Un
autore francese scriveva, a proposito del popolo vietnamita: «Si
incute soggezione a questo popolo soltanto con la saggezza, il sapere
e la dignità morale; mai con la forza, nella quale esso vede una
forma di barbarie». Una simile disposizione ha favorito la
penetrazione della religione cattolica nel Viet Nam; dal secolo XVI
in poi, essa vi ha messo profonde radici, grazie ai numerosi martiri
missionari, quale san Teofane Vénard († 1861). All'inizio del
secolo XX, il Viet Nam è sotto dominazione francese, ma un certo
nazionalismo si sviluppa. Nel 1930, Hô Chi Minh creerà il Partito
Comunista vietnamita e, nel settembre del 1945, si avvierà, fra i
Viet Minh comunisti e la Francia, una guerra che porterà agli
accordi di Ginevra (luglio 1954), a seguito dei quali il paese sarà
diviso in due, cadendo il Nord sotto il regime comunista.
In
tale contesto, il 15 marzo 1928, in un villaggio del Nord (Tonchino),
nasce un bambino, Joachim Nguyên Tan Van, abbreviato in Van. Nasce
in una famiglia cristiana che comporta già un maschietto ed una
femminuccia, e in cui tutto spira la gioia, riflette la bellezza e
l'amore. Il padre è sarto; la madre è casalinga, ma lavora talvolta
nella risaia. Van dirà di sua madre: «Dio l'aveva dotata di un
cuore ardente, che sapeva unire la prudenza e la bontà... Pur
circondandomi di affetto, sapeva anche formarmi alla santità». Il
ragazzo beneficia di un uso precoce della ragione e di un'ottima
memoria, ma altresì di un carattere testardo, dominatore,
inflessibile e tuttavia ipersensibile. Non accetta di esser separato
dalla madre. Un giorno, la domestica prova a portarlo a giocare più
lontano. Poco dopo, lo deve riportare a casa: «Aveva su tutto il
viso la traccia delle mie unghie», precisa Van.
Una
goccia d'acqua nell'oceano
A
Van piace molto giocare. Pertanto, organizza «processioni» in onore
della Santa Vergine. Ha quasi quattro anni, quando nasce una
sorellina. Nel suo eccesso di affetto per lei, se l'accaparra
talmente, che diventa necessario esiliarlo presso la zia. La
separazione è molto difficile, ma, in capo a qualche giorno, egli
apprezza la compagnia dei cuginetti. A sei anni, torna dai genitori e
si prepara alla prima Comunione. Di quel giorno benedetto, scriverà
più tardi: «L'ora è suonata, l'attimo tanto desiderato è
giunto... Sporgo adagio la lingua per ricevere il Pane dell'Amore. Il
mio cuore è invaso da una gioia straordinaria... In un attimo, sono
diventato come una «goccia d'acqua» persa nell'immenso oceano. Ora,
c'è solo Gesù; ed io sono il piccolo nulla di Gesù». A partire da
quel giorno, Van riceve quotidianamente la Santissima Eucaristia.
Poco dopo, riceve il sacramento della Cresima. Si precisa nel suo
cuore una prospettiva di avvenire: «Desideravo vivamente farmi
sacerdote per andar a portare la Buona Novella ai non cristiani».
A
scuola, il Maestro si mostra eccessivamente severo con gli alunni,
somministrando loro sferzate ad ogni istante. Van ci perde la salute:
«Diventavo ogni giorno più magro e più pallido, scriverà... È
unicamente a causa del sistema educativo troppo duro che mi sono
trovato in un simile stato di spossatezza». La madre di Van lo
affida a don Giuseppe Nha, curato della parrocchia di Huu-Bang. Il
sacerdote dirige una «Casa di Dio», istituto in cui i giovani si
accostano più profondamente alla religione, pur continuando gli
studi ed aiutando il curato. I più capaci fra di essi potranno
essere ammessi al Seminario Minore. Le «Case di Dio» hanno prodotto
frutti indiscutibili, ma talvolta si sono insinuati in esse gravi
scandali. Per Van, tutto inizia bene; si appassiona per la sua nuova
vita, diventa molto brillante. Tuttavia, la sua condotta esemplare dà
ombra a certi catechisti intiepiditi. Uno di essi, Vinh, cerca invano
di abusare di lui, poi gli fa subire di nascosto una serie di sevizie
corporali. In capo a due settimane, la guardarobiera della canonica
nota tracce di sangue sulla biancheria di Van. Don Nha, informato, fa
curare il ragazzo e vieta ormai a Vinh di accoglierlo nella sua
stanza.
Ma,
poco dopo, i catechisti, invidiosi di Van, organizzano una specie di
tribunale per «giudicarlo». Dopo scene umilianti, gli si
rimproverano le sue Comunioni quotidiane. Tale rimprovero fa nascere
una crisi spirituale: «Ero turbato e soffrivo terribilmente nel
pensare che, senza esserne degno come i santi, avevo avuto la
temerarietà di comunicarmi tutti i giorni... Cominciai a non
comunicarmi più tutti i giorni... Vidi allora riapparire i difetti
della mia più tenera età». In questa dura prova, Van si rivolge a
Maria e recita la corona con perseveranza.
Finalmente,
Vinh lascia la «Casa di Dio» insieme a parecchi altri catechisti.
Torna la calma, ma l'ambiente della Casa non è cambiato molto:
alcol, giochi d'azzardo, volgarità, presenza di ragazze scostumate.
Van deve dedicare la maggior parte del suo tempo al lavoro manuale.
Giunto all'età di dodici anni, ha la licenza elementare, ma non gli
si permette di proseguire gli studi, e tutto il suo tempo viene
utilizzato a servire. Un giorno, fugge per tornare dai genitori; ma
questi lo rimandano a Huu-Bang. Due mesi più tardi, Van fugge di
nuovo e comincia una vita di mendicante. «Il mio mestiere, scriverà,
sarebbe ormai stato quello di tendere la mano ai passanti... Dopo una
settimana di una simile vita, ero irriconoscibile. Avevo le mani ed i
piedi smagriti, la pelle abbronzata dal sole e le guance incavate...
Non trovavo tuttavia nulla che fosse penoso nella mia vita di povero
vagabondo. Al contrario, provavo una gioia tranquilla nel soffrire
per Dio. Sapevo che, scappando, avevo evitato il peccato, avevo
evitato quel che affligge il Cuore di Dio».
Tornato
a casa, dopo un certo periodo di vagabondaggio, viene accolto come un
figlio degenere: «Molto scontenta, mia madre mi trattava come se non
fossi più suo figlio... la porta del mio cuore si chiuse
ermeticamente: non osavo più rivolgerle una parola affettuosa e
piangevo a lungo di notte». Lê, la sorella maggiore, rimane il suo
solo appoggio. Poco dopo, don Nha, in visita alla famiglia, non esita
ad accusare Van di furto. Una tentazione terribile assale allora il
ragazzo: «Cominciai a considerarmi come un essere abietto. Il
demonio faceva nascere in me questo pensiero: se gli uomini non
possono più sopportarmi, come potrebbe sopportarmi Dio? Morirò ben
presto e dovrò andare all'inferno». Per fortuna, Maria rimane la
sua speranza. Un giorno, apre il cuore ad un sacerdote che lo
conforta con queste parole: «Accetta di tutto cuore queste prove ed
offrile al Signore. Se Dio ti ha mandato la croce, è segno che ti ha
scelto».
Trasformata
in un istante
Natale
1940. «Il senso misterioso della sofferenza mi sfuggiva, scriverà
Van... Perchè Dio me l'aveva inviata?... La Messa di mezzanotte
comincia... Nel mio cuore c'è buio e freddo». Arriva il momento
della Comunione: «Stringo Gesù nel cuore. Sono colto da una gioia
immensa... Perchè le mie sofferenze mi sembrano tanto belle?
Impossibile dirlo... In un attimo, la mia anima fu trasformata. Non
avevo più paura della sofferenza... Dio mi affidava una missione:
quella di cambiare la sofferenza in letizia... Attingendo la forza
dall'Amore, la mia vita sarà ormai soltanto fonte di letizia».
Questa grazia non è un'illusione: Van non è più lo stesso. Anche
il suo ambiente cambia: la zia Khanh se lo prende in casa per
parecchi mesi. Gli tocca un compito umile: far pascolare il bue. Ma
intensifica la sua unione con Dio. Scriverà: «Quante anime, nella
loro relazione con Dio, hanno ancora paura di Lui, come di un essere
molto elevato e molto lontano? Non avvertendo quel che è l'Amore, la
gente non osa mai permettersi il minimo pensiero di intimità con
Dio».
Van
intoppa tuttavia ancora nei suoi difetti. A seguito di
un'umiliazione, si ostina a mangiare pochissimo e la zia deve
ricondurlo dai genitori. Poco dopo, don Nha viene a ristabilire la
verità sulla questione del furto, a scagionare Van e chiede di
riprenderlo a Huu-Bang. Dopo aver pregato, Van accetta. Ma a Huu-Bang
il disordine e lo scandalo regnano sempre. «Perchè Dio mi ha spinto
a tornare?» si chiede Van. Ispirato dalla Santa Vergine, fa voto di
verginità. Poi, capisce che la sua missione è quella di opporsi ai
cattivi esempi e di amare i compagni, cosa che si applica a
realizzare con un gruppo di ragazzi più giovani.
Non
ci riuscirò mai
Grazie
ad un amico, Van è ammesso al Seminario Minore di Lang-Son, nel
1942. Sei mesi dopo, per mancanza di risorse, l'istituto deve
chiudere, ma Van potrà continuare gli studi presso la canonica della
parrocchia Santa Teresa di Gesù Bambino a Quang-Uyên, sotto la
guida di due Padri domenicani. Vuol diventare santo, ma non sa come
fare: «Nonostante il mio grande desiderio di giungere alla santità,
avevo la certezza che non ci sarei mai riuscito, poichè, per esser
santi, bisogna digiunare, frustarsi, portare una pietra al collo,
catenelle irte di punte, una camicia di crine ispido, soffrire il
freddo, la scabbia, ecc. Dio mio, se è così, rinuncio... Tutto
questo è superiore alle mie forze».
Van
dispone su un tavolo parecchie vite di santi. Poi, con gli occhi
chiusi, ne tocca una, a caso: «Aprii gli occhi, la mia mano aveva
toccato un libro che non avevo ancora mai letto: Storia di un'anima
di santa Teresa di Gesù Bambino... Non appena ebbi letto qualche
pagina, due torrenti di lacrime mi scorsero sulle gote... Quel che mi
sconvolse, fu il ragionamento della piccola Teresa: «Se Dio si
chinasse solo sui fiori più belli, simbolo dei santi dottori, il suo
amore non sarebbe abbastanza assoluto, perchè il proprio dell'Amore
è abbassarsi fino all'estremo limite... Come il sole rischiara nello
stesso tempo i cedri ed ogni piccolo fiore, come se fosse solo sulla
terra, così anche Nostro Signore si occupa di ogni anima, come se
essa non avesse alcun simile»... Compresi allora che Dio è Amore...
Posso santificarmi per mezzo di tutte le mie piccole azioni... Un
sorriso, una parola o uno sguardo, purchè tutto sia fatto per
amore». Una mattina, Van si reca ai piedi della vicina collina.
Improvvisamente, nel silenzio, sussulta: una voce lo chiama. «Van,
Van, caro fratellino!» Non c'è nessuno accanto a lui! La voce
riprende: «Van, caro fratellino!» Caccia un grido di gioia: «Oh! è
mia sorella, Teresa – Sì, sono veramente tua sorella, Teresa...
Sarai ormai personalmente il mio fratellino... A partire da oggi, le
nostre due anime non saranno che una sola anima, nel solo amore di
Dio... Dio vuole che le lezioni d'amore che mi ha insegnato un tempo
nel profondo del cuore, si perpetuino in questo mondo. Per questo, si
è degnato di sceglierti come piccolo segretario per realizzare la
sua opera».
Raccontagli
i tuoi giochi alle bilie
Santa
Teresa di Gesù Bambino insegna: «Dio Padre veglia sui minimi
particolari delle nostre vite... Dio è Padre e questo Padre è
Amore. È di una bontà e di una benevolenza infinite... Ma dal
giorno in cui i nostri primi genitori hanno peccato, il timore ha
invaso il cuore dell'uomo e gli ha tolto il pensiero di un Dio Padre,
infinitamente buono... Allora, Dio ha inviato suo Figlio... Gesù è
venuto a dire ai suoi fratelli, gli uomini, che l'amore del Padre è
una fonte inesauribile... Esser figli di Dio è per noi un'immensa
letizia. Siamone fieri e non cediamo mai ad un timore eccessivo...
Non aver mai paura di Dio... Non temere di mostrarti familiare con il
Buon Dio come con un amico. RaccontaGli tutto quello che vuoi: i tuoi
giochi alle bilie, la scalata di una montagna, i dispetti dei
compagni, le tue rabbie, le lacrime o i piccoli piaceri di un
istante... – Ma, sorellina, Dio conosce già tutto questo... – È
vero, fratellino... Tuttavia, per dare l'amore e ricevere l'amore,
Egli deve abbassarsi e lo fa come se dimenticasse che sa già tutto,
nella speranza di sentire una parola intima scaturirti dal cuore».
Da
moltissimo tempo, Van desidera farsi sacerdote: «Per questo,
scriverà, ho sacrificato tutto, imponendomi numerosi sforzi tanto
spirituali quanto corporali». Ma, un giorno, Teresa gli dice: «Van,
fratellino mio, ho da dirti una cosa importante... Ma essa ti renderà
molto triste... Dio mi ha fatto conoscere che non sarai sacerdote».
Il ragazzo comincia a singhiozzare: «Non potrò mai vivere senza
esser sacerdote... – Van, replica Teresa, se Dio vuole che il tuo
apostolato si eserciti in un'altra sfera, che ne pensi?... Quel che
rimane la cosa più perfetta, è il fatto di seguire la volontà del
nostro Padre Celeste... Sarai prima di tutto apostolo attraverso la
preghiera ed il sacrificio, come fui un tempo io stessa». Teresa
orienta allora lo sguardo di Van su un passaggio tanto importante
della Storia di un'anima: «Ho capito che solo l'Amore faceva agire i
membri della Chiesa... Ho capito che l'Amore comprendeva tutte le
vocazioni, che l'Amore era tutto, che abbracciava tutti i tempi e
tutti i luoghi... in breve, che è Eterno».
Van
rimane imbarazzato: «Teresa, sorella, in che consiste questa
vocazione nascosta, se non divengo sacerdote? – Entrerai in un
convento, dove ti consacrerai a Dio». Nel corso di una notte
dell'inverno 1942-1943, Van fa un sogno misterioso: «Scorsi qualcuno
che si avvicinava al mio capezzale... Il personaggio, tutto vestito
di nero, era abbastanza alto ed il suo viso spirava una grande
bontà... Mi fece questa domanda: «Figlio mio, vuoi?»
Spontaneamente, risposi: «sì»». Qualche giorno dopo, Van scopre
nell'istituto una statua che assomiglia stranamente al suo sogno: è
quella di sant'Alfonso de' Liguori, fondatore dei Redentoristi
(1696-1787). Santa Teresa gli conferma la sua vocazione di Religioso
redentorista, poi gli annuncia nuove prove: «Fratellino caro,
incontrerai spine sulla strada, ed il cielo ora sereno si coprirà di
nuvole scure... Verserai lacrime, perderai la gioia e sarai come un
uomo ridotto alla disperazione... Ma ricordati che così il mondo ha
trattato Gesù e un Redentorista assomiglia al suo Salvatore...
Tuttavia, non aver paura. Durante la tempesta, Gesù continuerà a
vivere nella barca della tua anima... Fratellino, non mi sentirai più
parlare così familiarmente con te come faccio ora. Non credere che
ti abbandoni; al contrario, rimango senza posa accanto a te come deve
fare una sorella maggiore... In questo mondo, è la sofferenza che è
la prova del tuo amore, è la sofferenza che dà al tuo amore tutto
il suo senso ed il suo valore».
Fino
in fondo alla strada
Poco
più tardi, nella canonica di Quang-Uyên, l'atmosfera si degrada a
causa delle restrizioni alimentari dovute alla guerra. Dopo
innumerevoli angherie, Van viene cacciato dalla comunità, all'inizio
del giugno 1943. Al limite della disperazione, esclama: «O Dio mio,
voglio morire e morire proprio qui, per non dover sopportare una
simile vergogna davanti alla mia famiglia!» Ma Teresa, che non si è
manifestata da molto tempo, lo incoraggia nuovamente: Van si rivolge
alla Santissima Vergine: «O Madre, mi abbandono interamente a te...
Ho soltanto ferite e lacrime da offrirti... Ma con te voglio andare
fino in fondo alla strada...». Di ritorno a casa, chiede di essere
accolto dai Redentoristi di Hanoi. Il 16 luglio 1944, si presenta al
convento, ma, vista la sua giovane età, gli si impone di aspettare
ancora tre anni. Prostrato, torna dai suoi. Tuttavia, sua madre lo
incoraggia a perseverare.
In
realtà, all'inizio di agosto, raccomandato da una persona amica, Van
viene accolto dai Redentoristi di Hanoi in qualità di domestico e,
il successivo 17 ottobre, è finalmente ammesso al postulato e riceve
il nome di Fra Marcello. Dopo le gioie iniziali, le croci non
mancano: soprattutto le canzonature dei confratelli. Fin dal
noviziato, su richiesta del suo consigliere spirituale, scrive la sua
autobiografia. Per due anni, Gesù, Maria e Teresa gli riservano il
favore di colloqui intimi. Ma, il 9 settembre 1946, giorno successivo
alla prima pronuncia dei voti, Gesù gli dice: «Figlio mio, la tua
missione, ora, è quella di sacrificare gli istanti di dolce intimità
con me, per permettermi di andare in cerca dei peccatori... Poi, caro
il mio Van, sappi che avrai da soffrire a causa dei superiori e dei
confratelli; ma queste prove saranno il segno che sei gradito al mio
Cuore. Ti chiedo l'elemosina di tutte queste sofferenze, per unirti a
me nell'opera di santificazione dei sacerdoti».
Fra
Marcello entra in una nuova «notte» della fede. Tutto il lato
sensibile sparisce e rimane soltanto la monotonia del sacrificio,
nella fede pura. Nel 1950, il giovane Monaco viene mandato a Saigon,
poi a Da Lat. Nel luglio del 1954, il Viet Nam del Nord è
abbandonato ai comunisti: numerosi sono i cattolici che fuggono verso
il Sud. Alcuni Redentoristi restano nell'istituto di Hanoi, per
curarsi dei cristiani rimasti. Fra Marcello comprende che Gesù gli
chiede di raggiungerli: «Ci vado, dice, perchè ci sia qualcuno che
ama il Buon Dio in mezzo ai comunisti». In capo ad alcune settimane,
scrive alla sorella Annamaria: «Molto spesso, sono oppresso dalla
tristezza, e non faccio che pensare: Ah! se non fossi venuto a
Hanoi... Ma c'era una tale insistenza nella voce di Gesù!»
Il
sabato 7 maggio 1955, andando al mercato, sente gente che critica il
governo del Sud. Fra Marcello interviene: «Io vengo dal Sud e il
governo non ha mai agito in tal modo!» Pochi minuti dopo, viene
arrestato e condotto nell'ufficio della Pubblica Sicurezza, poi
incarcerato. Cinque mesi dopo, viene trasferito nella prigione
centrale di Hanoi, dove ritrova numerosi cattolici e sacerdoti.
Scrive al suo Superiore: «Se volessi vivere, mi sarebbe facile:
basterebbe che accusassi lei. Ma stia tranquillo, non vi consentirò
mai». Poi, al confessore: «Nel corso degli ultimi mesi, ho dovuto
lottare con tutte le forze e sopportare tutti i supplizi del lavaggio
del cervello. Il nemico ha utilizzato molti stratagemmi per farmi
capitolare, ma non ho ammesso nessuna viltà». Alla sorella: «Nulla
mi può togliere l'arma dell'amore. Nessuna afflizione è capace di
cancellare il sorriso benevolo che lascio apparire sul volto
smagrito. E per chi la carezza del mio sorriso, se non per Gesù,
l'Amato Bene?... Sono vittima dell'Amore e l'Amore è tutta la mia
letizia, una letizia indistruttibile».
Povero
curato di una parrocchia
Un
anno dopo l'arresto, calmo e padrone di sè, compare davanti al
tribunale di Hanoi. Poichè rifiuta di confessare che ha fatto
propaganda per il Presidente del Viet Nam del Sud, è condannato a
quindici anni di reclusione in un campo di «rieducazione». Lo si
conduce al campo n° 1, dove ritrova cattolici «tutti molto saldi
nella fede». Scrive: «Sono occupatissimo, come il povero curato di
una parrocchia. All'infuori delle ore di lavoro obbligatorie, devo
accogliere continuamente gente che viene da me alla ricerca di
conforto... Dio stesso mi ha fatto sapere che compivo la sua volontà.
Spesso, gli ho chiesto il favore di morire in questo campo, ma ogni
volta mi ha risposto: sono pronto a seguire la tua volontà come tu
segui sempre la mia, ma vi sono anime che hanno ancora bisogno di
te...».
Nell'agosto
del 1957, Fra Marcello Van viene trasferito al campo n° 2. Dopo un
tentativo di evasione, per andare alla ricerca di ostie, viene
ripreso, picchiato e rinchiuso in una segreta malsana. Tutto diventa
più duro attorno a lui: non ha più visite, nè posta, e, all'inizio
del 1958, passa tre mesi in ceppi, solo, senza appoggi, nè luce,
tranne quella che gli brilla nel cuore. Consumato dalla tubercolosi e
dal beriberi, esala l'ultimo respiro il 10 luglio 1959, all'età di
31 anni.
Subito
dopo aver pronunciato i voti, Fra Marcello Van aveva sentito Gesù
dirgli: «Figlio mio, per amore per gli uomini, offri te stesso
insieme a me, affinchè siano salvati». Certo del valore della
sofferenza unita a quella di Cristo, ha scritto: «Gesù voleva
servirsi del mio corpo per patire la sofferenza, la vergogna e la
spossatezza, affinchè la fiamma dell'Amore che divora il suo Cuore
divino potesse diffondersi nel cuore di tutti gli uomini sulla
terra». Chiediamogli di insegnarci a trasformare la tristezza delle
nostre sofferenze in gioia di esser partecipi dell'amore redentore
del Salvatore.
Il
processo informativo in vista della beatificazione di Van è stato
aperto nel 1997.
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera
mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)".
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