“ La
stampa, il cinematografo, la radio, la televisione costituiscono oggi
le più urgenti, le più rapide e le più efficaci opere
dell'apostolato cattolico. Può essere che i tempi ci riservino altri
mezzi migliori. Ma nel presente pare che il cuore dell'apostolo non
possa desiderare di meglio per donare Dio alle anime e le anime a
Dio”. L'autore di queste righe, che risalgono all'aprile 1960, don
Giacomo Alberione, si è molto impegnato in questo apostolato; è
stato beatificato il 27 aprile 2003.
L'influenza
di un'idea stampata
Giacomo
Alberione nasce il 4 aprile 1884 a San Lorenzo di Fossano
(Piemonte, Italie) e riceve il battesimo il giorno dopo. Ha tre
fratelli più grandi; una sorellina, che morirà nel suo primo anno,
e un fratellino nasceranno dopo di lui. A casa degli Alberione,
famiglia povera di contadini, la fede, il lavoro e la fiducia nella
Provvidenza sono fondamentali. Fin dal suo primo anno di scuola
elementare, interrogato riguardo al suo avvenire, Giacomo risponde
con determinazione: «Mi farò prete!» Questo progetto illumina i
suoi anni di gioventù. Don Montersino, parroco della parrocchia San
Martino di Cherasco, nella diocesi di Alba dove si sono stabiliti gli
Alberione, aiuta il giovane ad approfondire la chiamata del Signore e
a rispondervi. Accolto al seminario minore di Bra per l'anno
scolastico 1899-1900, Giacomo divora parecchi libri; uno di essi lo
turba al punto che i suoi superiori credono di doverlo espellere.
Questa dolorosa peripezia contribuisce a segnare la via nella quale
compirà in seguito i suoi sforzi apostolici; in effetti, ormai, sa
per esperienza quale influenza, nel bene o nel male, possa esercitare
sugli spiriti un'idea stampata.
Il
Concilio Vaticano II insegna, a proposito dei mezzi di comunicazione
sociale: «La Chiesa nostra madre riconosce che questi strumenti, se
bene adoperati, offrono al genere umano grandi vantaggi, perché
contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire lo spirito,
nonché a diffondere e a consolidare il regno di Dio. Ma essa sa pure
che l'uomo può adoperarli contro i disegni del Creatore e volgerli a
propria rovina; anzi, il suo cuore di madre è addolorato per i danni
che molto sovente il loro cattivo uso ha provocato all'umanità »
(Decreto Inter mirifica, sui mezzi di comunicazione sociale, 4
dicembre 1963, n. 2).
Nell'ottobre
1900, Giacomo entra nel Seminario di Alba (Piemonte). Fa
immediatamente l'incontro di colui che sarà, per quarantasei anni,
suo amico e consigliere, il canonico Francesco Chiesa. Il 1°
novembre di quell'anno giubilare, papa Leone XIII pubblica
l'Enciclica Tametsi futura nella quale, dopo aver sottolineato che
l'umanità non può trovare salvezza se non nel Cristo Redentore,
invita il clero a utilizzare tutti i mezzi per fa conoscere la sua
Persona e la sua dottrina. Questa dichiarazione del Papa segna
profondamente il giovane Alberione. Da quel momento in poi, le
direttive del capo della Chiesa lo guideranno in tutte le decisioni
che dovrà prendere. Egli scriverà: «Noi dobbiamo essere fedeli
interpreti della parola e degli indirizzi del Papa. Non pretendiamo
di essere altro: e Dio ci darà grazie per fare questo».
Durante
una notte di preghiera davanti al Santissimo, il 31 dicembre 1900,
Giacomo è illuminato da una grazia tutta particolare: Dio vuole che
egli contribuisca a diffondere il Vangelo attraverso i nuovi mezzi di
comunicazione. Si tratterà di mettere in piedi un'organizzazione di
scrittori, tipografi, librai, rivenditori, allo scopo di portare su
vasta scala il messaggio cristiano nel cuore delle masse. Nello
stesso tempo, egli ha la consapevolezza della propria insufficienza e
del proprio bisogno dell'Eucaristia per trovare luce, conforto e
vittoria sul male. Ricorderà spesso ai suoi figli spirituali
l'origine eucaristica della loro missione: «Siete nati dall'Ostia,
dal Tabernacolo!» Da allora in poi, tutta la sua vita è polarizzata
da questa idea: essere «un nuovo tipo di apostolo che deve
appartenere bene al suo tempo servendosi per l'evangelizzazione dei
mezzi più efficaci di propagazione del pensiero, quegli stessi che i
senza-Dio utilizzano per diffondere l'errore».
«Parlate
di tutto, ma in modo cristiano»
Il
29 giugno 1907, festa del martirio di san Paolo, che diventerà
il santo protettore di tutte le istituzioni che egli fonderà,
Giacomo Alberione riceve l'ordinazione sacerdotale. Dopo una breve
esperienza pastorale come vice parroco, durante la quale incontra il
giovane Giuseppe Giaccardo, che sarà in seguito il suo primo
collaboratore, don Alberione, con sorpresa generale, viene nominato
direttore spirituale del Seminario di Alba. Egli prega molto, studia,
e si rende disponibile per la predicazione, la catechesi e le
conferenze nelle parrocchie. Le sue letture gli permettono di
approfondire la sua comprensione della società e della Chiesa del
suo tempo, nonché i nuovi bisogni e i cambiamenti che si delineano
all'orizzonte.
Il
20 ottobre 1913 si verifica un evento provvidenziale: gli viene
offerto il posto di direttore del settimanale diocesano. Attraverso
questo mezzo, potrà realizzare le ispirazioni ricevute da Dio nella
preghiera. Il 20 agosto 1914, giorno della morte del santo papa Pio
X, la sua opera inizia ufficialmente ad Alba, con la fondazione della
Società San Paolo, comunità di Padri e di Fratelli che, prendendo
san Paolo come modello, vogliono essere i messaggeri della Parola di
Dio servendosi di tutti i mezzi di comunicazione sociale. «Di tutto
parlate, dirà don Alberione, ma cristianamente!» Al pari di quello
dell'Apostolo, questo apostolato non ha limiti: «La vostra
parrocchia è il mondo intero». Nello spirito del fondatore, poiché
l'umanità è costituita da fratelli e sorelle, occorrono sia donne
che uomini consacrati. Con la collaborazione di Teresa Merlo, egli
fonda, l'anno seguente, la Congregazione delle Figlie di San Paolo.
Lentamente ma sicuramente, in mezzo alle difficoltà, prende forma la
Famiglia Paolina. L'obiettivo che il fondatore indica a tutti i suoi
discepoli è la piena conformazione a Cristo: accogliere Cristo, Via,
Verità e Vita in tutto il proprio essere – intelligenza, volontà,
cuore, forze fisiche. Questo orientamento è codificato in un
volumetto intitolato Donec formetur Christus in vobis (Finché non
sia formato Cristo in voi, cfr. Ga 4,19).
Don
Alberione ha un'idea molto elevata della vita religiosa: «Lo stato
religioso ha le sue radici nelle profondità del Vangelo. il
cristianesimo passerà sempre per il mondo come un paradosso vivente,
pazzia per gli uni, scandalo per gli altri; per noi è verità e
realtà divina; lo si rileva dalle otto beatitudini annunziate dal
Maestro Divino. Tanto più lo stato religioso, che è il
perfezionamento della vita cristiana, la pratica integrale del
Vangelo, sembra un paradosso: sacrificare la propria vita per
salvarla; perdere tutto per salvare tutto. E questo è il
culmine del paradosso: la povertà diventa ricchezza; l'abiezione,
esaltazione; la verginità, maternità; la servitù, libertà; il
sacrificio, beatitudine; il servizio, apostolato; la morte, vita. Voi
siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3).
Sono stato crocifisso con Cristo; e se vivo, non sono più io che
vivo, è Cristo che vive in me (Ga 2,20)». Senza diminuire in nulla
la testimonianza indispensabile che danno i fedeli laici con la loro
fedeltà alla grazia battesimale, testimonianza sulla quale la Chiesa
conta molto al giorno d'oggi, le persone consacrate rimangono attori
particolarmente efficaci nell'opera della trasmissione della fede:
«Questa che attraversiamo, dice don Alberione, è più che mai l'ora
dei Religiosi. Da essi, se ben scelti e ben preparati, la Chiesa avrà
in tutti i settori della Sua universale attività immensi vantaggi.
Così fu nei periodi più turbolenti della Sua storia millenaria:
Religiosi temprati in profonda pietà, studio, osservanza uscirono
dal loro silenzio per prendere i primi posti di combattimento e
contribuire validamente al trionfo della civiltà cristiana e
cattolica. Oggi i bisogni sono di incalcolabile ampiezza e
profondità».
Una
novità che sorprende
Il
23 novembre 1921, don Alberione presenta al suo vescovo una
richiesta di riconoscimento della sua Società come istituto
religioso di diritto diocesano. Il prelato sottopone la domanda a
Roma, ma viene ricevuta con poco entusiasmo per due motivi: alcune
direttive date da san Pio X prescrivono di limitare il numero
delle nuove congregazioni; ma soprattutto, la novità dell'impresa: è
lecito a un gruppo di religiosi dedicare la loro vita alla diffusione
del Vangelo unicamente per mezzo della stampa, abbandonando le forme
tradizionali della predicazione e dell'insegnamento? Nel luglio del
1923, il progetto nascente rischia di affondare. Don Alberione, in
seguito a un regime di vita troppo austero, si ammala gravemente, e
il responso dei medici non lascia speranze: tubercolosi. Recatosi a
riposare in un piccolo villaggio, egli si raccoglie e trascorre più
tempo con il Signore. Ogni giorno medita un passo degli Esercizi
Spirituali di sant'Ignazio. Dopo un mese, contrariamente alle
previsioni, il malato ritrova la salute: «San Paolo mi ha
guarito!» Da allora, nelle cappelle di tutte le case della
Famiglia Paolina, figureranno le parole attribuite a Gesù-Eucaristia:
«Non temete – Io sono con voi – Di qui voglio illuminare –
Abbiate il dolore dei peccati».
Don
Alberione sa molto bene che la guerra contro le forze del male non
può essere vinta senza il sostegno di anime consacrate totalmente
alla preghiera. Per questo, il 10 febbraio 1924, viene fondata una
comunità che avrà come ruolo quello di adorare il Maestro Divino
nella Santa Eucaristia, in riparazione dei peccati commessi dalla
stampa. Le Pie Discepole del Divin Maestro, consacrate alla vocazione
eucaristica, approfondiranno le devozioni caratteristiche dell'opera:
Gesù maestro e pastore, via, verità e vita, Maria, madre, maestra e
regina degli apostoli, e san Paolo, apostolo e missionario . Il
fondatore designa la giovane Orsola Rivata come prima superiora della
nuova comunità. «Quando adorate il Santissimo Sacramento, prescrive
loro, consideratevi come coloro che rappresentano l'umanità presso
Gesù, per offrire a Dio i sentimenti e i bisogni di tutti gli uomini
affinché Egli dia la forza ai deboli e la luce a coloro che vivono
nelle tenebre; le anime fuggano il peccato; i peccatori si pentano;
le persone consacrate a Dio siano piene di zelo e di santità. Gesù
vi ha affidato il 'ministero' di rappresentare l'umanità ai piedi
del tabernacolo. Un servizio di carità, ecco la vostra vocazione!»
Fino
ad allora, la pubblicazione dei libri è stata la prima opera dei
nuovi religiosi, ma don Alberione ha l'intuizione che i periodici
sarebbero un altro potente mezzo per annunciare il Vangelo. Già nel
1912, aveva creato Vita Pastorale, un mensile destinato ai sacerdoti;
nel 1931, nasce Famiglia Cristiana, un settimanale per la famiglia;
nel 1933, esce per la prima volta Madre di Dio «per svelare alle
anime le bellezze e le grandezze di Maria ». Egli scriverà in
seguito: « Maria porta la luce celeste che si diffonde dolcemente
nelle anime, là dove si sono installate le tenebre e l'ignoranza.
Maria addolcisce i cuori, li induce al bene, santifica i costumi e
diffonde la benevolenza. Maria mette nelle famiglie comprensione e
affetto; dona la docilità ai bambini, la pazienza e la diligenza a
tutti». Nel 1937, vede la luce Pastor bonus, mensile in lingua
latina che affronta argomenti di pastorale e presenta una riflessione
approfondita a carattere biblico e teologico; nel 1952, seguono Via,
Verità e Vita, un mensile destinato alla diffusione della dottrina
cristiana, e La Vita in Cristo e nella Chiesa, il cui obiettivo è
quello di: «far conoscere i tesori della Liturgia, e promuovere
quest'ultima per viverne meglio nello spirito della Chiesa». Non
vengono dimenticati i ragazzi, a cui viene dedicato Il Giornalino.
L'opera
si estende
Dopo
l'apertura di case a Roma e in diverse altre città d'Italia,
l'opera si estende anche all'estero: Brasile e altri paesi del Sud
America, Stati Uniti, Europa, Cina, Giappone, Filippine, India. Nel
1937, don Alberione lancia l'apostolato del film. Gli oppositori sono
molti: come possono dei religiosi servire la Chiesa producendo film?
Tuttavia, la Santa Sede sostiene i suoi sforzi, e viene fondata la
Società Anonima Romana Editrice Film. Nell'ottobre 1938, egli fonda
la terza congregazione femminile: le Suore di Gesù Buon Pastore
(«Pastorelle»), la cui vocazione consiste nell'assistere i
sacerdoti nella pastorale parrocchiale.
Per
tutta la sua vita, don Alberione darà prova di una stupefacente
forza d'animo per portare a compimento i progetti che si sente
ispirato a realizzare. Non abbassa mai le braccia. «L'unica
sconfitta nella nostra vita, dice, è cedere alle difficoltà, anzi
l'abbandono della lotta... Vale ben la pena lottare per la saggezza e
per la verità». È del resto la preghiera che rende questo
possibile: «Dio stesso lavora per chi lavora per Lui. Disposti
dunque sempre a fare come se tutto dipendesse da noi; e pregare e
sperare nel Signore come se tutto dipendesse da Lui». Tuttavia,
rimane realista di fronte ai vincoli della condizione terrena: «
Mens sana in corpore sano! Dio è vita! Non ammazzare il corpo,
neppure per giocare o lavorare troppo. Né diminuire con imprudenza o
trascuranza le tue energie, ed i tuoi valori: cerca anzi di
svilupparli in te stesso con i metodi di una buona pedagogia;
sviluppa la tua arte, migliora il tuo ufficio, allarga la tua sfera
d'azione, come le tue cognizioni, per te e per la società: sviluppa
la tua personalità, badando alla verità, non alle apparenze. Il
lavoro che industriosamente si aumenta, è imitazione e avvicinamento
a Dio che è atto purissimo; sarà pure una principale
mortificazione, sia esso intellettuale o morale, o fisico
prevalentemente».
«Quanto
rimane da fare»
La
seconda guerra mondiale non arresta l'itinerario spirituale del
fondatore, immobilizzato a Roma dalle circostanze. In attesa del
ritorno di condizioni favorevoli al suo apostolato, egli si dedica
maggiormente all'adorazione e alla contemplazione. È tuttavia in
piena guerra, il 10 maggio 1941, che papa Pio XII firma il decreto
che conferisce alla Società di San Paolo lo statuto di istituto
religioso di diritto pontificio. Alla fine del 1945, don Alberione
può riprendere il suo bastone di pellegrino: viaggia intorno al
mondo per incontrare e incoraggiare i suoi Figli e le sue Figlie. Il
suo motto: «Protendersi in avanti! Non pensare a quel che si è
fatto, ma piuttosto a quanto rimane da fare» (cfr. Fil 3,13).
L'Estremo Oriente lo impressiona: tra queste schiere innumerevoli di
persone, quante conoscono Gesù Cristo ?
Gli
anni 1950 e 1960 sono quelli del consolidamento della Famiglia
Paolina, caratterizzata da un progresso generalizzato: vocazioni,
fondazioni, pubblicazioni, progetti di vario tipo, formazione
professionale. Nel libro Abundantes divitiæ gratiæ suæ (cfr. Ef
2,7) pubblicato nel 1954, in occasione del quarantesimo anniversario
della fondazione, don Alberione scrive il racconto delle grazie
concesse all'opera. L'8 settembre 1956 nasce una quarta congregazione
femminile, le Suore di Maria Regina degli Apostoli, che si consacrano
a suscitare e mantenere viva l'attenzione alla vocazione divina che
ciascuno riceve da Dio. Dal 1958 al 1960, quattro istituti secolari
vengono a completare il grande albero della Famiglia Paolina: Maria
Santissima Annunziata (laici consacrati), San Gabriele Arcangelo
(laici consacrati), Gesù Sacerdote (preti diocesani) e Santa
Famiglia (coppie). L'Unione dei Cooperatori e delle Cooperatrici
(laici di tutte le età che cercano di prolungare l'opera nei loro
rispettivi ambienti) era stata fondata già nel 1917.
Nel
corso degli anni 1962-1965, don Alberione partecipa, in qualità di
Padre conciliare, al Concilio Vaticano II. Anche se la sua salute non
gli permette di intervenire personalmente nel dibattito, prova una
gioia immensa, il 4 dicembre 1963, in occasione della promulgazione
del decreto conciliare sugli strumenti di comunicazione sociale come
mezzi di evangelizzazione. «Ora, dirà, non potete più avere dubbi.
La Chiesa ha parlato». Il 28 giugno 1969, nel corso di un'udienza
concessa a lui e a un folto gruppo di suoi Figli e Figlie, papa Paolo
VI si esprime così: «Eccolo: umile, silenzioso, instancabile,
sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri, che corrono dalla
preghiera all'opera, sempre intento a scrutare i «segni dei tempi»,
cioè le più geniali forme di arrivare alle anime, il nostro don
Alberione ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, nuovi
mezzi per dare vigore e ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e
nuova coscienza della validità e della possibilità della sua
missione nel mondo moderno e con i mezzi moderni. Lasci, caro Don
Alberione, che il Papa goda di codesta lunga, fedele e indefessa
fatica e dei frutti da essa prodotti a gloria di Dio ed a bene della
Chiesa».
Il
26 novembre 1971, don Alberione è in agonia. Avvertito dal suo
segretario, Paolo VI si reca personalmente al suo capezzale. Al suo
arrivo, il malato ha perso conoscenza. Il Papa chiede se ha ricevuto
tutti i sacramenti, poi si inginocchia accanto al letto, recita il
Padre nostro e l'Ave Maria, si alza e gli dà un'ultima assoluzione.
Un'ora dopo, il fondatore si spegne all'età di ottantasette anni. –
Oggi, la Famiglia Paolina comprende circa ottomila membri disseminati
in più di cinquanta paesi.
La
voce di Pietro
Dalla
morte di don Alberione, i mezzi di comunica- zione hanno
acquistato, grazie a una prodigiosa evoluzione tecnologica,
potenzialità straordinarie, che non mancano di creare problemi nuovi
e inediti. Internet consente di accedere a informazioni quasi
istantanee, ma ha dato luogo a nuove forme di dipendenza inumane. Il
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali dichiarava nel 2002:
«I
genitori dovrebbero accertarsi del fatto che i computer dei loro
figli siano provvisti di filtri... in modo da proteggerli il più
possibile dalla pornografia, dai maniaci sessuali e da altri
pericoli. L'utilizzo incontrollato [di Internet] non dovrebbe essere
consentito».
Nello
stesso tempo, Internet rende l'insegnamento della Chiesa più
accessibile. Non solo i grandi testi del Papa (encicliche,
costituzioni, ecc.), ma anche i più brevi, come quelli delle udienze
generali del mercoledì, sono facilmente a disposizione di tutti in
più lingue sul sito del Vaticano: http://www.vatican.va/. Durante le
udienze settimanali, il Santo Padre offre un insegnamento breve ma
ricco, tale da ispirare il desiderio di una vita cristiana autentica.
Don Alberione si sarebbe rallegrato di questa possibilità data ai
fedeli di sentire la voce del Successore di Pietro. Egli diceva: «Il
Signore guida la sua e nostra Chiesa. Diciannove secoli di storia lo
provano. La navicella di Pietro continua il suo cammino attraverso un
mare burrascoso; ma continua a portare con sicurezza gli uomini che
ad essa si affidano al porto di una felice eternità».
Beato
Giacomo Alberione, ottieni per tutti gli uomini il dono dello Spirito
Santo, in modo che aprano i loro cuori alla luce di Cristo e ricevano
con docilità la parola del suo Vicario.
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)"
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