domenica 28 agosto 2022

CERCANDO UNA RISPOSTA... di Padre Agostino Bartolini


1° PARTE

In seguito all’inizio, allo svolgersi ed alla fine di certi avvenimenti che coinvolgono persone e cose a piccolo o a grande raggio, per un tempo più breve o più lungo, con le conseguenze più disparate per la loro natura e la loro dimensione, ci vien fatto di domandare o sentir dire: “Perché sono avvenute, perché avvengono tali avvenimenti? Si potevano, questi, prevedere, prevenire, evitare. Rimediare in qualche modo, si poteva, insomma, rimediare?”
Altre domande: “Dio onnipotente, onnipresente, provvidente e misericordioso, perché non è intervenuto, non interviene? Esso non c’è, oppure c’è come dicono tanti? Perchè se c’è non viene in soccorso specialmente degli innocenti?”
Sono domande che assillano e turbano molti con i risvolti più disparati e più impensati. Non è sempre facile e semplice, a questo riguardo, dare una risposta esauriente e convincente a se stessi e agli altri. Una risposta però ci deve essere, anzi vi è certamente.
Partiamo da una constatazione di fatto e da una constatazione di rivelazione che la Sacra Scrittura ci offre. Rifacciamoci dalla prima: sembra evidente, l’esperienza dei tempi e dei luoghi lo dimostra, che a volte almeno, il mondo va avanti con la sua legge, con una sua dinamica, indipendentemente dal volere e dal potere dell’uomo, sia l’uomo singolo, sia la società, sia l’intera umanità: guerre, rivoluzioni, sconvolgimenti politici e sociali, epidemia, disastri di ogni genere, miseria materiale, morale e culturale, stragi, genocidi, coinvolgimenti della natura come terremoti, inondazioni, tempeste.
Sembra che vi sia il turbamento, la rottura di un’armonia all’interno dell’uomo e al di fuori di lui che spesso lo coinvolge, lo trascina e lo travolge contro la sua volontà ed i suoi mezzi di difesa. E’ pure accertato che certe cose l’uomo fondamentalmente non le vuole e spesso, in un modo o in un altro, si da sinceramente da fare per salvarsi ed appronta mezzi che ritiene sufficienti ed idonei allo scopo. A volte riesce nel suo intento, altre volte non riesce ad ottenere ciò che vorrebbe, perché?
Andiamo allora a cercare una risposta, una ragione più profonda, non guardiamo solo le cose in superficie, ma cerchiamo di vedere dentro le cose per venire a conoscere, per quanto possibile, il perché del loro comportamento. Prendiamo in mano la Bibbia. Essa ci rivela che il mondo e quanto esso contiene fu creato bene, con piena armonia fra le varie parti, l’uomo era amico del Creatore, anzi suo familiare, all’uomo il creatore affidò tutta l’opera sua perché la custodisse e la coltivasse, l’uomo, insomma, immagine e somiglianza di Dio, fra il custode del mondo intero, il suo Re pacifico, il suo amministratore saggio e perfetto, vi era in tutto un’armonia perfetta, un ordine meraviglioso, una sicurezza completa. Purtroppo l’uomo, ingannato dal maligno, volle conoscere il mare e farne l’amara esperienza, accantonando il comando e l’indicazione che il Creatore gli aveva dato per avere la vita e per godere un’armonia perfetta.
Per sua libera scelta l’uomo si trovò nudo, cioè si accorse che aveva perso la perfezione e l’equilibrio di se e del mondo affidatogli, si vergognò, cercò di sfuggire allo sguardo di Dio e alla sua voce, cercò di nascondersi, ma non ci riuscì.
Dio lo chiamò, lo interrogò, l’uomo non fu umile da riconoscere il suo sbaglio, ma cercò un alibi, scaricando su di un altro la responsabilità e la sua colpa del suo operato. L’uomo non è mai tanto grande e sicuro come quando riconosce il suo errore, lo detesta e cerca di porvi rimedio.
La sentenza del Creatore all’uomo: “Maledetto è il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita, spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Col sudore del tuo volto mangerai il pane finchè tornerai alla terra dalla quale sei stato tratto: polvere tu sei e polvere ritornerai!”. (Genesi 3, 17-19).
Il male che vi è nel mondo, per dichiarazione divina, dipende fondamentalmente dal trasgredire del suo comando, dal non tenere in nessun conto la sua legge che è sempre disposizione sapiente di vita e di salvezza. Questo è confermato ancora solennemente dalla forza della nuova alleanza stipulata da Dio con Noè, salvato dal diluvio nel quale il vecchio mondo corrotto era stato sommerso: “Dal sangue vostro, della vostra vita io domanderò conto; ne domanderò conto ad ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso perché è immagine di Dio, Egli ha fatto l’uomo”. (Genesi 9, 5-6).
Certamente l’opera dell’uomo deve sempre tendere alla salvaguardia della vita e della pace, la diplomazia e la politica umana devono tendere continuamente a questo scopo con ogni mezzo e sforzo possibile. La dignità e la grandezza dell’uomo si manifestano qui, hanno qui la loro ragione di essere, la loro crescita ed il loro perfezionamento.
Ci rendiamo conto però che l’uomo vive in un mondo dove c’è un tempo e un posto per ogni cosa, sia che all’uomo piaccia o non piaccia.
Ascoltiamo: “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni cosa sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, c’è un tempo per piantare ed un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere ed un tempo per guarire, un tempo per demolire ed un tempo per costruire, un tempo per piangere ed un tempo per ridere, un tempo per gemere ed un tempo per danzare. Un tempo per gettare sassi ed un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare ed un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare ed un tempo per perdere, un tempo per serbare ed un tempo per buttare via. Un tempo per stracciare ed un tempo per cucire, un tempo per tacere ed un tempo per parlare. Un tempo per amare ed un tempo per odiare, un tempo per la guerra ed un tempo per la pace”. (Qoelet 3, 1-8).
Nonostante la difficoltà e l’asprezza degli avvenimenti del mondo, di qualsiasi genere essi siano, l’uomo, per natura sua, ha sempre il compito di studiarli, di affrontarli, di regolarli e di guidarli.
Dio ha fornito l’uomo di facoltà e di mezzi sufficienti per far fronte agli eventi e dominarli con decisione, con coraggio e con fiducia. Certamente l’uomo ha bisogno di fare ricorso a tutti i suoi mezzi, mezzi spirituali, morali e materiali; l’uomo ha sempre in consegna la custodia e lo sviluppo del mondo. L’uomo, per disimpegnare convenientemente il mandato affidatogli dal Creatore, ha bisogno di essere in armonia con Lui, non in opposizione a Lui.
L’uomo, con le sue capacità, con i suoi mezzi, in armonia con i suoi simili, con la sua fede, può arrivare molto in la, può fare tanto, anzi deve avere fiducia di riuscire e sperare nell’assenso divino: “Tutto è possibile a chi crede”.
 
2° PARTE

Se viene domandato all’uomo della strada, come recentemente è stato fatto più volte, il perché degli avvenimenti o della sorte riguardo ad una persona, ad una famiglia, ad una comunità, ad una nazione, al mondo intero, le risposte sono molteplici e svariatissime. Alcune delle quali, tanto per conoscerle, si ritiene opportuno riportarle appresso, eccole: “Il motivo è perché vi sono uomini fortunati e sfortunati”, “Nel mondo vi sono troppi poveri che non comandano e non possono far nulla ed hanno bisogno di tante cose, vi sono pochi ricchi di soldi e di potere e stanno bene perché possono far tutto, senza che nessuno dica loro nulla”. Ancora: “Il mondo è fatto a scale, chi le scende e chi le sale”. Altri: “Ci sono delle persone astute e delle persone semplici, il mondo è per i furbi, per i citrulli non c’è paradiso”. Altri ancora:”Vi è chi nasce bene e chi nasce male, se il giorno sarà bello o brutto lo si vede dal mattino”. Continua: “L’analfabetismo, l’ignoranza, la credulità non portano mai bene a nessuno”, “Vi sono persone simpatiche e persone antipatiche, c’è chi attira l’attenzione e la benevolenza, c’è invece chi provoca antipatia e rifiuto”. “C’è chi sa smuovere e trascinare la piazza e fa fortuna a spese di chi ci crede, vi sono altri che, nonostante le loro buone qualità, non riescono a sfondare”. Altri rispondono: “Anche il Signore ha le sue simpatie. Non c’è nulla da fare; chi ci capisce è bravo”. Proseguono le risposte: “La colpa è delle donne perché non capiscono nulla e a causa di loro l’uomo perde la testa”.
La serie potrebbe continuare all’infinito, ma terminiamo, penso che basti il saggio che abbiamo avuto. Ritengo utile sapere come la gente, la gente umile e semplice, che è poi la migliore, la pensa riguardo a ciò che indirettamente o direttamente la riguarda.

Il dialogo, appunto, è fatto per conoscersi e a tale scopo è indispensabile uno scambio di esperienze, di idee, di sentimenti. Penso che nessuno possa atteggiarsi a maestro o a superiore degli altri, perché le nozioni, le conoscenze, le idee, l’esperienze di un uomo sono sempre limitate, ognuno ha le sue che spesso sono diverse da quelle degli altri, da qui la necessità dell’incontro, del confronto, del dialogo leale e sincero. Gli uomini si perfezionano a vicenda nell’intesa e nella collaborazione fraterna.

Non si deve emarginare nessuno, facendoli si corre il rischi di far mancare qualche voce o qualche pagina alla nostra raccolta di nozioni utili alla vita. In realtà siamo tutti uguali, tutti uomini bisognosi delle medesime cose, tutti torniamo polvere dalla quale veniamo.

Proseguiamo la nostra ricerca di una risposta che dia calma alla mente e speranza al cuore, cercando insieme troveremo più facilmente, tanto più che come credenti in Cristo, abbiamo la sua assicurazione: “Cercate e troverete,chi cerca trova”.

Anche il biblico Giobbe, colpito dalla perdita di tutti i suoi beni  materiali, dalla morte di tutti i suoi figli e dalla perdita della sua salute e ridotto a sdraiarsi su di un letamaio, si sfoga con Dio domandandogli ragione o risposta del perché di tutte le sue sventure. Basta che leggiamo il capitolo 7 del suo libro e ci rendiamo conto del suo tormento fisico, morale e mentale. Dio, però, interviene e con una specie di interrogatorio che fa a Giobbe lo illumina, da una risposta precisa alla domanda di Giobbe e lo convince pienamente, tanto che Giobbe, alla fine dell’esame fattogli da Dio, esclama: “Comprendo, Signore, che tu puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile a Te. Chi è colui che senza avere scienza può oscurare il tuo consiglio? Ho esposto dunque, senza discernimento, cose troppo superiori a me, che io non comprendo. Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono, perciò mi ricredo e ne provo pentimento”. (Giobbe 42, 1-6).

Anche l’autore del Libro dei Salmi a volte, colpito da sventure di vario genere, parlando a volte a nome proprio, a volte a nome del suo popolo, si sfoga e geme davanti a Dio chiedendo il perché di prove personali o collettive tanto dure, si rassegna poi perché ha compreso la ragione di tutto, o perché ha ricevuto un’illuminazione superiore la quale gli fa comprendere che il fardello di sofferenze sostenute è, a volte, permissione di Dio per provare e perfezionare i suoi eletti, a volte, invece, la causa è nel peccato personale o collettivo. Allora si comprende bene che in questa ricerca c’è bisogno di andare oltre, di andare più in alto e, ammaestrati dall’insegnamento e dall’esempio divino, bisogna spostarsi dal piano legale al piano della sapienza, dell’economia e della grazia divina, dalla constatazione umana alla speranza fondata sulla fede, dalla sapienza del mondo alla sapienza della croce, da una visione orizzontale nel tempo ad una visione verticale verso l’eternità.

Ordinariamente nel valutare le cose, di qualsiasi tipo e dimensione esse siano, l’uomo usa parametri  umani, Dio invece ha un suo parametro, una sua misura, un suo scopo che, in definitiva, è quello giusto, buono e santo. A conferma di quanto stiamo dicendo andiamo a confrontarci con la Parola Divina che è spirito ed è vita, che è verità e grazia. Nel Discorso della Montagna (Matteo 5, 3-11) Gesù chiama beati, a differenza di come li chiamerebbe la sapienza umana, i poveri in spirito, i miti e mansueti, i misericordiosi, i puri di cuore, i desiderosi di ordine, di giustizia e di pace, i tribolati, coloro che vengono odiati, calunniati, perseguitati a motivo del suo nome. Riguardo a questi il Cristo esclama: “Rallegratevi perché a voi appartiene il Regno dei Cieli”.

Nelle che il Divino Maestro da ai suoi discepoli, di ogni tempo e di ogni luogo, vi sono promesse di prove di ogni genere, ma vi è pure l’esortazione al coraggio e alla fiducia nel pensiero e nell’aiuto del Padre celeste, aiuto che non mancherà mai a coloro che credono in Lui, che lo amano e che perseverano con pazienza nella sua volontà.

L’apostolo Paolo esorta i cristiani alla fiducia ed alla speranza e perseveranza in qualsiasi occasione vengano a trovarsi perché: “Io penso che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che Dio ci manifesterà. Tutto l’universo attendo con grande impazienza il momento in cui Dio mostrerà il vero volto dei suoi figli. Non soltanto il creato, ma anche noi, che già abbiamo le primizie, soffriamo in noi stessi perché aspettiamo che Dio, liberandoci totalmente, manifesti che noi siamo figli suoi”. (Romani 8, 18-23).

Anche l’apostolo Pietro, scrivendo alle comunità cristiane diffuse su tutta la faccia della terra, da la spiegazione piena riguardo al perché che ci facciamo in molte occasioni dell’esistenza terrena, ecco le sue parole: “Fratelli, siate ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere afflitti da varie prove, perché il valore delle vostra fede, molto più preziosa del’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo; voi lo amate pur senza averlo visto, e senza vederlo credete in Lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa mentre conseguite la meda della vostra fede, cioè la salvezza delle anime” (1Pietro 1, 6-9).






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