sabato 18 gennaio 2014

AMARE I POVERI San Gregorio Nazianzeno




Gregorio Nazianzeno (329-390) è, con Basilio e il fratello di questi, Gregorio di Nissa, uno dei tre grandi della Cappadocia. Contemplativo e poeta, ebbe un'esistenza molto tormentata. Monaco al seguito di Basi/io, dovette contro sua volontà divenire arcivescovo e fu in seguito elevato alla sede di Costantinopoli. Stanco degli intrighi di questa città, si ritirò dapprima a Nazianzo, quindi nella solitudine, ove scrisse le sue opere principali.
Il primo comandamento e il maggiore, fondamento della Legge e dei profeti è l'amore che, mi sembra, dà la più grande prova di sé nell'amore dei poveri, nella pietà e compassione verso il prossimo. Nulla fa onore a Dio quanto la misericordia, poiché nulla gli è più affine, lui che la misericordia e la verità precedono (SI. 88, 15) e che preferisce la misericordia alla giustizia (cf. Osea, 6,6). Nulla quanto la benevolenza verso il prossimo attira la benevolenza dell'amico degli uomini: la sua ricompensa è giusta, egli pesa e misura la misericordia.
A tutti i poveri dobbiamo aprire il cuore, ed anche a tutti gli infelici, quali che siano le loro sofferenze. Questo è !'intimo significato del comandamento che ci impone di rallegrarci con coloro che sono nella gioia e di piangere con coloro che piangono (cf. Rom. 12,15). Essendo noi stessi degli uomini, non è forse opportuno che siamo benevoli verso gli uomini?
Vegliamo sulla salute del prossimo con altrettanta premura che sulla nostra, sia esso sano o malato. Poiché noi formiamo un sol corpo in Cristo (Rom. 12,5): ricchi o poveri, schiavi o liberi, sani o infermi. Per tutti, non v'è che un solo Capo, principio di tutto: il Cristo. Ciò che le membra del corpo sono l'una per l'altra, ognuno di noi lo è per ciascuno dei suoi fratelli, e tutti lo sono per tutti. Non bisogna dunque trascurare né abbandonare coloro che san caduti prima di noi in uno stato di infermità in cui tutti possiamo cadere.
Piuttosto che rallegrarci d'essere in buona salute è molto meglio compatire le disgrazie dei fratelli... Sono fatti ad immagine di Dio come noi e, nonostante la loro apparente miseria, hanno custodito meglio di noi la fedeltà di tale immagine. In essi, l'uomo interiore ha rivestito il Cristo stesso ed hanno ricevuto le stesse caparre dello Spirito (2 Cor. 5,5). Hanno le stesse leggi, gli stessi comandamenti, gli stessi patti, le stesse assemblee, gli stessi misteri, la stessa speranza. Cristo è morto anche per essi, colui che toglie i peccati del mondo (Gv. 1,29). Partecipano all'eredità della vita celeste, essi che furono privati di molti beni quaggiù. Sono i compagni delle sofferenze di Cristo, lo saranno della sua gloria...
La natura umana ci impone di aver compassione gli uni degli altri. Insegnandoci la solidarietà nelle necessità, ci inculca il rispetto e l'amore agli uomini.
 *  De l'amour des pauvres, 4-6, 14, 15: PG 35, 683, 867, 875.

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