sabato 6 giugno 2015

Giovanni Crisostomo - De inani gloria et de educandis liberis



Trattato
La vanagloria
1. Ora fece qualcuno ciò che richiesi? Pregò qualcuno Dio per noi e per tutto il corpo della chiesa, cosicché si spegnesse l’incendio generato dalla vanità, che ha guastato tutto il corpo, ha diviso un solo corpo in molte membra ed ha lacerato l’amore?
Infatti come una belva piombata su un corpo nobile e delicato ed incapace di difendersi, così vi ha conficcato i denti lordi ed iniettato il veleno e diffuso un grande fetore ed alcune parti, dopo averle mutilate, ha gettato via, altre ha dilaniato, altre ha divorato. Ed anche se fosse stato possibile vedere con gli occhi la vanità e la chiesa, qualcuno avrebbe visto uno spettacolo miserando e molto più penoso di ciò che avviene negli stadi: il corpo gettato via, quella che sta ritta sopra e guarda da ogni parte e respinge chi la assale e non si allontana mai né desiste.
Chi dunque caccerà questa fiera? È compito di colui che stabilì questa lotta di inviare, invocato da noi, i suoi angeli, e, dopo aver chiuso come con freni la sua bocca ardita e sfrontata, di cacciarla in questo modo. Ma colui che stabilì la lotta farà questo allorquando non la ricercheremo, una volta cacciata; se invece la manderà via, ordinando che quella fiera per noi terribile stia lontana, e noi, dopo essere stati salvati e dopo che quella sarà stata cacciata nel suo antro, levatici con mille ferite la cercheremo di nuovo, la desteremo e la ecciteremo, allora egli non avrà più pietà di noi e non ci risparmierà: "Chi infatti avrà pietà di un incantatore morsicato da un serpente e di tutti coloro che si accostano alle fiere?".
2. Che fare allora? Come potremmo liberarci del cattivo e malvagio demonio? Infatti è un demonio che ha un aspetto amabile.

Ora come se un demonio trasformatosi in una etera e, adorna di molti oggetti d’oro, indossando delicate vesti e spirando molti profumi, si insinuasse nascondendo completamente il suo splendido aspetto di donna e l’eccesso di ogni bellezza; se poi comparisse in quell’età in cui soprattutto eccita le anime dei giovani, offrendo lo stesso fiore della bellezza, cinta di una fascia d’oro e facendo cadere dal capo dei riccioli variamente intrecciati, simili al nodo persiano; quindi cingesse sul capo un diadema ponendo il grande ornamento sulla semplice capigliatura e mostrando intorno al collo oro splendente e pietre preziose e, simulando l’età giovanissima di una prostituta, si fermasse in un luogo appartato dinanzi ad una stanza e affettasse molta riservatezza, quale dei passanti non riuscirebbe a conquistare?
E se dopo questo entrato in casa si spogliasse di tutta quella bellezza, mostrandosi nero, affocato e selvaggio, come conviene ad un demonio; facesse uscire di senno l’infelice irretito e, assalendo e conquistando la sua anima, ne sconvolgesse la mente,... qualcosa di simile è il malvagio demonio della vanità.
Infatti che cosa sembra essere più bello di essa? Che cosa di più amabile?
Ma se ci accorgeremo che la cosa è fantasia e finzione, non ci lasceremo prendere nelle reti e non cadremo nell’inganno. Infatti ciò che è stato detto della prostituta, ciò si potrebbe convenientemente dire anche di costei: "Miele stilla dalle labbra di una prostituta". Non ci si sbaglierebbe ad affermare la stessa cosa anche della vanità.
3. Infatti come è il frutto di Sodoma , tale è la vanità: quello ha uno splendido aspetto e a chi lo vede offre all’apparenza l’impressione di frutti sani. Ma se prenderai in mano una melagrana o una mela, cede subito sotto le dita e la buccia che l’avvolge di fuori, disfattasi, le lascia cadere in polvere ed in cenere.
Qualcosa di simile è pure la vanità: alla vista sembra essere qualcosa di grande ed ammirevole, ma presa dalle nostre mani fa subito cadere in cenere la nostra anima.
E che la vanità sia tale è evidente da molti esempi. Che dunque? Volete che cominciamo prima dai pagani?.
Gli spettacoli
4. Si riempie il teatro e tutto il popolo si siede in alto offrendo uno spettacolo veramente splendido e composto di tanti volti che sovente lo stesso piano ed il soffitto sovrapposto sono nascosti dai corpi degli uomini e non è possibile scorgere né lastre né pietre, ma tutti i volti e i corpi degli uomini. E prima di tutto, appena entrato l’uomo generoso che li ha riuniti, sorti subito in piedi levano come da una sola bocca una sola voce, chiamandolo tutti concordemente protettore e capo della comune città e tendendo le mani.
In seguito poi lo paragonano al fiume più grande di tutti, accostando l’ampia e traboccante generosità all’abbondanza delle acque del Nilo e chiamano lui stesso un Nilo dei doni.
Altri invece adulandolo ancora di più, poiché ritengono che sia piccolo questo paragone del Nilo, adducono fiumi e mari e, mettendo in campo l’Oceano, affermano che ciò che quello è rispetto alle acque, costui lo è rispetto ai suoi benefici. Insomma, non tralasciano alcuna forma di lode.
Splendido è il volto della vanità: ma voi tenetemi bene in mente la figura della fanciulla, con la quale rappresentammo il demonio, ponendogli attorno ornamenti d’oro e dandogli la giovinezza di un’etera, e vedrete che non è molta da differenza dell’immagine.
5. Che avviene in seguito? Inchinatosi verso di essi e riveritili anche lui in tale modo, si siede felicitato da tutti quelli, mentre ciascuno di essi si augura di diventare ciò che quello è, e poi subito morire.
Dopo avere sprecato molto oro e argento, cavalli, vesti, servi e tutti quei beni ed esaurite molte sostanze, lo accompagnano di nuovo con grandi elogi, non però altrettanti: infatti, terminato lo spettacolo, ciascuno si affretta a casa. Poi in casa si svolgono banchetti sontuosi e regna molta abbondanza e grande è lo splendore della giornata.
Nel primo pomeriggio di nuovo le stesse cose e per due e tre giorni allo stesso modo. Quando poi tutto è esaurito, anche innumerevoli talenti d’oro, allora finalmente si rivela l’inconsistenza di questa fama e la cenere e la polvere.
6. Infatti quando in casa fa i conti e riflette sull’eccesso della spesa, allora si affligge.
Fino a quando gode del desiderio, come preso da un’ebbrezza della vanità farebbe spreco anche di se stesso e non può avere che un’impressione ridotta del danno.
Ma quando, trovandosi in casa, entro l’abitazione di questo demonio, si accorge che il momento della riunione, ormai scioltasi, è passato e, guardando al teatro, trova che è vuoto di uomini e che nessuno più si fa sentire in alcun modo e che si è ormai verificato il danno non nell’immaginazione, ma nelle sostanze, allora si accorge della cenere.
7. Se poi, dopo avere sperperato oltre le sue sostanze, ha bisogno e, dopo essere stato innalzato in alto, va mendicando in mezzo alla piazza, allora di quelli che un tempo lo acclamavano capo nessuno si avvicina né stende la mano, ma si rallegrano di ciò che è avvenuto (ed infatti anche allora, quando ne parlavano bene, lo mordevano di invidia e ritenevano un conforto dei loro mali il fatto che una persona divenuta così illustre stesse per diventare il più disonorato di tutti); quando dunque nessuno si avvicina né tende la mano, che cosa c’è di più compassionevole di questo? Non è piuttosto degno di lacrime? Che cosa c’è di più penoso di questo?
8. Forse non conoscete affatto qualcuno che ha sofferto questo?. Non stendessero soltanto la mano; anzi proprio al contrario è colpito da accuse da parte di coloro che lo lodavano. "Perché, dice, era impazzito? Perché innamorato di gloria? Per quale motivo si dilettava di prostitute e mimi?".
O uomo stolto, non eri tu che l’ammiravi? Non eri tu a lodarlo? Non sei tu che lo conducesti a ciò con gli applausi e le lodi? Non lo chiamavi Nilo? Non Oceano? Non sprecavi tutto il giorno nelle sue lodi? Perché dunque improvvisamente sei cambiato? E quando bisogna aver compassione, allora soprattutto lo accusi per ciò per cui un tempo lo applaudivi? Infatti se rispetto a ciò per cui l’accusiamo non siamo così duri da non essere piegati a compassione quando lo vediamo punito, non bisognerebbe che ci piegassimo molto di più quando lo vediamo soffrire qualche male rispetto a ciò per cui lo abbiamo lodato?
Adesso lo accusi: quando ti rallegrava con lo spettacolo, quando passavi l’intero giorno trascurando tutte le tue cose, perché non l’accusavi?
9. Vedi quali sono le azioni del diavolo? Quali i frutti della vanità? Io la definii cenere e polvere; vedo però che non è solo cenere e polvere, ma anche fuoco e fumo: infatti la sua azione non si arresta al non giovare per nulla, ma giunge sino al far cadere nei mali. Potrebbe essere cenere e polvere per quelli che perdono molto ma non guadagnano nulla; non certo anche per quelli che soffrono ciò di cui ho recentemente trattato.
10. "Ebbene, si dice, quando sono onorati e ammirati da molti per quei servizi , è forse piccolo questo frutto?". E molto: infatti non è grande questo onore, di cui ho trattato ora, essere colpiti dal disprezzo, accusati e calunniati.
"Ma che c’entra questo con chi è onorato?". Ora quelli non sono onorati per i servizi, ma perché si attende che si spenda di nuovo per la folla. Se è per ciò che è avvenuto prima, perché accusano quelli che non hanno? Perché non li accolgono ma li scherniscono definendoli miserabili ed empi? Hai visto quale pazzia è la vanità?
11. Ma si lasci pure questo aspetto, proprio di uno solo o di due, e passiamo ad un altro.
Se qualcuno dicesse: "Che è di coloro che spendono con misura nei divertimenti delle città?". Dimmi, ti prego, quale è il guadagno? Anche per essi infatti effimera è la gloria e l’applauso. E che ciò potrebbe succedere lo prova il fatto che se qualcuno offrisse loro la scelta di riprendere quelle ricchezze o anche un terzo o meno ancora e non sentire più in alcun modo simile applauso, non pensi che essi avrebbero infinite volte compiuto la loro scelta?
Infatti quelli che per un solo obolo si comportano spessissimo in modo spudorato e sfrontato, che cosa non avrebbero fatto per queste ricchezze perdute invano?
12. Ora per me il discorso è rivolto a quei nostri fedeli che non vogliono offrire a Cristo indigente e privo del nutrimento necessario neppure una cosa qualunque; e quanto essi elargiscono a prostitute, mimi, danzatori in cambio di un solo applauso, questo non lo danno in cambio di un regno eterno.
13. Ma passiamo ad un altro tipo di vanità. Quale è questo? È proprio di molti e non più di uno o due: ci rallegriamo quando siamo lodati ed a proposito di cose delle quali non siamo in nessun modo consapevoli neppure minimamente a noi stessi.
Ed il povero fa ogni cosa onde poter indossare delle belle vesti, per nessun altro motivo se non per ottenere fama presso i molti; e spesso pur potendo servire a se stesso, si compra un domestico non per necessità, ma perché non sembri di essere disonorato servendo a se stesso.
Infatti per quale motivo, dimmi, tu che per tutto il tempo ti servi con le tue stesse mani vuoi ora essere servito dalle mani di un altro?
Inoltre, se si aggiunge altro denaro, compra suppellettili d’argento ed una casa splendida. Niente di ciò per bisogno: se infatti ciò avvenisse per bisogno, la maggior parte della stirpe degli uomini sarebbe già perita e scomparsa.
Questo ti voglio dire: ci sono delle cose necessarie e senza le quali non è possibile vivere, come il prodotto della terra è una cosa necessaria e, se questa non porta frutto, non è possibile vivere; il ricoprirsi con vestiti, il tetto, le pareti ed i calzari: queste cose appartengono a quelle necessarie, mentre tutte le altre sono superflue.
Infatti se anche quelle fossero necessarie e non fosse possibile ad un uomo vivere senza servo, come non è possibile vivere senza di quelle, la maggior parte degli uomini perirebbe, poiché la maggior parte non possiede servitori.
Se fosse necessario usare suppellettili d’argento e non fosse possibile vivere senza di queste, la maggior parte degli uomini sarebbe pure perita, poiché neppure l’argento si trova presso i molti.
"Io acquisto per essere ammirato e non essere disprezzato, e poi nascondo per non essere invidiato e minacciato". Che cosa ci potrebbe essere di peggiore di questa illogicità?. Se possiedi per la stima presso i molti, mostralo a tutti; se invece temi l’invidia, è bene non possedere neppure la più piccola cosa.
14. Devo dirti anche un’altra illogicità? Spesso alcuni, dopo essersi privati del necessario e pur essendo divorati dalla fame, non trascurano questi oggetti.
E se tu li interrogassi: "Devo avere la mia dignità", direbbero. Quale dignità, o uomo? Non è questa la dignità di un uomo.
Allora dunque perdeva del tutto la sua grande dignità il giusto Elia ed Eliseo e Giovanni; poiché non possedeva nulla di più di un mantello di pecora e ricorreva all’aiuto di una vedova, anch’essa povera, e conduceva una vita da mendicante presentandosi alla porta di quella povera donna e pronunziando le parole dei mendicanti.
Perdeva la dignità anche Eliseo, ospite lui pure di una poveretta. Perdeva la dignità anche Giovanni non possedendo né mantello né un solo pane.
Una sola è la perdita di dignità, possedere molte cose, ed è realmente una grande perdita di dignità. Infatti si ottiene fama di crudeltà, mollezza, pigrizia ed orgoglio, vanità, brutalità. Non è dignità portare bei vestiti, ma è dignità rivestirsi di belle azioni.
15. Sento che molti si meravigliano di ciò. "Un tale, si dice, ha la sua dignità. Il letto è ben preparato e possiede molte suppellettili di bronzo. È un signore padrone di casa".
"Perché ci rinfacci, si dice, chi possiede questi beni, mentre si dovrebbe rimproverare quelli che possiedono di più?".
Mediante voi accuso molto di più quelli: infatti se non risparmio l’accusa a quelli che hanno poco, a più forte ragione accuso quelli che possiedono di più.
Non è dignità lo splendore della casa né la sontuosità dei tappeti né il giaciglio ben preparato né il letto adorno né la quantità dei domestici.
Infatti tutte queste cose sono fuori di noi e non ci riguardano affatto. Le cose che ci riguardano sono la moderazione, il disprezzo delle ricchezze, il disprezzo della gloria, il ridersi della rinomanza presso i molti, il considerare nulla le cose umane, l’abbracciare la povertà, il superare la natura con la virtù della vita.
Questa è la vera dignità, questa la gloria, questa la fama. Ma la causa di tutti i mali, questa nasce all’origine ed io ti dico come.
L’educazione dei figli
16. Il figlioletto è appena nato. Ogni cosa macchina il padre non per dirigere rettamente la sua vita, ma per abbellirlo e circondarlo di ori e di vesti.
Perché mai fai questo, o uomo? E sia: indossa pure tu queste cose; ma perché allevi in queste il bambino, che non ha ancora fatto esperienza di questa pazzia? Per quale motivo gli metti un ornamento intorno al collo?
C’è bisogno di un diligente pedagogo per guardare il fanciullo, non d’oro.
E gli lasci cadere la chioma all’indietro secondo l’uso di una fanciulla, rendendo subito effeminato il fanciullo ed infiacchendo il vigore della natura, istillando in lui fin dall’inizio l’amore delle ricchezze ed inducendolo ad appassionarsi delle cose vane.
Perché rendi per lui più grande la minaccia? Perché lo spingi ad appassionarsi delle cose corporali?
"Se un uomo ha la chioma, dice, è un disonore per lui". Non lo vuole la natura. Non lo permise Dio. La cosa è vietata. È opera di superstizione greca .
Molti poi attaccano oggetti d’oro anche alle orecchie: volesse il cielo che neppure le donne si dilettassero di queste cose, mentre voi estendete la vergogna anche ai maschi.
17. Forse molti ridono di ciò che è stato detto, come se si trattasse di cose insignificanti. Non sono tali, ma anzi molto importanti.
Una fanciulla educata nella stanza materna ad appassionarsi all’ornamento muliebre, quando abbandonerà la casa paterna sarà astiosa e difficile col suo sposo e più esigente degli esattori delle imposte.
Già vi dissi che di qui nasce il male difficilmente estirpabile, che nessuno pensa ai figli, che nessuno parla loro della verginità, nessuno della moderazione, nessuno del disprezzo delle ricchezze e della gloria, nessuno di ciò che è annunziato nelle Scritture.
18. Quando dunque i figli sono privi di maestri fin dalla prima età, che cosa diventeranno? Se infatti al cuni allevati sin dal seno materno ed educati sino alla vecchiaia non camminano ancora rettamente, coloro che sin dagli esordi della loro vita sono abituati a questi insegnamenti quale male non commetteranno?
Ora ciascuno si dà ogni cura per educare i propri figli nelle arti, nelle lettere e nell’eloquenza, mentre nessuno ha la minima preoccupazione di questo, di formare la loro anima.
19. Non cesso di esortarvi e di pregarvi e di supplicarvi, perché prima di ogni altra cosa educhiate finora i vostri figli.
Infatti se tu hai cura del figlio, lo mostri di qui ed in più hai pure una ricompensa.
Ascolta Paolo che dice: "Se rimarranno nella fede, nell’amore e nella santità con moderazione". Anche se tu hai coscienza di avere in te stesso innumerevoli mali, procura ugualmente qualche conforto ai tuoi mali.
Alleva un atleta per Cristo. Non dico questo: distoglilo dal matrimonio, mandalo nei luoghi solitari ed avvialo a scegliere la vita dei monaci. Non dico questo. Lo vorrei certo e mi augurerei che tutti la scegliessero, ma poiché sembra essere un peso, non voglio costringere.
Alleva un atleta per Cristo e, mentre è nel mondo, educalo pio sin dalla prima età.
L’anima del fanciullo
20. Se i buoni insegnamenti si imprimono nell’anima che è ancora tenera, nessuno potrà cancellarli, quando diverranno duri come impronte, proprio come la cera.
Hai in lui ancora un essere che trema e si spaventa e teme sguardo, parola e ogni altra cosa. Approfitta dell’inizio per il dovere.
Tu per primo trai profitto dei beni, se hai un figlio buono, e Dio in seguito; ti affatichi per te stesso.
21. Dicono che le perle, non appena sono prese, sono acqua. Ora se chi le prende è un esperto, deposta sulla mano quella goccia, muovendo la mano tenendola piana sulla palma e facendola girare con cura la tornisce e la rende perfettamente rotonda. Una volta che ha ricevuto la forma, non c’è più chi sia capace di mutarla.
Un essere tenero infatti è favorevolmente disposto a tutto, non possedendo ancora una propria forma fissa: per questo è attirato facilmente verso tutto; invece un essere duro come se avesse ricevuto una certa disposizione non perde facilmente la sua durezza né si cambia in un’altra forma.
22. Orbene ciascuno di voi, padri e madri, come vediamo i pittori lavorare con gran cura i ritratti e
le statue, così prendiamoci cura di queste meravigliose statue.
I pittori infatti, postisi innanzi ogni giorno il quadro, lo colorano secondo il bisogno. Gli scultori di pietre anch’essi fanno la stessa cosa, eliminando il superfluo, aggiungendo il necessario. E così anche voi: come fabbricatori di statue dedicate a questo tutto il vostro tempo, fabbricando per Dio le meravigliose statue; e togliete il superfluo, aggiungete il necessario; ed esaminatele attentamente ogni giorno, quale prerogativa hanno di natura, da poterla sviluppare; quale difetto possiedono per natura, da poterlo eliminare.
E soprattutto con molta cura allontanate da essi il richiamo dell’intemperanza: infatti questa passione tenta straordinariamente le anime dei giovani.
Piuttosto prima che sia giunto a questa esperienza, insegnagli ad essere sobrio, vigilante , a vegliare in preghiera, a porre su tutto ciò che dice e fa il suggello della croce.
L’anima come città
23. Pensa di essere un re che ha come una città sottomessa l’anima del figlio: una città infatti è realmente l’anima.
E come nella città alcuni rubano, altri agiscono giustamente, altri lavorano, altri fanno semplicemente tutto ciò che capita, così anche nell’anima ci sono pensieri e ragionamenti: gli uni combattono contro chi commette ingiustizia, come fanno in una città i soldati; altri si prendono cura di tutto, del corpo e della casa, come fanno gli amministratori nelle città; altri danno ordini, come fanno i comandanti; altri trattano di cose licenziose, come fanno i dissoluti; altri di cose sante, come fanno i saggi; e gli uni sono effeminati, come sono le donne tra di noi, altri discorrono con maggiore dissennatezza, come i bambini; gli uni danno ordini come degli schiavi, ciò che sono i servitori; gli altri da nobili, ciò che sono i liberi.
24. Abbiamo dunque bisogno di leggi, onde poter esiliare i malvagi, accogliere i buoni e non permettere che i malvagi si rivoltino contro i buoni.
Infatti allo stesso modo che in una città, se uno ponesse delle leggi che concedono molta impunità ai ladri, sconvolgerebbe tutto; e se i soldati non impiegassero il coraggio secondo il bisogno, metterebbero tutti in pericolo; e se ciascuno, tralasciato il proprio posto, inseguisse quello di un altro, comprometterebbe il buon ordine con l’ambizione, così pure anche qui.
25. Una città è dunque l’anima del bambino, una città fondata ed ordinata da poco, una città che ha cittadini stranieri, non ancora esperti di nulla.
È molto facile guidare costoro. Infatti quelli allevati in una cattiva costituzione, come ad esempio i vecchi, malvolentieri sarebbero disposti a cambiare, ma non è impossibile: possono trasformarsi anche quelli, se vogliono; invece coloro che sono inesperti di tutto, facilmente sarebbero disposti ad accogliere le leggi da te.
26. Imponi dunque delle leggi temibili e severe a questa città ed a quelli che vivono in essa e diventa giudice di quelli che le trasgrediscono: infatti non serve a nulla imporre delle leggi, se poi non seguisse anche il castigo.
27. Imponi dunque delle leggi e bada attentamente ad esse: infatti la nostra legislazione riguarda tutta la terra e noi oggi fondiamo una città.
Siano dunque muri e porte i quattro sensi: tutto il resto del corpo sia come una fortezza e le sue porte gli occhi, la lingua, l’udito, l’olfatto, se vuoi anche il tatto, poiché attraverso queste porte entrano ed escono i cittadini di questa città, cioè i pensieri mediante queste porte hanno esito cattivo e buono.



La prima porta: la lingua

28. Orsù dunque accostiamoci prima alla porta costituita dalla lingua, poiché questa è la più affollata, e prima di ogni cosa prepariamole frattanto dei battenti e delle sbarre non di legno né di ferro, ma d’oro.
Infatti è realmente d’oro la città che si sta così formando, poiché non un uomo, ma lo stesso re dell’universo sta per abitare questa città, non appena sarà costruita.
E, proseguendo il discorso, vedrete dove gli disponiamo la reggia.
Prepariamole dunque battenti e sbarre d’oro, le parole di Dio, come dice il profeta: "Per la mia bocca le parole di Dio sono superiori al miele ed al favo, all’oro ed alla pietra molto preziosa".
Impariamo ad avere sempre queste parole sulle labbra, anche durante le nostre passeggiate, non semplicemente né superficialmente né saltuariamente, ma costantemente.
Non bisogna porre sulle porte soltanto lamelle d’oro, ma fabbricarle tutte spesse e salde completamente d’oro, ed avere pietre preziose al posto di pietre comuni infisse al di fuori. E sbarra di queste porte sia la croce di Cristo, tutta interamente composta di pietre preziose e fissata trasversalmente in mezzo alle porte.
Quando avremo preparato le porte così spesse e d’oro ed avremo messo la sbarra, prepariamo anche i cittadini degni.
Chi sono questi? Le parole nobili e sante che insegniamo a pronunziare al bambino.
Ed espelliamo frequentemente gli stranieri, cosicché non si insinuino tra questi cittadini individui mescolati alla rinfusa ed uomini nocivi: i discorsi arroganti ed oltraggiosi, insensati, vergognosi, terreni, mondani cacciamoli tutti.
E nessuno entri attraverso queste porte, ma solo il re. E questa porta sia aperta a lui ed a tutti i suoi, affinché anche di essa si dica: "Questa è la porta del Signore, i giusti passeranno per essa". E secondo il beato Paolo: "Se c’è una buona parola ad edificazione, per concedere grazia a chi ascolta".
Le parole siano rendimento di grazie, inni santi trattino sempre di Dio, della saggezza di lassù.
29. Come dunque avverrà questo? Ed in che modo li educheremo? Se saremo sicuri interpreti della realtà: ampia infatti è la disponibilità del fanciullo.
Come? Non lotta per ricchezze, non per gloria: è ancora piccolo; non per donna, non per figli, non per casa. Così quale motivo avrebbe di violenza e di bestemmia? Tutta la sua lotta è con coetanei.
30. Impari subito una legge: non essere violento con nessuno, non calunniare nessuno, non giurare, non essere litigioso.
E se vedessi che trasgredisce la legge, rimproveralo, ora con uno sguardo severo, ora con parole che possono ferire, ora con biasimi; a volte invece blandiscilo e fagli delle promesse.
Nessuna pena corporale senza interruzione, perché non lo abitui ad essere educato in questo modo: se infatti imparerà ad essere educato continuamente così, imparerà pure a disprezzare tale educazione e, una volta imparato a disprezzarla, tutto è rovinato.
Tema invece sempre le pene corporali, senza però riceverne; e sia vibrata la sferza, senza però essere fatta cadere.
E le minacce non si traducano mai in realtà, senza però che sia palese questo, che le parole arrivano solo fino alle minacce: la minaccia infatti è un bene, quando si crede che si possa realizzare, mentre se chi sbaglia verrà a conoscere l’effettivo risultato, ne avrà disprezzo.
Sia preparato invece ad essere corretto, ma non venga corretto, affinché non svanisca il timore, ma rimanga come un fuoco vivo e che divora d’ogni parte le spine o come una vanga aguzza e profonda che scava sino in fondo.
29. Come dunque avverrà questo? Ed in che modo li educheremo? Se saremo sicuri interpreti della realtà: ampia infatti è la disponibilità del fanciullo.
Come? Non lotta per ricchezze, non per gloria: è ancora piccolo; non per donna, non per figli, non per casa. Così quale motivo avrebbe di violenza e di bestemmia? Tutta la sua lotta è con coetanei.
30. Impari subito una legge: non essere violento con nessuno, non calunniare nessuno, non giurare, non essere litigioso.
E se vedessi che trasgredisce la legge, rimproveralo, ora con uno sguardo severo, ora con parole che possono ferire, ora con biasimi; a volte invece blandiscilo e fagli delle promesse.
Nessuna pena corporale senza interruzione, perché non lo abitui ad essere educato in questo modo: se infatti imparerà ad essere educato continuamente così, imparerà pure a disprezzare tale educazione e, una volta imparato a disprezzarla, tutto è rovinato.
Tema invece sempre le pene corporali, senza però riceverne; e sia vibrata la sferza, senza però essere fatta cadere.
E le minacce non si traducano mai in realtà, senza però che sia palese questo, che le parole arrivano solo fino alle minacce: la minaccia infatti è un bene, quando si crede che si possa realizzare, mentre se chi sbaglia verrà a conoscere l’effettivo risultato, ne avrà disprezzo.
Sia preparato invece ad essere corretto, ma non venga corretto, affinché non svanisca il timore, ma rimanga come un fuoco vivo e che divora d’ogni parte le spine o come una vanga aguzza e profonda che scava sino in fondo.
più conviene che indossino questo abbigliamento regale coloro che si dedicano alla milizia celeste.
Impari dunque a salmodiare a Dio, per non perdere tempo in canti vergognosi ed in racconti sconvenienti.
35. E questa porta sia così assicurata e siano scelti quei determinati cittadini; uccidiamo invece dentro gli altri, come le api i fuchi, non lasciandoli uscire né ronzare.
La seconda porta: l’udito
36. Passiamo ora all’altra porta. Quale è questa? Quella che le è posta vicino ed ha molta affinità con essa, l’udito dico.
Infatti quella ha i cittadini che escono di fuori e nessuno entra attraverso di essa; questa invece li ha che entrano dal di fuori e nessuno esce attraverso di essa.
Ora questa ha molta affinità con quella: infatti se non permette che varchi le sue soglie nessun criminale o scellerato, non provoca grande difficoltà alla bocca, poiché chi non ode cose vergognose né malvagie non pronunzia neppure cose vergognose, allo stesso modo che, se questa è aperta a tutti, recherà danno a quella e provocherà confusione a tutti quelli di dentro. Forse bisognava dire prima tutto intorno a questa e sbarrare il primo ingresso.
37. Ora nulla di sconveniente ascoltino i fanciulli né da parte dei servitori né dal pedagogo né dalle nutrici. Ma come le piante hanno soprattutto bisogno di molta cura allorquando sono giovani, così anche i fanciulli.
Preoccupiamoci dunque di buone nutrici, affinché fin dalla base si ponga un buon fondamento e dall’inizio non accolgano in nessun modo nulla di malvagio.
38. Perciò non ascoltino neppure racconti frivoli e da vecchierelle.
"Il tale, dice, amò il tale. Il figlio del re e la figlia più piccola fecero questo". Non ascoltino niente di ciò, ma ascoltino altre cose senza alcuna circonlocuzione, con molta semplicità.
E’ possibile da parte di schiavi e di servitori, ma non di tutti: infatti non sia permesso ad ogni servitore di unirsi ad essi, ma siano ben noti, come sono noti quelli che si accostano ad una statua, coloro che collaborano con noi all’opera d’arte.
Come infatti non è sconveniente, se noi siamo architetti e costruiamo una casa per un signore, non permettere da parte nostra che si accostino alla costruzione indistintamente tutti i servitori, così ora fondando una città e dei cittadini per il re celeste non è sconveniente affidare a tutti il lavoro?
Invece quanti dei servi sono validi collaborino; se invece non ce n’è nessuno, cercane uno a pagamento, un uomo di valore, e affida il tutto specialmente a lui, cosicché collabori all’impresa.
La storia di Caino e Abele
39. Non ascoltino dunque siffatti racconti. Ma quando abbia interrotto le fatiche derivanti dagli studi (lo spirito infatti ama trattenersi sulle antiche narrazioni), parlagli distogliendolo da ogni atteggiamento puerile, dal momento che tu stai allevando un saggio ed un atleta ed un cittadino dei cieli.
Digli dunque e raccontagli: "C’erano una volta due figli di un solo padre, due fratelli". Poi, dopo esserti fermato, aggiungi: "Ed usciti da uno stesso ventre. Uno era più vecchio, l’altro più giovane. Ed uno era contadino, il più vecchio; l’altro, il più giovane, pastore. E questo conduceva le greggi nelle valli e negli stagni".
Ed addolcisci il racconto, in modo che il fanciullo provi qualche diletto e non gli affatichi lo spirito. "Quello seminava e piantava. E talvolta parve bene ad essi rendere onore a Dio. Ed il pastore, presi i primi capi delle greggi, le offrì a Dio".
Non è molto meglio raccontare queste cose al posto dei montoni dal vello d’oro e di quella fanfaronata? Quindi tienilo desto ha un certo senso il racconto , non aggiungendo nulla di falso, ma ciò che deriva dalla Scrittura. E quando ebbe offerto a Dio le primizie, all’improvviso discese un fuoco dal cielo e tutto attrasse verso l’altare celeste. Il più vecchio non fece così, ma se ne andò e, riservatesi le primizie delle sue fatiche, offrì a Dio le seconde parti. E Dio non le gradì, ma le trascurò e le lasciò rimanere sulla terra. Quelle invece le accolse in alto presso di sé. E come avviene per i soprintendenti nelle campagne, che il padrone onora ed accoglie in casa uno di quelli che gli recano offerte, mentre ne lascia stare fuori un altro, allo stesso modo avvenne anche qui.
Che avviene poi dopo ciò? Il fratello più vecchio si afflisse come disonorato e messo da parte, ed era fosco. Gli dice Dio: "Perché ti sei afflitto? Non sapevi che tu offri a Dio? Perché mi hai offeso? Che cosa hai da protestare? Perché mi hai offerto le seconde parti?".
E se ti pare opportuno usare un linguaggio più semplice, dirai: "Quello non avendo nulla da dire se ne stava zitto o piuttosto cessò di parlare. Dopo ciò, visto il suo fratello più piccolo, gli disse: "Usciamo in campagna". E, sorpresolo con inganno, il maggiore lo uccise.
Pensava di sfuggire a Dio. Ma Dio gli si avvicina e gli dice: "Dov’è tuo fratello?". Quello risponde: "Non lo so: sono forse guardiano di mio fratello?". Dio gli dice: "Ecco, il sangue di tuo fratello dalla terra grida verso di me".
Si sieda accanto anche la madre mentre l’anima del fanciullo viene così plasmata da questi racconti, affinché anch’essa collabori e lodi ciò che si dice.
"Che avvenne dunque dopo ciò? Dio accolse quello in cielo e, una volta morto, è lassù".
Con questi racconti il fanciullo apprende la dottrina della risurrezione. Infatti se si spacciano nei miti notizie di tal genere, come "e la rese una semidea", ed il fanciullo vi crede e non sa che cosa vuol dire "semidea", ma sa bene che è qualcosa di più grande rispetto all’uomo e udendo ne rimane subito ammirato, quanto di più se ascolterà della risurrezione e che la sua anima è salita al cielo.
"E subito accolse quello lassù. Costui invece, l’assassino, continuava a vivere per molti anni soffrendo intensamente, in compagnia di timore e tremore, e pativa infiniti mali ed era castigato ogni giorno".
Ed insisti a lungo sul castigo, non momentaneamente, sul fatto che "udì da parte di Dio: "Sarai afflitto e tremante sulla terra". Poiché il bambino non sa che cosa vuol dire ciò, digli: "Come tu che ti trovi davanti ed in lotta col maestro, se per caso stai per essere sferzato tremi ed hai paura, così viveva quello continuamente, dopo aver offeso Dio".
40. Basta fin qui per lui: e narragli questo racconto in una sola sera a cena.
La madre poi ripeta le stesse cose. In seguito, quando le avrà udite spesso, domandi anche a lui: "Dimmi il racconto", affinché si senta pure preso dalla emulazione. E quando avrà assimilato il racconto, allora gliene rivelerai anche la utilità. Infatti l’anima che ha assimilato in sé il racconto sa portare frutti prima del tuo intervento, ma tuttavia anche tu digli in seguito: "Vedi quale male è la gola? Quale male è invidiare il fratello? Vedi quale male è pensare di nascondersi di fronte a Dio? Infatti egli vede tutto, anche ciò che avviene in segreto".
Se riuscirai ad inculcare nel fanciullo questo solo pensiero, non avrà bisogno del pedagogo, poiché questo timore da parte di Dio incombe sul fanciullo più di ogni timore ed assilla la sua anima.
41. E non solo questo, ma conducilo guidandolo per mano alla chiesa e preoccupati di condurvelo specialmente quando si legge questo racconto.
Lo vedrai rallegrarsi ed esultare e gioire perché egli conosce ciò che tutti ignorano, ed afferrare ed apprendere e trarne grande profitto. E da quel momento il fatto è riposto nella sua memoria.
42. C’è pure un altro profitto da trarre dal racconto. Impari da te che non bisogna affliggersi quando si soffre del male: qui subito fin dall’inizio Dio lo mostra in questo fanciullo, dal momento che mediante la morte accolse su in cielo colui che gli era accetto.
La storia di Giacobbe ed Esaù
43. Quando questo racconto si sarà impresso nella mente del fanciullo, introducine un altro, come quello dei due altri fratelli, e narra: "C’erano una volta due altri fratelli, di nuovo uno più vecchio e l’altro più giovane. E il più vecchio era cacciatore; il più giovane, dedito ai lavori di casa".
Questo racconto possiede pure una attrattiva più grande del primo, in quanto contiene molte peripezie ed essi erano maggiori di età.
Questi due fratelli erano pure gemelli . Ma dopoché nacquero, la madre prediligeva il più piccolo, il padre il più grande. E quello trascorreva fuori molto tempo nei campi; questo invece, il più giovane, in casa. Ed una volta narra il racconto " suo padre divenuto vecchio dice a quello che prediligeva: "Poiché, o figlio, sono divenuto vecchio, va’ e preparami della selvaggina, cioè cattura una gazzella o una lepre e portala e falla cuocere, affinché dopo averne mangiato io ti benedica".
Al più piccolo invece non disse nulla di simile. Ma la madre, avendo udito il padre che diceva tali cose, chiamato il più giovane gli dice: "Figlio, poiché tuo padre ordinò a tuo fratello di portargli della selvaggina, affinché dopo aver mangiato lo benedica, ascoltami. Va’ dal gregge e, presi dei capretti teneri e molli, portameli ed io li preparerò come desidera tuo padre e tu andrai da lui affinché, mangiatili, ti benedica".
Ora il padre aveva la vista debole a causa della vecchiaia. Quando dunque il più giovane portò i capretti, la madre li fece cuocere e, poste su un piatto le vivande, le diede al figlio e lo fece entrare. Gli fece però indossare pelli di capra per non essere scoperto, poiché quello era glabro, suo fratello invece peloso, affinché potesse rimanere nascosto ed il padre non se ne accorgesse. E così lo mandò.
Il padre allora, credendo che fosse realmente il più vecchio, dopo aver mangiato lo benedisse. Quindi, dopo che si compi la benedizione, arriva il più vecchio portando la selvaggina e, visto l’accaduto, gridando ad alta voce si mise a piangere.
44. Guarda quante cose belle nascono da questo racconto. E non entrare in tutti i suoi dettagli: infatti osserva quanti spunti nascono da esso.
Anzitutto i figli provano rispetto e stima per i padri vedendo che è così ambita la benedizione dei padri e preferiranno ricevere infiniti colpi piuttosto che udire delle maledizioni da parte dei padri.
Se poi un racconto fittizio di qualcosa occupa così la loro anima da essere ritenuto degno di fede, ciò che è realmente vero come non potrà occuparla e riempirla di molto timore?
Bisogna disprezzare il ventre. È necessario infatti che quel racconto mostri come non guadagnò nulla dall’essere il primogenito ed il più vecchio: per la intemperanza del ventre perdette la prerogativa della primogenitura.
45. Quindi quando avrà diligentemente appreso questo, un’altra sera gli dirai di nuovo: "Raccontami la storia di quei due fratelli".
E se comincerà a narrare quella di Caino e Abele, fermalo e digli: "Non voglio questa, ma quella degli altri due, dove il padre benedisse". E dà le indicazioni, senza citare ancora i nomi.
Quando ti avrà raccontato tutto, aggiungi il seguito e dì:
46. "Ascolta ora ciò che capitò dopo questi fatti.
Anche costui cercava di uccidere il fratello, come quello di prima, ed attendeva la fine del padre. Ma la madre avendone avuto sentore ed essendosi spaventata, lo fece andare in esilio".
Ora la profonda saggezza che oltrepassa la capacità di intendere del fanciullo può tuttavia con un opportuno adattamento essere comunicata anche alla tenera mente infantile, se presenteremo convenientemente il racconto.
Così dunque gli diremo: "Questo fratello se ne andò e giunse in un luogo non avendo nessuno con sé, né schiavo né domestico né pedagogo né alcun altro. Giunto in un luogo si mise a pregare e disse: "O Signore, dammi pane e vestito e salvami". Quindi, dopo aver detto ciò, per la tristezza si addormentò. E vide nel sonno una scala dalla terra al cielo e gli angeli di Dio che salivano e scendevano e Dio stesso posto in alto sulla cima e disse: "Benedicimi". E lo benedisse e lo chiamò Israele ".
Il nome dei figli
47. A buon punto mi sono ricordato e mi è venuta un’altra idea dal nome. Quale è mai questa? Infondiamo subito in loro a partire dall’attribuzione del nome lo zelo della virtù. Nessuno dunque per dare il nome ai figli ricorra ai nomi degli antenati, del padre e della madre e del nonno e del bisnonno, ma a quelli dei giusti, dei martiri, dei vescovi, degli apostoli. Sia anche questo per loro uno stimolo: uno si chiami Pietro, un altro Giovanni, un altro abbia" un altro nome di un santo.
48. E non imitatemi le usanze greche. Infatti non è piccola vergogna e scherno quando in casa di cristiani si svolgono certe usanze greche ed accendono fiaccole e si fermano ad aspettare quella che si spegne e consuma per prima, ed altre simili cose che arrecano un danno non comune a quelli che le fanno.
Non pensiate che ciò che avviene sia cosa da poco ed insignificante.
49. Ora esorto anche voi a questo, a chiamare i vostri figli con i nomi dei giusti.
Infatti all’inizio era naturale che ciò avvenisse e chiamassero i figli con i nomi degli antenati: era un conforto della morte, perché lo scomparso sembrasse vivere per il nome; ora non più.
Infatti vediamo che i giusti non chiamano così i loro figli: Abramo generò Isacco; furono chiamati l’uno Giacobbe, l’altro Mosè non dagli antenati, né troveremo mai qualcuno dei giusti chiamato in questo modo. Di quale virtù e conforto se è quindi esempio anche l’attribuzione del nome!
Per il fatto che non troveremo nessun’altra causa del nome se non questa, che è ricordo della virtù. "Infatti, dice, tu sarai chiamato Cefa, che significa Pietro". Per quale motivo? Perché hai reso testimonianza.
"E tu ti chiamerai Abramo". Per quale motivo?
"Perché sarai padre di popoli". " Ed Israele, perché vedesti Dio".
Di qui dunque anche noi cominciamo a prenderci cura dei figli e ad educarli.
50. Ma, come dicevo, " vide una scala che saliva al cielo e discendeva qui".
Entri dunque nelle case il nome dei santi attraverso l’imposizione del nome ai figli, affinché possa educare non solo il figlio, ma anche il padre, quando penserà che è padre di Giovanni, di Elia, di Giacobbe. Se sarà infatti dato con devozione e con rispetto per gli scomparsi e riusciremo ad ottenere la parentela dei giusti piuttosto che quella degli antenati, molto questo gioverà e a noi ed ai figli.
Non credere già, perché è piccola cosa, che sia insignificante: è invece garanzia di aiuto.
51. Ma, come dicevo, torniamo di nuovo al seguito. "Vide una scala ben fissa; chiese di essere benedetto; Dio lo benedisse; ritornò dai suoi parenti; si dedicava al pascolo".
Raccontagli poi le vicende riguardo la sposa ed il ritorno; e trarrà di qui grande profitto.
Considera infatti quanto apprenderà: sarà educato a sperare nel Signore; a non disprezzare nessuno, pur discendendo da un nobile; a non vergognarsi della semplicità; a sopportare coraggiosamente le avversità e molte altre cose.
52. Dopo questi racconti narrane a lui già cresciuto anche altri che incutano più timore.
Alla mente ancora giovane non imporre un tale peso, perché non ne sia spaventata.
Quando avrà quindici anni o anche più, senta parlare dell’inferno; anzi, quando avrà dieci anni oppure otto o meno ancora, senta parlare del diluvio e delle vicende di Sodoma e degli avvenimenti d’Egitto (fatti tutti che sono pieni di castighi) con grande abbondanza di particolari.
E, ancora cresciuto di più, senta anche i fatti del Nuovo Testamento, quelli relativi alla grazia, quelli dell’inferno.
Rafforza tutto intorno il suo udito con questi discorsi e con infiniti altri, presentandogli pure degli esempi attinti da casa sua.
53. E se qualcuno raccontasse pure cose false, non permettiamo in nessun modo, come dicevo, che alcuno gli si avvicini.
E se tu noterai alla sua presenza uno schiavo che parla male, puniscilo subito e sii severo e rigoroso censore delle colpe.
E se vedrai una fanciulla..., o, meglio, non si accosti una fanciulla e non attizzi il fuoco, a meno che si tratti di una vecchia e tale che non abbia alcun mezzo sufficiente per attirare un giovane; stia lontano invece da una fanciulla più che dal fuoco.
Così dunque non dirà nulla di sconveniente se non udirà nulla di sconveniente, ma sarà educato secondo questi principi.
La terza porta: l’olfatto
54. Vuoi che passiamo ad un’altra porta, quella dell’olfatto?
Anche questa arreca grande danno se non è rafforzata, come le essenze ed i profumi.
Nulla distende così la tensione dell’anima, nulla così la rilassa come dilettarsi di buoni profumi.
"Che dunque, dici, bisogna rallegrarsi del sudiciume?". Non dico questo, ma che non ci si deve rallegrare né di questo né di quello.
Che nessuno gli offra del profumo: infatti il cervello, appena accolto questo, si affloscia completamente. Di qui si ridestano anche i piaceri e grande è il pericolo di questa situazione.
Ora dunque rinforza questa porta: il suo compito infatti è di respirare l’aria, non di aspirare il profumo. Forse alcuni ridono, come se ci preoccupassimo di inezie nel discutere di una tale costituzione; non si tratta però di inezie, ma della base e dell’educazione e dell’ordine di tutto il mondo, se ciò fosse attuato.
La quarta porta: gli occhi
55. C’è anche un’altra porta più attraente di queste, ma più difficile da custodire, quella degli occhi: per questo sta aperta al di sopra e possiede la bellezza. Ha molte aperture non solo per vedere ma anche per essere vista, se è stata ben rifinita.
56. Qui c’è bisogno di leggi severe: anzitutto di una, che il fanciullo non sia mai mandato a teatro, per non subire una rovina totale attraverso l’udito e attraverso gli occhi.
A questo, in piazza, badi soprattutto il pedagogo, facendolo passare attraverso stretti sentieri e lo esorti, così da non subire mai quella rovina.
57. A molte cose si deve dunque badare, perché non subisca tale influenza quando è visto: eliminare l’eccesso dell’eleganza tagliando in segno di serietà i capelli posti in alto.
E se il fanciullo ne fosse dispiaciuto come se fosse privato di ornamento, impari anzitutto che questo è il miglior ornamento.
58. Quanto poi al non vedere, sono sufficienti per la protezione quei discorsi sui figli di Dio perdutisi per le figlie degli uomini , quelli sui Sodomiti, l’inferno e tutti gli altri racconti.
59. Su questo punto soprattutto il pedagogo e l’accompagnatore devono usare molta attenzione. Ma tu mostragli altre cose belle e stornerai di là i suoi occhi, cioè il cielo, il sole, gli astri, i fiori della terra, le praterie, la bellezza dei libri : rallegri la vista con queste cose. E ce ne sono molte altre che non arrecano danno.
60. Infatti questa porta è difficile da custodire, poiché ha il fuoco posto all’interno e, come qualcuno direbbe, una necessità naturale.
Impari i canti divini. Se non è eccitato dall’interno, non vuole neppure vedere al di fuori.
Non prenda il bagno con donne: è un male questa abitudine, e che non lo si mandi neppure a riunioni di donne.
61. Ascolti continuamente tutto il racconto su Giuseppe ed impari inoltre ciò che riguarda il regno dei cieli, quale ricompensa è destinata ai temperanti.
Promettigli anche di presentargli una graziosa sposa e di renderlo successore dell’eredità.
Impiega ogni minaccia se vedessi il contrario e digli: "Non riusciremo ad incontrare, o figlio, una donna virtuosa, se tu non dimostrerai molta vigilanza e l’accrescimento della virtù. Quando sarai divenuto forte, ti condurrò subito alle nozze".
62. Soprattutto se è educato a non dire cose vergognose, fin dall’inizio ha come acquisita la riservatezza.
Parlagli della bellezza dell’anima. Ispiragli nobili pensieri sulle donne. Digli che è degno di uno schiavo essere disprezzato da una schiava e ché il giovane ha soprattutto bisogno di molta cura.
Colui che parla fuori posto sarà notato, mentre colui che vede non lo sarà infatti rapida è questa sensazione e, pur sedendo in mezzo a molti, può conquistare quella che vuole con lo sguardo degli occhi. Non abbia niente in comune con una donna: ad eccezione della madre non guardi alcuna donna.
Non dargli del denaro; nulla di vergognoso penetri in lui; disprezzi il lusso e le altre cose simili.




La quinta porta: il tatto
63. C’è poi un’altra porta, non simile a queste, ma che si estende a tutto quanto il corpo, quella che chiamiamo il tatto e che sembra essere chiusa, ma, come è aperta, così attira dentro ogni cosa.
Non permettiamo che questa sia in relazione con languide vesti né con corpi. Rendiamola dura. Noi alleviamo un atleta e pensiamo a questo. Non si serva dunque di tappeti delicati né di vestiti. Ciò sia disposto in questo modo per noi.
64. Orsù dunque, dopo essere entrati in questa città scriviamo e fissiamo delle leggi, poiché la disposizione delle porte va bene per noi.
Anzitutto impariamo a conoscere esattamente le case e le stanze interne dei cittadini, dove essi dimorano, quelli forti e quelli deboli.
65. Dicono dunque che la passione ha come sede e casa il petto e, nel petto, il cuore; il desiderio, il fegato; la ragione, il cervello.
Propri di quello sono virtù e vizio: virtù è temperanza e mitezza; vizio, impudenza ed arroganza; a sua volta virtù di questo è la continenza, vizio la lussuria;
e virtù della ragione è la saggezza, vizio la stoltezza. Facciamo dunque in modo che nascano in queste sedi le virtù e generino tali cittadini, non quelli malvagi: infatti come madri di pensieri cattivi si presentano questi elementi.
La padronanza di sé
66. Rivolgiamoci ora alla parte dominante, la passione. Né la si deve stroncare del tutto da parte del giovane né gli si deve permettere che vi accondiscenda dovunque: invece educhiamoli sin dalla prima età a sopportare, qualora ricevano un’ingiustizia, e, se vedessero qualcuno vittima di un’ingiustizia, ad andare coraggiosamente in suo aiuto e a difendere in misura conveniente chi si trova in difficoltà.
67. Come avverrà questo? Se si esercitano tra i loro stessi servitori e sopportano di essere disprezzati e non si affliggono di essere ingannati, ma piuttosto esaminano attentamente le loro mancanze verso gli altri.
Dovunque in tali circostanze è sovrano il padre, severo ed intransigente riguardo la trasgressione delle leggi, ma dolce e benevolo riguardo la loro osservanza e dispensatore di molti doni al figlio.
Così infatti anche Dio regge il mondo col timore dell’inferno e la promessa del regno: allo stesso modo pure noi i nostri stessi figli.
68. E ci siano molti d’ogni parte a stimolarli, in modo che si esercitino ed imparino con quelli di casa a sopportare la passione.
E come nella palestra prima dei combattimenti gli atleti si esercitano con quei di casa, in modo che, superando quelli, diventino invincibili con gli avversari, così anche il fanciullo sia educato in casa.
E spesso il padre o il fratello sia colui che in modo particolare lo mette alla prova: e tutti si diano da fare soprattutto per la sua vittoria; oppure qualcuno gareggi e gli si opponga nella lotta, in modo da esercitarlo in quella.
Così anche i servi lo provochino continuamente e giustamente ed ingiustamente, in modo che dovunque impari a dominare la passione.
Infatti se lo provoca il padre, non c’è nulla di notevole, poiché il nome del padre condizionando la sua anima non gli permette di reagire. Invece facciano ciò coetanei, schiavi e liberi, affinché per mezzo di quelli impari l’equilibrio.
69. C’è dell’altro. Che cosa dunque? Quando si adirerà, ricordagli le proprie passioni; quando si irriterà con uno schiavo, ricordagli se egli non ha mai sbagliato e come si comporterebbe trovandosi egli stesso in questa situazione.
E se vedrai che batte lo schiavo, puniscilo; e se lo tratta con arroganza, fa’ altrettanto.
Non sia né fiacco né rozzo, affinché possa essere uomo ed equilibrato. Infatti spesso egli ha bisogno dell’energia se per caso dovesse avere lui stesso dei figli o diventare padrone di schiavi.
Dovunque è utile l’energia; là soltanto è inutile, quando difendiamo noi stessi. Per questo motivo anche Paolo non approfitta mai della situazione per se stesso, ma solo per quelli che subiscono l’ingiustizia. E Mosè, avendo visto un fratello vittima dell’ingiustizia, si valse dell’ira e molto coraggiosamente, lui che era il più mite di tutti gli uomini`; invece quando fu oltraggiato, non si difese affatto, ma fuggì.
E ascolti questi racconti: infatti quando orniamo ancora le porte, c’è bisogno di quei racconti più semplici; quando però educhiamo i cittadini già entrati, è tempo di questi discorsi più elevati.
Così ci sia per lui quest’unica legge, di non difendere mai se stesso oltraggiato o maltrattato e di non tollerare mai che un altro soffra questo.
70. Insegnando tali cose ed educando se stesso, anche il padre sarà molto migliore: infatti, se non per un altro motivo, almeno per non compromettere l’esempio sarà molto migliore di se stesso.
Così impari ad essere trascurato, disprezzato. Non chieda a quei di casa nulla di quanto può chiedere un uomo libero, ma si faccia da solo i maggiori servizi. Gli schiavi lo servano in quelle cose soltanto in cui non gli è possibile servirsi da sé: ad esempio non può un uomo libero cucinare. Non bisogna infatti destinarlo a questi lavori dopo averlo sottratto alle fatiche che si adattano ad un uomo libero.
E se avrà poi bisogno di lavarsi i piedi, non faccia questo servizio uno schiavo, ma se li lavi da sé: renda così l’uomo libero bene accetto e grandemente amabile a quei di casa.
E nessuno gli porti il mantello né attenda in bagno l’aiuto da parte di un altro, ma faccia ogni cosa da sé: ciò lo renderà vigoroso, modesta ed affabile.
71. Insegnagli anche ciò che riguarda la condizione umana, che cos’è uno schiavo e che cosa un libero. Digli: " Piccolo, non c’erano schiavi anticamente al tempo dei nostri progenitori; ma fu il peccato ad introdurre la schiavitù. Poiché, infatti, uno divenne violento contro il padre, pagò questa pena, di diventare schiavo dei fratelli. Bada dunque di non essere schiavo degli schiavi. E se ti adirerai come quelli e farai tutte le loro stesse cose e rispetto alla virtù non avrai niente in più di essi, non avrai pure niente rispetto alla stima.
"Sforzati dunque di essere loro padrone e di diventarlo non in questo modo, ma con la condotta, perché, pur essendo libero, non ti si rinvenga loro schiavo.
Non vedi forse quanti padri diseredarono i loro figli e li sostituirono con gli schiavi? Bada quindi che non ti capiti niente di simile. Io né voglio né mi auguro questo: tu però sei arbitro di entrambe queste possibilità".
72. Così frena la sua passionalità, imponendogli di trattare con quei di casa come con dei fratelli ed insegnandogli ciò che riguarda la condizione umana col dirgli le parole di Giobbe: "Se disprezzai il diritto del mio servo o della mia serva, quando erano in giudizio con me, che cosa farò se il Signore farà giustizia di me? Se farà un esame, che risposta darò? Forse che come io nacqui nel ventre anch’essi non vi nacquero? Siamo nati nello stesso ventre". E di nuovo: " Forse che spesso mi dissero le mie serve: "Chi ci darà da saziarci delle sue carni? Infatti io sono troppo buono".
73. Ti pare forse ingenuo Paolo, per il quale colui che non sa governare una casa non deve neppure essere a capo della chiesa?.
Dì dunque: "Se vedrai che è stato perso uno stilo o una penna è stata spezzata da un servo, non adirarti né insultarlo, ma sii indulgente, sii comprensivo".
Così a partire dalle piccole perdite saprai sopportare anche le grandi: o una cinghia intorno alla tavoletta smarrita o una catena di bronzo. Infatti i fanciulli si sdegnano per tali perdite e preferirebbero rimettere la vita piuttosto che lasciare impunito il male che deriva da queste cose.
A questo punto dunque sia mitigata l’asprezza dell’ira. Sai bene infatti che colui il quale è divenuto calmo e mite e virile rispetto a ciò, sopporterà facilmente ogni perdita.
Ora quando, possedendo una tavoletta fatta di legno prezioso, tutta pulita e priva di macchia, con all’interno catene di bronzo e cinghie non inferiori all’argento ed altri simili oggetti da fanciulli, se per caso chi l’accompagna la perde o la rovina, quello non si adira, ha già mostrato i segni di una grandissima saggezza.
E non comprargliela subito, purché non si sia spenta l’ira; ma quando vedrai che non ne sente più il bisogno né continua ad essere risentito, allora provvedi alla sua irritazione.
74. Qui non si tratta di cose senza importanza: il nostro discorso riguarda il governo della terra intera. Educalo anche a preferire il fratello, se ne ha uno più giovane; se ciò non è possibile, anche il servo: pure questo è segno di grandissima saggezza.
75. E addolcisci la sua ira così da rendere miti i suoi pensieri per noi: infatti quando non sarà risentito per nulla, quando sopporterà la perdita, quando non avrà bisogno di alcun rimedio, quando non si sdegnerà perché un altro è onorato, donde mai avrà motivo per adirarsi ancora?
76. È tempo ormai di passare al desiderio della carne. Qui duplice è la saggezza e duplice il danno, io credo, dovendo fare in modo che egli né si prostituisca né si dia alla fornicazione.
I medici affermano che questo desiderio si presenta intorno ai quindici anni.
Come riusciremo ad incatenare questa belva? Quale freno le imporremo? Non ne conosco altro se non quello dell’inferno.
77. Anzitutto distogliamolo dal vedere e sentire cose vergognose ed un fanciullo libero non vada mai a teatro.
Se andrà alla ricerca di quel piacere, qualora trovassimo qualche suo coetaneo che se ne astiene indichiamoglielo, cosicché sia trattenuto dall’ammirazione, poiché nulla è così educativo come l’emulazione, proprio nulla.
E facciamo così in tutto, specialmente se è sensibile all’emulazione: ciò possiede una forza ancora maggiore del timore, delle promesse e di ogni altra cosa.
78. Inoltre ricorriamo per lui ad altri piaceri non dannosi. Conduciamolo da uomini santi, procuriamogli una distensione. Onoriamolo con molti doni, in modo che la sua anima accetti di sopportare il disonore che ne deriva: e al posto di quegli spettacoli presenta dilettevoli racconti, praterie e magnifici edifici.
E dopo questo disprezziamo col discorso quelle cose dicendogli: "O figlio, sono da schiavi quegli spettacoli, il vedere donne nude che parlano in modo turpe. Abituati a non ascoltare né a dire nulla di sconveniente, e va’ pure. Ma non è possibile non udire là niente di vergognoso. Ciò che là accade è indegno dei tuoi occhi".
E contemporaneamente mentre parliamo baciamolo ed abbracciamolo e teniamolo stretto, così da mostrargli il nostro affetto. Confortiamolo con tutto questo.
79. Che cosa poi ancora? Come già dissi, nessuna fanciulla si avvicini né lo serva, ma una domestica già adulta, una donna anziana.
E si introduca il discorso del regno e di coloro che un tempo brillarono per la loro continenza, pagani e cristiani . Accostiamo continuamente al suo orecchio questi esempi.
E se avessimo pure dei domestici continenti, anche da costoro si prendano gli esempi, affermando che è del tutto sconveniente che il domestico sia così continente e l’uomo libero gli sia inferiore.
C’è anche un altro rimedio Quale? Impari pure a digiunare, se non sempre, almeno due giorni la settimana, il mercoledì ed il venerdì . E si rechi in chiesa.
I1 padre poi prendendolo alla sera, quando il teatro si svuota, gli indichi quelli che escono di là e prenda in giro i vecchi, che sono divenuti più dissennati dei giovani, ed i più giovani che si sono lasciati bruciare dalla passione.
Ed interroghi il fanciullo: "Che cosa hanno guadagnato tutti costoro? Nient’altro che vergogna, colpa e biasimo".
In breve, non è piccolo vantaggio rispetto alla continenza astenersi da tutto questo e da ciò che si vede e si sente.
80. C’è ancora altro: impari a pregare con grande cura e compunzione. E non dirmi che un fanciullo non sarebbe in grado di accogliere ciò. Soprattutto il fanciullo, che ha uno sguardo penetrante e sveglio, potrebbe essere in grado di accogliere ciò. Vediamo infatti molti esempi simili tra gli antichi, come Daniele e Giuseppe.
E non venirmi a parlare dei diciassette anni di Giuseppe, ma pensa a questo, in che modo riuscì ad accattivarsi il padre ed in misura maggiore degli stessi fratelli più vecchi.
E Giacobbe non era più giovane? E Geremia? E Daniele non aveva dodici anni? E Salomone non aveva anche lui dodici anni, quando fece quella meravigliosa preghiera? E Samuele, pur essendo giovane, non istruì lo stesso suo maestro?
Così non disperiamo: infatti non potrebbe accogliere ciò se fosse più giovane rispetto all’anima, non rispetto all’età.
Sia educato dunque a pregare con molta compunzione ed a vegliare secondo le sue possibilità: in breve, si imprima nel fanciullo il carattere di un uomo santo.
Chi infatti si preoccupa di non giurare, di non offendere se offeso e di non diventare arrogante ed odioso, digiunando e pregando, ha da tutto questo lo stimolo sufficiente alla continenza.
Il fidanzamento
81. E se lo indirizzerai alla vita del mondo, presentagli presto la sposa e non attendere che egli sia in servizio militare oppure già allora si dedichi agli affari pubblici, ma forma fin dall’inizio la sua anima e preoccupati già allora della sua reputazione esteriore. Credi forse che sia piccola cosa fare in modo che con le nozze un uomo vergine si unisca ad una vergine? Non è cosa di poca importanza per la continenza della donna, e non soltanto per quella del giovane.
Non sarà puro soprattutto allora l’amore? E, ciò che è più importante di tutto, Dio non sarà pieno di benignità e non colmerà di infinite benedizioni quelle nozze, quando essi si uniranno come egli ordinò?
E fa’ in modo che egli rivolga l’amore verso la fidanzata: se sarà preso da questo desiderio, si riderà di ogni altra donna.
82. Se elogerai la fanciulla per la bellezza, per l’ornamento e per ogni altra cosa e aggiungerai in seguito: "Non accetterà di unirsi a te se avrà saputo che tu conduci una vita leggera", farà molta attenzione come se corresse un rischio estremo.
Infatti se l’amore della fidanzata convinse quel santo , pur essendo stato deluso, a servire di nuovo sette anni, anzi quattordici, quanto più convincerà noi.
Digli: "Tutti quelli della sposa, il padre, la madre, i servi, i vicini e gli amici si preoccupano della tua condotta e tutti gliela riferiscono". Tienilo avvinto con questo legame, un legame che favorisce la continenza.
E così, anche se non potrà prendere moglie fin dalla prima età, abbia invece fin da questa una fidanzata ed abbia cura di apparire buono: ciò è sufficiente per ogni protezione.
83. C’è pure un’altra difesa della continenza: osservi continuamente colui che è capo della chiesa ed oda molti elogi da parte sua ed il padre si vanti di questo con tutti coloro che ascoltano.
Le fanciulle siano schive di vederlo. In seguito poi i racconti sa ed il timore del padre e le promesse e successivamente la ricompensa accordata da Dio ed i beni, di cui goderanno i continenti, gli procureranno molta sicurezza.
84. Aggiungi poi gli onori che si hanno nel servizio militare e negli affari pubblici. Ed oltre a questo ci sia un modo di parlare costantemente avverso alla dissolutezza, molti elogi invece per la continenza.
Tutto ciò è sufficiente per tenere a freno l’anima del giovane: e così ci procurerà santi pensieri.
La saggezza
85. C’è pure altro: passiamo ora all’argomento principale, che sovrasta su tutto. Quale è dunque? La saggezza intendo.
A questo proposito c’è bisogno di molto sforzo per riuscire a renderlo accorto e ad eliminare ogni Questo è soprattutto il compito grande e mirabile della filosofa, di conoscere le cose di Dio, ciò che riguarda tutto ciò che si trova qui in terra, l’inferno, il regno.
"Principio della sapienza è il timore di Dio".
86. Facciamo nascere dunque in lui questa saggezza ed esercitiamolo a conoscere gli affari degli uomini, che cos’è ricchezza, gloria, potere; a disprezzare queste cose e ad aspirare alle cose più grandi.
E ricordiamogli tali consigli: "Figlio, temi solo Dio e al di fuori di lui non temere alcun altro".87. In base a questo diverrà un uomo assennato e piacevole: niente infatti rende dissennato come queste passioni.
Per la sapienza di Dio basta il timore e l’avere il discernimento delle cose degli uomini, quanto conviene averne. Questo infatti è il sommo della sapienza, non lasciarsi prendere dalle cose puerili.
Sia educato a stimare nulla le ricchezze, nulla la gloria umana, nulla il potere, nulla la morte, nulla la vita presente: così sarà saggio.
E se dopo tale esercizio lo accompagneremo alla stanza nuziale, pensa quale dono sarà per la sua sposa.
88. Non celebriamo le nozze con flauti né con cetre né con danze: infatti è indice di grande sconvenienza disonorare con tali mezzi un simile sposo. Invece chiamiamo qui Cristo: ormai lo sposo è degno di lui. Invitiamo i suoi discepoli. Tutto per lui sarà bellissimo. Egli stesso poi imparerà a formare così i suoi figli e quelli i propri e si intesserà così una catena d’oro.
89. Facciamo pure in modo che egli si occupi secondo la sua capacità di affari pubblici, di quelli che non ammettono colpe.
E se sarà in servizio militare, impari a non guadagnare illecitamente, come anche se difenderà chi soffre ingiustizia o se farà qualsiasi simile professione.
90. La madre impari ad educare la sua giovane figlia secondo questi principi e ad allontanarla dal lusso, dall’eleganza e da tutto ciò che è proprio delle prostitute.
Faccia tutto secondo tale regola ed allontani sia il giovane che la giovane dall’ostentazione e dall’ebbrezza. Ciò ha grande importanza per la continenza: infatti il desiderio turba i giovani; l’amore dell’eleganza e la vanità, le giovani.
Reprimiamo dunque tutto ciò e cosi potremo piacere a Dio allevando tali atleti, per potere anche noi ed i nostri figli avere in sorte i beni promessi a coloro che lo amano, mediante la grazia e la benevolenza del Signore nostro Gesù Cristo, al quale insieme col Padre e con lo Spirito Santo sia gloria, potenza, onore, ora e sempre e per i secoli dei secoli. Così sia.


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