Tu,
uomo di Dio... tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla
carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia
della fede (1Tm 6,1112). In questo programma, dettato dall'apostolo
Paolo al discepolo Timoteo, possiamo vedere delineato l'itinerario
spirituale del beato Lorenzo Salvi, uomo di Dio, non solo nella
intensa preghiera, ma anche nella instancabile dedizione al ministero
sacerdotale. Egli fu pienamente consapevole della missione affidata
da Cristo ad ogni apostolo e si sforzò durante tutta la vita di
seguire gli esempi del Figlio di Dio, che volle salvare il mondo
mediante l'umiliazione della Croce» (Omelia di papa san Giovanni
Paolo II in occasione della beatificazione, il i ottobre 1989).
Lorenzo
Salvi nasce a Roma nel 1782 e riceve il Battesimo il giorno dopo la
sua nascita. Suo padre, Antonio Salvi, è l'amministratore dei beni
di una delle più grandi famiglie di Roma. La madre di Lorenzo muore
un mese dopo la nascita del bambino. Antonio Salvi si risposa ben
presto con Anna Maria Costa; avranno altri figli e Lorenzo verrà a
sapere solo all'inizio dell'età adulta chi fosse la sua vera madre.
Viene educato sotto la direzione dei precettori del palazzo Carpegna;
frequenta la vicina chiesa di Sant'Eustachio, dove ama servire la
Messa. Tra gli ecclesiastici che frequentano il palazzo, c'è fra
Mauro Cappellari, monaco camaldolese che diventerà Papa nel 1831,
sotto il nome di Gregorio XVI. Lorenzo prosegue i suoi studi al
Collegio Romano, allora diretto da preti secolari. Ha come compagno
di studi Gaspare del Bufalo, fondatore della Compagnia del Prezioso
Sangue, che verrà canonizzato da papa Pio XII nel 1954. Lorenzo
frequenta anche l'oratorio del Caravita, fondato dai gesuiti, dove
acquisisce una profonda devozione mariana. Prende anche l'abitudine
di visitare, con alcuni amici, i principali santuari della città.
All'età
di diciotto anni, Lorenzo chiede al padre il permesso di entrare tra
i Passionisti, che ha conosciuti grazie alle prediche infuocate di
san Vincenzo Maria Strambi, allora celebre a Roma. Questa
congregazione è in pieno fervore; molti religiosi hanno conosciuto
il fondatore, san Paolo della Croce, morto nel 1775, e diversi di
loro saranno elevati agli onori degli altari. Nonostante la sua
profonda fede cristiana, Antonio Salvi risponde al figlio: «Per un
anno non mi parlare né di preti, né di frati.» La città di Roma,
infatti, è appena uscita da diversi anni di occupazione da parte
delle truppe francesi, e papa Pio VI, deportato, è morto in Francia,
a Valence, il 29 agosto 1799; diventare seminarista o religioso in
quelle condizioni non è privo di pericoli. Esattamente un anno dopo
questa prima risposta negativa, Lorenzo reitera la sua richiesta.
Dopo un momento di riflessione, suo padre gli dice: «Se questo è il
tuo desiderio, fa' ciò che il Signore ti chiede e, qualsiasi cosa ti
accada, ricorda che questa casa sarà sempre quella di tuo padre. Il
Signore ti benedica!»
Ogni
minuto
Lorenzo
raggiunge quindi il convento dei Passionisti del Monte Argentario,
nella Toscana meridionale, dove deve fare il suo noviziato. Al
momento di iniziarlo, Lorenzo si mette sotto la protezione
dell'Apostolo delle Indie e prende come nome di religioso fratel
Lorenzo Maria di San Francesco Saverio, sottolineando così in
anticipo il carattere risolutamente mariano e missionario del suo
apostolato. Ben presto, però,viene assalito da una grave tentazione
di scoraggiamento riguardo alla sua vocazione religiosa. Il suo
maestro dei novizi lo aiuta a superare la prova e, il 20 novembre
1802, egli pronuncia i voti di povertà, castità e obbedienza, ai
quali si aggiunge il quarto voto, proprio dei Passionisti, di
promuovere la devozione alla Passione di GESÙ. In questa occasione,
Lorenzo compone la seguente preghiera, che reciterà con fervore in
ogni anniversario della sua prima professione:
«Fa',
o Signore, che io ti serva fedelmente in questa santa Congregazione,
per tutti i giorni della mia vita. Veramente Tu sei degno di ogni
servizio, di ogni onore e di lode eterna. Tu sei veramente il mio
Signore e padrone e io sono il tuo povero servo, tenuto a servirti
con tutte le mie forze. Così voglio, così desidero...0 Santa dei
santi, oceano di grazie, Santissima e Immacolata Vergine Madre di Dio
Maria, dammi la forza di adempiere perfettamente ciò che in questo
giorno ho promesso al tuo figlio. Dirigimi e proteggimi in ogni ora e
minuto.»
San
Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, è nato nel 1694. Nel
1721 si ritira, in compagnia di suo fratello, in un eremo dove si
dedicano con fervore alla preghiera. Nel 1727, entrambi si recano a
Roma per prendersi cura degli ammalati e predicano fruttuose missioni
parrocchiali incentrate sul mistero della Passione di Cristo.
Inaugurano così lo stile di vita dei Passionisti, che combina la
dimensione contemplativa stretta e la predicazione. Con la forza che
attinge da un continuo dialogo a cuore aperto con GESÙ, il fondatore
è pronto a infiammare i cuori degli uomini di questo amore che lo
abita. Nel 1775, nella regola che dà ai suoi religiosi, egli scrive
: «E siccome uno dei principali fini di questa Congregazione si è
che ognuno, non solamente attenda all'orazione per giungere alla
santa unione di carità con Dio, ma procuri altresì d'indirizzarvi
il prossimo istruendolo nella maniera più opportuna e più facile
che potrà praticarsi; perciò quei soggetti che saranno giudicati
idonei a sì gran ministero procureranno... d'insegnare a viva voce
ai popoli la devota memoria della Passione e Morte di GESÙ Cristo
Signore Nostro.»
Salvati
dalla Croce
Il
14 settembre 2008, papa Benedetto XVI ricordava che GESÙ ci salva
con il mistero della sua Passione: «Il Figlio di Dio s'è reso
vulnerabile, prendendo la condizione di servo, obbedendo fino alla
morte e alla morte di croce. È per la sua Croce che siamo salvati.
Lo strumento di supplizio che, il Venerdì Santo, aveva manifestato
il giudizio di Dio sul mondo, è divenuto sorgente di vita, di
perdono, di misericordia, segno di riconciliazione e di pace. "Per
essere guariti dal peccato, guardiamo il Cristo crocifisso!",
diceva sant'Agostino. Sollevando gli occhi verso il Crocifisso,
adoriamo Colui che è venuto per prendere su di sé il peccato del
mondo e donarci la Vita eterna. E la Chiesa ci invita ad elevare con
fierezza questa Croce gloriosa affinché il mondo possa vedere fin
dove è arrivato l'amore del Crocifisso per gli uomini... È su
questo legno che GESÙ ci rivela la sua sovrana maestà, ci rivela
che Egli è esaltato nella gloria. Sì, "Venite, adoriamolo!".»
Dopo
i suoi studi di filosofia e di teologia, Lorenzo Salvi viene inviato
a Roma, al convento dei Santi Giovanni e Paolo, per prepararsi al
sacerdozio, che riceve il 29 dicembre 1805. Nel luglio del 1809, papa
Pio VII, che non ha voluto accettare il divorzio di Napoleone, viene
catturato dalle truppe del generale francese Radet. L'anno seguente,
un decreto che sopprime gli ordini religiosi, accompagnato da un
obbligo per i preti di prestare un giuramento scismatico di fedeltà
all'imperatore, costringe padre Salvi a svolgere clandestinamente il
suo ministero pastorale a Roma. Nel 1811, venendo a sapere che si è
ricostituita segretamente una comunità di Passionisti in un ex
convento di Agostiniani a Pieve Torna, una cittadina dell'Italia
centrale, vi si reca senza indugio e prova una grande gioia nel
riprendere la vita comune con i suoi confratelli religiosi. Facendosi
tutto a tutti, padre Lorenzo arriva persino, su richiesta degli
abitanti del paese, a diventare maestro nella scuola elementare del
borgo, con grande successo tra i bambini. Nel 1812, un'apparizione
del Bambino GESÙ lo guarisce da una grave malattia e gli dà una
conoscenza profonda e intima dei misteri dell'infanzia del Salvatore.
La sua vita e il suo apostolato ne sono profondamente cambiati; farà
persino il voto di diffondere la devozione al Bambino GESÙ.
Dio
fatto bambino
In
questi giorni natalizi, diceva papa Francesco nell'udienza del 30
dicembre 2015, ci viene posto dinanzi il Bambino Gesù. Sono sicuro
che nelle nostre case ancora tante famiglie hanno fatto il presepe...
La devozione a Gesù Bambino è molto diffusa.... Penso, in
particolare a santa Teresa di Lisieux, che come monaca carmelitana ha
portato il nome di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Lei...
ha saputo vivere e testimoniare quell'"infanzia spirituale"
che si assimila proprio meditando, alla scuola della Vergine MARIA,
l'umiltà di Dio che per noi si è fatto piccolo... Dio è stato un
bambino, e questo deve avere un suo significato peculiare per la
nostra fede... Sappiamo poco di Gesù Bambino, ma possiamo imparare
molto da Lui se guardiamo alla vita dei bambini... Scopriamo,
anzitutto, che i bambini vogliono la nostra attenzione. Loro devono
stare al centro perché... hanno bisogno di sentirsi protetti. È
necessario anche per noi porre al centro della nostra vita Gesù e
sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la
responsabilità di proteggerlo. Vuole stare tra le nostre braccia,
desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro...
È venuto tra di noi per mostrarci il volto del Padre ricco di amore
e di misericordia... Stringiamo, dunque, tra le nostre braccia il
Bambino Gesù, mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e di
serenità.»
Nel
1814, crolla l'impero napoleonico; il Sovrano Pontefice ritorna a
Roma, i decreti contro i religiosi vengono annullati, le comunità
religiose si ricostituiscono. Lorenzo rientra allora nel convento dei
Santi Giovanni e Paolo. Ma, dei 243 membri che contava la
congregazione prima della bufera della rivoluzione, solo 151
riprendono la vita regolare. Da allora in poi, padre Salvi, pur
lasciando il primo posto nella sua vita a una preghiera nutrita e
profonda, si dedica a un'intensa attività di predicazione di ritiri
e missioni, alla corrispondenza, alla direzione delle anime, alla
redazione di opuscoli di devozione... Lungi dall'improvvisare le sue
prediche, le prepara con cura, come testimoniano i suoi numerosi
quaderni di appunti e di omelie.
L'opera
letteraria principale di Lorenzo Salvi s'intitola: "L'anima
innamorata di GESÙ Bambino". Egli vi scrive: «Ecco dunque dove
vorremmo condurre tutto il popolo cristiano, ecco il dolcissimo
invito che si fa a tutti i fedeli cattolici: essere innamorati di
GESÙ Bambino in maniera tale che, avendo continuamente davanti agli
occhi le istruzioni pratiche e le virtù di cui fin dal presepe egli
fece scuola, esse siano la scorta per ricondurre sul retto cammino le
anime traviate e la norma per i futuri progressi di quelle buone. Sia
le une che le altre saranno sicure che, seguendo le tracce di questo
celeste Pargoletto, non porranno il piede fuori del sentiero che
conduce alla vita eterna e faranno acquisto di quel pregevole
carattere di infanzia spirituale del quale GESÙ Redentore vuole che
siano dotati quelli che aspirano a entrare nel santo Paradiso: Se non
diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli (Mt. 18,
3). Né deve sembrare strano a nessuno l'invito ad applicarsi con
tutto il cuore a onorare assiduamente l'infanzia di GESÙ Cristo. Se
infatti è lodevolissimo lo zelo di tanti ferventi ecclesiastici e
religiosi nel promuovere nel popolo cristiano la continua memoria
della Passione e Morte di GESÙ, come non sarà anche raccomandabile
l'eccitare in esso il ricordo assiduo della sua nascita nella grotta
di Betlem? È là che il Verbo divino incarnato aprì la prima
pubblica scuola di tutte le virtù. È là dove tutto ciò che
riguarda il Santo Bambino giacente sul fieno grida alle nostre
orecchie, secondo quanto scrive san Bernardo: "La lingua ancora
non parla ma tutto ciò che riguarda grida. Grida questa stalla,
grida la mangiatoia; gridano le lacrime, gridano i pannolini. Perfino
le sue piccole membra non lasciano di gridare, anzi neppure la stessa
infanzia tace."»
Un
religioso troppo attivo
Ma
non mancano le prove per Lorenzo. Nella sua comunità, non sempre si
capisce che sia così attivo, così spesso assente dal convento, e ci
si stupisce nel vedere un religioso votato alla contemplazione della
Passione concentrare tanto la sua predicazione sulla devozione al
Bambino GESÙ. «Non si conforma agli usi comuni della
congregazione!» affermano alcuni. Tuttavia, i risultati del suo
apostolato mostrano chiaramente che non si tratta di un attivismo
sfrenato, ma dell'opera stessa di Dio sotto la mozione dello Spirito
Santo. In molti villaggi e borghi del Lazio e della Toscana, il
ricordo dei suoi sermoni e dei suoi miracoli rimane vivo. Nel borgo
di Vignanello, le sue parole ottengono la fine di diversi scandali,
importanti restituzioni e la soluzione di vecchi conflitti di
famiglie tramite perdoni cristiani; inoltre, diciassette giovani
chiedono di essere ammessi presso i Passionisti. A Marina, a sud di
Roma, si deploravano odi ancestrali tra diverse famiglie,
accompagnati da risse e persino da omicidi; la predicazione di
Lorenzo porta alla riconciliazione pubblica di 200 persone, il che
produce un effetto di pacificazione sull'intera popolazione. In una
cittadina di 2000 abitanti, dopo una settimana di missione, tutti,
tranne tre persone, si accostano con devozione ai sacramenti. Nel
1829 e nel 1830, padre Salvi esercita il suo apostolato
principalmente a Roma. Vi predica una missione ai 209 detenuti di
Castel Sant'Angelo, che è allora una prigione; un altro ritiro è
dedicato ai cappellani, ai medici e agli infermieri dell'ospedale San
Giovanni presso il Laterano. Il suo zelo si spinge fino ad accettare
di preparare egli stesso i bambini di Roma alla prima Comunione.
L'ammirevole
zelo sacerdotale di Lorenzo Salvi illustra in anticipo le
raccomandazioni fatte da papa Benedetto XVI, il 10 maggio 2010: «Cari
sacerdoti, pascete il gregge di Dio che vi è affidato,
sorvegliandolo non per forza ma volentieri..., facendovi modelli del
gregge (lPt 5,23). Dunque, non abbiate paura di guidare a Cristo
ciascuno dei fratelli che Egli vi ha affidati, sicuri che ogni parola
ed ogni atteggiamento, se discendono dall'obbedienza alla volontà di
Dio, porteranno frutto; sappiate vivere apprezzando i pregi e
riconoscendo i limiti della cultura in cui siamo inseriti, con la
ferma certezza che l'annuncio del Vangelo è il maggiore servizio che
si può fare all'uomo. Non c'è, infatti, bene più grande, in questa
vita terrena, che condurre gli uomini a Dio, risvegliare la fede,
sollevare l'uomo dall'inerzia e dalla disperazione, dare la speranza
che Dio è vicino e guida la storia personale e del mondo: questo, in
definitiva, è il senso profondo ed ultimo del compito di governare
che il Signore ci ha affidato. Si tratta di formare Cristo nei
credenti, attraverso quel processo di santificazione che è
conversione dei criteri, della scala di valori, degli atteggiamenti,
per lasciare che Cristo viva in ogni fedele. San Paolo così riassume
la sua azione pastorale: figlioli miei, che io di nuovo partorisco
nel dolore finché Cristo non sia formato in voi (Gal 4,19) .»
Nel
convento dei Santi Giovanni e Paolo, dove risiede, Lorenzo stringe
amicizia con il beato Domenico Barberi, anch'egli Passionista, che si
dedicherà a un importante apostolato nel nord Europa. Avrebbe
desiderato accompagnarlo nelle sue missioni, ma l'obbedienza ai suoi
superiori lo tratterrà in Italia. Nel frattempo, entrambi instaurano
una stretta relazione di amicizia con i membri della comunità
inglese di Roma, in cui si trova Patrick Wiseman, futuro cardinale
della Chiesa Romana.
Non
è niente!
La
spiritualità di Lorenzo è caratterizzata da forza e mitezza. La sua
parola lascia un segno profondo nei suoi ascoltatori perché è
fondata su un'esperienza personale di Dio e della vita spirituale. Di
bassa statura, molto vivace, con talenti e gusti artistici
sviluppati, Lorenzo si fa presto notare per la sua grande umiltà, la
sua semplicità, la sua mitezza e la sua obbedienza ai superiori e
alla Regola, che si sforza di osservare anche durante i suoi viaggi.
La vigilia di Natale del 1840, mentre è superiore della casa dei
Santi Giovanni e Paolo a Roma, Lorenzo decide di fare un piccolo
presepio, con l'aiuto di due confratelli. L'opera è in corso quando
arriva, senza spiegazioni, l'ordine del superiore generale di
sospendere ogni decorazione. I fratelli sono tentati di mormorare, ma
Lorenzo dice loro, con la sua dolcezza abituale: «Facciamo così;
santa obbedienza, santa obbedienza!» La sua intensa vita spirituale
comprende anche fenomeni mistici. Sorpreso in stato di levitazione
nella chiesa del convento di Sant'Angelo, a Viterbo, risponde a
quelli che lo interrogano: «Non è niente. Non parlatene!» Talvolta
egli è favorito anche dal dono di leggere nelle coscienze e di
conoscere certi eventi futuri o a distanza. Diversi testimoni
assicurano di aver visto il Bambino GESÙ presente nella sua stanza.
Sempre più viene chiamato "il santo". Un giorno, a
Viterbo, si rivolge verso una signora e le dice: «Senti che cosa
gridano questi ragazzi? Io sono... uno scellerato, e questi fanciulli
invece gridano: "Ecco il santo!"»
Lorenzo
compie molti miracoli presentando l'immagine di GESÙ Bambino. Un
quaderno di archivi dei Passionisti sulle missioni tra il 1828 e il
1870 contiene la narrazione di cinque guarigioni miracolose ottenute
per la sua intercessione presso il Bambino GESÙ. Vi si legge in
particolare che una monaca, dopo un grave ictus, aveva perso l'uso di
una gamba; il nostro passionista la guarisce con il contatto di
un'immagine del Bambino GESÙ. Una donna di Viterbo soffre di una
forte malattia cardiaca che la rende invalida; sapendo che Laurent
deve passare in una casa vicina, vi si fa portare. Lì, una folla
considerevole attende il Padre. Quando questi arriva all'altezza di
questa donna, si ferma; le rivela di che male soffre e aggiunge: «Che
il Bambino GESÙ vi liberi da questa terribile malattia!», poi la
benedice. La donna è immediatamente e definitivamente guarita.
Un'altra volta, una madre gli presenta il suo bambino deforme, sordo,
muto e cieco. Il missionario lo accarezza a lungo e poi dice alla
madre di posarlo a terra assicurandole che non gli succederà nulla
di male. Il bambino scrive allora:
«Mamma,
mamma, vedo!» Nel 1855, ottiene la fine di un'epidemia di colera a
Viterbo, grazie a un triduo solenne in onore del Bambino GESÙ. Le
guarigioni spirituali operate da Lorenzo sono ancora più numerose,
come è testimoniato dalla sua immensa corrispondenza.
Tirare
la carretta
Gli
anni dal 1842 al 1845 sono l'occasione di un lavoro incessante: venti
ritiri e sette missioni popolari. Nel 1847, il suo apostolato esterno
è così intenso che trascorre solo ventisette giorni in comunità.
Negli ultimi anni della sua vita, Lorenzo è affetto da una malattia
nervosa che gli procura molte sofferenze. Medita sulla precarietà
della vita e purifica le sue intenzioni; confessa: «Nonostante la
stanchezza, continuo a tirare la carretta; tutto il merito ne va al
Bambino GESÙ che mi sostiene fortemente.» Nel febbraio del 1854, un
ictus lo mette a terra per alcune ore. Tuttavia, nel mese di maggio,
è in grado di partecipare al capitolo generale della sua
congregazione; lì, viene nuovamente nominato consigliere
provinciale. Nell'aprile del 1855, evita per poco un grave incidente,
che gli lascia tuttavia una ferita al braccio. Due mesi dopo, il 10
giugno, viene chiamato a Capranica, pochi chilometri a sud di
Viterbo, per benedire gli ammalati e amministrare i sacramenti ad
alcuni sofferenti. Uscendo dal suo convento, dichiara al confratello
portinaio: «Me ne vado, ma non tornerò; morirò a Capranica.» La
mattina del 12, celebra la Messa, scrive alcune lettere, visita degli
ammalati, poi si ritira nella sua camera. Verso sera, la padrona di
casa, allenata da strani rumori, entra nella sua stanza e lo trova in
piedi, in uno stato grave. Il medico diagnostica un ictus cerebrale;
Lorenzo riceve gli ultimi sacramenti. La sera, quasi senza agonia,
rende l'anima a Dio.
«Lorenzo
Salvi combatté la buona battaglia della fede, secondo lo spirito
della sua congregazione religiosa, lavorando intensamente nella
predicazione delle missioni al popolo, nei corsi di esercizi
spirituali, nel ministero delle confessioni. In quanti avvicinava
egli cercava di instillare l'amore del Cristo povero ed umile,
mediante la devozione all'infanzia di GESÙ e alla sua Passione,
momenti nei quali massimamente si rivelano l'umiltà e la dolcezza
del Salvatore. Convinto dell'infinita misericordia del Cuore di
Cristo, egli non si stancava di esortare le anime alla fiducia,
sull'esempio del bambino che in tutto s'affida alle braccia amorevoli
e forti del padre» (San Giovanni Paolo II, Omelia della
beatificazione).
Che
il Bambino GESÙ sia anche la gioia e l'amore dei nostri cuori!
Tratto
da: "Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150
Flavigny- Francia (Website : www.clairval.com)"
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