domenica 31 agosto 2014

Beato Pietro Tarrès - 31 agosto - Tema: Medico - Verginità - Sacerdozio



«Mio caro amico, la tua santità è strettamente legata alla tua competenza professionale, scriveva un prete a un giovane studente di medicina. Così come è impossibile essere un buon sacerdote e al tempo stesso un cattivo cappellano, allo stesso modo, anche se per un altro motivo, non si può essere contemporaneamente un buon cristiano e un medico mediocre.» Questo studente, Pietro Tarrés , divenuto medico e poi sacerdote, è stato beatificato dal beato papa Giovanni Paolo II, il 5 settembre 2004.
Pere Tarrés è nato nel maggio 1905 nella città di Manresa, proprio nel cuore della Catalogna iberica (Spagna). Questa antica città è anche la patria spirituale di sant’Ignazio di Loyola. Il neonato riceve il Battesimo il 4 giugno, nella chiesa della Madonna del Carmine. Suo padre è fabbro-meccanico in uno stabilimento tessile. In seguito, dopo un periodo di disoccupazione, verrà assunto come autista-meccanico presso una ricca vedova della città. Nel 1908, una prima sorella, Francisca, segue Pietro, e, nel 1910, una seconda, Maria-Salut. Vedendo che tutte le carezze si rivolgono verso Francisca, Pietro viene preso da una terribile crisi di gelosia. Un giorno in cui la piccola è stata issata su un seggiolone, Pietro la spinge con forza, per farla cadere. Senza il pronto intervento del padre, la caduta della bambina avrebbe potuto avere gravi conseguenze. Ma la crisi non dura, e Pietro diventa un fratello che ama con passione. Riserva alle sue sorelle una varietà di soprannomi affettuosi dicendo loro: «Noi non faremo come quei fratelli che, quando crescono, non si amano più. Noi ci vorremo sempre bene e cercheremo di essere dei santi.» Quanto a lui, ama chiamarsi Guy, in onore di Guy de Fontgalland, un bambino parigino morto in odore di santità, di cui ha letto la vita. Un giorno, la sorella più giovane, la beniamina, si ammala gravemente. Tutto sembra perduto e l’abito per la sepoltura è pronto. Dietro suggerimento di una signora, Pietro si precipita alla fontana di Sant’Ignazio dove attinge un’acqua considerata miracolosa; quest’acqua viene data alla piccola morente che, con grande stupore di tutti, si ritrova completamente guarita.

Colpo di fulmine
Pietro inizia il suo percorso scolastico con i Fratelli delle Scuole Pie, ma, verso l’età di dieci anni, viene assunto come fattorino nella farmacia della città. Il farmacista non tarda a notare l’intelligenza di questo ragazzo, e gli ottiene una borsa di studio per frequentare la scuola secondaria. Un giorno, lasciandosi trascinare da alcuni compagni, Pietro soccombe alla tentazione di rubare delle albicocche. È sull’albero quando compare all’improvviso il contadino e gli grida: «Te, ti conosco, tu sei il figlio del fabbro. Lo dirò a tuo padre.» Questa minaccia è per il ragazzino come un colpo di fulmine, perché non ha mai dato dispiaceri ai suoi genitori. Il giorno dopo, la famiglia è invitata a un matrimonio dopo il quale Pietro è preso da una forte indigestione. Quando suo padre viene a trovarlo, il ragazzo capisce che è già a conoscenza della faccenda delle albicocche, ma il signor Tarrés lascia semplicemente che suo figlio si assuma le conseguenze della sua colpa.
Molto dotato per gli studi, il nostro scolaro si fa un punto d’onore di non deludere coloro che gli hanno permesso di studiare. Il suo segreto è il l’impegno tenace e il metodo. La sua devozione è anche molto intensa. Prega il Rosario con le sorelle e le sgrida con dolcezza quando sono distratte. A quattordici anni, riceve lo scapolare della Madonna del Carmelo. La Vergine Maria diventa la sua confidente: «Quando esco di casa, le dico dove vado, e quando rientro, le dico com’è andata.» È molto legato ai gesuiti della città, presso i quali serve come chierichetto. Gli viene il desiderio di diventare sacerdote; «questo qui finirà gesuita», assicurano del resto quelli che lo frequentano. Suo padre, che non vuole perderlo, si spaventa e gli chiede di cambiare consiglieri spirituali. Ma, a partire dall’età di 16 anni, Pietro inizia gli studi di medicina a Barcellona, perché gli è stato detto che l’esercizio della medicina è molto simile al sacerdozio. Cerca un nuovo direttore spirituale: «L’anima umana, pensa, assomiglia al corpo, ha bisogno di qualcuno che se ne prenda cura, qualcuno che sappia medicare con amore le sue ferite, che non sono altro che le passioni sfrenate, l’egoismo e l’amor proprio.» Trova questo padre spirituale nella persona di padre Serra, oratoriano e futuro martire. Quest’ultimo gli scrive: «Sono felice al pensiero delle virtù che, con la grazia di Dio, tu sei destinato a praticare, nell’esercizio di una carriera la cui influenza sociale è così importante. Bisogna che tu sia molto disciplinato...» Pietro prende l’abitudine di comunicarsi tutti i giorni; ne riceve una amore della castità che è la sua forza e la sua gioia.
All’inizio del luglio 1925, Pietro si reca al capezzale di suo padre colpito dal tifo. Gli sussurra nell’orecchio delle giaculatorie e aggiunge: «Voi chiedete perdono a Gesù con tutto il cuore, non è vero, padre? Perdonate a coloro che vi hanno offeso, non è vero?» Questo amato padre si spegne serenamente. Cinque mesi dopo, Pierre apprende che sua madre è stata investita da un ciclista. Ritorna precipitosamente e Manresa e la trova immobilizzata da una frattura del collo del femore. Rimane presso di lei e la cura con una dedizione ammirevole. «Povero ragazzo, dirà lei, quanto l’ho fatto soffrire durante quelle terribili notti!»
Un impulso straordinario
Pietro si prodiga nelle Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli e anima l’Azione cattolica di Barcellona. Per la festa del Natale 1927, consacra per sempre la sua verginità al Signore: «La notte di Natale, dice, sentii un movimento molto forte, un impulso soprannaturale straordinario. Dio mi chiedeva il voto perpetuo di castità.» Si confida su questo con il suo direttore spirituale che gli conferma che questa è la volontà di Dio.
Nella sua enciclica Sacra virginitas (25 marzo 1954), papa Pio XII scriveva: «I santi Padri hanno considerato questo vincolo di castità perfetta come una specie di matrimonio spirituale fra l’anima e Cristo... “Per me la verginità è una consacrazione in Maria e in Cristo” (san Girolamo)... Un altro frutto soavissimo della verginità è che le persone vergini manifestano e rendono pubblica la perfetta verginità della stessa loro Madre la Chiesa, e la santità del suo vincolo strettissimo con Cristo.» (nn. 16, 64, 29).
Il 26 giugno 1928, dopo sei anni di brillanti successi, Pietro Tarrés consegue il suo dottorato in medicina con il massimo dei voti. Immediatamente, sale la santa montagna di Montserrat per ringraziare la Vergine. Poi apre uno studio medico a Barcellona. Sua madre e la sorella minore, Maria-Salut, lo seguono lì. Francisca, la maggiore delle due sorelle, è entrata come religiosa presso le Suore della Concezione; Maria-Salut la raggiungerà nel 1930. Pietro si fa una buona clientela; nonostante tutti i servizi gratuiti che offre ai poveri della città, si guadagna bene da vivere e acquista una bella automobile nella quale porta in giro sua madre per distrarla. «Li vedo prima di tutto come degli amici», dice il nostro medico parlando dei suoi pazienti. Gli accade di confidare ai suoi colleghi: «Per me, il medico di fronte al malato è come il sacerdote davanti all’altare. Il letto è l’altare; il malato, la vittima che soffre; il medico, il prete. Non avete mai avuto questa idea quando vi trovate davanti a un malato?» La sua presenza addolcisce i malati più difficili di carattere. Confesserà in seguito: «Vi assicuro che per tutto il tempo in cui ho esercitato la professione di medico, ho fatto tutto il mio possibile perché i malati potessero ricevere i sacramenti. La morte è il momento in cui la misericordia di Dio plana su un’anima, e il medico può aiutare a incanalarla. Sono stato testimone di casi veramente consolanti.» La sua delicatezza nei confronti dei pazienti non ha limiti. Un povero anziano soffre soprattutto di non poter uscire di casa. Il dottor Tarrés lo porta in giro nella sua automobile per svagarlo, come se si trattasse del suo proprio padre.
«Grazie alla fede possiamo riconoscere in quanti chiedono il nostro amore il volto del Signore risorto, ricorda papa Benedetto XVI. Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25, 40): queste parole del Signore sono un monito da non dimenticare ed un invito perenne a ridonare quell’amore con cui Egli si prende cura di noi» (Lettera Porta fidei, 11 ottobre 2011, 14).
Apostoli in giacca e pantaloni
Un giorno, Pietro si reca in un quartiere povero della città dove deve assicurare la sostituzione di un amico, quando viene circondato da un gruppo di uomini e di donne che gli rubano tutto quello che ha. Per nulla turbato, chiede: «Ditemi dove si trova il dispensario, perché sono il medico che sostituisce il dottor X.» Sconcertati, i suoi aggressori gli presentano le loro vive scuse e gli restituiscono ciò che gli hanno rubato. Allora, chiede loro se conoscono qualche casa in cui vi sia un malato. Lo conducono in una grotta dove giace una donna tubercolotica, circondata da tre bambini rachitici. Questo spettacolo miserabile condurrà in seguito Pietro a fondare il sanatorio di Nostra Signora della Mercede, per i malati di tubercolosi poveri. È anche pensando a questo dramma che egli diventa un fervente consigliere della “Federazione dei giovani cristiani di Catalogna”, movimento volto a promuovere la dottrina sociale della Chiesa tra la gioventù operaia abbandonata e lasciata in balia alle utopie comuniste e anarchiche. Il dottor Tarrés tiene anche delle lezioni presso la facoltà, come professore incaricato, e scrive vibranti articoli nel settimanale “Fiamma”, organo della “Federazione” di cui è diventato il vero leader. «Abbiamo bisogno di apostoli, dichiara; apostoli in giacca e pantaloni per evangelizzare le officine, le fabbriche, gli uffici... per seminare con amore il seme della nostra fede, la ragione della nostra vita, la verità della nostra dottrina.»
Nella Lettera Porta fidei, papa Benedetto XVI afferma, nella stessa direzione: «Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine» (n° 15).
Pietro stesso si sposta in automobile con alcuni giovani, per parlare di Gesù e del suo Vangelo nei diversi quartieri della città. La sua eloquenza è tale che a volte, dopo aver sentito i suoi discorsi, dei giovani strappano la loro tessera di membri delle organizzazioni anarchiche. Ma altre volte, con i suoi compagni, deve fuggire a piena velocità nella Opel nera, i cui finestrini non vengono sempre risparmiati. «Siamo forti perché siamo liberi, dice egli ancora, e siamo liberi perché siamo casti. La purezza della gioventù è il sale che impedisce ai popoli di corrompersi... è la garanzia della più solida pace familiare.»
Gesù ci dice: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8). I “puri di cuore” designano coloro che hanno accordato la propria intelligenza e la propria volontà alle esigenze della santità di Dio, attraverso la carità, la castità, e la fede. C’è un legame tra la purezza del cuore, del corpo e della fede. La purezza del cuore ci donerà di vedere Dio: fin d’ora ci consente di vedere ogni cosa secondo Dio. La purificazione del cuore esige la preghiera, la pratica della castità, la purezza dell’intenzione e dello sguardo (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2518, 2531, 2532).
Come la cera
Questo cammino di purificazione, iniziato con il Battesimo, si sostiene con la grazia santificante. «Nel Battesimo, spiegava papa Benedetto XVI ai giovani, il 24 settembre 2011 in Germania, il Signore accende, per così dire, una luce nella nostra vita, una luce che il catechismo chiama la grazia santificante. Chi conserva tale luce, chi vive nella grazia è santo... Cristo non esige azioni straordinarie, ma vuole che la sua luce splenda in voi. Non vi chiama perché siete buoni e perfetti, ma perché Egli è buono e vuole rendervi suoi amici. Sì, voi siete la luce del mondo, perché Gesù è la vostra luce... Una candela può dar luce soltanto se si lascia consumare dalla fiamma... Permettete che Cristo arda in voi, anche se questo può a volte significare sacrificio e rinuncia... Abbiate il coraggio di impegnare i vostri talenti e le vostre doti per il Regno di Dio e di donare voi stessi – come la cera della candela – affinché per vostro mezzo il Signore illumini il buio.»
A Barcellona, il prestigio del dottor Tarrés è immenso. Gli viene suggerito di presentarsi come candidato alle elezioni, ma egli rifiuta, ritenendo che quello non sia il suo posto. In Spagna scoppia la guerra civile e la situazione a Barcellona diventa insostenibile, perché la città è caduta nell’anarchia. Al riparo del suo prestigio medico Pietro Tarrés prosegue il suo apostolato. All’inizio del mese di agosto del 1936, due uomini armati si presentano nel suo studio: «Togliti il camice e seguici!» Al commissariato, viene consigliato a Pietro di costituirsi prigioniero volontario per salvare la propria vita. Egli rifiuta, ma, ben presto rilasciato, lascia la sua casa e si nasconde presso degli amici dove soffre di non potersi comunicare: «Mio Dio, se potessi fare la Comunione! scriverà nel suo diario. Se Tu mi facessi la grazia di portarmi un prete!» Trascorrono undici mesi in questo eremo di sette metri quadri. Finalmente, il 24 agosto 1937, venendo a sapere che la capitale della Catalogna ritrova un momento di calma relativa, Pietro torna a casa sua. Questi mesi di intensa preghiera hanno ravvivato in lui il desiderio di diventare sacerdote. Tuttavia, il 28 maggio 1938, viene arruolato nell’esercito repubblicano (la Spagna è allora in guerra civile) come tenente medico. Egli scrive nel suo diario, alla data del 13 giugno 1938: «Non voglio che nessun soldato possa dire che l’ho trattato in modo negligente.» In effetti, gli accade di passare una notte intera presso un ferito. Una volta, un soldato curato da lui, gli confessa: «Dottore, mi era stato dato l’ordine di ucciderLa, ma mi rendo conto che le Sue idee religiose sono di un grande valore.»
Una risposta netta
Tuttavia, il tracollo dell’esercito repubblicano è vicino. Il 27 gennaio 1939, dopo la dispersione delle truppe in rotta, Pietro Tarrés torna al suo studio medico. Entra nel seminario non appena esso riapre, e vi veste l’abito talare il 29 settembre. Passa allora attraverso una specie di notte spirituale, ma il suo confessore lo rassicura. Nonostante i suoi 34 anni, si sottomette alla disciplina. Ma poco dopo, un’anemia lo riduce a una totale incapacità intellettuale. Per fortuna, la salute gli ritorna e gli studi riprendono con successo. Durante una pausa di ricreazione, un seminarista chiede a Pietro: «Quando sarete prete, eserciterete anche la medicina?» La risposta arriva, netta: «No!» Egli spiega che si tratta di due vocazioni che richiedono un dono totale di sé e che, di conseguenza, ha rinunciato alla medicina.
Durante l’estate del 1941, muore sua madre. Il 30 maggio 1942, Pietro viene ordinato prete e, l’indomani, celebra la sua prima Messa nella basilica di Nostra Signora della Mercede. Tre giorni dopo, è nominato vicario in una piccola parrocchia, Sant Esteve de Sesrovires. « È una delle parrocchie più piccole della diocesi, scrive a sua sorella Francisca, ma, anche se vi fosse una sola anima, mi sentirei felice, tanto grande è il prezzo di un’anima!» Il primo penitente che il nuovo vicario trova al confessionale è il suo parroco, un buon prete la cui età, già avanzata, accentua i piccoli difetti naturali: suscettibilità, complesso di inferiorità, asprezza di carattere... A poco a poco, il nuovo vicario trasforma la parrocchia. Mentre insegna il catechismo ai bambini, li inizia al teatro; organizza circoli di studio, e persino una squadra di calcio, senza per questo trascurare il confessionale. La sua grande capacità di lavoro è sostenuta da una vera vita mistica.
Un giorno, viene chiamato per dare gli ultimi sacramenti a una donna che sta morendo di parto. Padre Tarrés le amministra l’Estrema Unzione; rapidamente, il suo colpo d’occhio professionale diagnostica il problema medico. Si può intervenire ma non c’è tempo da perdere, è una questione di minuti... Una forza irresistibile lo spinge ad agire e la mamma è salvata insieme al suo bambino. Gli accadrà ancora di salvare uno o due morenti, per mezzo di qualche consiglio discreto; tuttavia questi atti medici resteranno eccezionali.
Ben presto, il suo vescovo lo invia all’Università di Salamanca per seguire degli studi di teologia. Là, soffre il freddo e la fame al punto che dirà in seguito con umorismo: «Se mi capitasse di smarrirmi, vi è un posto in cui non vale la pena cercarmi, è a Salamanca.» Il 13 novembre 1944, consegue la laurea in teologia, e il vescovo lo chiama a Barcellona per affidargli delle responsabilità di cappellanie e di direzione di varie opere. Le sue giornate sono sovraccariche, ma mantiene una disponibilità gioiosa per tutti. Per sostituire temporaneamente un altro sacerdote, viene nominato consigliere dell’Azione cattolica femminile. «La donna, dice, possiede una tale potenza d’amore, una tale capacità di donarsi, che, messe al servizio della Chiesa, queste possono diventare un sostegno molto potente.»
Nella stessa direzione, papa Benedetto XVI osservava, il 10 maggio 2009, ad Amman, in Giordania: «La Chiesa, e la società nel suo insieme, sono arrivate a rendersi conto quanto urgentemente abbiamo bisogno di ciò che il mio predecessore papa Giovanni Paolo II chiamava il “carisma profetico” delle donne come portatrici di amore, maestre di misericordia e costruttrici di pace, comunicatrici di calore ed umanità ad un mondo che troppo spesso giudica il valore della persona con freddi criteri di sfruttamento e profitto.»
«Non vi vidi che luci...»
Il sanatorio, dedicato a Nostra Signora della Mercede, di cui padre Tarrés è stato l’artefice principale, viene inaugurato nel 1947. Quello stesso anno, egli deve prendere un po’ di riposo nei Pirenei, al santuario della Vergine di Nuria. Rientrato a Barcellona, si vede affidare la cappellania di un centro di accoglienza per donne malate, provenienti dalla prostituzione. Egli trascorre la sua ultima Settimana Santa a predicare un ritiro a queste donne. Condivide il loro pasto e fa acquistare per loro un gran quantità di dolci che porta loro con la gioia di un bambino. Visita anche la prigione di Barcellona dove il suo amore e la sua bontà convertono tre anarchici condannati a morte. Un quarto è così scosso dalle sue parole, che la vigilia della sua esecuzione compone in suo onore una poesia con queste parole: «I miei occhi penetrarono il suo petto... Non vi vidi che luci...»
«È nella preghiera, afferma padre Tarrés, che si fortifica la mia anima... Con essa, ho la forza sufficiente per camminare.» Tuttavia, nel mese di aprile del 1950, sfinito da un linfosarcoma (cancro), viene ricevuto nel “suo” sanatorio di Nostra Signora della Mercede: «Ho molto predicato sulla sofferenza, dice, ora bisogna che io la viva bene.» A volte sospira: «Quale prezzo devono avere le anime, perché si debba tanto soffrire per loro!» Ci tiene a recitare il breviario: «So che ne sono dispensato, confessa, ma l’Ufficio è così bello... Lo dirò finché potrò...» Celebra ancora la Messa, ma il 30 maggio deve interrompersi all’inizio dell’Offertorio per proseguire in un altro modo la sua offerta, sull’altare del suo letto. Una quantità innumerevole di fedeli si succedono al suo capezzale e vi ricevono una grazia di conforto che emana dalla sua persona. Dopo averlo visto e sentito, un ex professore di medicina esclama: «A questo cattolicesimo, sì, ci credo...» Il 7 agosto, arriva un telegramma del Vaticano: «Santo Padre benedice con affetto Tarrés.» Questi esclama: «Se i suoi ministri sono contenti di me, vuol dire che anche Dio è contento di me!» Il 31 agosto, verso le 11, entra in una dolce agonia, e, un po’ prima delle 18, entra nella vita eterna.
Che possiamo, a nostra volta, vivere ancorati nella speranza di quei cieli nuovi e di quella terra nuova, in cui regnerà la giustizia...
Dom Antoine Marie osb
"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia (Website : www.clairval.com)"

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