Con
la benedizione del matrimonio, si riceve la forza per amarsi ed
essere fedeli l'uno all'altra e in quanto sacramento, la grazia di
portare su di sé i limiti e gli errori dell'altro come fossero i
propri. Qualsiasi marito e qualsiasi moglie sbaglia a volte così
come ogni madre a volte sbaglia col figlio. Non siamo onniscienti e
onnipotenti: non vediamo tutti gli elementi, non possiamo controllare
nemmeno quelli che vediamo e l'egoismo umano a volte gioca brutti
scherzi inconsci anche nel cuore più adorabile. In altre parole, non
siamo Dio e guai a chi venera idoli anche all'interno del matrimonio.
Ma una volta che ci si rende conto di questo, una volta che Dio è
messo sul trono, nel matrimonio entra un enorme potere, per cui gli
errori e i peccati dei due che sono stati fatti uno, possono servire
per la reciproca santificazione.
(Gilbert
Keith Chesterton)
Lucchese
o Lucesio o Lucchesio nacque verso il 1180 a Gaggiano di Cedde, un
piccolo paese a pochi chilometri da Poggibonsi, da famiglia
contadina. Sposò Buona (o Buonadonna), giovane di una ricca famiglia
di Borgo Marturi, dalla quale ebbe due figli. Si interessò di affari
e di politica. Alcuni nemici lo avversarono tenacemente fino a
costringerlo a lasciare Gaggiano. Si trasferì allora con la famiglia
a Poggibonsi. Egli fu un uomo giovane, di bell’aspetto, buon
parlatore con una gran voglia di entrare nella cerchia della gente
che contava nella nuova cittadina. Gli furono d’ostacolo la sua
origine rurale e il fatto di essere uno “straniero”, arrivato
cioè da poco in città. Ma non si diede per vinto. Come un certo
Bernardone di Assisi, volle anche lui arricchirsi nel più breve
tempo possibile, e si gettò a capofitto negli affari.
Divenne
commerciante di generi alimentari e praticò il cambio di valuta:
Poggibonsi è sulla via Cassia, una delle strade più battute nel
Medioevo da “romei” (i pellegrini diretti a Roma) e commercianti,
e vi circolavano varie monete, in particolare senesi, pisane e
fiorentine. Non soddisfatto, tentò nuove vie. Investì gran parte
dei beni di famiglia nell’acquisto di derrate alimentari. Diventò
grossista di grano e di biade, ne ammassò grandi quantitativi per
dominare la piazza e poter speculare sui prezzi nei frequenti momenti
di carestia. Lucchese diventò un uomo maturo. Si arricchì e la
scalata sociale sembra riuscirgli. Fu a questo punto che nella sua
vita intervenne qualcosa di nuovo. La mano di Dio lo raggiunse forse
attraverso nuovi contrasti o dispiaceri. In spazi sempre più ampi di
silenzio e di solitudine, cercò un nuovo senso da dare alla vita che
corre via veloce.
Gli
affari non gli bastavano più e lentamente diede ad essi meno
importanza.
Come aveva fatto qualche anno prima un suo coetaneo di
Assisi, “da quell’ora smise di adorare se stesso, e persero via
via di fascino le cose che prima amava... Svincolandosi man mano
dalla superficialità, si appassionava a custodire Cristo nell’intimo
del cuore” (Tre Compagni, III, 8 FF 1403).
Lucchese
verso i 30 anni si liberò di tutte le ricchezze accumulate come
mercante e scelse di fare la carità. Una volta la moglie stava
rimproverando il marito perché, per la sua mania di regalare pane a
tutti, la madia era rimasta vuota. Ma aprendola di nuovo la trovò
piena di pane fresco. Dopo questo miracolo anch’essa decise di
seguire il marito. Perduti i due figli in tenera età, gli sposi si
dedicarono a Dio e al prossimo.S.Francesco stava percorrendo le
campagne italiane e molti laici gli chiedevano di seguirlo. Anche
Lucchese avrebbe voluto farsi frate e Bona unirsi a S. Chiara nel
convento di S. Damiano, ma Francesco, incontratili, disse: “Siete
sposati e dovete continuare a vivere insieme. Vi darò una regola di
vita perché possiate diventare perfetti. Voi vivrete nel mondo come
Frati Penitenti, ma non apparterrete al mondo: farete opere pie,
digiunerete, predicherete la pace”.
Li
vestì lui stesso della tunica color cenere e li cinse col cordone a
più nodi facendone i primi terziari francescani
Venduta
nel 1227 anche la casa della moglie e consegnato il denaro
all’ospedale di S. Giovanni, i due sposi ora avevano solo un misero
alloggio vicino ad un campicello che Lucchese coltivava con le
proprie mani, destinando i prodotti al nutrimento dei poveri. Una
volta un prete che passava di lì gli chiese delle cipolle e Lucchese
gliene diede così tante che gliene rimasero pochissime. Siccome il
prete glielo fece osservare, Lucchese gli chiese di benedire ciò che
era rimasto e l’indomani il misero mucchietto si era moltiplicato.
Spesso Lucchese andava a raccogliere gli ammalati e li portava dove
potevano essere curati. Una volta stava trasportando sulle proprie
spalle un infermo, quando un giovane lo derise. Lucchese disse: “
Porto su di me Cristo sofferente” Per punizione divina il giovane
divenne muto, ma Lucchese si mise a pregare per lui e la parola gli
fu restituita. Lucchese e Buona giunsero sin verso i 70 anni. Un
mattino Buona non riusciva ad alzarsi da letto. Anche Lucchese stava
male ma andò ugualmente a chiamare padre Ildebrando, il guardiano
del convento francescano di Poggibonsi.
Ricevettero
insieme l’Unzione dei malati ed il Viatico: per l’ultima volta il
Signore venne da loro, che così spesso erano andati a Lui nella
persona dei miseri. Fu Buona a spirare per prima, con accanto il
marito che la confortava e la teneva per mano. Nello stesso giorno si
spense in pace anche Lucchese. Era il 28 aprile del 1250.
Vissero
insieme in una comunione di spirito che li ha visti uniti nello
stesso cammino di sequela radicale del Signore sulla scia di
Francesco, questi due sposi hanno avuto la grazia di entrare insieme
nella sala del banchetto di nozze dell’Agnello. Al funerale avvenne
un miracolo perché, nonostante il violento acquazzone, la pioggia
non bagnò né le bare, né la gente. Nel 1581, durante i lavori di
riparazione del pavimento del coro, furono ritrovate le ossa di
Lucchese, il corpo fu ricomposto e deposto in un’urna sopra
l’altare. Ogni anno il 28 aprile a Poggibonsi si fa una festa
religiosa e popolare, la città viene benedetta dall’alto col corpo
del santo patrono e la reliquia della moglie durante una processione.
Le spoglie mortali dei due santi coniugi riposano in una graziosa
cappella nel transetto sinistro della grande chiesa che la città di
Poggibonsi ha innalzato in onore di Lucchese già sul finire del
secolo XIII. Di stile francescano (unica grande navata, con ampio
transetto), è in bella posizione su di un colle appena fuori
Poggibonsi ed è meta di numerosi pellegrinaggi.
O
gloriosi Santi Coniugi Lucchese e Buonadonna, che, praticando
l’ideale francescano di preghiera, di distacco dai beni terreni e
di generosa carità verso i poveri, gli ammalati e gli infelici,
raggiungeste con il più perfetto amore di Dio l’unione più
profonda del vostro amore coniugale, donate alle nostre famiglie
l’amore serafico che unisca nella concordia e nella pace.Per Cristo
nostro Signore.
Tratto
dal sito https://ofsrsm.files.wordpress.com
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