di Antonio Claret, è la dottrina secondo la quale non esiste verità assoluta in religione, ma un credo vale l'altro... Esso non ammette che una religione possa essere considerata vera... Insegna che la religione rivelata non è una verità, ma una questione di sentimento e di gusto, che non è né un fatto oggettivo, né miracolosa.» Eppure, Gesù ci ha rivelato che è Egli stesso la Verità (Gv 14,6). Don Claret si adopera a combattere contro questo flagello del liberalismo filosofico e religioso, e a radicare profondamente nei cuori i principi della fede e della morale cristiane, il destino ultimo dell'uomo, e la vanità del mondo.

Nel 1839 si reca a Roma dove entra nel noviziato della Compagnia di Gesù. Questa prova dura solo pochi mesi, ma gli dà un nuovo slancio per lavorare alla salvezza delle anime. «Dio mi ha fatto una grande grazia, scriverà nella sua autobiografia, nel portarmi a Roma per farmi vivere, anche se per un breve periodo, con questi religiosi così ferventi. Fosse piaciuto a Dio che ne avessi approfittato meglio! Ma se il beneficio è stato abbastanza esiguo per me, è stato notevole per il prossimo. È lì che ho imparato il buon metodo per tenere gli Esercizi di sant'Ignazio e per predicare, per insegnare il catechismo e per confessare con grande profitto delle anime. Siate benedetto per tutto, mio Dio, fate che io vi ami e che vi faccia amare e servire da tutti! Che tutte le creature sperimentino quanto siete buono e misericordioso!» In seguito, dirà degli Esercizi: essi «sono uno dei mezzi più potenti di cui io mi sia servito per la riforma del clero».

Al suo ritorno in Spagna, nel 1840, don Antonio viene nominato parroco di Viladrau. Qui, dà la piena misura del suo amore per il prossimo. «Stabilito nella parrocchia di Viladrau, egli scriverà, vegliavo come meglio potevo ai bisogni spirituali dei fedeli. Nelle domeniche e nei giorni festivi, spiegavo il Vangelo durante la Messa solenne, e di sera insegnavo il catechismo ai ragazzi e alle ragazze. Ogni giorno visitavo gli ammalati. Sfortunatamente, non c'era nessun medico in quella città. Ecco come fui nello stesso tempo il medico delle anime e il medico dei corpi, utilizzando le mie conoscenze generali e quelle che attingevo in libri di medicina... Il Signore ha così ben sostenuto il mio zelo che nessuno dei malati passati tra le mie mani è morto.»

Cercare le vere cause

«Al mio arrivo a Viladrau, rivelerà ancora, quelli che si dicevano posseduti (dal demonio) erano molto numerosi e le loro famiglie mi chiedevano insistentemente di esorcizzarli, perché ne avevo il potere. Constatavo che non ce n'era che uno su mille che fosse realmente indemoniato; il malessere degli altri aveva cause fisiche o morali.» Per porvi rimedio, don Claret dà qualche consiglio appropriato: avendo notato che, spesso, i presunti ossessi si lasciavano andare alla collera e all'abuso di alcool, raccomanda loro di accettare il loro male con pazienza, di non arrabbiarsi mai, e di vivere nella sobrietà. Poi, suggerisce loro di recitare tre volte al giorno sette «Padre Nostro» e sette «Ave Maria» in onore dei Sette Dolori della Santissima Vergine, di fare una buona Confessione di tutti i peccati della loro vita e di ricevere quindi la Santa Comunione. Nella maggior parte dei casi, coloro che seguono i suoi consigli vengono ben presto a ringraziarlo e dichiarano di essere completamente guariti.

Una delle occupazioni preferite di Antonio Claret è l'insegnamento del catechismo: «Essendo il catechismo la base dell'istruzione morale e religiosa dei bambini, ho sempre pensato che fosse il più importante dei mezzi di apostolato. Poiché la mente dei bambini è più malleabile di quella degli adulti, possono impararlo facilmente e conservarlo, per così dire, impresso nella loro mente... Quello che mi ha spinto più fortemente a istruire i bambini è l'esempio di Gesù Cristo e dei santi. Lasciate che i bambini vengano a me, ha detto Nostro Signore; e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno dei cieli (Mc 10,14). È certo che, agli occhi di Dio, un bambino la cui innocenza è stata conservata con una buona educazione è un tesoro più prezioso di tutte le ricchezze del mondo.» Egli aggiunge: «Il catechismo agli adulti è, a mia conoscenza, il modo migliore per far loro del bene. Con il catechismo, vengono liberati dalla loro ignoranza, che è maggiore di quanto si possa immaginare. I predicatori si immaginano a volte che coloro che vengono ad ascoltare i loro sermoni siano già istruiti nella religione e nei loro obblighi: si sbagliano pesantemente... La materia del mio catechismo era sempre basata sui Comandamenti di Dio che commentavo più o meno ampiamente... Non attaccavo mai i vizi predominanti del mio uditorio all'inizio; aspettavo, per farlo, di essermelo accattivato. E allora, percependolo ben preparato, affrontavo le questioni più gravi; i miei ascoltatori, vedendo che demolivo i loro piccoli idoli, non si rivoltavano, e molti si pentivano delle loro colpe.»

Un mezzo di azione efficace

Oltre alle istruzioni catechetiche, don Claret si dedica a far del bene a tutti quelli che incontra: «Un altro mezzo di azione sulle anime sono le conversazioni familiari, e quanto è efficace! Da studente, ho letto che, tra i primi membri della Compagnia di Gesù, c'era un Fratello laico che era incaricato degli acquisti. Usciva tutti i giorni per adempiere ai doveri del suo incarico e, nelle sue conversazioni con i secolari, era così edificante e così cortese che ha convertito più anime di qualsiasi missionario. Questo esempio mi ha fatto un'impressione così buona che ho sono sempre cercato di imitarlo.»

Egli si dedica inoltre a tenere delle missioni popolari in cui non esita a predicare sui «novissimi dell'uomo»: la morte, il giudizio, il Paradiso, l'inferno. Già nella sua infanzia queste verità fondamentali avevano lasciato un segno in lui: «I primi pensieri che hanno occupato la mia mente infantile, scrive, almeno quelli di cui mi è rimasto il ricordo, riguardano l'eternità. Avevo cinque anni; ero a letto e non dormivo, e pensavo a queste parole: sempre, sempre, eternità! Mi immaginavo una distanza enorme; a questa ne aggiungevo un'altra, poi un'altra, e un'altra ancora, e non arrivavo mai alla fine. Allora il mio piccolo cuore rabbrividiva e mi dicevo: quelli che cadono nell'inferno non finiranno quindi mai di soffrire? No, mai. Soffriranno sempre? Sempre. Ero preso da una grande pena per coloro che cadono in queste fiamme, e il mio cuore era affranto per il dolore, perché io sono, per natura, molto compassionevole. Da allora, questo pensiero è rimasto profondamente impresso in me, e posso dire che mi è sempre presente. È quello che mi ha spinto a operare per la conversione dei peccatori. Dico spesso a me stesso: è di fede che basta un solo peccato mortale per far condannare un'anima, a causa della malizia infinita del peccato mortale, che è un'offesa a un Dio infinito. Dati questi principi assolutamente certi, quando vedo la facilità con cui si commette il peccato, quando vedo la moltitudine degli uomini che sono costantemente in peccato mortale, e che procedono quindi sulla strada verso la morte e verso l'inferno, come potrei rimanere in riposo? Bisogna che io corra, che gridi. Dico a me stesso: se vedessi qualcuno cadere in un pozzo, in un braciere, certo mi mettere a correre e gridare per evitargli di cadere; perché non dovrei fare altrettanto per impedire agli uomini di cadere nel fuoco dell'inferno?»

Come un buon figlio

Nelle sue esortazioni, don Antonio ricorda la neces- sità di obbedire ai Comandamenti di Dio per giungere alla felicità eterna del Cielo: « È certo che Dio è tuo Padre; Egli infatti ti ha creato, e ha messo in te la sua immagine e la sua somiglianza, e vuole farti erede del patrimonio del Cielo; è per questo fine che ti ha creato. Ma Egli vuole anche che tu ti comporti come un buon figlio; e se tu non lo fai, cioè se trasgredisci i suoi Comandamenti, e se muori senza pentimento, non potrai raggiungere il fine per cui sei stato creato... Dio è tuo Padre e ti ama infinitamente. Questo amore che ha per te lo ha spinto a mandare suo Figlio per essere tuo Maestro e Medico; quest'ultimo, per guarire la tua malattia mortale, ha dato come rimedio il sangue delle sue vene, prodigando la dose di questo farmaco divino nei santi Sacramenti.» E per aiutare gli uomini a praticare i Comandamenti, che possono sembrar loro un fardello troppo pesante da portare, scrive ancora: «Caro Cristiano, devi sapere che è l'amore che ho per te che mi sollecita a scrivere quello che sto per dirti... Che Dio mi sia testimone che quello che dico è la verità, e che desidero unicamente la tua felicità. Vuoi essere felice in questo mondo e nell'altro? C'è un segreto: non peccare, e tu l'otterrai. Vuoi non peccare affatto? C'è per questo un rimedio infallibile: ricordati della morte; pensa che devi morire, e non peccherai... Presta quindi attenzione ai consigli che mi sono dettati dal desiderio che ho del tuo bene. Metti ordine ora nelle tue faccende e disponiti nello stato in cui vorrai trovarti al momento della morte. Fa' una confessione sincera e piena di dolore per i tuoi peccati; fuggi il male; fa' riserva di buone opere, poiché sono le sole che potrai portare con te da questo mondo.»

Antonio Claret pubblica oltre 150 libri e opuscoli e fa stampare numerose immagini sacre. Diverse conversioni vengono suscitate attraverso questo mezzo modesto. Egli fonda anche numerose confraternite. Ma la grande opera della sua vita è la fondazione della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, istituita il 16 luglio 1849. Si tratta di un gruppo di sacerdoti che si dedicano alla predicazione e alla catechesi, conducendo nello stesso tempo una vita religiosa fervente. Egli stesso descrive ciò che deve essere un membro di questa congregazione: «Un Figlio del Cuore Immacolato di Maria è un uomo che si consuma d'amore e che infiamma tutto sul suo cammino. È un uomo che si spende sempre sosta per accendere nel mondo il fuoco dell'amore divino... Non pensa mai se non a una cosa: lavorare, soffrire e cercare sempre la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime, per imitare Nostro Signore Gesù Cristo.»

Questa imitazione del Signore passa attraverso la pratica della virtù dell'umiltà. Don Claret scrive: «Ho cercato di imitare Gesù che ci ha detto: Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime (Mt 11,29). Perciò, lo contemplavo continuamente nel presepio, al suo lavoro nel laboratorio, sul Calvario. Meditavo sulle sue parole, i suoi sermoni, le sue azioni, il suo modo di mangiare, di vestire, da andare da una città all'altra. Mi incoraggiavo sempre a seguire questo esempio e mi dicevo: nella circostanza in cui mi trovo, come agirebbe Gesù? Poi mi sforzavo di imitarlo ed ero gioioso pensando al piacere che gli procuravo imitandolo.»

Un incarico temuto

Tutte queste opere e virtù fanno notare Antonio Claret. Nel mese di agosto del 1849, viene nominato arcivescovo di Santiago de Cuba, nelle Antille spagnole. Nella sua umiltà, rifiuta energicamente, ma deve cedere alle insistenze del Nunzio apostolico. Riceve la consacrazione episcopale il 6 ottobre 1850, all'età di 42 anni, e aggiunge allora il nome di Maria al proprio nome. Il nuovo arcivescovo arriva in una diocesi vasta di superficie, ma povera materialmente e spiritualmente. La sua prima cura è quella di creare un seminario che formerà molti santi sacerdoti. Ma deve anche occuparsi della riforma del clero esistente. Ordina quindi a tutti i preti di trascorrere un mese all'anno presso il seminario per perfezionarvi i loro studi.

Il contesto politico di Cuba è difficile. Gli schiavisti locali rimproverano al nuovo arcivescovo la sua mansuetudine e lo considerano un rivoluzionario, mentre i separatisti gli rimproverano di essere spagnolo. Nonostante questo contesto, il Santo rimane in pace: «Resterò sulla croce fino a quando il Signore non me ne schiodi!» A coloro che vorrebbero vederlo rispondere per le rime ai suoi nemici, risponde: «Lasciateli stare; so quello che va bene per me. Le persecuzioni mi mantengono nell'umiltà e nella rassegnazione. Soffro, senza dubbio, dell'offesa che arrecano a Nostro Signore; ma mi aiutano a raggiungere il mio fine, e mi offrono l'opportunità di soffrire per l'amore di Dio.»

Un gran disordine morale regna allora a Cuba: molte persone convivono senza essere sposate. Mons. Claret fa il giro della diocesi, predica missioni, regolarizza le situazioni matrimoniali.

Questa cura pastorale del santo prelato a favore del matrimonio cristiano è del tutto comprensibile. Infatti, la relazione intima di unione fisica tra un uomo e una donna è un atto che ha un significato profondo. È segno del dono totale, esclusivo e definitivo di sé all'altro. Essa è quindi legittima solo quando le persone si sono effettivamente donate l'una all'altra con il matrimonio. «Che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano l'una nei confronti dell'altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia nell'altro, in se stesse o nell'avvenire?» chiede il Catechismo della Chiesa Cattolica, che prosegue affermando che la convivenza e «l'unione libera» sono situazioni che «costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l'atto sessuale deve aver posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla Comunione sacramentale» (CCC, 2390).

Restare al proprio posto

Nell'agosto del 1852, mons. Claret predice un terre- moto che scuote effettivamente Santiago: non vi sfugge un solo edificio, ma, grazie alle preghiere del Santo, non vi sono morti. Il 1° febbraio 1856, scampa per un pelo a un'aggressione perpetrata contro di lui da un uomo armato di una lama di rasoio che gli fa un profondo sfregio sul viso, dalla fronte fino al mento. Dopo essersi ripreso da questo attentato, l'arcivescovo fa un viaggio a Roma: papa Pio IX gli chiede di restare al suo posto. In uno spirito di fede e di obbedienza, egli ritorna a Santiago. Ma un anno dopo, viene richiamato in Spagna dalla regina Isabella II per essere suo confessore. Continuerà tuttavia, fino al 1860, ad amministrare la diocesi di Santiago. Al suo arrivo in Spagna, la regina gli spiega i motivi della sua scelta: lei vuole a tutti i costi fare la volontà di Dio e assicurare la salvezza della propria anima. Prima di accettare questo ministero, mons. Claret pone come condizione che non vivrà nel palazzo reale, e sarà libero di dedicarsi alla predicazione e alla visita degli ospedali. Durante i dodici anni in cui il Santo esercita l'incarico di cappellano, la coppia reale conduce una vita molto cristiana – assiduità ai sacramenti, recita quotidiana del rosario, pratica della lettura spirituale – e si mantiene in perfetta armonia. Le cene sontuose, i balli, il teatro sono più rari. Scompaiono gli abbigliamenti provocanti: a più riprese, mons. Claret aveva minacciato la regina di ritirarsi se non si metteva fine a questo scandalo.

Isabella II è particolarmente docile al suo direttore. Mons. Claret ha dato questa testimonianza: «Non dico a nessuno le verità così chiaramente come alla regina. Quando si tratta di altre persone, studio il modo per rendere loro meno amare le verità, ma a questa signora posso dirle complete e senza fronzoli, così come mi vengono in mente.» I viaggi della regina costituiscono per mons. Claret l'occasione per predicare sermoni, missioni e ritiri in tutta la Spagna.

Nel novembre 1868, Isabella II viene deposta dal trono da una rivoluzione: deve andare in esilio in Francia dove il suo confessore la segue. Quest'ultimo lascia quindi definitivamente la Spagna. Nonostante una salute sempre più precaria, mons. Claret veglia attivamente sulla colonia spagnola di Parigi. Il 30 marzo 1869, si reca a Roma per partecipare al primo concilio del Vaticano. Di ritorno in Francia nel luglio 1870, mentre l'ambasciatore di Spagna chiede il suo arresto, mons. Claret, avvertito in tempo dal vescovo di Perpignan, si rifugia presso l'abbazia cistercense di Fontfroide, in Linguadoca. È in questo ambiente di pace monastica che rende l'anima a Dio, il 24 ottobre 1870. È stato canonizzato il 7 Maggio 1950 da papa Pio XII. Oggi, i Figli del Cuore Immacolato di Maria o Missionari clarettiani sono circa tremila nel mondo.

Che sant'Antonio Maria Claret ci ottenga il dono di un rinnovato zelo per la gloria di Dio e la salvezza del prossimo, insieme con la forza necessaria per predicare con la nostra vita e le nostre parole la verità di Cristo, che è il solo a condurre alla felicità eterna!

Dom Antoine Marie osb


"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia (Website : www.clairval.com)".

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