mercoledì 22 luglio 2015

Monsignor Boleslaw Sloskans - Tema: Provvidenza - Eucaristia - Preghiera


Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?«Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita« né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore (Rm 8,35-39). Queste parole di san Paolo si applicano in modo particolare alla vita di Mons. Sloskans, vescovo lettone che, dopo un anno di episcopato, ha sofferto per la fede; incarcerato in diciassette prigioni sovietiche, ha conosciuto la deportazione in Siberia e un esilio di più di trent'anni lontano dalla sua patria. La sua vita testimonia della presenza di Gesù Cristo nella sua Chiesa, e in ciascuno dei suoi discepoli: il Salvatore dà loro forza e luce, anche in condizioni umanamente insopportabili.
Boleslaw Sloskans è nato il 31 agosto 1893, a Tiltgals, in Lettonia. Questo paese baltico faceva allora parte dell'impero russo degli Zar. I genitori di Boleslao, che sono cattolici, hanno la gioia di mettere al mondo sei figli. La formazione religiosa si fa in seno alla famiglia. Alla conclusione dei suoi studi elementari, Boleslao informa suo padre della sua intenzione di diventare prete. Quest'ultimo esprime il suo consenso con un pugno sul tavolo, mettendo come unica condizione che suo figlio s'impegni a diventare un buon prete. Alla fine dei suoi studi effettuati a San Pietroburgo, in Russia, Boleslao viene ordinato prete il 21 gennaio 1917. Nell'autunno seguente scoppia la rivoluzione bolscevica; i comunisti s'impadroniscono del potere. Poco per volta, l'insegnamento religioso viene proibito, le chiese vengono chiuse, i vescovi e i preti imprigionati« Nel novembre 1918, la Lettonia riconquista la sua indipendenza dalla Russia, ma, rimanendo chiuse le frontiere, Boleslao è costretto a rimanere a Pietrogrado. Vi è incaricato della parrocchia di santa Caterina dove il suo zelo pastorale e la saggezza del suo giudizio sono molto apprezzati.
«Un uomo semplice ma santo»

In seguito alla rivoluzione dell'ottobre 1917, la Santa Sede si preoccupa della situazione della Chiesa cattolica in Unione sovietica. Per garantire alla Chiesa latina migliori probabilità di sopravvivenza, bisognerebbe consacrare nuovi vescovi. Il Padre Michel d'Herbigny, Gesuita, delegato del Vaticano per le trattative con i nuovi capi del Cremino, riceve da Pio XI la missione di realizzare queste consacrazioni episcopali. Nel 1926, egli ottiene un visto per visitare le comunità francesi di Russia. In viaggio per Mosca, il Padre d'Herbigny viene ricevuto a Berlino dal nunzio apostolico, Mons. Pacelli, il futuro Papa Pio XII, che lo consacra segretamente vescovo. A Mosca, Mons. d'Herbigny consacra vescovo un prete francese, il Padre Neveu. Quest'ultimo gli raccomanda Boleslao Sloskans, un «uomo semplice ma santo», che, nella speranza di proseguire la sua missione pastorale a Pietrogrado, ha preso la cittadinanza russa. Boleslao, che non ignora nulla dei pericoli che comporta l'incarico di vescovo sotto il regime comunista, accetta questo fardello con coraggio. Il 10 maggio, viene consacrato nel massimo segreto, e incaricato delle diocesi di Mogilev e di Minsk, in Bielorussia, con la qualifica di vicario apostolico. Ha trentatre anni. Nel mese di settembre seguente, fa conoscere ufficialmente la sua consacrazione episcopale, il che non gli impedisce di adottare una linea di condotta senza condiscendenza nei confronti delle pubbliche autorità.
A Mogilev, si rende conto che è spiato dagli agenti della GPU, la Polizia segreta di Stato. Pesa quindi attentamente ogni parola pronunciata in pubblico. All'inizio del settembre 1927, intraprende un viaggio di quindici giorni per visitare le zone sotto la sua giurisdizione. Durante la sua assenza, la GPU organizza perquisizioni nella sua casa. Al suo ritorno, il 16 settembre nella notte, riceve la visita di agenti della polizia che procedono a una nuova perquisizione. Essi scoprono mappe e incartamenti militari nascosti dietro alcuni quadri, tutti documenti che erano stati piazzati dagli sbirri della GPU in occasione di una perquisizione precedente. Egli viene immediatamente arrestato. Viene organizzato un simulacro di istruttoria. Gli interrogatori sfibranti hanno luogo preferibilmente di notte. Dopo aver subito per parecchi mesi trattamenti inumani in diverse prigioni, Mons. Sloskans viene condannato all'esilio e a tre anni di lavori forzati nei campi di concentramento di Solovki, un arcipelago del Mar Bianco coperto di foreste, dal clima glaciale e umido. Gli verrà confessato in seguito che l'accusa di spionaggio non era altro che un pretesto per allontanarlo dalla sua diocesi: se egli fosse stato veramente riconosciuto come spia, la pena sarebbe stata molto più pesante.
«Quello che mi rende così felice»
Nonostante i tormenti che ha già subiti, Mons. Sloskans scrive ai suoi genitori: «Avete sicuramente appreso dai giornali che sono stato arrestato. Dopo sei mesi, mi è finalmente possibile scrivervi. Ho sempre amato predicare la parola di Nostro Signore: Non uno solo capello del vostro capo cadrà senza che Dio l'abbia voluto (cf Mt 10,30). So ora per esperienza che tutto quello che accade per volontà o con il permesso di Dio è opera di salvezza. Nel corso degli ultimi quindici anni della mia vita, non ho mai ricevuto tante grazie quante durante i cinque mesi della mia prigionia. La prigionia è il più grande e il più bell'avvenimento della mia vita interiore, anche se rimpiango di non poter celebrare la Messa. Cari genitori, pregate per me, ma fatelo senza angoscia e senza tristezza. Lasciate che il vostro cuore si apra al più grande amore possibile. Sono così felice perché ho appreso ora ad amare tutti gli uomini, senza eccezione, anche coloro che sembrano non meritare questo amore. Essi sono i più infelici. Ve ne supplico, non lasciate che alcun sentimento di vendetta o di amarezza penetri nel vostro cuore. Se noi ci permettessimo una simile cosa, non saremmo più dei cristiani, ma dei fanatici. Sono condannato a tre anni. Ve lo chiedo ancora: Pregate! Che la benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre».
La profonda fede di Mons. Sloskans nell'azione della Provvidenza divina si fonda su verità che sono ricordate nel Catechismo della Chiesa Cattolica: «La testimonianza della Scrittura è unanime: la sollecitudine della divina Provvidenza è concreta e immediata; essa si prende cura di tutto, dalle più piccole cose fino ai grandi eventi del mondo e della storia... «Dio onnipotente (...), essendo supremamente buono, non permetterebbe mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene» (Sant'Agostino)« Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (Rm 8,28). La testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità: così santa Caterina da Siena dice a «coloro che si scandalizzano» e si ribellano davanti a ciò che loro capita: «Tutto viene dall'amore, tutto è ordinato alla salvezza dell'uomo, Dio non fa niente se non a questo fine». E san Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: «Non accade nulla che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio»» (nn. 303, 311-313).
Le condizioni di detenzione all'arcipelago Solovki sono molto dure: lavori pesanti, dieta alimentare al di sotto del minimo, privazioni e trattamenti inumani di tutti i tipi. Un gran numero di prigionieri vi trova la morte. Mons. Sloskans e gli altri preti detenuti sull'arcipelago si organizzano per celebrare la Messa. Viene messa a loro disposizione una stanza che chiameranno «Cappella di San Germano». Si servono di un bicchiere a guisa di calice e del coperchio di una scatola di conserva come patena. Il loro unico abbigliamento liturgico è una stola che hanno confezionata essi stessi; conoscono a memoria la maggior parte dei testi della Messa. Le ostie e il vino arrivano loro grazie alla benevolenza di un carceriere, ma, quando manca il vino, Mons. Sloskans ne fabbrica a partire da uva secca messa a bagno in acqua. Il 7 settembre 1928, nel più gran segreto, Mons. Sloskans ordina prete uno dei detenuti, Donat Nowicki.
Il filo che annoda i secoli
Alla fine dell'ottobre 1928, la cappella di San Germano viene chiusa dalle autorità del campo. I preti decidono allora di celebrare la Messa di nascosto, di notte, in una soffitta al di sopra della loro cella. La mattina, nel convoglio che si reca al lavoro, Mons. Sloskans distribuisce nella massima discrezione le ostie consacrate ai cattolici che lo desiderano e nasconde quelle che restano sotto le radici di un albero, avvolte in un pezzo di stoffa di color porpora, perché coloro che non hanno fatto la comunione al mattino possano farla durante la giornata. Questo episodio illustra la seguente affermazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica: «L'Eucaristia costituisce il filo dorato che, a partire dall'ultima cena, annoda tutti i secoli della storia della Chiesa fino a noi oggi. Le parole della consacrazione «Questo è il mio corpo» e «Questo è il mio sangue» sono state pronunciate sempre e dovunque, anche nei gulag, nei lager, nelle mille prigioni ancora oggi esistenti. È su questo orizzonte eucaristico che la Chiesa fonda la sua vita, la sua comunione e la sua missione» (Introduzione della 2a parte: Spiegazione del quadro «Gesù dà la Comunione ai dodici Apostoli»).
Ma nel gennaio 1929, i preti vengono dispersi in altri gruppi di prigionieri o in celle isolate. Mons. Sloskans viene trasferito nell'isola di Anser. Verso le metà del mese di ottobre del 1930, dopo aver scontato la sua pena di tre anni, viene rimesso in libertà. Sceglie di ritornare a Mogilev; là, constata che molti dei suoi fedeli sono scomparsi senza lasciare traccia, soprattutto quelli che avevano inviato pacchi a preti in prigionia. Molti bambini, influenzati dall'insegnamento ateo, sono pronti a denunciare i loro genitori alla polizia quando questi ultimi manifestano convinzioni contrarie alla propaganda comunista. Otto giorni dopo il suo ritorno, Mons. Sloskans viene nuovamente arrestato: in sua assenza e senza processo, era stato condannato a un periodo supplementare di esilio.
Nel dicembre 1930, durante il viaggio lungo e spossante verso la Siberia, lo abita una convinzione incrollabile: non è solo. Si ricorda delle parole del salmo: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla« Se dovessi camminare per una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza (Sal 22 [23]). A Ienissei, scende dal treno; nel momento in cui questo riparte, qualcuno gli lancia un pacchetto legato alla buona con dello spago. Vi trova un libretto intitolato Storia di un'anima, l'autobiografia di santa Teresa del Bambino Gesù. Nel mese di giugno seguente, è costretto a partire più a nord ancora verso la località Sharo-Turuchansk. Là, vive una piccola colonia di tredici famiglie, installate sulle pianure ghiacciate. Le abitazioni sono costituite da baracche di legno di un'unica stanza dove alloggia e vive tutta la famiglia. Mons. Sloskans è ospitato da una delle famiglie che gli cede un angolo della sua baracca. È libero nei suoi movimenti, ma il villaggio è circondato da immensi campi di neve e la città più vicina è a 1400 km. In una delle rare foreste del luogo, nota una roccia che emerge dal suolo. Là, solo in mezzo agli alberi, davanti alla vasta creazione di Dio, riesce a celebrare la Messa, il mistero della fede, la vittoria della vita sulla morte, la risurrezione dopo la sofferenza.
Un raggio che penetra le nubi
Mons. Sloskans attinge nell'Eucaristia la forza soprannaturale che gli è indispensabile per vivere la sua vita di esiliato. «L'Eucaristia è davvero uno squarcio di cielo che si apre sulla terra – affermava il Papa Giovanni Paolo II –. È un raggio di gloria della Gerusalemme celeste, che penetra le nubi della nostra storia e getta luce sul nostro cammino» (Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 17 aprile 2003, n. 19). «La Chiesa ha ricevuto l'Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza« Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente e «si effettua l'opera della nostra redenzione». Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l'ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti» (Ibid. n. 11). Nella comunione, il vescovo esiliato riceve il dono di pregustare il cielo: «Colui che si nutre di Cristo nell'Eucaristia non deve attendere l'aldilà per ricevere la vita eterna: la possiede già sulla terra» (Ibid. n. 18).
Per provvedere ai suoi bisogni, Mons. Sloskans fabbrica reti e trascorre molto tempo a pescare. In attesa di giorni migliori, questo pastore della Chiesa di Dio si abbandona completamente alla Provvidenza, in una vita di preghiera e di sacrificio. Nel novembre 1932, viene condotto a Krasnoiarsk, città che raggiunge solo dopo 35 giorni di viaggio in slitta. Vi giunge la vigilia di Natale; viene rinchiuso in una prigione glaciale dove resta da solo per due giorni senza cibo. Scriverà: «Fu la festa di Natale più dura della mia vita!» Presto lascia la sua cella d'isolamento per essere condotto a Mosca. Là, viene messo in una cella relativamente confortevole dove riceve la visita dell'ambasciatore della Repubblica di Lettonia che gli annuncia la sua liberazione per l'indomani. Questa liberazione è uno scambio tra una spia sovietica detenuta dalla Lettonia, e lui.
Il buon pastore
Il più grande desiderio di Mons. Sloskans non è di rientrare nel paese natale, ma di ritrovare i suoi fedeli a Mogilev e a Minsk: «Il buon pastore non abbandona il suo gregge!» esclama. Solo un ordine del Papa potrebbe deciderlo a lasciare l'U.R.S.S. Ora, un personaggio influente riesce a convincerlo che questo è proprio il desiderio del Papa e, in uno spirito di obbedienza, egli accetta e arriva a Riga, capitale della Lettonia, il 22 gennaio 1933. Poco dopo, parte per Roma dove viene ricevuto come un «confessore della fede». Il Papa lo invita a celebrare accanto a lui l'apertura della Porta santa della basilica di San Pietro per il giubileo dell'anno santo 1933, che commemora il diciannovesimo centenario della morte di Cristo. Poi, il Santo Padre gli suggerisce di restare un anno a Roma per curare la sua salute. Un giorno, parlando con il Papa delle circostanze della sua rimessa in libertà, egli apprende che, contrariamente a quello che gli era stato detto, mai il Papa aveva chiesto che lasciasse l'U.R.S.S., abbandonando i suoi fedeli russi. Questa rivelazione è molto dolorosa per lui e ne conserverà l'amaro segreto nel suo cuore fino alla morte, parlandone solo a pochi amici intimi.
Di ritorno a Riga, Mons. Sloskans tiene delle lezioni di teologia morale alla facoltà di teologia e percorre il paese per fare conferenze o predicare ritiri. Il 17 giugno 1940, la Lettonia viene invasa dall'esercito sovietico e annessa da Stalin. S'instaura la persecuzione contro i credenti. Mons. Sloskans riesce a sfuggire agli agenti della polizia politica che lo ricercano. Ma nel giugno 1941, la Germania s'impadronisce a sua volta della Lettonia. Viene ripristinato il libero accesso agli edifici del culto. Nel 1944, i tedeschi vengono cacciati dalla Lettonia dai russi. Temendo di vedere il loro vescovo ancora una volta arrestato ed esiliato in Siberia, alcuni fedeli organizzano la sua fuga in Germania.
Nella primavera del 1947, Mons. Sloskans si reca in Belgio dove gli viene affidata la cura di seminaristi lettoni profughi in questo paese. Questi giovani, nel 1948, vengono a studiare all'università di Lovanio, dove li raggiunge l'arcivescovo lettone. Nel 1951, il Padre Abate dell'abbazia di Mont-César invita Mons. Sloskans a installarsi nel suo monastero. Là, egli condivide ormai la vita dei monaci. Tuttavia non è recluso: il Papa Pio XII gli affida diverse missioni. D'altra parte, egli esercita il suo ministero episcopale in numerose occasioni: cresime, ordinazioni. Ogni anno, si reca in pellegrinaggio a Lourdes con la Lega contadina belga. Prende così l'abitudine di soggiornare tutti gli anni presso le Suore del Povero Bambin Gesù, a Simpelveld, nel Limburgo. Ma soprattutto, conduce un'intensa vita di preghiera, offre il suo esilio per i suoi fedeli e prega per i suoi ex carnefici nei confronti dei quali non nutre alcun rancore. Rimane talvolta molte ore in ginocchio o seduto a meditare davanti al Santissimo Sacramento.
Un autentico dialogo d'amore
L'esempio di Mons. Sloskans è un incoraggiamento alla preghiera. Nella sua lettera apostolica Novo millennio ineunte, Giovanni Paolo II scriveva: «C'è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell'arte della preghiera« Ma sappiamo bene che anche la preghiera non va data per scontata. È necessario imparare a pregare, quasi apprendendo sempre nuovamente quest'arte dalle labbra stesse del Maestro divino, come i primi discepoli: Signore, insegnaci a pregare! (Lc 11,1)« La grande tradizione mistica della Chiesa, sia in Oriente che in Occidente, « mostra come la preghiera possa progredire, quale vero e proprio dialogo d'amore, fino a rendere la persona umana totalmente posseduta dall'Amato divino, vibrante al tocco dello Spirito, filialmente abbandonata nel cuore del Padre. Si fa allora l'esperienza viva della promessa di Cristo: Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui (Gv 14,21)« Le nostre comunità cristiane devono diventare autentiche «scuole» di preghiera, dove l'incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino ad un vero «invaghimento» del cuore« Ci si sbaglierebbe a pensare che i comuni cristiani si possano accontentare di una preghiera superficiale, incapace di riempire la loro vita. Specie di fronte alle numerose prove che il mondo d'oggi pone alla fede, essi sarebbero non solo cristiani mediocri, ma «cristiani a rischio»... Occorrerebbe valorizzare, col debito discernimento, le forme popolari, e soprattutto educare a quelle liturgiche» (n. 32-34).
Mons. Sloskans trascorre gli ultimi diciotto mesi della sua vita in una casa di riposo gestita dalle Suore del convento di Betlemme di Duffel. Vi si fa notare per la sua semplicità sorridente e la sua preghiera continua: ha sempre il rosario in mano. Il 18 aprile 1981, Sabato Santo, perde conoscenza. Subito, coloro che lo circondano pregano per lui, ad alta voce. Intonano la Salve Regina e tutto a un tratto, il suo volto si trasforma, la sua fisionomia s'illumina: alza gli occhi al cielo e rende l'anima a Dio nel momento in cui si canta: post hoc exilium (dopo questo esilio)« O clemens Virgo Maria! (O clemente Vergine Maria). Il 10 ottobre 1993, le spoglie mortali di Mons. Sloskans sono state restituite alla Lettonia, ridivenuta un paese libero. Sono state deposte nella cripta del santuario nazionale della Vergine di Aglona, a 270 km da Riga, dove attendono ormai la risurrezione. La causa di beatificazione di Mons. Sloskans è introdotta a Roma.
La vita di Mons. Sloskans, esiliato per più di mezzo secolo, può apparire agli occhi degli uomini come una serie di insuccessi. Ma Dio giudica diversamente: Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Mt 5,10-12). Che anche noi possiamo, sull'esempio di Mons. Sloskans, accettare le croci della nostra vita e offrirle in unione con il Sacrificio di Cristo, per la salvezza delle anime!
Dom Antoine Marie osb

"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)"

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