Un dottore della Legge che
seguiva Gesù per scrutarlo, e forse per tenerlo d'occhio, ascoltando
le sue allusioni al compimento della speranza dei re e dei Profeti e
alla beatitudine di quelli che vi prendevano parte, volle metterlo
alla prova con una domanda schiettamente spirituale. Egli volle
vedere quali nuove teorie avesse insegnato in contrasto con le
antiche. La situazione psicologica, diciamo così, del dottore fu
questa: Gesù parlava del compimento del regno messianico ma non
diceva esplicitamente in quel momento che il Messia era Lui. Il
dottore volle scrutare quale fosse il suo preciso pensiero e domandò
che cosa dovesse fare per possedere la vita eterna, per dissimulare
la sua intenzione di scrutarlo e per vedere, dopo questa prima
domanda, quale nuova concezione Egli avesse del regno trionfante
d'Israele e in qual modo se ne dichiarasse propagatore.
Il dottore domandò: Maestro,
che devo fare per possedere la vita eterna? Si aspettava da Gesù una
nuova esposizione di vie peregrine di salvezza e si aspettava che gli
dicesse: "Devi credere in me, devi seguirmi, devi servirmi".
Le parole di Gesù — ripetiamolo per maggior chiarezza — che
alludevano a nuove rivelazioni fatte ai piccoli, alla conoscenza del
Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre e alla beatitudine di
chi assisteva al compimento delle antiche promesse, figure e
profezie, gli erano sembrate estremamente presuntuose, e sperò, con
questa domanda sulla Vita eterna, di metterlo alla prova, cioè alle
strette; di fargli confessare il suo pensiero e poi costringerlo a
riconoscerne la falsità, secondo lui.
Gesù, però, non era venuto
per distruggere la Legge ma per portarla a compimento e invece di
annunciare cose nuove domandò Egli stesso al dottore che cosa stesse
scritto nella Legge, rimandandolo così, per la risposta, a quello
che Dio aveva già detto, e soggiunse: Cosa vi leggi? Che cosa cioè
vi sta scritto su questa questione fondamentale, e come comprendi e
interpreti la Parola di Dio? Il dottore rispose citando quel precetto
della Legge che gli Ebrei solevano recitare mattina e sera e che
conoscevano benissimo: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore
con tutta la tua anima, con tutte le tue forze e con tutta la tua
mente e il tuo prossimo come te stesso (Lv 19,18). Gesù gli replicò:
Hai risposto bene; fa' questo e vivrai.
La
parabola del Samaritano
Il dottore si sentì umiliato
d'avergli domandato una cosa di così facile soluzione e se ne sentì
umiliato soprattutto dinanzi al popolo che in quel momento avrebbe
potuto tacciarlo d'ignoranza, perciò volle giustificare la sua
domanda, dando ad intendere che aveva fatto quell'interrogazione per
sapere chi era il suo prossimo, cioè verso chi avrebbe dovuto
esercitare la carità. È evidente dal contesto che egli, rimasto
confuso nel dover rispondere una cosa elementare, cambiò discorso
con una nuova domanda che, in realtà, non aveva inteso fare nella
sua prima interrogazione.
Gesù Cristo gli rispose con
una parabola che probabilmente era un fatto realmente avvenuto in
quei giorni: un uomo israelita, recandosi da Gerusalemme a Gerico,
s'imbatté nei ladri. La strada che doveva fare era di circa ventotto
chilometri e attraversava un deserto che anche oggi è infestato dai
ladri; quindi non fu un caso straordinario per lui, quella triste
avventura. I ladri non solo lo spogliarono di tutto ma lo percossero
e lo ferirono, lasciandolo mezzo morto per terra.
Un sacerdote, che veniva
anch'egli da Gerusalemme dopo aver prestato servizio al Tempio, vide
quell'infelice così malconcio e passò oltre, senza averne pietà.
Non volle assumersi una responsabilità né prendersi fastidi per uno
a lui sconosciuto, dimenticando che, come ministro di Dio, avrebbe
dovuto usargli carità. Lo stesso fece anche un levita: si fermò un
po' per curiosità, forse poté avere anche qualche parola di
commiserazione, ma poi andò oltre.
Passò, poi, un Samaritano che
viaggiava, dice il testo; quindi si può supporre che andava per
affari e, ciononostante, sostò vicino al ferito, ne fasciò le
piaghe, versandogli sopra, per lenirne il bruciore, vino e olio, come
solevano fare gli antichi. Lo adagiò sul suo giumento e lo condusse
all'albergo pubblico che doveva trovarsi ai confini di Gerico a
utilità dei pellegrini.
In quel ricovero stette
anch'egli durante la notte e si prese personalmente cura del ferito;
poi, dovendo partire il giorno seguente, lo lasciò affidato alle
cure dell'oste, pagandogli due denari e promettendogli di dargli, al
ritorno, tutto quello che avrebbe potuto spendere in più. Gesù
soggiunse, rivolto al dottore della Legge: Chi di questi tre ti
sembra essere stato prossimo per colui che s'imbatté nei ladroni? E
quegli rispose: Colui che gli usò misericordia. Replicò Gesù: Va'
e fa' anche tu lo stesso.
Il Redentore volle dare una
lezione delicata al dottore della Legge. I Samaritani erano odiati
dagli Ebrei e li ripagavano di pari avversione; eppure un Samaritano
curò un Ebreo; avrebbe fatto lo stesso un Ebreo per un Samaritano?
Certamente no, perché né un
sacerdote né un levita sentirono pietà di un loro connazionale, pur
avendo cura delle anime per il loro sacro ministero.
È prossimo a chi soffre,
dunque, chi gli usa pietà e lo aiuta e, di conseguenza, è prossimo
a chi sta bene qualunque uomo che soffra, senza distinzione di
nazionalità, di razza o di religione. Il dolore stabilisce una santa
fratellanza tra gli uomini, quella della scambievole carità, e
poiché il dolore regna sovrano nell'esilio, è necessario abbattere
le barriere delle divisioni sociali e darci tutti l'abbraccio della
carità che è il più saldo legame di pace tra le nazioni.
Noi viviamo in tempi ipocriti
e crudeli, nei quali si abbonda di parole, di assistenza sociale e di
iniziative per praticarla, ma si manca di carità, perché
l'assistenza diventa burocrazia e si limita a pochi privilegiati
dagli intrighi e dalle influenze, lasciando nello squallore quelli
che veramente soffrono e disprezzando quelli che si considerano
estranei.
L'assistenza praticamente è
una burla, sia pure involontaria, perché manca della base vera della
carità, ispirata dall'amore di Dio. Se non si ama il Signore, non si
fa la carità per Lui e sotto l'impulso della sua grazia; non si vede
la ragione per la quale si deve beneficare il prossimo, perché, non
guardandolo in Dio, il prossimo, in realtà, ci è estraneo e può
esserci anche avversario.
Se il mondo, invece di perdere
tempo in vane iniziative naturali per diminuire i dolori umani,
amasse Dio e facesse venire dall'alto la vivificante rugiada della
carità! Se gli uomini si persuadessero che ogni iniziativa ispirata
a vedute di civiltà e non a Dio è inesorabilmente destinata ad
essere divorata dalla frode e dall'egoismo!
Le opere di assistenza si
moltiplicano su basi fiscali e non sulla base della carità amorosa,
e praticamente danno un frutto estremamente meschino e a volte anche
opposto alle loro finalità, perché divorate dai succhioni e dai
malversatori.
La terra ha il sole come luce
dei suoi giorni e la luna come splendore delle sue notti; la nostra
vita ha come sole l'amore a Dio e come luna nella notte delle
sventure l'amore al prossimo, riflesso dell'amore a Dio. Non si può
concepire una vita diversa né si può pretendere che la pace e il
benessere spirituale, corporale ed eterno possa venire da altre
fonti. Non c'è alcun surrogato dell'amore di Dio; dov'esso manca c'è
la desolazione e la notte di una morte perenne.
L'umanità e le nazioni hanno
fatto mille esperimenti più o meno cervellotici per raggiungere un
grado soddisfacente di benessere nella vita, ma non hanno fatto
ancora il pieno esperimento di convertirsi veramente a Dio, amandolo
con tutto il cuore e glorificandolo con tutte le attività della
propria vita.
Sorga, o Signore, sulla nostra
valle desolata questo sole fulgente, si accenda nei cuori un amore
vero e profondo a te e fiorirà tra gli uomini la carità e la pace,
il benessere temporale ed eterno.
Devi venire Tu, o Gesù, a
sanarci, e Tu non puoi venire se l'amor nostro non ti chiama.
Tu sei il pietoso Samaritano
che sei venuto a sanarci, redimendoci, e ci hai condotti nella tua
Chiesa per farci trovare la salvezza, e Tu puoi oggi venire sul
nostro cammino, risanare le nostre piaghe e ridonarci la vita nella
tua Chiesa.
Tu hai pagato una volta il
prezzo del nostro riscatto e Tu ce lo applichi continuamente per
sottrarci alle ferite della nostra corrotta natura; Tu, dunque, puoi
ancora salvarci, solo che noi ti amiamo veramente e ti attestiamo
l'amore con una vita santa, perfettamente cristiana e pienamente
conforme alle disposizioni della tua adorabile Volontà.
Sac.
Dolindo Ruotolo – Tratto dal libro “I QUATTRO VANGELI” da pag.
1281 a pag 1285
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