Un
funzionario di Satana istruisce un giovane
diavolo apprendista, suo
nipote, spiegandogli quali mezzi ed
espedienti ha trovato per
esperienza più idonei per fare prigionieri gli uomini e strapparli
alla parte nemica; e nell'argomentare soppesa lodi e rimproveri allo
scopo di richiamare l'attenzione critica del discepolo sulle cause o
sui fatti che hanno
determinato un suo successo o un insuccesso
nella quotidiana
battaglia con i ministri di Dio.
Mio
caro Malacoda,
ho
notato quanto mi dici sull'opportunità di dirigere le letture del
paziente sottoposto alla tua cura, e di far sì che il più spesso
possibile stia in compagnia di quel suo amico materialista. Ma non ti
pare di essere un pochino ingenuo? Le tue parole fan pensare che tu
sia d'opinione che la discussione sia il metodo per tenerlo lontano
dalle grinfie del Nemico. Avrebbe potuto essere così se egli fosse
vissuto alcuni secoli fa. A quei tempi gli uomini avevano una
coscienza ancora abbastanza chiara di quando una cosa veniva provata
e di quando no; e, se gli argomenti erano convincenti, la credevano
veramente. Mantenevano ancora una relazione fra il pensare e l'agire,
ed erano pronti, come risultato di una serie di ragionamenti, a mutar
vita. Ma, un po' per mezzo della stampa settimanale, un po' con altre
armi, siamo riusciti in gran parte a mutare questo stato di cose. Il
tuo giovanotto è stato abituato, fin da ragazzo, ad avere nella
testa una dozzina di filosofie irriconciliabili fra di loro, che
danzano insieme allegramente. Non considera le dottrine come, in
primo luogo, "vere" o "false", ma come
"accademiche" o "pratiche", "superate"
o "contemporanee", "convenzionali" o "audaci".
Il gergo corrente, non la discussione, è il tuo alleato migliore
per tenerlo lontano dalla chiesa.
Non perder tempo nel tentare di
fargli pensare che il materialismo
è vero. Mettigli in mente che
è forte, o robusto, o coraggioso - che è la filosofia del futuro.
È di questo che si preoccupa. Il male della discussione è che
essa convoglia tutta la lotta sul terreno del Nemico. Anche Lui sa
discutere; mentre in quel genere di propaganda veramente pratica,
alla quale sto accennando, Egli si è dimostrato, da secoli, di
molto inferiore al Nostro Padre che sta Laggiù. Il fatto stesso di
discutere sveglia la ragione del tuo paziente, e, una volta che sia
sveglio, chi può prevedere i risultati che potrebbero seguire?
Anche se in qualche caso specifico un seguito di ragionamenti può
esser distorto in modo da farlo finire in nostro favore, t'accorgerai
d'aver rafforzato nel tuo paziente l'abito fatale di prestar
attenzione ai problemi universali e di allontanarlo dalla corrente
delle immediate esperienze sensibili. Il tuo lavoro dev'essere quello
di fissare la sua attenzione su questa corrente. Insegnagli a
chiamarla "la realtà della vita", senza permettere che si
chieda che cosa intende dire quando dice "realtà".
Ricordati che non è, come te, un puro spirito. Non essendoti mai
fatto uomo (Ah! quell'abominevole vantaggio del Nemico!) tu non puoi
capire come gli uomini siano schiavi dell'urgenza delle cose
ordinarie. Io avevo una volta un paziente, un ateo ben saldo, che era
solito recarsi a studiare nella biblioteca del British Museum. Un
giorno, mentre stava leggendo, m'accorsi che un certo filo del
pensiero cominciava a prendere una direzione sbagliata. Il Nemico,
naturalmente, gli fu in un attimo al fianco. Prima che riuscissi a
raccapezzarmi, vidi che il mio lavoro di vent'anni cominciava a
barcollare. Se, perdendo la testa, mi fossi messo a tentare una
difesa per mezzo di una discussione, sarebbe stata finita per me. Ma
io non sono così sciocco. Senza perder tempo colpii quella parte
che in lui era più di ogni altra sotto il mio controllo, e suggerii
che era giunto ormai il tempo di andare a fare un po' di colazione.
Il Nemico, è presumibile, (poiché sai che non è mai proprio
possibile riuscire ad afferrare ciò che Egli dice loro!) fece a sua
volta la contro-insinuazione che ciò che stava pensando era più
importante della colazione. Almeno io penso che la Sua linea sia
stata questa, perché, quando io osservai: « Perfettamente. Anzi,
è troppo importante perché ci s'accinga a trattarne a mezzogiorno
», il volto del paziente s'illuminò considerevolmente; ed io non
feci in tempo ad aggiungere: « Molto meglio tornare dopo pranzo, e
trattare l'argomento con mente fresca », che era già a mezza
strada verso la porta. Una volta sulla via la battaglia fu vinta. Gli
mostrai il giornalaio che gridava le notizie delle edizioni
pomeridiane, e un autobus, il n. 73, che passava, e prima che
giungesse in fondo ai gradini riuscii a convincerlo più che mai
che, siano pur strane fin che si vuole le idee che sorgono in capo
quando si è chiusi da soli con
i propri libri, una dose salutare
di "realtà della vita" (e con ciò intendevo dire
l'autobus e il giornalaio) bastava per dimostrargli che "tutte
quelle robe" semplicemente non potevano essere vere. Sapeva di
essersela cavata per poco, e più tardi provava un gran gusto nel
parlare di « quel senso inespresso della realtà che è la nostra
ultima salvaguardia contro le aberrazioni della logica pura ». Ora
egli è al sicuro nella casa di Nostro Padre. Capisci ora ciò che
voglio dire? Grazie a quei procedimenti che abbiamo cominciato a far
operare in loro
secoli fa, per loro è ormai quasi impossibile
credere a ciò che non è ordinario, mentre ciò che è ordinario
gli sta davanti agli occhi. Continua a battere il chiodo della
ordinar ietà delle cose. Soprattutto guardati bene dal fare il
tentativo di usare della scienza (voglio dire delle vere scienze)
come di una difesa contro il cristianesimo. Quelle scienze altro non
potrebbero fare che incoraggiarlo a pensare alle realtà che non
può toccare né vedere. Sono avvenuti tristi casi fra i moderni
studiosi di fisica. Se deve guazzar nella scienza, mantienilo
nell'economia e nella sociologia; non permettere che s'allontani da
quell'impagabile "realtà della vita". L'ideale è,
naturalmente, di non fargli leggere neppure una riga di veramente
scientifico, ma di infondergli l'idea generale grandiosa che egli
conosce tutta la scienza, e che ogni cosa che gli avvenga di
raccogliere in conversazioni casuali o nelle letture è "i
risultati della moderna investigazione". Ricordati bene che il
tuo dovere è di ubriacarlo. Dal modo con il quale alcuni di voi
giovani demoni parlate si potrebbe pensare che la nostra occupazione
sarebbe quella di insegnare.
Tuo
affezionatissimo zio Berlicche
II
Mio caro Malacoda,
ho
notato con profondo dispiacere che il tuo paziente s'è fatto
cristiano. Non nutrire speranza alcuna di sfuggire alle punizioni che
si sogliono infliggere in simili casi. Sono certo del resto che, nei
tuoi momenti migliori, neppure tu lo desidereresti. Nel frattempo è
necessario ricavare il meglio possibile da una tale situazione. Non
bisogna disperarsi. Centinaia di codesti convertiti adulti sono stati
recuperati dopo un breve soggiorno nel campo del Nemico ed ora sono
con noi. Tutte le abitudini del paziente, tanto le mentali quanto le
spirituali, ci sono ancora favorevoli. Uno dei nostri grandi alleati,
al presente, è la stessa chiesa. Cerca di non fraintendermi. Non
intendo alludere alla chiesa come la si vede espandersi attraverso il
tempo e lo spazio, e gettar le radici nell'eternità, terribile come
un esercito a bandiere spiegate. Confesso che questo è uno
spettacolo che rende nervosi i nostri più ardimentosi tentatori. Ma
fortunatamente essa è del tutto invisibile a codesti esseri umani.
Tutto ciò che il tuo paziente vede è quel palazzo, finito solo a
metà, di stile gotico spurio, che si erge su quel nuovo terreno.
Quando entra, vi trova il droghiere locale, con un'espressione
untuosa sul volto, che si dà da fare per offrirgli
un librino
lustro lustro che contiene una liturgia che nessuno di loro due
capisce, e un altro libriccino frusto, che contiene testi corrotti di
un certo numero di liriche religiose, la maggior parte orrende, e
stampate a caratteri fittissimi. Entra nel banco, e, guardandosi
intorno, s'incontra proprio con quella cernita di quei suoi vicini
che finora aveva cercato di evitare. Devi far leva più che puoi su
quei vicini. Fa' in modo che la sua mente svolazzi qua e là fra
un'espressione quale « il corpo di Cristo » e le facce che gli si
presentano nel banco accanto. Importa pochissimo, naturalmente, la
razza di gente che in realtà s'è messa nel banco vicino. Tu puoi
sapere magari che uno di loro è un grande combattente dalla parte
del Nemico. Non importa. Il tuo paziente, grazie al Nostro Padre
Laggiù, è uno sciocco. Se uno qualsiasi di questi vicini canta
con voce stonata, se ha le scarpe che gli scricchiolano, o la
pappagorgia, o se porta vestiti strani, il paziente crederà con la
massima facilità che perciò la loro religione dev'essere qualcosa
di ridicolo. Vedi, nella fase in cui si trova al presente, egli ha in
mente una certa idea dei "cristiani", che crede sia
spirituale, ma che, di fatto, è per molta parte pittoresca. Ha la
mente piena di toghe, di sandali, di corazze
e di gambe nude, e il
solo fatto che l'altra gente in chiesa porta vestiti moderni è per
lui una seria difficoltà, quantunque, naturalmente, inconscia. Non
permettere mai che venga alla superficie; non permettere che si
domandi a che cosa s'aspettava che fossero uguali. Fa' in modo che
ogni cosa rimanga ora nebulosa nella sua mente, e avrai a
disposizione tutta l'eternità per divertirti a produrre in lui
quella speciale chiarezza che l'Inferno offre. Lavora indefessamente,
dunque, sulla disillusione e il disappunto che sorprenderà senza
dubbio il tuo paioziente nelle primissime settimane che si recherà
in chiesa. Il Nemico permette che un disappunto di tal genere si
presenti sulla soglia di ogni sforzo umano. Esso sorge quando un
ragazzo, che da fanciullo s'era acceso d'entusiasmo per i racconti
dell'Odissea, si mette seriamente
a studiare il greco. Sorge quando
i fidanzati si sono sposati e cominciano il compito serio di imparare
a vivere insieme. In ogni settore della vita esso segna il passaggio
dalla sognante aspirazione alla fatica del fare. Il Nemico si prende
questo rischio perché nutre il curioso ghiribizzo di fare di tutti
codesti disgustosi vermiciattoli umani, altrettanti, come dice Lui,
suoi "liberi" amanti e servitori, e "figli" è
la parola che adopera, secondo l'inveterato gusto che ha di degradare
tutto il mondo spirituale per mezzo di legami innaturali con gli
animali di due gambe. Volendo la loro libertà, Egli si rifiuta di
portarli di peso, facendo uso soltanto delle loro affezioni e delle
loro abitudini, al raggiungimento di quegli scopi che pone loro
innanzi, ma lascia che "li raggiungano essi stessi". Ed è
in questo che ci si offre un vantaggio. Ma anche, ricordalo, un
pericolo. Se per caso riescono a superare con successo quest'aridità
iniziale, la loro dipendenza dall'emozione diventa molto minore, ed
è perciò più difficile tentarli. Quanto sono venuto esponendo
finora vale nella ipotesi che la gente del banco vicino non offra
alcun motivo ragionevole di disillusione. È chiaro che se invece lo
offrono - se il paziente sa che quella donna con quel cappellino
assurdo è una fanatica giocatrice di bridge, che quel signore con
le scarpe scricchiolanti è un avaro
e uno strozzino - allora il
compito ti sarà molto più facile. Si ridurrà a tenergli lontano
dalla mente questa domanda: « Se io, essendo ciò che sono, posso
in qualche senso ritenermi cristiano, per quale motivo i vizi
lidiversi di quella gente che sta lì in quel banco dovrebbero
essere una prova che la loro religione non è che ipocrisia e
convenzione? ». Forse mi chiederai se è possibile tener lontano
perfino dalla mente" umana un pensiero così evidente. Sì,
Malacoda, sì, è possibile! Trattalo come deve essere trattato, e
vedrai che non gli passerà neppure per l'anticamera del cervello.
Non è ancora stato a sufficienza con il Nemico per possedere già
una vera umiltà. Le parole che ripete, anche in ginocchio, sui suoi
numerosi peccati, le ripete pappagallescamente. In fondo crede ancora
che lasciandosi convertire, ha fatto salire di molto un saldo attivo
in suo favore nel libro mastro del Nemico, e crede di dimostrare
grande umiltà e degnazione solo andando in chiesa con codesti
"compiaciuti" vicini, gente comune. Mantiengli la mente in
questo stato il più a lungo possibile.
Tuo
affezionatissimo zio Berlicche
Mio
caro Malacoda,
sono
molto compiaciuto di quanto mi dici in merito alle relazioni di
questo giovanotto con sua madre. Ma devi sfruttar più che puoi la
posizione vantaggiosa in cui ti trovi. Il Nemico lavorerà dal
centro alla superficie, portando la condotta del paziente sempre
più, gradualmente, al nuovo livello, e, un momento o l'altro,
potrà raggiungere il suo modo di comportarsi con la vecchia
signora. È necessario che tu arrivi primo. Mantienti in stretto
contatto con il nostro collega Farfarello che ha in custodia la
madre, e vedete di imbastire in quella casa un'atmosfera costante di
disturbo reciproco, di giornaliere trafitture di spillo. Saranno
utili i metodi seguenti:
1.
Fissagli il pensiero sulla vita interiore. Egli pensa che la sua
conversione sia qualcosa che sta dentro di lui; perciò al presente
la sua attenzione è rivolta principalmente ai suoi propri stati
mentali - o piuttosto a quella purgatissima versione di essi che è
tutto quanto tu dovresti permetterti di fargli vedere. Incoraggialo
in ciò. Tiengli la mente lontano dai doveri più elementari,
sospingendolo verso quelli più progrediti e più spirituali.
Aggrava quella caratteristica umana che è utilissima: l'orrore e la
negligenza delle cose ovvie. Devi condurlo a una condizione nella
quale possa soffermarsi per una ora a fare l'esame di coscienza senza
riuscire a scoprire neppure uno di quei fatti suoi personali che sono
perfettamente chiari a chiunque abbia vissuto con lui nella stessa
casa o abbia lavorato nello stesso ufficio.
2.
È naturalmente impossibile impedirgli di pregare per sua madre, ma
noi possediamo dei mezzi per rendere innocue le sue preghiere.
Assicurati che esse siano sempre assai "spirituali", e che
egli si preoccupi sempre dello stato dell'anima di lei e mai dei suoi
dolori reumatici. Ne seguiranno due vantaggi. In primo luogo la sua
attenzione sarà tenuta su quanto egli considera i peccati di sua
madre. E, con un poco di manovra da parte tua, egli può venire
indotto a ritenere tali quelle qualsiasi azioni di lei che gli siano
scomode e che lo irritino. Così potrai continuare a fregare le
ferite della giornata e a renderle un poco più dolorose perfino
mentre sta pregando in ginocchio. L'operazione non è per nulla
difficile e la troverai assai divertente. In secondo luogo, dal
momento che le sue idee intorno all'anima di sua madre saranno
incomplete e spesso errate, egli, in qualche modo, pregherà per una
persona immaginaria,
e sarà tuo compito rendere quell'immaginaria
persona ogni giorno meno simile alla madre vera -: quella vecchia
signora che a tavola ha una lingua quanto mai tagliente. Col tempo
potrai ottenere che la separazione sia tanto vasta che nessun
pensiero, nessun sentimento possa traboccare dalle sue preghiere per
la madre immaginata nel suo modo di trattare la vera. Alcuni miei
pazienti erano diventati così maneggevoli che in un attimo si
riusciva a girarli dalla preghiera più spassionata per "l'anima"
della moglie o del figliuolo alle battiture o all'insulto della vera
moglie o del vero figliuolo senza neppure l'ombra d'uno scrupolo.
Quando
due esseri umani sono vissuti insieme per molti anni capita di solito
che ciascuno ha toni di voce ed espressioni di volto che riescono
quasi insopportabilmente irritanti all'altro. Sotto al lavoro, su
questo fatto. Presenta alla piena consapevolezza del tuo paziente
quel modo particolare che ha sua madre di alzar le sopracciglia che
non gli piaceva fin dall'infanzia, e fallo pensare a quanto gli sia
ora antipatico. Fagli supporre che ella sa che ciò gli dà molta
noia e che lo fa apposta per dargli noia. Se riesci a farlo, egli non
si accorgerà neppure che una tale supposizione è infinitamente
improbabile. E, naturalmente, non deve avere il minimo sospetto che
anche lui ha modi di parlare e sguardi che allo stesso modo recano
noia a lei. Ciò si ottiene facilmente, poiché non è in grado
né di vedersi né di ascoltarsi.
Nella
vita dei popoli civili, l'odio domestico si esprime di solito col dir
cose che sulla carta avrebbero un aspetto innocente (le parole non
sono offensive) ma con quella tal voce, o in quel tal momento, che le
portano non molto lontano dall'essere come uno schiaffo sulla faccia.
Perché questo gioco non abbia a cessare tu
e Farfarello dovete
fare in modo che ciascuno di questi due sciocchi abbia una specie di
misura duplice. Il tuo paziente deve esigere che tutto quanto egli
esprime deve essere interpretato come si presenta e giudicato
semplicemente secondo le parole dette, mentre, nello stesso tempo,
giudicherà tutte le espressioni di sua madre interpretando nel modo
più completo e più sensibile il tono della voce, il contesto,
l'intenzione sospetta. Ed essa deve essere incoraggiata a fare lo
stesso nei suoi riguardi. Così, alla fine di ogni lite ciascuno se
ne andrà convinto, o quasi convinto, di essere perfettamente
innocente. Tu sai che cosa succede: « Basta che le chieda l'ora del
pranzo perché dia in escandescenze ». Una volta che questa
abitudine ha messo radici, nasce quella deliziosa situazione di un
essere umano che dice cose con il proposito dichiarato di offendere,
e che tuttavia si lamenta quando l'altro si offende davvero. Da
ultimo, dimmi qualcosa sulla posizione religiosa della vecchia. È,
per caso, gelosa del nuovo elemento della vita di suo figlio? - se la
prende perché ha dovuto imparare da altri, e tanto in ritardo, ciò
che ella crede di avergli offerto di conoscere con tanta facilità
fin dalla fanciullezza? Ha l'impressione che stia facendo un po'
troppo "chiasso" - oppure che se la prenda troppo alla
leggera? Ricordati del fratello maggiore nella storiella del Nemico.
Tuo affezionatissimo zio Demccne
Mio
caro Malacoda,
le
proposte da dilettante che appaiono nella tua ultima lettera mi
suggeriscono che è ormai tempo che ti scriva esaurientemente sul
penoso argomento della preghiera. Avresti potuto fare a meno di dire
che il mio consiglio relativo alle sue preghiere per la madre « si
è dimostrato singolarmente sfortunato ». Non sono cose che un
nipote dovrebbe permettersi di scrivere a suo zio - e neppure un
tentatore jr al Sottosegretario di una sezione. Quel tuo modo di fare
rivela pure un desiderio spiacevole di scaricare le responsabilità.
Devi imparare
a pagare per le tue balordaggini. La cosa migliore, se
fosse possibile, sarebbe di tenere il paziente completamente lontano
da qualsiasi seria intenzione di pregare. Quando il paziente è un
adulto riconvertito da poco al partito del Nemico, come il tuo
giovanotto, la cosa migliore è di incoraggiarlo a ricordare, o di
fargli pensare che ricorda il modo pappagallesco con il quale pregava
quand'era fanciullo. Come reazione a ciò lo si potrebbe persuadere
a tendere a qualcosa che sia del tutto spontaneo, interiore, non
formalistico, non regolarizzato. Ciò, per un principiante come lui,
significherebbe di fatto uno sforzo per produrre in se stesso un
umore vagamente devoto in cui
non
avrebbe parte alcuna la vera concentrazione della volontà e
dell'intelletto. Uno dei loro poeti, il Coleridge, ha lasciato
scritto che egli non pregava « movendo le labbra e piegati i
ginocchi », ma semplicemente con
« lo spirito composto nell'amore
» e indulgendo a « un sentimento di supplica ». Esattamente il
genere di preghiera che vogliamo noi. E dal momento che esso presenta
una rassomiglianza superficiale con la preghiera del silenzio
praticata da coloro che sono assai progrediti nel servizio del
Nemico, pazienti intelligenti e pigri possono venire irretiti da un
tal genere di orazione per un tempo considerevole. Almeno li si può
convincere che la posizione del corpo non ha influenza alcuna sulle
loro preghiere; poiché essi dimenticano costantemente ciò che tu
devi sempre ricordare, vale a dire che sono animali e che qualunque
cosa i loro corpi facciano incide sulle loro anime. È buffo che i
mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa
questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste
nel tenere le cose fuori della loro testa. Se questo non riesce, devi
ripiegare sopra un più sottile indirizzo sbagliato della sua
intenzione. Ogni volta che essi stanno servendo direttamente al
Nemico noi siamo sconfitti, ma vi sono molte maniere per impedire
loro di farlo. La più semplice è di stornare il loro sguardo da
Lui verso loro stessi. Fa' in modo che si preoccupino della loro
mente tentando di suscitarvi sentimenti per mezzo della volontà.
Quando avessero intenzione di chiedere a Lui la carità, fa' in
modo, invece, che comincino a tentare di fabbricarsi da sé
sentimenti caritatevoli senza aver coscienza di ciò che stanno
facendo. Quando avessero l'intenzione di pregare per ottenere il
coraggio, fa' in modo che di fatto si sforzino di sentirsi
coraggiosi. Quando dicono che stanno pregando per ottenere il
perdono, fa' in modo che si sforzino di sentirsi perdonati. Insegna
loro a stimare il valore di ciascuna preghiera a seconda del successo
di essa nel produrre il sentimento desiderato. E che non abbiano mai
il sospetto che un successo o un insuccesso di quel genere dipendono
in gran parte dal fatto che in quel momento si sentono bene o si
sentono male, sono pieni d'energia oppure stanchi. Ma è chiaro che
nel frattempo il Nemico non starà in ozio. Dove c'è preghiera
c'è il pericolo della sua azione immediata. Egli è cinicamente
indifferente alla dignità della Sua posizione, e della nostra, come
puri spiriti, e agli animali umani che si mettono in ginocchio Egli
riserva la conoscenza di se stessi senz'alcun ritegno. Ma, dato pure
che riesca a sconfiggere il tuo primo tentativo di direzione
sbagliata, noi possediamo un'arma più sottile. Gli esseri umani non
partono da quella percezione diretta di Lui che noi, sfortunatamente,
non possiamo evitare. Essi non hanno mai conosciuto quella orrenda
luminosità, quel bagliore lacerante e bruciante che forma lo sfondo
del dolore perenne della nostra vita. Se dai uno sguardo nella mente
del tuo ammalato mentre sta pregando, non vi trovi ciò. Se esamini
l'oggetto al quale presta la sua attenzione t'accorgerai che si
tratta di un oggetto composto che contiene molti ingredienti quanto
mai ridicoli. Vi saranno immagini derivate da scene del Nemico quale
appariva durante quell'ignobile episodio noto sotto il nome di
Incarnazione; vi saranno immagini più vaghe - magari immagini del
tutto barbare e puerili - associate con le altre due persone. Ve ne
saranno alcune che si riferiranno perfino alla riverenza verso se
stesso (non disgiunte dalle sensazioni corporali che l'accompagnano)
oggettivata e attribuita all'oggetto riverito. Ho visto casi nei
quali ciò che il paziente chiamava il suo "Dio" era di
fatto collocato - su in alto, all'angolo sinistro del soffitto della
camera da letto, ovvero nell'interno della sua testa, o in un
crocefisso che pendeva dalla parete. Ma di qualsivoglia natura sia
quell'oggetto composto, bisogna che egli si fissi nel pregare ad esso
— a quella cosa che egli stesso ha fatto, non alla Persona che ha
fatto lui, che lo ha fatto uomo. Puoi giungere fino a incoraggiarlo a
dare grande importanza alla correzione e al miglioramento
dell'oggetto composto, e al tenerlo sempre fisso davanti
all'immaginazione durante tutto il tempo della preghiera. Poiché,
se mai giunge a fare la distinzione, se mai, con piena avvertenza,
'dirige le sue preghiere
« non a ciò che io penso che tu sia, ma
a ciò che tu sai di essere », la nostra situazione diventa, per
quel momento, disperata. Una volta che tutti i suoi pensieri e tutte
le sue immagini vengono cacciate da parte, o, se ancora ritenute,
ritenute con la piena cognizione della loro natura puramente
soggettiva, mentre pone la sua fiducia in quella Presenza
perfettamente reale, esterna, invisibile, là nella stanza con lui,
e che egli non conoscerà mai come invece viene conosciuto da essa -
be', allora è proprio il momento che può capitare
l'incalcolabile. Nel lavoro onde evitare codesta situazione - codesta
vera nudità dell'anima in preghiera — sarai aiutato dal fatto che
gli stessi uomini non la desiderano tanto quanto suppongono. Sì,
esiste quella cosa che consiste nell'ottenere più di quanto s'è
contrattato!
Tuo
affezionatissimo zio Berlicche
Mio
caro Malacoda,
si
rimane un pochino delusi quando ci s'attendeva un rapporto
dettagliato sul tuo lavoro e si riceve invece una rapsodia vaga come
la tua ultima lettera. Dici che sei « delirante di gioia » perché
gli uomini europei hanno cominciato un'altra guerra delle loro. Vedo
chiaramente ciò che t'è capitato. Non sei delirante; sei soltanto
ubriaco. Leggendo fra le righe del tuo squilibratissimo resoconto
della notte insonne del tuo paziente, sono in grado di ricostruire
con sufficiente accuratezza lo stato della tua mente. Per la prima
volta nella tua carriera hai assaggiato quel vino che è la
ricompensa di tutte le nostre fatiche - l'angoscia e lo smarrimento
di un'anima umana - e t'è andato alla testa. Mi riesce difficile
biasimarti. Non posso aspettarmi teste da vecchio su giovani spalle.
Il tuo paziente, dunque, reagì ad alcune delle tue raffigurazioni
terrificanti del futuro? Sei riuscito a infiltrarvi qualche
malinconico sguardo al felice passato, suscitando un sentimento di
autocompassione? - c'è stato qualche ben riuscito tremito nel
profondo dello stomaco? Hai saputo suonare il tuo violino
delicatamente, vero? Bene! bene! è una cosa molto naturale. Ma,
ricordati bene, Malacoda, che il dovere viene prima del piacere. Se
una qualsiasi concessione che ti permetti ora ti condurrà alla
perdita finale della preda, per tutta l'eternità sarai lasciato
bruciare dalla sete di quel sorso del quale adesso godi con tanta
voluttà il primo goccio. Se, invece, per mezzo di un'applicazione
continua e a mente fredda, nel luogo e nel momento giusti, sarai alla
fine in grado di assicurarti la sua anima, egli sarà tuo per sempre
- sarà un vivente calice traboccante di disperazione e di terrore e
di sorpresa, che potrai sollevare alle labbra tutte le volte che
vorrai. Non permettere quindi che una qualsiasi eccitazione
temporanea ti distragga dall'affare vero e proprio, quello,
importante, di minare la fede e di impedire la formazione delle
virtù. Non mancare di darmi nella tua prossima lettera un resoconto
completo delle reazioni dell'ammalato alla guerra, così che si
possa studiare se sarà meglio farlo diventare un estremo patriota
oppure un ardente pacifista. Le possibilità sono molte e varie.
Intanto mi preme avvertirti di non sperare troppo da una guerra.
Naturalmente, una guerra è divertente. L'immediato terrore e la
sofferenza immediata degli esseri umani è un ristoro legittimo e
piacevole per le miriadi dei nostri affaticati lavoratori. Ma qual
beneficio permanente ci può dare, a meno che noi non ne facciamo
uso per portare anime al Nostro Padre di Laggiù? Quando vedo la
sofferenza temporale degli esseri umani che poi, alla fine, ci
sfuggono, provo una sensazione come se mi fosse stato permesso di
gustare la prima portata di un ricco banchetto, e poi mi fosse stato
negato il resto. È peggio che non aver gustato nulla. Il Nemico,
fedele ai suoi barbari metodi di guerra, ci permette di scorgere la
breve sofferenza dei suoi favoriti soltanto per farci struggere
e
per tormentarci - per beffare la fame incessante che, durante la fase
attuale del grande conflitto, ci viene imposta, bisogna ammetterlo,
dal suo blocco. Quindi, pensiamo piuttosto al modo di usare che non
al modo di godere di questa guerra europea. Poiché vi sono unite
certe tendenze che, in se stesse, non sono per nulla favorevoli a
noi. Possiamo sperare un bel po' di crudeltà
e di impurità. Ma,
se non staremo più che attenti, dovremo vedere migliaia che in
questa tribolazione si volgeranno al Nemico, mentre l'attenzione di
decine di migliaia che non giungeranno a tanto, verrà tuttavia
deviata dalla considerazione delle loro persone verso valori e cause
che essi credono più alte del proprio io. So che il Nemico
disapprova molte di queste cause. Ma è qui dove Egli manca di
lealtà. Egli fa spesso bottino di esseri umani che hanno dato la
vita per ideali che Egli pensa cattivi, per la ragione mostruosamente
sofistica che gli esseri umani li credevano buoni e che agivano nel
miglior modo che sapevano. Considera inoltre quali morti
indesiderabili capitano in tempo di guerra. Gli uomini vengono uccisi
in luoghi dove sapevano di poter essere uccisi, e dove si recano, se
appena sono del partito del Nemico, preparati. Quanto sarebbe molto
meglio per noi se tutti gli esseri umani morissero in case di salute
costose, in mezzo a dottori che mentiscono, infermiere che
mentiscono, amici che mentiscono, come io li ho educati a fare,
promettendo la vita ai morenti, incoraggiando la convinzione che la
malattia scusa ogni indulgenza, e perfino, se i nostri lavoratori
sapessero bene il mestiere, tenendo lontano ogni accenno
a un prete
per tema che colui tradisca all'infermo la vera condizione in cui si
trova! Quanto è disastroso per noi il continuo richiamo alla morte
che la guerra offre! Una delle nostre armi migliori, la mondanità
soddisfatta, è resa inservibile. In tempo di guerra neppure uno
degli umani può pensare di vivere per sempre. So che Draghignazzo e
altri hanno veduto nelle guerre una grande occasione per sferrare
attacchi contro la fede, ma io ritengo esagerato codesto punto di
vista. Agli esseri umani partigiani del Nemico, è stato detto
chiaramente da Lui che la sofferenza è una parte essenziale di ciò
che Egli chiama Redenzione; e perciò una fede che viene distrutta
da una guerra o da una pestilenza non valeva proprio la pena di
distruggerla. Parlo di quella sofferenza diffusa per un lungo periodo
quale la guerra produrrà. Naturalmente, nell'esatto momento del
terrore, del lutto, o del dolore fisico puoi catturare il tuo uomo
mentre la sua ragione è temporaneamente sospesa. Ma anche allora,
se egli si rivolge al quartier generale del Nemico, mi sono accorto
che il posto militare è quasi sempre difeso. Tuo affezionatissimo
zio Berlicche
Mio
caro Malacoda,
godo
nel sapere che l'età e la professione del tuo paziente rendono
possibile, sebbene non certa, la sua chiamata a prestar servizio
militare. Dobbiamo fare in modo che si trovi nel massimo
dell'incertezza, sicché la sua testa si riempia di schemi
contraddittori nei riguardi del futuro, ciascuno dei quali possa
provocare paura o speranza. Non v'è nulla che equivalga alla
sospensione
e all'ansietà per barricare la mente di un essere
umano contro il Nemico. Egli vuole uomini che si preoccupino di ciò
che fanno: nostro compito è invece di farli pen sare sempre a ciò
che capiterà loro. Il tuo paziente avrà senz'altro raccolto
l'idea che bisogna sottomettersi con pazienza alla volontà del
Nemico. Ciò che il Nemico intende dire con questo è, prima di
tutto, che deve accettare con pazienza la tribolazione che gli viene
di fatto accordata - l'ansietà presente e la presente sospensione
dell'animo. È in relazione a ciò che egli deve dire: « La tua
volontà sia fatta », e per il dovere quotidiano di sopportare ciò
gli verrà dato il pane quotidiano. Il tuo lavoro deve consistere
nel far sì che il tuo paziente non pensi mai che il timore presente
è la croce che gli vien consegnata, ma che pensi unicamente a
quelle cose delle quali ha paura. Fa' in modo che consideri quelle
come sue croci; fa' in modo che dimentichi che, dal momento che sono
incompatibili tra di loro, non possono tutte capitare addosso a lui,
e che tenti di praticare in anticipo la fortezza e la pazienza verso
di esse. Una vera rassegnazione, in uno stesso momento, a una dozzina
di destini tutti diversi e tutti ipotetici, è quasi impossibile, e
il Nemico non assiste molto coloro che tentano di farlo. La
rassegnazione alla sofferenza presente e reale, anche se tal
sofferenza consiste nel timore, è molto più facile ed è di
solito aiutata da codesta azione diretta. Qui è in gioco una legge
spirituale importante. Ti ho spiegato come tu possa svigorire le sue
preghiere trasferendo la sua attenzione dal Nemico agli stati della
sua mente intorno al Nemico. D'altra parte è più facile superare
la paura quando la mente del paziente viene trasportata dalla cosa
temuta al timore stesso, considerato come uno stato presente e
indesiderabile della sua mente; e se considererà il timore come la
croce a lui destinata penserà inevitabilmente ad essa come a uno
stato della mente. Si può perciò formulare questa regola
generale: in tutte le attività mentali che favoriscono la nostra
causa, incoraggia il paziente a non preoccuparsi di sé e a
concentrarsi sull'oggetto, ma in tutte le attività favorevoli al
Nemico fa' che la sua mente si ripiegi su se stessa. Fa' sì che un
insulto o che il corpo di una donna attragga talmente la sua
attenzione al di fuori che egli non abbia modo di far la riflessione:
« Sto -, entrando nello stato che si chiama Ira - o nello stato che
si chiama Lussuria ». Al contrario, fa' in modo che la riflessione:
« I miei sentimenti diventano ora più devoti, o più caritatevoli
», attragga la sua attenzione verso l'intimo, sì che egli non
guardi più al di là di se stesso e non riesca a vedere il nostro
Nemico o il suo prossimo. In merito al suo atteggiamento più
generale nei confronti della guerra, non devi appoggiarti troppo su
quei sentimenti di odio che gli esseri umani discutono con tanto
gusto nei periodici cristiani e anticristiani. Nella sua angoscia il
paziente può, naturalmente, venire incoraggiato a vendicarsi con
qualche sentimento di vendetta contro i capi tedeschi, e questo, fino
a un certo punto, va bene. Ma di solito si tratta di una specie di
odio melodrammatico e mitico diretto contro capri espiatori
immaginari. Egli non ha mai incontrato in vita questi uomini - che
sono fantocci modellati su ciò che ricava dai giornali. I risultati
di un tale odio chimerico offrono spesso grandi disillusioni, e di
tutti gli esseri umani, gli inglesi sotto questo aspetto sono i più
deplorevoli tiremmolla. Sono creature miserabili che proclamano ai
quattro venti che bisogna usare la tortura con i loro nemici, e poi
finiscono con l'offrire tè e sigarette al primo pilota tedesco che
si presenti ferito alla porta di servizio. Qualunque cosa riuscirai a
fare, nell'anima del tuo paziente ci sarà sempre un po' di
benevolenza, insieme
a un po' di malizia. L'importante è di
dirigere la malevolenza verso i suoi vicini immediati, verso coloro
che incontra ogni giorno, e di cacciare la benevolenza lontano, nella
circonferenza remota, verso gente che egli non conosce. La
malevolenza diventerà così perfettamente reale, e la benevolenza
in gran parte immaginaria.
È
completamente inutile eccitare il suo odio per i tedeschi se, nello
stesso tempo, fra lui e sua madre, fra lui
e il suo principale, e il
signore che incontra in treno si sviluppa una perniciosa pratica
abituale di carità. Immagina che il tuo giovanotto sia una serie di
cerchi concentrici; il più centrale è la volontà, poi
l'intelletto, e finalmente la fantasia. È quasi impossibile sperare
di escludere subito, da tutti i cerchi, ogni cosa che abbia l'odore
del Nemico. Ma tu devi continuamente fare in modo di spingere tutte
le virtù verso l'esterno, finché si saranno fissate nel cerchio
dell'immaginazione, e tutte le qualità desiderabili nell'interno,
nella Volontà. Le virtù sono per noi veramente fatali solo in
quanto possono raggiungere la volontà per poi lì concretarsi in
abitudini. (Naturalmente non mi riferisco a ciò che il paziente,
sbagliando, crede che sia la propria volontà, vale
a dire
quell'irritazione nervosa di risoluzioni e di denti serrati della
quale ha coscienza, ma il centro vero e proprio, ciò insomma che il
Nemico chiama: Cuore.) Tutti
i generi di virtù dipinti dalla
fantasia o approvate dall'intelletto, o perfino, in qualche misura,
quelle amate
o ammirate, non riusciranno a tenere un uomo lontano
dalla casa di Nostro Padre; lo possono anzi rendere più divertente
quando vi giunga.
Tuo
affezionatissimo zio Berlicche
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