Caritas
non est ambitiosa – La carità non è ambiziosa ( 1 Cor 13 , 5)
Chi
ama Gesù Cristo non ambisce altro
che Gesù Cristo.
che Gesù Cristo.
Dio
si oppone agli orgogliosi
Chi
ama Dio non va cercando di essere stimato ed amato dagli uomini:
l'unico suo desiderio è di esser ben voluto da Dio ch'è l'unico
oggetto del suo amore. — Scrive S. Ilario che ogni onore che si
riceve dal mondo è negozio del demonio: Omnis saeculi honor
diaboli negotium est (S. Hilar., in Matth. 6). E così è, perchè
il nemico negozia per l'inferno quando ingerisce nell'anima desideri
di essere stimata; poichè, perdendo ella l'umiltà, si mette in
pericolo di precipitare in ogni male. Scrive S. Giacomo che siccome
Iddio nelle grazie allarga la mano cogli umili, così la stringe e
resiste a' superbi: Deus superbis resistit, humilibus autem dat
gratiam (Iac. IV, 6). Dice superbis resistit, viene a dire
che neppure ascolta le loro preghiere. E tra gli atti di superbia
certamente uno è questo, l'ambire di essere stimato dagli uomini e
l'invanirsi degli onori da essi ricevuti.
Troppo
spaventevole fu in ciò l'esempio di Fra Giustino francescano, il
quale era giunto ad un grado eminente di contemplazione, ma perchè
forse, e senza forse, nudriva già dentro di sè un desiderio di
essere stimato dal mondo, ecco quello che gli accadde. Un giorno
mandò a chiamarlo il Papa Eugenio IV, e, per lo concetto che ne avea
di santità, molto l'onorò, l'abbracciò e lo fe' sedere vicino a
sè. Fra Giustino dopo tal favore s'invanì di se stesso; onde S.
Gio. Capestrano gli disse: «Oh, Fra Giustino, sei andato angelo e
sei tornato demonio!» Ed in fatti crescendo il misero da giorno in
giorno in superbia, pretendendo d'esser trattato qual egli si
stimava, giunse ad uccidere un frate con un coltello: indi apostatò
e se ne fuggì in Napoli, ove fece altre scelleraggini: ed ivi
finalmente morì apostata in una prigione. Quindi saggiamente diceva
un gran Servo di Dio che quando noi udiamo o leggiamo la caduta di
certi cedri del Libano, d'un Salomone, d'un Tertulliano, d'un Osio,
che da tutti erano tenuti per santi, è segno che questi non si erano
dati tutti a Dio, ed internamente nutrivano in sè qualche spirito di
superbia, e perciò prevaricarono. Tremiamo dunque quando vediamo in
noi insorgere qualche ambizione di comparire e di essere stimati dal
mondo; e quando il mondo ci fa qualche onore, guardiamoci di averne
compiacenza, la quale può esser causa della nostra ruina.
Guardiamoci
specialmente dall'ambizione di superare i puntigli. Dicea S. Teresa:
«Dove son puntigli di onore non vi sarà mai spirito». Molte
persone professano vita spirituale, ma sono idolatre della propria
stima. Dimostrano certe virtù apparenti, ma hanno l'ambizione di
esser lodate in tutti i lor portamenti; e quando manca chi le loda,
si lodano da se stesse; cercano in somma di comparir migliori degli
altri, e se mai sentono toccarsi nella stima, perdono la pace,
lasciano la comunione, lasciano tutte le loro divozioni, e non si
quietano finchè non pare loro di aver acquistato il concetto
perduto. Ma non fanno così i veri amanti di Dio. Non solo sfuggono
di dir parola di stima propria, nè si compiacciono, ma più si
attristano delle lodi che ricevono dagli altri, e si rallegrano di
vedersi tenuti in mal concetto appresso gli uomini.
Una
sola ambizione : amare Dio quanto più è possibile
Troppo
è vero quel che dicea S. Francesco d'Assisi: «Tanto io sono, quanto
sono innanzi a Dio». Che giova l'essere stimati per grandi dal
mondo, se davanti a Dio siamo vili e disprezzabili? All'incontro, che
importa che il mondo ci disprezzi, se siamo cari e graditi agli occhi
di Dio? Scrisse S. Agostino: Nec malam conscientiam sanat
praeconium laudantis, nec bonam vulnerat conviciantis opprobrium
(Lib. 3. contr. Petil.): siccome chi ci loda non ci libera dal
castigo delle opere male, così chi ci vitupera non ci toglie il
merito delle buone opere. «Che importa a noi, diceva S. Teresa,
l'esser dalle creature incolpati e tenuti per vili, se avanti di voi
siamo grandi e senza colpa?» — I santi non bramavano che di vivere
sconosciuti ed abbietti nel cuore di tutti. Scrive San Francesco di
Sales: «Ma che torto mai ci vien fatto quando si ha cattiva opinione
di noi, dovendola noi stessi averla tale? Forse noi sappiamo che siam
cattivi, e pretendiamo che gli altri ci tengano per buoni?»
Oh
quanto è sicura la vita nascosta per coloro che vogliono amar di
cuore Gesù Cristo! Gesù medesimo ce ne diè l'esempio col vivere
nascosto e disprezzato per trent'anni in una bottega. E perciò i
santi, affin di evitare la stima degli uomini, sono andati a vivere
ne' deserti e nelle grotte. — Dicea S. Vincenzo de' Paoli che il
gusto di comparire e che si parli di noi con onore, si lodi la nostra
condotta, e si dica che riusciamo bene e facciamo maraviglie, è un
male che facendoci scordare di Dio, infetta le nostre azioni più
sante, ed è per noi il vizio più dannoso al progresso nella vita
spirituale.
Chi
dunque vuole avanzarsi nell'amor di Gesù Cristo, bisogna che affatto
faccia morire in sè l'amore della propria stima. — Ma come si darà
morte alla propria stima? Eccolo come ce lo insegna S. Maria
Maddalena de' Pazzi: «La vita dell'appetito della propria stima è
lo stare in buon concetto appresso tutti; dunque la morte della
propria stima è l'occultarsi per non esser conosciuti da niuno. E
finchè uno non giunge a morire in questo modo, non sarà mai vero
servo di Dio».
Sicchè
per renderci graditi agli occhi di Dio, bisogna che ci guardiamo
dall'ambizione di comparire e d'esser graditi agli occhi degli
uomini. E tanto maggiormente dobbiam guardarci dall'ambizione di
dominar agli altri. S. Teresa desiderava che prima fosse andato a
fuoco il suo monastero con tutte le monache, che vi fosse entrata
questa maledetta ambizione. E pertanto volea che se mai si ritrovasse
alcuna delle sue religiose che trattasse di esser fatta superiora, si
fosse discacciata dal monastero o almeno tenuta per sempre carcerata.
S. Maria Maddalena de' Pazzi diceva: «L'onore d'una persona
spirituale sta nell'esser sottoposta a tutti, e nell'avere in orrore
l'esser preferita ad altri». L'ambizione dunque di un'anima che ama
Dio dee essere di superare tutti gli altri nell'umiltà, come parla
S. Paolo, in humilitate superiores (Phil. II, 3). In somma chi
ama Dio non dee ambire altro che Dio.
Preghiera
Gesù
mio, datemi voi l'ambizione di darvi gusto, e fatemi scordare di
tutte le creature ed anche di me stesso. Che mi serve l'esser amato
da tutto il mondo, se non sono amato da voi, unico amore dell'anima
mia? Gesù mio, voi siete venuto in questa terra per guadagnarvi i
nostri cuori; se io non so darvi il mio cuore, prendetevelo voi, e
riempitelo del vostro amore, e non permettete ch'io mi separi mai più
da voi. Per lo passato vi ho voltate le spalle, ma ora, vedendo il
male che ho fatto, me ne dispiace con tutto il cuore, e non ho pena
che più mi affligge che la memoria di tante offese che vi ho fatte.
Mi consola il sapere che siete una bontà infinita, che non isdegnate
di amare un peccatore che v'ama.
Amato
mio Redentore, o dolce amore dell'anima mia, per lo passato vi ho
disprezzato, ma ora v'amo più di me stesso. Vi offerisco me e tutte
le cose mie: altro non desidero che amarvi e darvi gusto. Questa è
la mia ambizione: ricevetela ed accrescetela voi, e distruggete in me
ogni desiderio di beni mondani. Troppo voi siete degno d'essere
amato, e troppo mi avete obbligato ad amarvi.
Eccomi,
io voglio esser tutto vostro, e voglio soffrire quanto volete voi che
per amor mio siete morto di dolore su d'una croce. Voi mi volete
santo, voi mi potete far santo, in voi confido.
E
confido ancora nella vostra protezione, o gran madre di Dio Maria.
Sant'Alfonso
Maria de Liguori – Tratto da “ Pratica di amar Gesù Cristo “ -
Capitolo X
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