lunedì 7 luglio 2014

Il giogo di Cristo e il giogo degli infedeli - Meditazioni sul Vangelo di Eugenio Pramotton




2 Cor 6, 11 - 18
La traballante comunità di Corinto

San Paolo sta parlando alla traballante comunità di Corinto, ed esorta i Corinzi ad aprire il loro cuore ad imitazione del suo, che è tutto aperto nei loro confronti. Questa chiusura di cuore è in realtà una mancanza di confidenza nei confronti di Paolo che, al contrario, parla loro come un padre parla ai figli, e si aspetterebbe che a loro volta i figli gli rispondano con amore; ma questo stentava ad accadere.
Quanto si verificava fra Paolo e i Corinzi è un po' quello che accade fra Dio e noi. Anche Dio ci parla francamente, ci apre il suo cuore, ci parla come a figli e si aspetta da noi altrettanta apertura, altrettanta franchezza, altrettanta confidenza. Il fatto che il nostro cuore assomigli a quello dei Corinzi sta ad indicare che il nostro cuore è ammalato; i nomi delle sue malattie sono: chiusura, paura, mancanza di confidenza, incapacità di ascoltare, incapacità di amare e l'elenco potrebbe continuare. Dio ci ha parlato francamente mandando sulla terra il suo figlio Gesù e Gesù ci ha manifestato lo straordinario amore del Padre morendo per noi sulla Croce e andandosi a rinchiudere nel sacramento dell'Eucaristia. A queste imprese un po' folli noi stentiamo a rispondere come si conviene. Allora, quando si ha il cuore ammalato, se si vuole guarire, ci vuole da una parte l'opera di un buon medico e dall'altra la collaborazione dell'ammalato. Proprio a questa collaborazione San Paolo fa appello quando esorta i Corinzi a non lasciarsi legare al giogo estraneo degli infedeli.

Il giogo degli infedeli

Che cos'è questo giogo estraneo degli infedeli che legava e rendeva stretto e angusto il cuore dei Corinzi e lega e rende stretto e angusto anche il nostro cuore?... Nel corso della vita presente il nostro cuore è influenzato da due forze che si oppongono, queste due forze sono: da una parte una visione delle cose, un pensare, un agire secondo la mentalità del mondo o secondo la mentalità degli uomini; dall'altra parte una visione delle cose, un pensare, un agire secondo la mentalità di Dio. Il nostro cuore riacquista la salute nella misura in cui rompe i legami con la mentalità del mondo per aderire alla mentalità di Dio.
Cerchiamo di chiarire con alcuni esempi il funzionamento opposto di queste due mentalità. Una prima grande differenza è che la mentalità del mondo è caratterizzata da una prospettiva soltanto terrena. Di conseguenza sono veramente importanti solo i beni di questo mondo. Con la morte poi, tutto finisce, e dopo non c'è alcun giudizio sull'onestà o la disonestà delle proprie azioni; agire bene o male non è quindi una questione della massima importanza, ma dipende dalle convenienze o dagli umori del momento. Questa mentalità intacca purtroppo anche i credenti quando la loro fede diventa così debole da non regolare più le scelte della vita.
Ecco allora il richiamo di Paolo: Quale rapporto... ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? Questo richiamo tende a farci considerare come ben diverso sia il pensiero di Dio sulla vita dell'uomo. Dio apre all'uomo un passaggio verso una vita che non avrà mai fine, questa vita beata non è però concessa a tutti indistintamente, ma dipende dalla bontà del nostro comportamento. Al termine della vita presente Dio emetterà un giudizio sulla nostra condotta e ci concederà una felicità che, in parte, sarà il frutto dei nostri meriti e in parte andrà ben al di là dei nostri meriti.
Un'altra differenza importante fra queste due mentalità è che secondo la mentalità del mondo il riferimento ultimo, l'autorità suprema, è la libertà dell'uomo. Da questa esaltazione indebita della libertà deriva la perversione di voler determinare in maniera autonoma ciò che è bene e ciò che è male, ed allora sarà bene solo ciò che l'uomo riesce a vedere come bene o a praticare con le sue deboli forze. Ad esempio, se l'uomo si affida solo alle sue forze, avrà molta difficoltà a mantenersi puro nei pensieri, puro nelle parole, puro nei comportamenti, ed allora si farà delle leggi che riflettono la sua fragile struttura morale e dirà: che male c'è a vedere certi spettacoli, seguire certe mode, soddisfare certe voglie? In realtà, una volta che certe scene sono entrate nella nostra memoria, mettono in moto la fantasia... la fantasia lavora e sviluppa situazioni nelle quali ci raffiguriamo l'appagamento del nostro bisogno di felicità e già la pregustiamo un po', la tendenza sarà poi di passare dai pensieri ai fatti. Il male non sta nel cercare di soddisfare questo bisogno, il male sta nel dare ascolto a quelle voci che da ogni parte ci dicono: Non avere troppi scrupoli, non reprimere i tuoi desideri, non essere retrogrado, vedi quanto è piacevole e appagante godere della bellezza della donna, guarda il suo volto, guarda il suo corpo, non sono forse in grado di soddisfare la fame e la sete che tormentano il tuo cuore?
Dare ascolto a queste voci è come dare ascolto a Lucignolo quando invita Pinocchio ad andare con lui nel paese dei balocchi. I due arrivano sì nel paese dove non ci sono doveri, non ci sono impegni, tutti si divertono, ognuno fa quello che vuole…, ma dopo pochi mesi si ritrovano con le orecchie lunghe e quattro zampe, sorprendentemente trasformati in due perfetti somari. Partiti per trovare il massimo di libertà e di felicità, si ritrovano schiavi e destinati alla morte. Questo è anche il baratro a cui va incontro una società che, credendo e volendo che tutto sia lecito, si ritrova poi afflitta da innumerevoli mali che dipendono direttamente da questi errori. Vediamo così matrimoni che non reggono, famiglie divise, bambini che soffrono, infedeltà coniugali, violenze sulle donne, malattie senza via d'uscita.
Il rimedio a questo stato di cose è riconoscere che l'autorità suprema e il riferimento ultimo della vita dell'uomo è Dio, la sua legge, la sua volontà; per cui sarà bene ciò che si accorda con questa legge e male ciò che vi si oppone. Per aiutarci a comprendere il suo pensiero, la sua volontà e la sua legge, Dio ha voluto nella sua Chiesa dei pastori: i vescovi in comunione con il Papa.

Un insegnamento del catechismo

Un altro contrasto con la mentalità del mondo lo possiamo vedere in questo insegnamento del "Nuovo catechismo della Chiesa Cattolica". Il battesimo conferisce a colui che lo riceve la grazia della purificazione da tutti i peccati. Ma il battezzato deve continuare a lottare contro... i desideri disordinati, questa lotta tende fra l'altro, alla purezza dello sguardo esteriore ed interiore, che si ottiene mediante la disciplina dei sentimenti e dell'immaginazione; mediante il rifiuto di ogni compiacenza nei pensieri impuri, che inducono ad allontanarsi dalla via dei comandamenti: 'la vista provoca negli stolti il desiderio' (Sap 15,5)... La purezza esige il pudore... Il pudore preserva l'intimità della persona. Consiste nel rifiuto di svelare ciò che deve rimanere nascosto. È ordinato alla castità, di cui esprime la delicatezza. Regola gli sguardi e i gesti in conformità alla dignità delle persone e della loro unione... Il pudore è modestia. Ispira la scelta dell'abbigliamento... Diventa discrezione
Esiste non soltanto un pudore dei sentimenti, ma anche del corpo. Insorge per esempio, contro l'esposizione del corpo umano in funzione di una curiosità morbosa in certe pubblicità, o contro la sollecitazione di certi mass-media a spingersi troppo in là nella rivelazione di confidenze intime. Il pudore detta un modo di vivere che consente di resistere alle suggestioni della moda e alle pressioni delle ideologie dominanti... La purezza del cuore libera dal diffuso erotismo e tiene lontani dagli spettacoli che favoriscono la curiosità morbosa e l'illusione (2520 - 2525).
Evidentemente questi pensieri sono un po' diversi dalla mentalità corrente, sono infatti pensieri contro corrente. Allora, su questi temi, quale collaborazione ci può essere tra un fedele e un infedele?...

Cristo e Beliar

San Paolo ci propone poi un altro contrasto quando dice: Quale intesa tra Cristo e Beliar... quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Queste opposizioni tendono a renderci consapevoli della necessità di una scelta nella nostra vita, la scelta del nostro punto di appoggio e la scelta di ciò che vogliamo diventare.
Nonostante le sue aspirazioni alla libertà, nonostante i suoi desideri di grandezza e di potenza, l'uomo incontra sulla sua strada molti limiti e condizionamenti: miserie, malattie, pericoli, paure, insoddisfazione, senso di vuoto. Nasce di qui l'esigenza di appoggiarsi a qualcosa o qualcuno che abbia il potere di liberarlo da questi mali. In questa ricerca di liberazione e di pienezza, l'uomo corre il rischio di sbagliare la scelta del punto di appoggio, rischia cioè di appoggiarsi sugli idoli e sul capo di tutti gli idoli, Beliar.
I giovani, ad esempio, commettono questo errore quando si lasciano prendere in modo esagerato dalla passione per un cantante, per un personaggio sportivo, oppure per certe forme estreme di contestazione. Si dice appunto che quel cantante, quel personaggio sportivo, quella ideologia sono l'idolo di questo o quel giovane. L'idolatria consiste nello sperare di ricevere da queste realtà, mediante un'adesione affettiva totale, una pienezza e una liberazione che in realtà nessuno potrà concedere loro se non Dio solo. Il caso più grave è quando cedono al richiamo della droga, perché lì dove credevano di trovare la vita incontrano la morte.
Gli adulti non sono esenti da questo rischio, i loro idoli possono essere il partito, il capo di un partito, un duce, il sesso, il successo in campo politico, industriale o finanziario, la gloria in campo artistico o sportivo; anche in questo caso ci si appoggia o si chiede a delle realtà create ciò che una realtà creata non può dare.
Ci sono poi coloro che, pur di ottenere ciò che vogliono, giungono a stipulare patti più o meno espliciti con il demonio. E se in un primo tempo i loro desideri vengano esauditi, corrono però il rischio di rimanere per sempre schiavi di Satana, ossia la dannazione eterna.
Per questo Paolo ci ammonisce: Quale intesa tra Cristo e Beliar... quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Come se dicesse: "Chi sceglie Cristo come punto d'appoggio della sua vita, deve distogliere la sua attenzione dagli idoli, non può servire due padroni, deve decidersi a lasciare l'uno per amare l'altro, deve lasciare gli idoli per sperare tutto da Cristo".

Fatti per essere abitati

Poi prosegue: Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo... e io vi accoglierò, e sarò per voi come un padre, e voi mi sarete come figli e figlie.
Queste parole indicano che cosa l'uomo è chiamato a diventare. Dio ha pensato l'uomo come una casa in cui andare ad abitare, una casa in cui vuole diffondere il suo amore come un padre e una madre lo diffondono sui loro figli, ognuno di noi è chiamato all'intimità con Dio, intimità che sola risponderà pienamente a tutte le nostre attese. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me (Ap 3, 20). Questo è il desiderio di Dio, perché si possa realizzare bisogna che anche noi desideriamo la stessa intimità.
È tuttavia importante considerare, che il progetto e la forma della casa che ognuno di noi dovrà diventare sono ben chiari solo nella mente di Dio. Di conseguenza, la cosa più utile che possiamo fare è lasciare Dio libero di realizzare in noi il suo progetto. Quello che ci è dato sapere è che il fondamento, la pietra angolare di questa casa è Gesù stesso. In Lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in Lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito Santo (Ef 2, 21-22). Secondo queste parole, la vita presente la possiamo paragonare ad un immenso cantiere in cui il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono al lavoro per costruire tante splendide dimore, dimore in cui desiderano abitare.
Un altro aspetto del piano di Dio è che ogni singola dimora è chiamata a far parte, come pietra viva, di un edificio più grande la cui bellezza dipenderà dal contributo di ogni singola pietra. Questa è la Gerusalemme Celeste in cui la lode, l'amore e la gioia, saranno potenziati dalla perfetta comunione dei suoi membri. Come in una casa le singole pietre si sostengono a vicenda e concorrono a formarne la coesione, la solidità e la bellezza; così tutti, con perfetta unità di intenti, renderemo gloria alla sapienza, all'amore, alla misericordia, alla giustizia, alla maestà e alla bellezza di Dio. Come i Serafini visti dal profeta Isaia proclamavano l'un l'altro: Santo, Santo, Santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria (Is 6, 3), così anche noi ci uniremo al loro canto; e questo canto non sarebbe così bello se mancasse il contributo della più piccola delle dimore o della più piccola delle pietre della Santa Gerusalemme.
Questa è la gloria a cui siamo chiamati, questo il motivo per cui siamo stati creati: Perciò uscite di mezzo a loro e riparatevi, dice il Signore, non toccate nulla di impuro, e Io vi accoglierò. Come se dicesse: "Riparatevi dall'influenza di coloro che hanno idee e progetti soltanto terreni, uscite dalla loro compagnia, non aderite alla loro visione del mondo, sarebbe come rendere impuro il vostro pensiero ed il vostro amore; il vostro pensiero ed il vostro amore diventano puri quando si elevano a considerare ed amare la patria celeste nella quale desidero accogliervi. Io farò di voi delle pietre vive per il mio tempio, ma ho bisogno della vostra collaborazione, ho bisogno di vedere in voi il tentativo di orientare la vostra vita verso il cielo, il tentativo di accordare il vostro cuore secondo la mia legge, la legge dell'amore".
Se quando saremo in Cielo la nostra occupazione sarà quella di aiutarci l'un l'altro a magnificare la bellezza di Dio, questo significa che è anche l'occupazione nella quale dobbiamo impegnarci qui sulla terra. Se quando saremo in Cielo, oltre alla gioia di vedere Dio faccia a faccia, avremo gioia anche nel vedere il volto di Dio riflesso nel volto dei nostri fratelli, questo significa che già su questa terra dobbiamo impegnarci ad essere gli uni per gli altri un riflesso dell'amore di Dio, e questo succede tutte le volte che, con l'aiuto di Lui, riusciamo a compiere degli atti di carità autentica.
Che uno sia ricco o povero, che lavori la terra o in fabbrica, che sia giovane o anziano, che sia molto intelligente o faccia fatica a capire le cose, che sia nato ai nostri giorni o cinque secoli fa, non sono cose molto importanti. Quello che è veramente importante è quanta carità Dio è riuscito ad immettere nel nostro cuore, quanto riusciamo ad essere gli uni per gli altri un riflesso della bellezza e dell'amore di Dio, perché è in questo modo che realizziamo ciò per cui siamo stati creati.


Meditazione di Eugenio Pramotton - Tratto dal sito http://www.medvan.it


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1 commento:

  1. Ottima meditazione, complimenti a chi l'ha pubblicata.

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