questa
conferenza sulla Trinità vi viene presentata a titolo di saggio, per
darvi un’idea di ciò che saranno le Conférences
aux jeu-nes29
di prossima pubblicazione.
Queste conferenze sono state raccolte nel libro Adoration
ou Désespoir
[tradotto in italiano per le Edizioni Studio Domenicano con il titolo
di Beati gli
umili. Proposte di meditazione,
ndt].
Cfr. Beati gli umili, cap. 28: “L’amore umano e la Trinità” (ndt).
CONFERENZA
AI GIOVANI N. 28 (1972)30
A sette, otto anni, quando mi parlavano della Trinità, ci vedevo soprattutto l’aspetto geometrico, che mi incuriosiva e affascinava nel contempo: tre Persone distinte che non fanno tre dèi! Ho dovuto aspettare i venticinque anni per scoprire Gesù Cristo, e guardare la Trinità sotto tutt’altro aspetto. E non so dirvi come sia stato vitale: come l’ossigeno senza di cui si muore.
Se
un giorno leggerete, nella Bibbia, un libro intitolato Cantico
dei Cantici,
vedrete che ci si può chiedere se esso parli dell’amore umano o
dell’amore mistico. In realtà, la Bibbia insegna che non ci sono
che tre realtà interessanti nella vita: l’amore umano, l’amore
mistico e la Trinità.
Queste
tre realtà sono sulla stessa linea. Finché non si è ricevuto quel
non
so che
che ho chiamato l’aria di casa, l’acqua viva promessa da Gesù,
il fuoco che è venuto a portare, la cosa migliore che si possa
fare, se non l’unica, è riflettere sull’amore umano. Ma questa
riflessione è una lotta a spada tratta, perché la società in cui
viviamo ci sta togliendo quasi ogni possibilità di capire sia
l’amore umano, che quello mistico.
La maggioranza, in effetti, non capisce più nemmeno l’amore umano, e questa è la grande colpa dell’erotismo e del libero amore. L’ambiente in cui vivete rischia di farvi conoscere solo l’aspetto sordido dell’amore, nascondendovi, e forse impedendovi perfino di supporlo, che c’è qualcos’altro.
Questo
altro
lo conoscono pochi e ancora meno lo vivono: ci vuole molta attenzione
per vivere un vero amore! Pochi sentono che l’amore è una cosa
fantastica, l’unica che valga la pena di es-sere vissuta, a parte –
certo – la vita mistica.
Da
giovane non conoscevo Gesù Cristo, ma conoscevo l’amore umano
(anche se lo credevo più facile da vivere di quanto non lo sia).
Questo mi ha preservato da molte cose, per esempio da Nietzsche. Vi
spiego perché. Avevo letto Tristano
e Isotta,
e penso che tutti dobbiate leggerlo, è il romanzo d’amore per
eccellenza. Ma soprattutto avevo trovato, in un romanzo che mi capitò
tra le mani (un romanzo piuttosto mediocre, che si intitolava
Ragazze
in uniforme),
una frase che mi colpì come una frase del Vangelo, e che certamente
mi ha preparato a comprendere, più tardi, il Vangelo. Diceva
pressappoco così: “Non si vive veramente, se non quando si prova
una sensazione di dissolvimento, per cui ci sembra di non essere più
noi stessi, ma di essere interamente versati in un altro.” Questa
frase mi ha salvato da Nietzsche, anche per il suo inizio: “Non si
vive veramente.” Infatti è proprio questo che tutti cercano:
vivere intensamente. Anche i drogati dicono “voi che non vi drogate
non sapete nulla,” vogliono appunto dire: non conoscete
l’intensità della vita, non ne avete l’esperienza, non l’avete
mai gustata. Ora, ciò che Nietzsche e molti altri ci insegnano è
di vivere intensamente, ma da
soli:
questo è la morte! Con del genio, della poesia, dell’azione, e
della droga si può vivere intensamente da
soli,
ma questa “intensità” è mortale.
Io
invece ho capito subito che la vera intensità è proprio questa
sensazione di dissolvimento, per cui ci sembra di essere, o meglio,
siamo realmente versati in un altro. E questo mi preservò anche, non
dall’orgoglio, perché ero orgoglioso come gli altri, ma dalla
voglia di esserlo, perché è evidente che non si può voler vivere
versati in un altro e nello stesso tempo voler vivere da soli, chiusi
nella propria autonomia; per provare questa sensazione di
dissolvimento bisogna accettare di aprirsi, a uno in particolare, o a
tutti, ma in ogni modo aprirsi.
Credo
che fosse già il Cristo a farmi capire queste cose, anche se non lo
sapevo, perché non l’avevo ancora incontrato.
Se
rifletterete sull’amore, dunque, potrete permettervi (specie se
siete giovani) il lusso di dire: “Voglio vivere intensamente,
voglio vivere una vita che valga davvero la pena di essere vissuta.”
E non ci sono trenta possibilità: o sarà l’amore umano, coronato da
un certo amore mistico, che solo può conservarne il sale e il
sapore, o sarà l’amore mistico.
Non
vi interesserete mai troppo all’amore umano. Ci sono dei libri,
detti religiosi,
sull’amore, sul rapporto tra ragazzi e ragazze, sulla grande
avventura... Sono così insipidi! Mancano di consistenza, di forza!
L’amore
umano va vissuto solo se, almeno all’inizio, ci fa vivere questa
sensazione di dissolvimento e di vita intensa, questa impressione
(che può essere data dalla vita sessuale, ma che la supera di molto)
di essere interamente versati in un altro. Se questo diventerà la
vostra ossessione, se ne avrete un desiderio violento e tenace (e
questo è raro perché la maggioranza ci ha rinunciato, rinunciando
insieme anche alla beatitudine) scoprirete, al di là delle
difficoltà, che non è qualcosa di puramente umano.
Due
esseri non possono sentirsi completamente versati l’uno nell’altro
se non sono immersi ambedue nella stessa realtà, una realtà che
deve essere qualcosa di inaudito... e che ci riporta all’acqua viva
promessa da Gesù, al fuoco che è venuto a portare. Non c’è
infatti altra soluzione perché l’amore umano sia conservato in
tutto il suo splendore e in tutta la sua fedeltà: bisogna che
nell’amore umano ci sia un po’ di amore mistico. Ma questo amore
mistico, cos’è?
Ve
lo dico subito: è la vita trinitaria. Ecco perché, tra i
cristiani, ci si interessa tanto alla Trinità. Nella vita
trinitaria si trova perfettamente realizzato ciò che nell’amore
umano si desidera o si prova, ma non al grado promesso dalla
Rivelazione (e cioè eterno e di un’intensità infinita), perché
il Padre è totalmente versato nel Figlio e il Figlio nel Padre, e
questo reciproco dissolvimento è lo Spirito
Santo.
Contemplando
l’amore umano potrete intravedere ciò che Cristo e la Chiesa ci
insegnano della vita e dell’amore trinitario: è la realtà divina
nella quale si trova realizzato alla perfezione, e all’infinito,
ciò che noi presentiamo – confusamente – nei momenti più
belli, quelli in cui crediamo di più nell’amore umano.
Incontrerete
molti che vi diranno: “Al grande amore io non ci credo, l’amore
c’è, ma non quello con la A maiuscola.” Ed è vero che un grande
amore è una cosa straordinaria e molto rara. Ma non bisogna
abdicare, non bisogna rinunciare, perché solo esso può aiutarci a
capire il dogma trinitario: c’è Uno che vive l’amore in
pienezza, l’Amore con la A maiuscola, Uno che è nello stesso tempo
Due e nello stesso tempo Tre...
Nell’amore
umano, quello vero, coloro che si amano sentono di essere una cosa
sola perché sono interamente versati l’uno nell’altro, provano
questa sensazione di dissolvimento. E nello stesso tempo sono due,
perché l’amore rispetta la distinzione: un vero amore è
divorante, certo, ma deve essere anche infinitamente delicato e
rispettoso, se no non è più l’Amore con la A maiuscola, ma una
passione selvaggia e distruttiva. Il vero amore è divorante, ma
divora soprattutto colui che ama; non divora, ma rispetta la persona
amata. Chi ama si lascia divorare dall’amore, si lascia dissolvere
nell’altro; chi ama non possiede, ma è posseduto dall’altro.
Dunque,
si è una
sola cosa
perché l’amore unisce, si è due perché l’amore rispetta, e si
è tre
perché l’amore ci supera... ed è già il mistero trinitario. Le
Persone divine sono Una sola cosa perché l’Amore le unisce. Sono
Due, Il Padre e il Figlio, infinitamente rispettosi della loro
distinzione infinita: non si distinguono per modo di dire o nel vago,
si distinguono molto di più di quanto non ci distinguiamo noi stessi
(cosa può essere la nostra originalità, la nostra personalità a
confronto della personalità del Padre e del
Figlio!). E infine sono Tre perché, oltre al Padre e al Figlio, c’è
il loro amore reciproco, e questo Amore è una Persona.
Tutto
questo supera di molto la nostra esperienza, ma lo possiamo
presentire. È per questo che vi consiglio di leggere Tristano
e Isotta,
di riflettere su ciò che questa lettura susciterà in voi, e di
prendere questa decisione, che è una vera risoluzione morale: “Non
voglio vivere al di sotto di questo livello, non voglio vivere un
piccolo amore o un amore banale, voglio
vivere un grande amore.”
Ripeto che è una vera, anzi l’unica risoluzione morale: non voglio
vivere un piccolo amore, un amore mediocre. È una specie di
rinnovazione dei voti battesimali: promettete di essere fedeli a
questo presentimento, che certamente avete, o avrete sicuramente un
giorno... il presentimento di ciò che può essere un vero amore.
Basta
questo perché Cristo sia sicuro di prendervi, purché sia-te fedeli
a questa decisione: vivrò un grande amore o non vivrò nulla, non
vivrò al ribasso, non vivrò senza amore e non mi accontenterò di
un amore qualsiasi.
Sarete nella Trinità senza neanche saperlo, sarete imbarcati nel
mistero trinitario, che è esattamente questo: due che si amano con
un amore così grande e consistente da essere una terza persona, che
è il volto e insieme il frutto del loro amore.
Ecco
introdotta una nuova nozione, essenziale tanto nella vita umana
quanto nel mistero trinitario: la fecondità.
Il
Padre genera il Figlio, e il Padre e il Figlio generano (non è il
termine esatto, diciamo producono)
lo Spirito Santo, come un padre e una madre generano un figlio: è
dello stesso ordine. O meglio: la fecondità dell’amore umano non
è che un riflesso, un’orma, un vago accenno della fecondità
trinitaria, che ci prende
per
le viscere per insegnarci ad amare. E in questo modo tra la
Santissima Trinità, così al di sopra di noi, e la nostra vita
quotidiana, umile, ordinaria, semplice (ma non banale), c’è un
profondo legame. L’amore tra due esseri, e la fecondità di questo
amore, non è dunque una cosa banale, purché questi due esseri
abbiano un po’ di nobiltà. E per questo basta che amino l’Amore
con la A maiuscola!
Chi
cerca questo Amore scoprirà per forza, un giorno o l’altro, che se
è alla nostra portata desiderarlo, non è alla nostra portata
realizzarlo. E quando ci si accorge che non si riesce, che ci sono in
noi delle forze di ottusità, avidità, grettezza, aggressività,
egoismo, orgoglio, che ci impediscono di vivere in uno stato
permanente di dissolvimento (in uno stato reale
e non solo immaginario e sensibile), quando si scopre che dell’amore
non si può fare a meno, ma che non lo si può neanche realizzare,
allora si è maturi per l’annuncio del Natale: “Oggi
vi è nato un Salvatore.”
Quando
sarete a questo punto, saprete che cosa significhi avere bisogno di
un Salvatore, aver bisogno di essere salvati. È come accorgersi che
non si può vivere senza ossigeno, e che non possiamo fabbricarcelo
da soli, ma abbiamo bisogno che qualcuno ce lo porti.
Una
volta mi sono trovato a mezzanotte alla porta del convento senza le
chiavi. Ho telefonato là dove le avevo dimenticate, perché qualcuno
venisse a portarmele. Aspettavo sull’uscio e non faceva molto
caldo... quando ho visto i fari della macchina, ho capito cosa vuol
dire la parola Salvatore,
e ho capito anche che il Salvatore non viene dal di dentro, ma dal di
fuori... o dall’Alto.
Gesù
Cristo ci mantiene in questa fedeltà, che consiste nel non
arrendersi, nel non volere vivere altro che l’amore: la sola vita
autentica e intensa, essendo tutte le altre demoniache e
distruttive. Ma noi non ce la facciamo, e allora Lui ci dice: “Ciò
che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio: venite a Me voi
che
siete
stanchi di non riuscirci, seguitemi, vi insegnerò l’Amore e
l’Amore Trinitario...”
Fr. M.D. Molinié, o.p.
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