giovedì 30 gennaio 2014

VITA COMUNITARIA E AMORE FRATERNO Anonimo del IV secolo


La terza omelia sulla vita cenobitica, da cui è presa la pagina seguente, sviluppa una concezione monastica molto vicina a quella di San Basilio, con un accento particolare sulla libertà dello Spirito. Essa fa parte delle «50 omelie spirituali» un tempo attribuite a San Macario il Grande (405, Basso Egitto), ma che una critica più recente fa risalire all'inizio del V secolo e colloca nell'ambiente siriano.

E' importante che i fratelli vivano insieme in grande carità. Sia che preghino, sia che leggano la Scrittura, sia che si occupino di qualche lavoro, essi debbono avere come fondamento l'amore fraterno. In questo modo, sarà possibile assaporare la gioia della partecipazione a queste diverse occupazioni, ed a tutti coloro che pregano, a tutti coloro che leggono, a tutti coloro che lavorano, sarà dato di edificarsi reciprocamente nella trasparenza dell'anima e nella semplicità...
Qualsiasi cosa facciano, i fratelli debbono mostrarsi caritatevoli e sereni gli uni con gli altri. Colui che lavora, così dirà di colui che prega: «Anch'io posseggo il tesoro di mio fratello, dal momento che ci è comune». Da parte sua, colui che prega dirà di colui che legge: «Anch'io vengo arricchito dal beneficio che egli trae dalla sua lettura! ». E colui che lavora, dirà ancora: «E' nell'interesse della comunità che compio questo servizio».
Le molteplici membra del corpo non formano che un corpo solo. Esse si sostengono vicendevolmente, ciascuna assolvendo al proprio compito. L'occhio vede per tutto il corpo; la mano lavora per le altre membra; il piede, camminando, le porta tutte; una soffre appena soffre l'altra. Ecco come i fratelli debbono comportarsi gli uni con gli altri (cf. Rom. 12, 4-5). Colui che prega, non giudicherà colui che lavora perché non prega. Colui che lavora, non giudicherà colui che prega dicendo: «Ecco uno che perde tempo, mentre io sto qui a lavorare». Colui che serve non giudicherà gli altri. AI contrario, ciascuno, qualunque cosa faccia, agirà per la gloria di Dio (cf. 1 Cor. 10, 31; 2 Cor. 4, 15).
Colui che legge, penserà con amore di colui che prega e dirà a se stesso: «Egli prega anche per me". E colui che prega penserà nei riguardi di colui che lavora: «Ciò che fa, lo fa per il bene di tutta la comunità".
Così una grande concordia ed una serena armonia formeranno il vincolo della pace (Et. 4, 3), che li unirà tra loro e li farà vivere con carità e semplicità sotto lo sguardo benevolo di Dio. Evidentemente, l'essenziale è di perseverare nella preghiera. Del resto, è necessaria un'unica cosa: ciascuno deve possedere nel suo cuore questo tesoro che è la presenza viva e spirituale del Signore. Sia che lavori, preghi o legga, ciascuno deve poter dirsi in possesso di questo bene imperituro che è lo Spirito Santo.
 * Terza omelia, 1-3. Testo greco in Die 50 geist/ichen Homilien des Makarios. 

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