domenica 5 luglio 2020

San Nunzio Sulprizio - Giovane laico - Pescosansonesco, Pescara, 13 aprile 1817 - Napoli, 5 maggio 1836 - Orfano, malato di cancrena a una gamba e debole nel corpo, tutto sopportò con animo sereno e gioioso; di tutti si prese cura, consolò benevolmente i compagni di sofferenza e, nonostante la sua povertà, cercò di alleviare in ogni modo la miseria dei poveri.



Il 14 ottobre 2018, papa Francesco canonizzava il suo predecessore Paolo VI nonché Nunzio Sulprizio, un giovane che era stato beatificato da quest'ultimo il 1 ° dicembre 1963, alla presenza di tutti i vescovi riuniti per il Concilio Vaticano II. Due aspetti caratterizzano principalmente la vita di Nunzio Sulprizio, sottolineava papa Paolo VI il giorno di questa beatificazione: «La corta durata della sua vita e il fatto che egli fu, per alcuni tristi e duri anni della sua adolescenza, operaio, un povero e semplice apprendista in una squallida officina di fabbro ferraio. Giovane ed operaio, ecco il binomio che sembra definire il nuovo Beato; ed è binomio di tale splendore e di tale importanza che basta per riempire d'interesse la breve e scolorita biografia di lui... Ci preme... assicurarci che quelle due prerogative di Nunzio Sulprizio - d'essere giovane e d'essere operaio - sono associabili alla santità. Può un giovane essere santo ? Può un operaio essere santo ? Anzi più interessante ancora sarà, se riusciremo a scoprire che questo caro nostro eletto non solo fu degno di beatificazione quantunque giovane e quantunque operaio, ma proprio perché giovane e perché operaio. » 

La domenica 13 aprile 1817, nel villaggio di Pescosansonesco, nel centro dell'Italia, viene al mondo un bambino che riceve il Battesimo lo stesso giorno, con il nome di Nunzio, in onore dell'Annunciazione della Beata Vergine MARIA. Suo padre, Domenico Sulprizio, è calzolaio, e sua madre, Rosa Luciani, filatrice. Il bambino ha solo tre anni quando riceve il sacramento della Cresima, in occasione del passaggio del vescovo di Pescara in una borgata vicina. Nel mese di agosto del 1820, Domenico, suo padre, muore all'età di ventisei anni, lasciando la moglie senza redditi. Due anni dopo, Rosa si risposa; ma il patrigno di Nunzio si mostra duro nei suoi confronti. Non prova affetto per lui, lo picchia e lo umilia per il minimo peccatuccio, per cui il bambino diventa timido e particolarmente sensibile. Molto legato alla madre e alla nonna materna, egli frequenta una piccola scuola aperta da un prete. Queste sono le ore più serene della sua vita: impara a conoscere GESÙ, il Figlio di Dio fatto uomo e morto sulla croce per l'espiazione dei nostri peccati, inizia a pregare e comincia a imparare a leggere e a scrivere. Il 5 marzo 1823, Nunzio perde la madre e viene accolto dalla nonna materna, Rosaria Luciani, analfabeta, ma ricca di fede e carità. Il bambino viene messo in una scuola destinata ai più poveri. Il suo cuore puro è lieto di servire la Messa e di fare spesso visita a GESÙ nel tabernacolo; egli prova un grande orrore del peccato e un vero desiderio di assomigliare al Signore GESÙ. Ma, nel 1826, a soli nove anni,  Nunzio ha il dolore di perdere la nonna, che amava profondamente. 
Battendo l'incudine 
Il bambino viene allora raccolto dallo zio Domenico Luciani, chiamato familiarmente "Mingo". Quest'uomo dedito all'alcol è estremamente collerico, brutale e grossolano. Ritira Nunzio dalla scuola e lo tiene come apprendista nella sua bottega di fabbro ferraio, dove lo impiega per più di dodici ore al giorno, senza alcun riguardo per la sua giovane età per le più elementari necessità della vita. Quando gli sembra che suo nipote non sia abbastanza ubbidiente, lo lascia senza cibo. Smagrito, Nunzio a volte sviene, ma lo zio non ne tiene affatto conto. Mingo lo manda a fare commissioni, senza curarsi né delle distanze né dei materiali da trasportare. Non gli sono risparmiate le percosse, accompagnate da parolacce e bestemmie. Nella fucina lavorano altri uomini, che lo trattano anch'essi con crudeltà; consapevoli della sensibilità del bambino, si divertono a bestemmiare davanti a lui. Nunzio fugge allora tappandosi le orecchie. Certi giorni, sfinito dalla fatica e dalla fame, chiede aiuto ai vicini. La sua grande fede lo sostiene e gli permette di non soccombere. Nell'officina, battendo l'incudine, lavoro disumano per un bambino, pensa al suo grande amico, GESÙ crocifisso, prega e offre le sue sofferenze, in unione con Lui, in riparazione dei peccati del mondo, per fare la volontà di Dio e guadagnarsi il Paradiso. La domenica, anche se nessuno ve lo manda, va a Messa, la sua unica consolazione della settimana. 

Rivolgendosi ai giovani, papa Paolo VI diceva: «La vostra età è stata illuminata e santificata da Nunzio Sulprizio; egli è una gloria vostra. Egli vi dirà come la gioventù non dev'essere considerata l'età delle libere passioni, delle inevitabili cadute, delle crisi invincibili, dei pessimismi decadenti, degli egoismi dannosi; egli vi dirà piuttosto come l'essere giovani è una grazia, è una fortuna. S. Filippo ripeteva : "Beati voi, giovani, che avete tempo di far bene." È una grazia, è una fortuna essere innocenti, essere puri, essere lieti, essere forti, essere pieni di ardore e di vita, come appunto sono e dovrebbero essere gli uomini che ricevono il dono dell'esistenza fresca e nuova, rigenerata e santificata dal Battesimo ; ricevono un tesoro che non va sciupato follemente, ma conosciuto, custodito, educato, sviluppato, e rivolto a produrre frutti vitali, benefici per sé e per gli altri.... Egli v'insegnerà come voi, giovani, potete rigenerare in voi stessi il mondo in cui la Provvidenza vi ha chiamato a vivere, e come tocca a voi, per primi, consacrarvi alla salvezza d'una società che ha appunto bisogno di animi forti e impavidi. V'insegnerà la suprema parola di Cristo, essere il sacrificio, la croce, la salvezza nostra e del mondo. I giovani comprendono questa suprema vocazione. » 
Energia e luce 
In una rigida mattina d'inverno, Mingo manda il nipote, con le spalle cariche di materiale, a una fattoria isolata. Sulla strada, Nunzio scivola in una pozza d'acqua ghiacciata. Alla sera, torna esausto, con una gamba gonfia, febbricitante, la testa che scoppia. Va a letto senza dire niente, ma il giorno dopo non ce la fa più. La medicina prescritta dallo zio è semplice: la ripresa del lavoro, perché, gli dice brutalmente, «se non lavori, non mangi ! » Nunzio si rimette all'opera. Appena può, si rifugia per pregare in chiesa: gioia, energia e luce gli vengono allora da GESÙ-Ostia. Quando non può andare davanti al tabernacolo, cerca e incontra Dio nel proprio cuore. Grazie alla sua eccezionale unione con Dio, mantiene il suo sorriso e perdona: «Sia come Dio vuole ! Sia fatta la volontà di Dio ! » La sua gioia interiore e la sua carità gli attirano la benevolenza dei contadini, che amano intrattenersi con lui. Ne approfitta per parlare loro di Nostro Signore e far loro semplicemente un po' catechismo. 

«Ed a voi, lavoratori, aggiungeva papa Paolo VI, ... dice il messaggio di Nunzio Sulprizio beatificato, innanzi tutto, come la Chiesa pensi a voi, come abbia di voi stima e fiducia, come veda nella vostra condizione la dignità dell'uomo e del cristiano, come il peso stesso della vostra fatica sia titolo per la vostra promozione sociale e per la vostra grandezza morale. Dice ancora il messaggio... come il lavoro abbia sofferto e come tuttora abbia bisogno di protezione, di assistenza e di aiuto per essere libero ed umano e per consentire alla vita la sua legittima espansione. Vi dirà ancora come il lavoro non possa separarsi da quel suo grande complemento che è la religione; è la religione che dà la luce, cioè le ragioni supreme della vita e che determina perciò la scala dei veri valori della vita stessa; è la religione che dà il respiro, cioè l'interiorità, la purificazione, la nobiltà, il conforto alla fatica fisica e all'attività professionale; è la religione che umanizza la tecnica, l'economia, la socialità; è la religione che fa grandi e buoni e giusti e liberi e santi gli uomini laboriosi. E allora Nunzio vi dirà come sia ingiusto privare la vita del lavoratore della sua superiore nutrizione ed espressione spirituale, che è la preghiera; vi dirà come nulla sia più nocivo per il vostro spirito, per la vostra vita familiare e sociale che ignorare Cristo, nulla di più indebito e pericoloso e fatale che dichiararsi a Lui, il grande Amico, indifferenti o ostili; e come nessuno infine sia chiamato ad essergli vicino, ad accogliere il suo Vangelo e a godere della sua salvezza più di un lavoratore dal cuore forte e onesto. » 
« Tirerai il mantice!» 
Un giorno, Nunzio riceve un martello sul piede. Per pulire la ferita che ne è risultata, si trascina alla grande fontana del villaggio, ma ne viene presto scacciato dalle donne che, venendo lì a lavare i panni, temono che infetti l'acqua. Non può più lavorare come prima, e suo zio gli dice : «Se non puoi più alzare il maglio, starai fermo e tirerai il mantice ! » È una tortura indescrivibile per il ragazzo. Mingo arriva al punto di legarlo alle catene del mantice per costringerlo a lavorare. Arrendendosi finalmente all'evidenza, lo manda a farsi curare in una città vicina, pensando che questo inutile nipote non sarebbe più tornato. Tra l'aprile e il giugno 1831, Nunzio è ricoverato in ospedale, ma la cura risulta inefficace per guarire la sua piaga, che va in cancrena. Queste settimane di riposo gli sono però benefiche; esercita la carità verso gli altri malati e prega intensamente. Rientrato a casa dello zio, è costretto a mendicare per sopravvivere. «È molto poco che io soffra, dichiara, purché riesca a salvare la mia anima, amando Dio ! » In questa situazione, il crocifisso è la sua unica luce. 
Francesco Sulprizio, altro zio di Nunzio, è caporale nell'esercito borbonico a Napoli. Avendo sentito parlare del trattamento crudele patito dal nipote, viene, nel 1832, alla fucina di Mingo e chiede che gli venga affidato Nunzio. Il fabbro accetta volentieri che gli venga tolto questo lavoratore inutile. Profondamente toccato dalla condizione miserabile dell'adolescente, Francesco lo conduce a Napoli e lo presenta al colonnello Felice Worchinger. Uomo devoto e caritatevole, questi si dichiara pronto a prendere in carico il ragazzo e a provvedere a tutte le sue necessità. 
La Vergine MARIA ha messo sulla strada di Nunzio due uomini pieni di compassione. In occasione della giornata dei malati dell’11 febbraio 2018, papa Francesco ci esortava a chiedere questa sensibilità alla sofferenza del prossimo, di cui il mondo ha tanto bisogno : «A MARIA, Madre della tenerezza, vogliamo affidare tutti i malati nel corpo e nello spirito, perché li sostenga nella speranza. A lei chiediamo pure di aiutarci ad essere accoglienti verso i fratelli infermi. La Chiesa sa di avere bisogno di una grazia speciale per poter essere all'altezza del suo servizio evangelico di cura per i malati. Perciò la preghiera alla Madre del Signore ci veda tutti uniti in una insistente supplica, perché ogni membro della Chiesa viva con amore la vocazione al servizio della vita e della salute. » (Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato 2018, n° 7) 
Come lamentarmi ? 
Nunzio viene immediatamente portato all'ospedale di Santa Maria del Popolo, per gli incurabili. Già la carie gli ha attaccato le ossa, causando forti dolori. Di fronte alla sua immutabile pazienza e alle virtù che egli manifesta, i dottori e gli ammalati arrivano a paragonarlo a san Luigi di Gonzaga. Un prete gli chiede: « Soffri molto ? - Sì; faccio la volontà di Dio. - Che cosa desideri ? - Desidero confessarmi e ricevere GESÙ per la prima volta! - Non hai ancora fatto la prima Comunione ? - No, dalle nostre parti, bisogna attendere i quindici anni. - E i tuoi genitori ? - Sono morti. - E chi pensa a te ? - La Provvidenza di Dio ! » Viene immediatamente preparato a ricevere GESÙ-Ostia; quel giorno è veramente il più bello della sua vita. Il suo confessore dirà: «Da quel giorno, Ia grazia di Dio incominciò a operare in lui fuori dell'ordinario, da vederlo correre di virtù in virtù. Tutta la sua persona spirava amore di Dio e di GESÙ CRISTO. » Nel suo calvario, Nunzio è gratificato da visioni della Santa Vergine, degli angeli e dei santi. Le bende delle sue piaghe cominciano a manifestare proprietà miracolose : una signora della corte di Napoli ne fa l'esperienza applicandole al suo ginocchio malato. Sconvolto, il colonnello si chiede: « Come potrei lamentarmi delle prove che il Signore mi dà quando vedo l'eroico coraggio con cui Nunzio sopporta il suo male? Come posso ritardare il momento di condividere la mia abbondanza con i poveri quando lui, che è probabilmente il più povero di tutti, rifiuta ciò che gli viene offerto e lo dona agli altri ? » 

Le cure mediche ottengono un miglioramento : Nunzio può abbandonare le sue stampelle e camminare con l'aiuto di un bastone. La sua serenità si approfondisce con la preghiera nella cappella davanti al tabernacolo e al crocifisso, oppure davanti alla Madonna Addolorata, o anche a letto. Si fa l'angelo e l'apostolo degli altri malati, insegna il catechismo ai bambini ricoverati, li prepara alla prima Confessione e alla prima Comunione e spiega loro come vivere più intensamente da cristiani, attraverso la sofferenza. Coloro che lo avvicinano sentono il fascino della sua vita santa. Raccomanda ai suoi compagni di ospedale : « Siate sempre con il Signore, perché da Lui viene ogni bene. Soffrite per amore di Dio e con allegrezza! » Egli ama invocare la Madonna  dicendole : «Mamma MARIA, fammi fare la volontà di Dio ! » 

Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Malato dell'11 febbraio 2017, papa Francesco scriveva: « Bernadette, dopo essere stata alla Grotta, grazie alla preghiera, trasforma la sua fragilità in sostegno per gli altri, grazie all'amore, diventa capace di arricchire il suo prossimo e, soprattutto, offre la sua vita per la salvezza dell'umanità. Il fatto che la Bella Signora le chieda di pregare per i peccatori ci ricorda che gli infermi, i sofferenti, non portano in sé solamente il desiderio di guarire, ma anche quello di vivere cristianamente la propria vita, arrivando a donarla come autentici discepoli missionari di Cristo. A Bernadette MARIA dona la vocazione di servire i malati e la chiama ad essere Suora della Carità, una missione che lei esprime in una misura così alta da diventare modello a cui ogni operatore sanitario può fare riferimento. Chiediamo dunque all'Immacolata Concezione la grazia di saperci sempre relazionare al malato come ad una persona che, certamente, ha bisogno di aiuto, a volte anche per le cose più elementari, ma che porta in sé il suo dono da condividere con gli altri.» 
La prima persona 
A partire dall'11 aprile 1834, Nunzio alloggia nell'appartamento del colonnello Worchinger, suo secondo padre. Desidera consacrarsi a Dio e, nell'attesa, fa approvare dal suo confessore una regola di vita che egli osserva con cura : preghiera, meditazione e Messa al mattino, ore di studio durante la giornata, recita del Rosario di sera. Diffonde attorno a sé pace e gioia. Il venerabile Gaetano Errico, che getta le fondamenta della congregazione dei Sacri Cuori, promette di accogliere il giovane nella sua famiglia religiosa, non appena le cose saranno un po' avviate. « Questo è un giovane santo, afferma, e a me interessa che il primo a entrare nella mia congregazione sia un santo, non importa se infermo. » Ben presto, tuttavia, le condizioni di Nunzio peggiorano : il cancro delle ossa di cui soffre non può più essere curato. Nell'autunno del 1835, i medici decidono di amputare la gamba malata, ma la grande debolezza del paziente li costringe a rinunciarvi. 

Nel marzo del 1836, la febbre diventa molto alta e il cuore mostra segni di cedimento. La sofferenza è acutissima; Nunzio prega e si offre per la Chiesa, i sacerdoti, la conversione dei peccatori. Dice a quelli che gli rendono visita: «GESÙ ha patito tanto per noi e, per i suoi meriti, ci aspetta la vita eterna. Se soffriamo per poco, godremo in Paradiso... GESÙ ha sofferto molto per me. Perché io non posso soffrire per Lui ?... Vorrei morire per convertire anche un solo peccatore. » Il 5 maggio, chiede un crocifisso e fa chiamare il confessore. Riceve i sacramenti e consola il colonnello, suo benefattore: «State allegro, dal Cielo vi assisterò sempre ». Verso sera, esclama, tutto contento : «La Madonna, la Madonna, vedete quanto è bella ! » E si addormenta nel Signore. Ha diciannove anni. Attorno si spande un profumo di rose; il suo corpo, disfatto dalla malattia, appare singolarmente bello e fresco. La sua tomba diventa immediatamente meta di pellegrinaggio. 
Frutti inspiegabili 
E stata conservata un'unica lettera scritta dalla mano di Nunzio. Redatta qualche mese prima della sua morte, è indirizzata a suo zio Mingo. Nunzio non vi mostra né amarezza né risentimento, perché il suo cuore ne era privo : lo Spirito Santo aveva prodotto in lui i suoi frutti migliori (cfr. Gal 5,22s). Papa Paolo VI s'interrogava su questi frutti, inspiegabili senza la grazia: « Non sarà difficile scoprire nel Beato che oggi la Chiesa propone alla nostra considerazione temi fecondi e profondi di studio e di simpatia. La sua infanzia, ad esempio, orfana e povera, segnata da tanta tristezza, non ci invita alla meditazione immensa, conturbante per chi non è della scuola di Cristo, sul mistero del dolore innocente? E come da un'infanzia, sulla quale dev'essersi accumulato il senso pesante della solitudine, della miseria, della brutalità, non è scaturita, come di solito avviene, una psicologia malata e ribelle, un'adolescenza insolente e corrotta? Come mai tutta questa vita giovanile infelice e mancata fiorisce fin dai primi anni in innocente, paziente e sorridente bontà ? Poi v'è il problema fondamentale della sua religiosità: donde una pietà così viva, così sicura, così perseverante, così personale ?... E può darsi ancora, e sarà la scoperta migliore, che ci capiti di avvertire l'azione del divino Maestro invisibile, che, come in molte altre vite di Santi s'incontra, fa lui dell'anima pura e iniziata dal dolore al raccoglimento l'alunna privilegiata, che non dai libri, non dalla voce di maestro esteriore, ma da certa nascente scienza interiore impara le verità della fede e i misteri del regno di Dio. 
Così vi sarà il problema della capacità di questo giovanetto malato e infelice a capire oltre il proprio bisogno quello degli altri, oltre il proprio dolore il dolore altrui. La pazienza, la mansuetudine, la carità premurosa e servizievole di questo adolescente, incurabile e zoppicante, si possono, sì, narrare e descrivere; la comparsa d'un Colonnello dal cuore d'oro fa grande figura nella sua breve storia; ma, umanamente parlando, quella bontà resta inesplicabile; essa ci avverte cioè che anche qui siamo davanti al segreto dell'ottimo Nunzio, il segreto che appunto noi cercavamo, quello della sua santità. » 

Nella sua omelia di canonizzazione, papa Francesco diceva : « GESÙ è radicale. Egli dà tutto e chiede tutto : dà un amore totale e chiede un cuore indiviso. Anche oggi si dà a noi come Pane vivo; possiamo dargli in cambio le briciole ? A Lui, fattosi nostro servo fino ad andare in croce per noi, non possiamo rispondere solo con l'osservanza di qualche precetto. A Lui, che ci offre la vita eterna, non possiamo dare qualche ritaglio di tempo. GESÙ non si accontenta di una "percentuale di amore" : non possiamo amarlo al venti, al cinquanta o al sessanta per cento. O tutto o niente. Cari fratelli e sorelle, il nostro cuore è come una calamita: si lascia attirare dall'amore, ma può attaccarsi da una parte sola e deve scegliere : o amerà Dio o amerà la ricchezza del mondo (cfr. Mt 6,24); o vivrà per amare o vivrà per sé (cfr. Mc 8,35). Chiediamoci da che parte stiamo. Chiediamoci a che punto siamo nella nostra storia di amore con Dio. Ci accontentiamo di qualche precetto o seguiamo GESÙ da innamorati, veramente disposti a lasciare qualcosa per Lui ? GESÙ interroga ciascuno di noi e tutti noi come Chiesa in cammino : siamo una Chiesa che soltanto predica buoni precetti o una Chiesa-sposa, che per il suo Signore si lancia nell'amore ? » 

Chiediamo a san Nunzio di ottenerci la grazia di un dono totale di noi stessi, ciascuno secondo la nostra vocazione, e di una piena docilità all'azione santificante dello Spirito di Verità e di Amore. 

Padre Antoine Marie Beauchef

Tratto da: "Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia (Website : www.clairval.com)"


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