Mt. 27, 45 -61
Da
mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la
terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "Elì, Elì,
lemà sabactàni?", che significa: "Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?". Udendo questo, alcuni dei presenti
dicevano: "Costui chiama Elia".
E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!". E Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!". C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo. Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.
Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo
e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.
E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!". E Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!". C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo. Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.
Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo
e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.
Questo
è il segno che Gesù aveva promesso di dare ai giudei che prima
gliel’avevano chiesto, dicendo: “Una generazione malvagia e
adultera chiede un segno; nessun prodigio però le sarà dato di
vedere se non quello del profeta Giona”. Con queste parole egli si
riferiva alla croce, alla morte, alla sepoltura e alla risurrezione.
E ancora, per manifestare in altro modo la forza della croce, aveva
detto: “Quando avrete sollevato in alto il Figlio dell’uomo,
allora comprenderete che io sono”, il che significa: quando mi
avrete crocifisso e crederete di avermi vinto, allora soprattutto
conoscerete la mia forza. Infatti, dopo essere stato crocifisso, la
città venne distrutta, il giudaismo fu annientato, gli ebrei
perdettero il loro stato e la loro libertà, mentre cominciò a
fiorire la predicazione del Vangelo e la dottrina di Cristo si estese
fino agli estremi confini del mondo. E la terra, il mare, le contrade
abitate e i deserti proclamano ora dovunque la sua potenza. Di tali
eventi parlava Gesù e di quanto sarebbe accaduto nel momento stesso
della sua crocifissione. Ed è ben più straordinario che tutto
questo accada mentre egli si trova inchiodato sulla croce e non
mentre è in cammino sulla terra. Ma non in questo soltanto consiste
il sensazionale, bensì anche nel fatto che nel cielo si manifesta
ciò che essi hanno chiesto, e si estende a tutta la terra: cosa mai
successa prima, se non in Egitto, quando gli ebrei stavano per
celebrare la Pasqua. E in realtà i prodigi verificatisi in Egitto
erano figura di questi. Osservate in quale ora calano le tenebre.
Esse scendono in pieno giorno, affinché tutti gli abitanti della
terra se ne rendano conto. Questo prodigio sarebbe sufficiente per
convertirli non solo per la sua grandezza, ma anche per la
tempestività del momento in cui si verifica: ha luogo infatti dopo
tutte quelle follie, dopo quell’iniqua commedia, quando ormai i
giudei hanno abbandonato il loro furore, e hanno cessato di schernire
Gesù, quando ormai si sono saziati di sarcasmi e di oltraggi, e
hanno detto tutto quanto hanno voluto: allora le tenebre cominciano a
scendere, in modo che, avendo essi abbandonato il loro furore,
possano trarre vantaggio da tale miracolo. È, senza dubbio, ben più
straordinario operare tali prodigi stando sulla croce, anziché
discendere dalla croce stessa. Se i giudei infatti pensano che è
Gesù ad operare tali prodigi, dovrebbero credere in lui e temerlo; e
se non attribuiscono il prodigio a lui, ma al Padre, anche così
dovrebbero rimanere compunti, essendo quelle tenebre prova della sua
collera contro di loro che hanno osato commettere quel crimine. Qui
non si tratta di un’eclissi; che ciò sia un effetto della collera
e dell’indignazione divina, non risulta soltanto da ciò che si è
detto, ma anche se si considera il tempo della sua durata, e cioè
tre ore. Un’eclissi naturale non dura più di un momento e lo sanno
quelli che l’hanno vista: un’eclissi solare, infatti, ha avuto
luogo anche durante la nostra generazione. E come mai – voi mi
chiederete – non si stupirono tutti e non credettero che Gesù era
Dio? Perché allora il genere umano giaceva in uno stato di grande
torpore e di iniquità. D’altronde questo segno fu uno solo e, una
volta accaduto, subito disparve; e nessuno si preoccupò d’indagarne
la causa. Inoltre, l’empietà e la prevenzione erano grandi; e non
conoscendo la causa dell’accaduto, pensarono trattarsi di
un’eclissi o di un altro fenomeno naturale. E perché ti meravigli
che degli estranei, i quali non sapevano nulla, non cercassero di
rendersi conto a motivo della loro negligenza, quando gli stessi
giudei, dopo tanti miracoli operati da Cristo, continuavano a
ingiuriarlo, malgrado egli avesse mostrato loro chiaramente di essere
l’autore di quel miracolo?
Ecco
perché, anche dopo tale prodigio, Gesù getta un grido: in tal modo
vuol far loro comprendere che egli ancora vive e che è stato lui ad
operare questo miracolo ed essi diventino, anche per questo, più
umili e miti. Gesù grida: “Eli, Eli, lama sabactani?”. Fino
all’ultimo respiro vuole che si veda che egli onora il Padre e che
non si oppone a Dio. A tale scopo pronuncia una parola profetica
rendendo testimonianza, fino all’ultima ora, all’Antico
Testamento; questa parola non è solo profetica, ma è anche ebraica,
perché sia comprensibile e chiara per loro: in tutti questi modi,
egli manifesta il suo accordo con colui che l’ha generato.
Osservate anche ora l’insolenza, la petulanza, l’insensatezza dei
giudei. Essi pensano – riferisce l’evangelista – che Gesù
chiama Elia e subito gli danno da bere dell’aceto. “Ma un altro,
avvicinatosi, con una lancia gli trafisse il costato”. Chi può
essere più iniquo, più feroce di costoro che fino a tal punto
spingono il loro furore da oltraggiare persino il corpo morto? Ma voi
notate, vi prego, come il signore si vale della loro scelleratezza
per la nostra salvezza. Dalla piaga infatti scaturirono per noi le
fonti della salvezza.
E
Gesù, dopo aver di nuovo gridato con voce forte, rese lo spirito ,
compiendo appunto quanto aveva detto: “Ho potere di dare la mia
vita e ho potere di riprenderla nuovamente”; e ancora: “Da me
stesso io la do”. E volendo mostrare che moriva volontariamente,
getta quel grido. Marco, da parte sua, precisa che Pilato si
meraviglia al sapere che Gesù è già morto , e riferisce che
il centurione crede perché il salvatore muore manifestando in tal
modo il suo potere . Questo grido squarcia il velo del tempio,
apre i sepolcri , rende deserta la casa. E fa tutto ciò non per
recare ingiuria al tempio – come potrebbe farlo colui che aveva
detto: “Non fate della casa di Dio una casa di traffico” -
ma per dimostrare che i giudei non sono degni di rimanere lì, come
accade quando Dio abbandonò il tempio nelle mani dei babilonesi.
Tuttavia non è questa soltanto la causa dei prodigi che ora si
compiono. Ciò che accade è anche una profezia della desolazione
futura, del passaggio a più grandi e più sublimi realtà e infine è
manifestazione della potenza di Gesù.
Oltre
che con tali prodigi, il Signore si manifesta anche attraverso i
prodigi che seguono: con la risurrezione die morti, con l’oscuramento
della luce, con lo scuotersi degli elementi. Al tempo di Eliseo, un
morto toccando un altro morto risuscitò; ma ora è il grido di Gesù
che fa rivivere i morti, mentre il suo corpo è ancora sulla croce.
Tuttavia anche quello era immagine di questo. Difatti perché ciò
sia creduto è avvenuto anche quello. Ma non solo risuscitano i
morti: si spaccano anche le rocce e la terra sussulta, affinché i
carnefici si rendano conto che egli ha il potere sia di accecarli che
di sterminarli. Egli che spezza le pietre e oscura la terra, se lo
volesse, potrebbe fare ciò anche con loro; ma non lo vuole.
Indirizzata la sua ira sugli elementi, egli vuol salvare loro con
mitezza. Essi, tuttavia, non depongono il loro furore. Tale infatti è
di sua natura l’odio, tale l’invidia, che non si placano
facilmente. Essi, dunque, continuano a manifestare il loro
comportamento impudente di fronte agli stessi fenomeni naturali. E
anche in seguito si comporteranno così, quando Gesù risorgerà,
nonostante il sigillo apposto e i soldati di guardia. Essi allora
ascolteranno la relazione del fatto dalle stesse sentinelle e daranno
loro del denaro, onde corromperle ed eliminare così la testimonianza
della risurrezione. Non stupitevi, dunque, per l’insensibilità che
dimostrano ora, tanto essi sono disposti, ormai per sempre, a
comportarsi con impudenza in tutto. Vi prego piuttosto di considerare
quali grandi miracoli Gesù compie nel cielo, sulla terra e nel
tempio stesso, manifestando da una parte la sua indignazione,
dall’altra facendo comprendere che le realtà inaccessibili saranno
ormai accessibili, che il cielo sarà aperto e che avverrà un
trasferimento di realtà nel vero Sancta
Sanctorum.
Alcuni
astanti gli avevano detto: “Se tu sei re d’Israele, scendi dalla
croce”: ora egli dimostra che è re di tutta quanta la terra. Altri
l’avevano insultato rinfacciandogli: “Tu che distruggi il tempio,
e in tre giorni lo riedifichi”: e Gesù qui manifesta che il tempio
rimarrà deserto sino alla fine. Altri ancora l’avevano schernito:
“Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso!”: pur
rimanendo in croce, Gesù dà prova con la risurrezione dei corpi dei
suoi servi che può operare questo con sovrana potenza. Se era stato
un grande miracolo far uscire dal sepolcro Lazzaro morto da quattro
giorni, tanto più grande è il fatto che appaiano all’improvviso
vivi tutti coloro che dormivano da tempo il sonno della morte. E ciò
era segno della futura risurrezione. Riferisce infatti
l’evangelista: Molti
corpi di santi che erano morti risuscitarono, ed entrarono nella
città santa ed apparvero a molti :
per evitare che si ritenga illusione l’accaduto, essi appaiono a
molti nella città. “Lo stesso centurione, alla vista di quei
fatti, dava gloria a Dio, dicendo: Veramente quest’uomo era giusto.
E le turbe che erano accorse a quello spettacolo, se ne tornavano
battendosi il petto”. Tale è la potenza del crocifisso che, dopo
tante beffe, scherni e sarcasmi, rende compunti sia il centurione che
il popolo. Alcuni anzi affermano che il centurione soffrì il
martirio, avendo dato in seguito coraggiose prove della fede.
C’erano
là parecchie donne che osservavano da lontano, quelle cioè che
avevano seguito Gesù dalla Galilea prestandogli assistenza. Tra esse
erano Maria Maddalena, Maria di Giacomo, e la madre di Giuseppe, e la
madre dei figli di Zebedeo .
A tali avvenimenti assistono le donne, esse che in particolar modo
sono compassionevoli e più di tutti piangono e s’addolorano. Ma
notate quant’è grande la loro costanza e adesione al Signore.
L’hanno seguito per assisterlo e gli sono a fianco sin nei momenti
del pericolo. Perciò hanno contemplato tutto: come Gesù ha gridato,
com’è spirato, in che modo le pietre si sono spaccate e ogni altro
fatto. E sono loro a vedere per prime Gesù risorto; il sesso più
condannato è il primo a fruire della contemplazione dei beni. Sono
le donne soprattutto a dar prova di virilità. Mentre i discepoli
sono fuggiti, esse sono presenti accanto alla croce. Chi sono queste
donne? Anzitutto la madre di Gesù, che l’evangelista chiama Maria
di Giacomo, e le altre. Riferisce un altro evangelista che molti
rimangono colpiti dagli avvenimenti e si battono il petto: il che
dimostra evidentemente la crudeltà dei giudei perché, mentre gli
altri piangono dinanzi a ciò cghe accade, essi menano vanto di ciò
che hanno compiuto, e non vengono presi da compassione, né rimangono
impressionati e intimoriti. Eppure tutto ciò che accade è segno di
grande collera divina; non sono semplicemente prodigi, ma sono tutti
indizi dell’ira di Dio: le tenebre, le rocce spaccate, il velo del
tempio squarciato a mezzo, il terremoto. L’indignazione divina
tocca il colmo.
Giuseppe,
andato da Pilato, chiese il corpo di Gesù .
Costui è quel Giuseppe che in precedenza s’era nascosto; ora,
tuttavia, dopo la morte di Cristo, egli intraprende un gesto molto
ardito. Non si tratta di un individuo qualunque, di persona che passa
senza essere notata, ma è un uomo che fa parte del consiglio ed è
assai illustre: fatto questo che denota ancor più il suo coraggio.
Si oppone, infatti alla morte, attirandosi l’avversione di tutti
per la sua benevolenza nei confronti di Gesù e osando chiedere il
suo corpo, senza desistere dall’intento prima di averlo conseguito.
Manifesta il suo amore e il suo coraggio non solo perché prende il
corpo di Cristo e gli dà decorosa sepoltura, ma anche perché lo
depone nel proprio sepolcro, che è nuovo . Questo fatto non è
disposto senza motivo, ma avviene perché non vi sia il sospetto che
un altro risorge al posto di Cristo.
Stavano
là Maria maddalena e l’altra Maria, sedute dirimpetto al
sepolcro .
Perché queste donne stanno lì? Perché ancora non hanno un’idea
sufficientemente grande ed elevata di Cristo: esse portano profumi, e
attendono perseveranti presso il sepolcro, per entrare e versarli sul
corpo di Gesù, quando il furore dei giudei si placherà.
Vedi
la fortezza delle donne? Il loro amore? Osservi la loro generosità
nel dare ricchezze, nell’esporsi alla morte? Uomini, imitiamo le
donne e non abbandoniamo Gesù nelle prove. Esse, infatti, spendono e
consumano moltissimo per lui anche ora che è morto, e per lui
espongono alla morte la loro vita. Noi invece – ripeto ancora le
stesse cose – nemmeno quando ha fame gli diamo da mangiare, né lo
vestiamo quand’è nudo; se lo vediamo tenderci la mano, noi
passiamo oltre. Eppure, se vedeste Cristo in persona, ognuno di voi
darebbe ogni sua ricchezza. Ma anche ora è lui che si presenta; è
proprio lui che dichiara: Sono io. Perché allora tu non dai tutto?
In realtà anche oggi lo senti ripetere: Lo fai per me. Non vi è
infatti differenza tra il dare al povero e il dare a Cristo. E non
sei assolutamente in svantaggio rispetto a quelle donne che hanno
assistito e alimentato cristo durante la sua vita terrena; anzi, sei
in vantaggio. Non è infatti la stessa cosa nutrire Cristo, se
personalmente apparisse – ciò sarebbe sufficiente ad attrarre
anche un cuore di pietra – e, fidando esclusivamente sulla sua
parola, prendersi cura e servire il povero, il mutilato, l’affaticato
e lo spossato. Nel primo caso la vista e la dignità della persona
condividono con te il merito dell’azione; nel secondo caso il
premio appartiene interamente alla tua generosità. Tu infatti dai
dimostrazione di maggior riverenza quando, per la sola sua parola, ti
prendi cura di chi è servo del Signore come te, e gli offri ristoro
e assistenza in tutto. Aiutalo, avendo fede che è Gesù colui che
riceve e dice: A me tu dai. Se in realtà non fosse lui a ricevere
ciò che tu dai, egli non ti concederebbe il regno. Se tu non
respingessi proprio lui, quando lo disprezzi in qualsiasi uomo, non
ti manderebbe alla Geenna; ma poiché tu disprezzi lui stesso,
appunto per questo è grave la colpa. Così anche Paolo perseguitava
Gesù, e perciò egli disse: “Perché mi perseguiti?”
Così
dunque, quando noi diamo, mettiamoci in tale disposizione d’animo,
come se dicessimo a Cristo: le tue parole, infatti, sono più degne
di fede della nostra vista. Quando dunque tu vedi un povero,
ricordati delle parole con le quali egli ha manifestato che è lui
stesso a essere nutrito. Anche se chi ti appare non è Cristo,
tuttavia è lui che sotto questa figura chiede e riceve. Vergognati,
perciò, quando non dai a chi ti chiede. Questo, sì, che è
vergogna; questo merita castigo e supplizio. È, infatti, la sua
bontà che lo induce a chiedere il tuo aiuto, e ciò deve essere per
noi motivo anche di vanto; al contrario, non dare è prova della tua
crudeltà. E se ora non credi che trascurando il povero trascuri
Cristo, te ne convincerai senza dubbio quando ti condurrà in mezzo a
loro e ti dirà: “Quanto non avete fatto a questi, neppure a me
l’avete fatto”. Ma non accada che voi apprendiate questo in tale
circostanza. Credendo sin d’ora a questa verità e facendola
fruttificare, meriterete di udire quella voce beatissima che
v’introdurrà nel regno.
Qualcuno
tuttavia dirà: ogni giorno tu ci parli dell’elemosina e della
carità. Io vi rispondo che non cesserò di raccomandarvi questo.
Anche se voi faceste a perfezione ciò, non dovrei neppure in tal
caso abbandonare questo argomento, in modo da non farvi diventare
negligenti. Certo se foste perfetti, insisterei meno; ma poiché non
siete giunti nemmeno alla metà di quanto è necessario, non dovete
prendervela con me, ma con voi stessi. Protestando, infatti, ti
comporti allo stesso modo di un fanciullo che, sentendo continuamente
ripetere la lettera «a» senza impararla, si lamenta col maestro che
costantemente e ininterrottamente gliela ripete. Vi chiedo chi è
diventato più generoso nell’elargire l’elemosina in seguito ai
miei discorsi? Chi ha profuso le proprie ricchezze? Chi ha
distribuito la metà, il terzo delle proprie sostanze? Nessuno. Non è
dunque assurdo pretendere che io smetta di insegnare, quando voi non
avete appreso nulla? Dovreste piuttosto fare il contrario. Se noi
volessimo tralasciare ogni insegnamento, voi dovreste trattenerci e
dire: non abbiamo ancora appreso queste cose; perché tralasciate di
ripeterle? Ammettiamo che qualcuno di voi abbia gli occhi ammalati:
se io medico cessassi di curarlo, dopo averlo sottoposto ad
applicazioni di collirio e di pomate ed avergli somministrato qualche
altro rimedio senza ottenere un granché, non verrebbe il malato alla
porta del mio ambulatorio a rinfacciarmi la grave negligenza, in
quanto io mi sarei allontanato, mentre il suo male sarebbe rimasto? E
se io rispondessi a questi rimproveri, dicendo che gli ho dati tutti
quei rimedi, sarebbe forse soddisfatto? No, assolutamente, ma subito
egli replicherebbe: E che vantaggio ne ho tratto, se soffro ancora?
Fate dunque la stessa considerazione a proposito dell’anima. Che
fareste, se io non riuscissi a guarire una mano malata, intorpidita e
contratta, pur avendole applicato molti rimedi? Non sentirei forse le
stesse lamentele? Anche ora stiamo curando una mano rattrappita e
atrofizzata. Perciò, finché non la vediamo perfettamente distesa,
non cesseremo di starle attorno. Volesse Dio che anche voi non
parlaste d’altro, sia nelle vostre case che nelle piazze, quando vi
sedete a tavola, di notte e persino in sogno. Se infatti durante il
giorno noi ci occupassimo sempre di elemosina e di carità, anche in
sogno noi vi penseremmo.
Che
dici? Parlo sempre di elemosina? Eppure io vorrei non aver gran
bisogno di darvi consigli e esortazioni su questo argomento, ma
desidererei parlarvi della lotta che noi dobbiamo combattere contro i
giudei, contro i gentili e gli eretici. Ma chi potrebbe parlarne a
uomini che non sono ancora perfettamente sani? Come si potrebbero
condurre a battaglia uomini che hanno ancora piaghe e ferite aperte?
Se io vi vedessi perfettamente sani, io vi guiderei certamente a quel
combattimento e voi vedreste, per la grazia di Cristo, migliaia di
cadaveri abbattuti e le loro teste finite qua e là, l’una al posto
dell’altra. È vero che, in altri libri, si è parlato diffusamente
di costoro; tuttavia neppure così ne possiamo celebrare liberamente
la vittoria, per la negligenza di molti. Quand’anche noi vincessimo
mille volte i nostri avversari con la dottrina, essi ci
rinfaccerebbero, insultandoci, la vita che conducono molti di coloro
che si riuniscono qui presso di noi, le ferite e le infermità della
loro anima. Come dunque possiamo portarvi con fiducia sulla linea del
combattimento, quando siete d’impaccio anche per noi, dato che vi
lascereste abbattere al primo colpo dei nemici e diventereste oggetto
delle loro derisioni? La mano di costui è ammalata ed è incapace di
stendersi per donare. Come, dunque, potrà stringere il pugno, tenere
lo scudo, e lanciare l’asta, e non essere ferito dagli scherni per
la sua crudeltà? Altri sono zoppi: sono coloro che frequentano
assiduamente teatri e locali di malaffare. Come potranno costoro
mantenersi in piedi durante la battaglia e non essere abbattuti dalle
accuse che verranno loro rivolte per la loro dissolutezza? Un altro
ha gli occhi malati ed è quasi cieco, poiché non guarda con
rettitudine: essendo del tutto intemperante, attacca la castità
delle donne e sconvolge l’unità familiare; come potrà costui
guardare in faccia i nemici, scagliare la lancia ed evitare i dardi,
essendo da ogni parte crivellato di frizzi e di motteggi? Si vedono
ancora molti altri sofferenti di malattie viscerali, non meno degli
idropici, dominati come sono dalla ghiottoneria e dall’ubriachezza.
Come potrò io portare in guerra questi ubriaconi? Altri hanno la
bocca corrotta: tali sono infatti gli iracondi, i calunniatori, i
bestemmiatori. Come potrà dunque costui lanciare il grido di
battaglia e compiere qualcosa di grande e di generoso, quand’è
ubriaco di un’altra ebbrezza e suscita molte risate tra i nemici?
Ecco perché ogni giorno sono costretto a fare come la ronda attorno
a quest’armata per curare le ferite e porre rimedio alle piaghe. Se
un giorno vi alzerete, ritornando in sé stessi, e vi riterrete
capaci di affrontare anche gli altri, io vi insegnerò la tattica
militare, vi insegnerò a maneggiare queste armi; anzi, le armi,
saranno le vostre stesse opere e tutti i nemici immediatamente
soccomberanno, se diverrete misericordiosi, umili, miti, pazienti e
se darete prova di ogni altra virtù. Se poi qualcuno opponesse
resistenza, allora noi, portandovi nel mezzo del combattimento,
aggiungeremo anche le nostre forze, mentre ora in questa lotta ci
sentiamo impediti da parte vostra. Giudicate voi stessi. Noi diciamo
che Gesù Cristo ha operato grandi cose facendo di uomini angeli, ma
se ci chiedessero di rendere conto di tale affermazione ed esigessero
di darne prova tra questo gregge, noi dovremmo restare in silenzio.
Sappiamo infatti che, in luogo di angeli, sarei costretto a condor
fuori, come da un porcile, una mandria di porci, o cavalli scatenati.
Io so che queste parole vi fanno male, ma non sono rivolte a tutti
voi, bensì ai colpevoli; anzi neppure contro di loro, se essi
rientrano in sé, ma a loro favore. Ora tutto è in rovina e si
corrompe e la Chiesa non è diversa da una stalla di buoi o da un
recinto di asini e di cammelli; se io vado attorno in cerca di una
pecora, non riesco a vederne. Tutti infatti danno calci, come cavalli
e asini selvatici, e ricoprono tutto di sterco: tali infatti sono le
loro conversazioni. Se fosse possibile sentire ciò che in ogni
riunione viene detto da uomini e da donne, costatereste che le parole
pronunciate sono più sozze dello sterco. Per questo io vi esorto a
cambiare questa cattiva abitudine, affinché la Chiesa esali intenso
profumo. Qui, è vero, noi bruciamo incensi e profumi materiali, ma
non mettiamo grande impegno nel purificarci e nell’eliminare da noi
l’impurità spirituale. Che vantaggio otteniamo con l’incenso
materiale? Non si disonora tanto la Chiesa, insozzandola con
immondizia, come quando la disonoriamo ora parlando fra noi di simili
argomenti: di guadagni, di commercio, di vendite, tutte cose
che non ci riguardano affatto; qui, al contrario, dovrebbero esserci
cori di angeli, si dovrebbe fare della chiesa un cielo, e non si
dovrebbe sentire altro che preghiere fervorose e un attento silenzio.
Cerchiamo,
dunque, di comportarci così almeno da questo momento, allo scopo di
purificare la nostra vita e di ottenere i beni eterni che ci sono
stati promessi per la grazia e l’amore di Gesù Cristo, nostro
Signore. A lui la gloria per i secoli dei secoli. Amen.
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