mercoledì 13 novembre 2019

Beato Lorenzo Salvi - Roma, 30 ottobre 1782 – Capranica, Viterbo, 12 giugno 1856



Tu, uomo di Dio... tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede (1Tm 6,1112). In questo programma, dettato dall'apostolo Paolo al discepolo Timoteo, possiamo vedere delineato l'itinerario spirituale del beato Lorenzo Salvi, uomo di Dio, non solo nella intensa preghiera, ma anche nella instancabile dedizione al ministero sacerdotale. Egli fu pienamente consapevole della missione affidata da Cristo ad ogni apostolo e si sforzò durante tutta la vita di seguire gli esempi del Figlio di Dio, che volle salvare il mondo mediante l'umiliazione della Croce» (Omelia di papa san Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione, il i ottobre 1989).

Lorenzo Salvi nasce a Roma nel 1782 e riceve il Battesimo il giorno dopo la sua nascita. Suo padre, Antonio Salvi, è l'amministratore dei beni di una delle più grandi famiglie di Roma. La madre di Lorenzo muore un mese dopo la nascita del bambino. Antonio Salvi si risposa ben presto con Anna Maria Costa; avranno altri figli e Lorenzo verrà a sapere solo all'inizio dell'età adulta chi fosse la sua vera madre. Viene educato sotto la direzione dei precettori del palazzo Carpegna; frequenta la vicina chiesa di Sant'Eustachio, dove ama servire la Messa. Tra gli ecclesiastici che frequentano il palazzo, c'è fra Mauro Cappellari, monaco camaldolese che diventerà Papa nel 1831, sotto il nome di Gregorio XVI. Lorenzo prosegue i suoi studi al Collegio Romano, allora diretto da preti secolari. Ha come compagno di studi Gaspare del Bufalo, fondatore della Compagnia del Prezioso Sangue, che verrà canonizzato da papa Pio XII nel 1954. Lorenzo frequenta anche l'oratorio del Caravita, fondato dai gesuiti, dove acquisisce una profonda devozione mariana. Prende anche l'abitudine di visitare, con alcuni amici, i principali santuari della città.

All'età di diciotto anni, Lorenzo chiede al padre il permesso di entrare tra i Passionisti, che ha conosciuti grazie alle prediche infuocate di san Vincenzo Maria Strambi, allora celebre a Roma. Questa congregazione è in pieno fervore; molti religiosi hanno conosciuto il fondatore, san Paolo della Croce, morto nel 1775, e diversi di loro saranno elevati agli onori degli altari. Nonostante la sua profonda fede cristiana, Antonio Salvi risponde al figlio: «Per un anno non mi parlare né di preti, né di frati.» La città di Roma, infatti, è appena uscita da diversi anni di occupazione da parte delle truppe francesi, e papa Pio VI, deportato, è morto in Francia, a Valence, il 29 agosto 1799; diventare seminarista o religioso in quelle condizioni non è privo di pericoli. Esattamente un anno dopo questa prima risposta negativa, Lorenzo reitera la sua richiesta. Dopo un momento di riflessione, suo padre gli dice: «Se questo è il tuo desiderio, fa' ciò che il Signore ti chiede e, qualsiasi cosa ti accada, ricorda che questa casa sarà sempre quella di tuo padre. Il Signore ti benedica!»
Ogni minuto
Lorenzo raggiunge quindi il convento dei Passionisti del Monte Argentario, nella Toscana meridionale, dove deve fare il suo noviziato. Al momento di iniziarlo, Lorenzo si mette sotto la protezione dell'Apostolo delle Indie e prende come nome di religioso fratel Lorenzo Maria di San Francesco Saverio, sottolineando così in anticipo il carattere risolutamente mariano e missionario del suo apostolato. Ben presto, però,viene assalito da una grave tentazione di scoraggiamento riguardo alla sua vocazione religiosa. Il suo maestro dei novizi lo aiuta a superare la prova e, il 20 novembre 1802, egli pronuncia i voti di povertà, castità e obbedienza, ai quali si aggiunge il quarto voto, proprio dei Passionisti, di promuovere la devozione alla Passione di GESÙ. In questa occasione, Lorenzo compone la seguente preghiera, che reciterà con fervore in ogni anniversario della sua prima professione:
«Fa', o Signore, che io ti serva fedelmente in questa santa Congregazione, per tutti i giorni della mia vita. Veramente Tu sei degno di ogni servizio, di ogni onore e di lode eterna. Tu sei veramente il mio Signore e padrone e io sono il tuo povero servo, tenuto a servirti con tutte le mie forze. Così voglio, così desidero...0 Santa dei santi, oceano di grazie, Santissima e Immacolata Vergine Madre di Dio Maria, dammi la forza di adempiere perfettamente ciò che in questo giorno ho promesso al tuo figlio. Dirigimi e proteggimi in ogni ora e minuto.»
San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, è nato nel 1694. Nel 1721 si ritira, in compagnia di suo fratello, in un eremo dove si dedicano con fervore alla preghiera. Nel 1727, entrambi si recano a Roma per prendersi cura degli ammalati e predicano fruttuose missioni parrocchiali incentrate sul mistero della Passione di Cristo. Inaugurano così lo stile di vita dei Passionisti, che combina la dimensione contemplativa stretta e la predicazione. Con la forza che attinge da un continuo dialogo a cuore aperto con GESÙ, il fondatore è pronto a infiammare i cuori degli uomini di questo amore che lo abita. Nel 1775, nella regola che dà ai suoi religiosi, egli scrive : «E siccome uno dei principali fini di questa Congregazione si è che ognuno, non solamente attenda all'orazione per giungere alla santa unione di carità con Dio, ma procuri altresì d'indirizzarvi il prossimo istruendolo nella maniera più opportuna e più facile che potrà praticarsi; perciò quei soggetti che saranno giudicati idonei a sì gran ministero procureranno... d'insegnare a viva voce ai popoli la devota memoria della Passione e Morte di GESÙ Cristo Signore Nostro.»
Salvati dalla Croce
Il 14 settembre 2008, papa Benedetto XVI ricordava che GESÙ ci salva con il mistero della sua Passione: «Il Figlio di Dio s'è reso vulnerabile, prendendo la condizione di servo, obbedendo fino alla morte e alla morte di croce. È per la sua Croce che siamo salvati. Lo strumento di supplizio che, il Venerdì Santo, aveva manifestato il giudizio di Dio sul mondo, è divenuto sorgente di vita, di perdono, di misericordia, segno di riconciliazione e di pace. "Per essere guariti dal peccato, guardiamo il Cristo crocifisso!", diceva sant'Agostino. Sollevando gli occhi verso il Crocifisso, adoriamo Colui che è venuto per prendere su di sé il peccato del mondo e donarci la Vita eterna. E la Chiesa ci invita ad elevare con fierezza questa Croce gloriosa affinché il mondo possa vedere fin dove è arrivato l'amore del Crocifisso per gli uomini... È su questo legno che GESÙ ci rivela la sua sovrana maestà, ci rivela che Egli è esaltato nella gloria. Sì, "Venite, adoriamolo!".»
Dopo i suoi studi di filosofia e di teologia, Lorenzo Salvi viene inviato a Roma, al convento dei Santi Giovanni e Paolo, per prepararsi al sacerdozio, che riceve il 29 dicembre 1805. Nel luglio del 1809, papa Pio VII, che non ha voluto accettare il divorzio di Napoleone, viene catturato dalle truppe del generale francese Radet. L'anno seguente, un decreto che sopprime gli ordini religiosi, accompagnato da un obbligo per i preti di prestare un giuramento scismatico di fedeltà all'imperatore, costringe padre Salvi a svolgere clandestinamente il suo ministero pastorale a Roma. Nel 1811, venendo a sapere che si è ricostituita segretamente una comunità di Passionisti in un ex convento di Agostiniani a Pieve Torna, una cittadina dell'Italia centrale, vi si reca senza indugio e prova una grande gioia nel riprendere la vita comune con i suoi confratelli religiosi. Facendosi tutto a tutti, padre Lorenzo arriva persino, su richiesta degli abitanti del paese, a diventare maestro nella scuola elementare del borgo, con grande successo tra i bambini. Nel 1812, un'apparizione del Bambino GESÙ lo guarisce da una grave malattia e gli dà una conoscenza profonda e intima dei misteri dell'infanzia del Salvatore. La sua vita e il suo apostolato ne sono profondamente cambiati; farà persino il voto di diffondere la devozione al Bambino GESÙ.
Dio fatto bambino
In questi giorni natalizi, diceva papa Francesco nell'udienza del 30 dicembre 2015, ci viene posto dinanzi il Bambino Gesù. Sono sicuro che nelle nostre case ancora tante famiglie hanno fatto il presepe... La devozione a Gesù Bambino è molto diffusa.... Penso, in particolare a santa Teresa di Lisieux, che come monaca carmelitana ha portato il nome di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Lei... ha saputo vivere e testimoniare quell'"infanzia spirituale" che si assimila proprio meditando, alla scuola della Vergine MARIA, l'umiltà di Dio che per noi si è fatto piccolo... Dio è stato un bambino, e questo deve avere un suo significato peculiare per la nostra fede... Sappiamo poco di Gesù Bambino, ma possiamo imparare molto da Lui se guardiamo alla vita dei bambini... Scopriamo, anzitutto, che i bambini vogliono la nostra attenzione. Loro devono stare al centro perché... hanno bisogno di sentirsi protetti. È necessario anche per noi porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo. Vuole stare tra le nostre braccia, desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro... È venuto tra di noi per mostrarci il volto del Padre ricco di amore e di misericordia... Stringiamo, dunque, tra le nostre braccia il Bambino Gesù, mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e di serenità.»
Nel 1814, crolla l'impero napoleonico; il Sovrano Pontefice ritorna a Roma, i decreti contro i religiosi vengono annullati, le comunità religiose si ricostituiscono. Lorenzo rientra allora nel convento dei Santi Giovanni e Paolo. Ma, dei 243 membri che contava la congregazione prima della bufera della rivoluzione, solo 151 riprendono la vita regolare. Da allora in poi, padre Salvi, pur lasciando il primo posto nella sua vita a una preghiera nutrita e profonda, si dedica a un'intensa attività di predicazione di ritiri e missioni, alla corrispondenza, alla direzione delle anime, alla redazione di opuscoli di devozione... Lungi dall'improvvisare le sue prediche, le prepara con cura, come testimoniano i suoi numerosi quaderni di appunti e di omelie.
L'opera letteraria principale di Lorenzo Salvi s'intitola: "L'anima innamorata di GESÙ Bambino". Egli vi scrive: «Ecco dunque dove vorremmo condurre tutto il popolo cristiano, ecco il dolcissimo invito che si fa a tutti i fedeli cattolici: essere innamorati di GESÙ Bambino in maniera tale che, avendo continuamente davanti agli occhi le istruzioni pratiche e le virtù di cui fin dal presepe egli fece scuola, esse siano la scorta per ricondurre sul retto cammino le anime traviate e la norma per i futuri progressi di quelle buone. Sia le une che le altre saranno sicure che, seguendo le tracce di questo celeste Pargoletto, non porranno il piede fuori del sentiero che conduce alla vita eterna e faranno acquisto di quel pregevole carattere di infanzia spirituale del quale GESÙ Redentore vuole che siano dotati quelli che aspirano a entrare nel santo Paradiso: Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli (Mt. 18, 3). Né deve sembrare strano a nessuno l'invito ad applicarsi con tutto il cuore a onorare assiduamente l'infanzia di GESÙ Cristo. Se infatti è lodevolissimo lo zelo di tanti ferventi ecclesiastici e religiosi nel promuovere nel popolo cristiano la continua memoria della Passione e Morte di GESÙ, come non sarà anche raccomandabile l'eccitare in esso il ricordo assiduo della sua nascita nella grotta di Betlem? È là che il Verbo divino incarnato aprì la prima pubblica scuola di tutte le virtù. È là dove tutto ciò che riguarda il Santo Bambino giacente sul fieno grida alle nostre orecchie, secondo quanto scrive san Bernardo: "La lingua ancora non parla ma tutto ciò che riguarda grida. Grida questa stalla, grida la mangiatoia; gridano le lacrime, gridano i pannolini. Perfino le sue piccole membra non lasciano di gridare, anzi neppure la stessa infanzia tace."»
Un religioso troppo attivo
Ma non mancano le prove per Lorenzo. Nella sua comunità, non sempre si capisce che sia così attivo, così spesso assente dal convento, e ci si stupisce nel vedere un religioso votato alla contemplazione della Passione concentrare tanto la sua predicazione sulla devozione al Bambino GESÙ. «Non si conforma agli usi comuni della congregazione!» affermano alcuni. Tuttavia, i risultati del suo apostolato mostrano chiaramente che non si tratta di un attivismo sfrenato, ma dell'opera stessa di Dio sotto la mozione dello Spirito Santo. In molti villaggi e borghi del Lazio e della Toscana, il ricordo dei suoi sermoni e dei suoi miracoli rimane vivo. Nel borgo di Vignanello, le sue parole ottengono la fine di diversi scandali, importanti restituzioni e la soluzione di vecchi conflitti di famiglie tramite perdoni cristiani; inoltre, diciassette giovani chiedono di essere ammessi presso i Passionisti. A Marina, a sud di Roma, si deploravano odi ancestrali tra diverse famiglie, accompagnati da risse e persino da omicidi; la predicazione di Lorenzo porta alla riconciliazione pubblica di 200 persone, il che produce un effetto di pacificazione sull'intera popolazione. In una cittadina di 2000 abitanti, dopo una settimana di missione, tutti, tranne tre persone, si accostano con devozione ai sacramenti. Nel 1829 e nel 1830, padre Salvi esercita il suo apostolato principalmente a Roma. Vi predica una missione ai 209 detenuti di Castel Sant'Angelo, che è allora una prigione; un altro ritiro è dedicato ai cappellani, ai medici e agli infermieri dell'ospedale San Giovanni presso il Laterano. Il suo zelo si spinge fino ad accettare di preparare egli stesso i bambini di Roma alla prima Comunione.
L'ammirevole zelo sacerdotale di Lorenzo Salvi illustra in anticipo le raccomandazioni fatte da papa Benedetto XVI, il 10 maggio 2010: «Cari sacerdoti, pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri..., facendovi modelli del gregge (lPt 5,23). Dunque, non abbiate paura di guidare a Cristo ciascuno dei fratelli che Egli vi ha affidati, sicuri che ogni parola ed ogni atteggiamento, se discendono dall'obbedienza alla volontà di Dio, porteranno frutto; sappiate vivere apprezzando i pregi e riconoscendo i limiti della cultura in cui siamo inseriti, con la ferma certezza che l'annuncio del Vangelo è il maggiore servizio che si può fare all'uomo. Non c'è, infatti, bene più grande, in questa vita terrena, che condurre gli uomini a Dio, risvegliare la fede, sollevare l'uomo dall'inerzia e dalla disperazione, dare la speranza che Dio è vicino e guida la storia personale e del mondo: questo, in definitiva, è il senso profondo ed ultimo del compito di governare che il Signore ci ha affidato. Si tratta di formare Cristo nei credenti, attraverso quel processo di santificazione che è conversione dei criteri, della scala di valori, degli atteggiamenti, per lasciare che Cristo viva in ogni fedele. San Paolo così riassume la sua azione pastorale: figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi (Gal 4,19) .»
Nel convento dei Santi Giovanni e Paolo, dove risiede, Lorenzo stringe amicizia con il beato Domenico Barberi, anch'egli Passionista, che si dedicherà a un importante apostolato nel nord Europa. Avrebbe desiderato accompagnarlo nelle sue missioni, ma l'obbedienza ai suoi superiori lo tratterrà in Italia. Nel frattempo, entrambi instaurano una stretta relazione di amicizia con i membri della comunità inglese di Roma, in cui si trova Patrick Wiseman, futuro cardinale della Chiesa Romana.
Non è niente!
La spiritualità di Lorenzo è caratterizzata da forza e mitezza. La sua parola lascia un segno profondo nei suoi ascoltatori perché è fondata su un'esperienza personale di Dio e della vita spirituale. Di bassa statura, molto vivace, con talenti e gusti artistici sviluppati, Lorenzo si fa presto notare per la sua grande umiltà, la sua semplicità, la sua mitezza e la sua obbedienza ai superiori e alla Regola, che si sforza di osservare anche durante i suoi viaggi. La vigilia di Natale del 1840, mentre è superiore della casa dei Santi Giovanni e Paolo a Roma, Lorenzo decide di fare un piccolo presepio, con l'aiuto di due confratelli. L'opera è in corso quando arriva, senza spiegazioni, l'ordine del superiore generale di sospendere ogni decorazione. I fratelli sono tentati di mormorare, ma Lorenzo dice loro, con la sua dolcezza abituale: «Facciamo così; santa obbedienza, santa obbedienza!» La sua intensa vita spirituale comprende anche fenomeni mistici. Sorpreso in stato di levitazione nella chiesa del convento di Sant'Angelo, a Viterbo, risponde a quelli che lo interrogano: «Non è niente. Non parlatene!» Talvolta egli è favorito anche dal dono di leggere nelle coscienze e di conoscere certi eventi futuri o a distanza. Diversi testimoni assicurano di aver visto il Bambino GESÙ presente nella sua stanza. Sempre più viene chiamato "il santo". Un giorno, a Viterbo, si rivolge verso una signora e le dice: «Senti che cosa gridano questi ragazzi? Io sono... uno scellerato, e questi fanciulli invece gridano: "Ecco il santo!"»
Lorenzo compie molti miracoli presentando l'immagine di GESÙ Bambino. Un quaderno di archivi dei Passionisti sulle missioni tra il 1828 e il 1870 contiene la narrazione di cinque guarigioni miracolose ottenute per la sua intercessione presso il Bambino GESÙ. Vi si legge in particolare che una monaca, dopo un grave ictus, aveva perso l'uso di una gamba; il nostro passionista la guarisce con il contatto di un'immagine del Bambino GESÙ. Una donna di Viterbo soffre di una forte malattia cardiaca che la rende invalida; sapendo che Laurent deve passare in una casa vicina, vi si fa portare. Lì, una folla considerevole attende il Padre. Quando questi arriva all'altezza di questa donna, si ferma; le rivela di che male soffre e aggiunge: «Che il Bambino GESÙ vi liberi da questa terribile malattia!», poi la benedice. La donna è immediatamente e definitivamente guarita. Un'altra volta, una madre gli presenta il suo bambino deforme, sordo, muto e cieco. Il missionario lo accarezza a lungo e poi dice alla madre di posarlo a terra assicurandole che non gli succederà nulla di male. Il bambino scrive allora:
«Mamma, mamma, vedo!» Nel 1855, ottiene la fine di un'epidemia di colera a Viterbo, grazie a un triduo solenne in onore del Bambino GESÙ. Le guarigioni spirituali operate da Lorenzo sono ancora più numerose, come è testimoniato dalla sua immensa corrispondenza.
Tirare la carretta
Gli anni dal 1842 al 1845 sono l'occasione di un lavoro incessante: venti ritiri e sette missioni popolari. Nel 1847, il suo apostolato esterno è così intenso che trascorre solo ventisette giorni in comunità. Negli ultimi anni della sua vita, Lorenzo è affetto da una malattia nervosa che gli procura molte sofferenze. Medita sulla precarietà della vita e purifica le sue intenzioni; confessa: «Nonostante la stanchezza, continuo a tirare la carretta; tutto il merito ne va al Bambino GESÙ che mi sostiene fortemente.» Nel febbraio del 1854, un ictus lo mette a terra per alcune ore. Tuttavia, nel mese di maggio, è in grado di partecipare al capitolo generale della sua congregazione; lì, viene nuovamente nominato consigliere provinciale. Nell'aprile del 1855, evita per poco un grave incidente, che gli lascia tuttavia una ferita al braccio. Due mesi dopo, il 10 giugno, viene chiamato a Capranica, pochi chilometri a sud di Viterbo, per benedire gli ammalati e amministrare i sacramenti ad alcuni sofferenti. Uscendo dal suo convento, dichiara al confratello portinaio: «Me ne vado, ma non tornerò; morirò a Capranica.» La mattina del 12, celebra la Messa, scrive alcune lettere, visita degli ammalati, poi si ritira nella sua camera. Verso sera, la padrona di casa, allenata da strani rumori, entra nella sua stanza e lo trova in piedi, in uno stato grave. Il medico diagnostica un ictus cerebrale; Lorenzo riceve gli ultimi sacramenti. La sera, quasi senza agonia, rende l'anima a Dio.

«Lorenzo Salvi combatté la buona battaglia della fede, secondo lo spirito della sua congregazione religiosa, lavorando intensamente nella predicazione delle missioni al popolo, nei corsi di esercizi spirituali, nel ministero delle confessioni. In quanti avvicinava egli cercava di instillare l'amore del Cristo povero ed umile, mediante la devozione all'infanzia di GESÙ e alla sua Passione, momenti nei quali massimamente si rivelano l'umiltà e la dolcezza del Salvatore. Convinto dell'infinita misericordia del Cuore di Cristo, egli non si stancava di esortare le anime alla fiducia, sull'esempio del bambino che in tutto s'affida alle braccia amorevoli e forti del padre» (San Giovanni Paolo II, Omelia della beatificazione).
Che il Bambino GESÙ sia anche la gioia e l'amore dei nostri cuori!

Tratto da: "Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia (Website : www.clairval.com)"





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