CHE
COS'E'
"L'invidia
è la tristezza che si prova di fronte al successo di un altro"
(S. Basilio Magno).
Una
delle caratteristiche dell'invidia è la tristezza. L'invidia è un
male che non ha consolazione. L'invidia è molto diffusa nel mondo
intero. A cominciare dal "rigare" una macchina nuova per
dare una seccatura al suo proprietario, diffamare un altro perché
"ci fa ombra", fino a commettere dei crimini
"passionali"... tutto è invidia. Invidia che la
pubblicità, i films, la televisione e le riviste "sordide"
(intendo quelle "di classe") si impegnano a suscitare ed
alimentare.
I
paesi democratici del mondo intero hanno apostatato Cristo e hanno
fatto, posto al diavolo che ha seminato la zizzania dell'invidia e
instaurato il regno della menzogna. Ecco perché ci sono tanti
menzogneri, cioè "figli del diavolo", "la verità non
è in lui, e quando dice la menzogna, parla di una qualità che è
sua, perché e' bugiardo per natura e padre di quella" (
Giov.,8,44).
E
come dice il proverbio spagnolo: "Se l'invidia fosse tigna,
quanti tignosi ci sarebbero !"..."L'invidia
- dice Frate Luigi da Granada - è tristezza del bene altrui e
dispiacere della felicità degli altri; cioè: tristezza di fronte a
coloro che sono più grandi, perché l'invidioso vede che non li può
eguagliare; di fronte a coloro che sono più piccoli, perché sono
uguali a lui; dei suoi pari, perché rivaleggiano con lui".
I
SUOI EFFETTI
Sono
disastrosi. E' forse il vizio che tormenta maggiormente l'anima ed il
corpo. "Gli invidiosi portano nei loro pensieri e nei loro sensi
quasi dei carnefici che straziano con torture interiori e affondano i
loro artigli malvagi nell'intimo del loro cuore" (San Cipriano,
De capt. 4).
Gli
antichi hanno personificato l'invidia coi tratti di una donna livida
e cadaverica che, preoccupata, guarda ovunque intorno a sé, ha i
denti gialli e la lingua piena di veleno. Ella si nutre di fiele e
reca un serpente che le rode continuamente il seno. Non dorme e non
ride mai ed è sempre addolorata.
Nella
società, l'invidia suscita odi fra gli uni e gli altri, spinge alla
ricerca smodata delle ricchezze e degli onori, semina divisioni tra
le famiglie.
Nell'individuo,
l'invidia produce degli effetti disastrosi che Frate Luigi da Granada
enumera così: "L'invidia brucia il cuore, inaridisce la carne,
spossa l'intelletto, toglie la pace alla coscienza, rattrista i
giorni della vita ed esilia dall'anima ogni soddisfazione ed ogni
gioia"
L'INVIDIA
E' UN PECCATO
E'
uno dei sette peccati capitali e per natura - dice San Tommaso - è
un peccato mortale perché " si oppone direttamente alla carità,
che è il comandamento nuovo che ci ha dato Gesù Cristo: "Amatevi
gli uni gli altri come Io vi ho amato, così amatevi reciprocamente"
(Giovanni, 13,34).
Molto
spesso, è un peccato veniale a causa della piccolezza della materia
(quando riguarda cose insignificanti) o per avvertenza incompleta.
Il
peccato d'invidia è tanto più grave quanto maggiore è il bene che
invidiamo. Così l'invidia dei beni spirituali del prossimo, la
tristezza di fronte ai progressi nella virtù, o ai suoi trionfi
nell'apostolato, si trova ad essere un peccato contro lo Spirito
Santo che San Tommaso (2.2,9,36, 4 a 2) definisce molto grave "che
qualcuno soffra perché il prossimo cresce nella grazia di Dio è un
peccato molto grave". E' per questo che il grande teologo
spagnolo Melchior Cano (Dell'invidia) chiama, questa specie d'invidia
"diabolica" e si arrischia a dire che è forse il più
grave di tutti i peccati contro lo Spirito Santo: "Quest'invidia
si manifesta quando l'uomo soffre nel vedere nei suoi fratelli i doni
e le grazie divine, oppure perché egli ne è privo e non vorrebbe
vedere in un altro il bene che lui non ha in sé, oppure perché
pensa che, essendo gli altri dotati di virtù e di elevatezza...
perderà qualcosa della stima che, secondo lui, gli è dovuta; e
questo è uno dei peccati contro lo Spirito Santo, e per disgrazia il
più grave di tutti".
L'invidia
è figlia della superbia e, a sua volta, genera dei peccati peggiori
di lei, come gelosie, menzogne, critiche, calunnie, gli odi, i
crimini e assassinii.
S.
Agostino dice (Trattato in Joan.) "quando la superbia
s'impadronisce di un servo di Dio, subito accorre l'invidia.
L'orgoglioso non può fare a meno di essere invidioso. Perché
l'invidia è figlia dell'orgoglio e questa madre non conosce la
sterilità; appena nata essa già partorisce". Perciò Bossuet
(Med. sull'invidia) scriveva: "L'invidia è l'effetto oscuro e
segreto di un orgoglio suscettibile che si sente sminuito o eclissato
dal più piccolo bagliore altrui e che non può sopportare la luce
più debole. E' il veleno più pericoloso dell'amor proprio, che
comincia col consumare se stesso, lo vomita sugli altri e lo conduce
alle intenzioni più malvagie".
Il
primo peccato commesso nel mondo fu per invidia. Il diavolo infatti
fu invidioso della felicità dei nostri progenitori, e tentò Eva per
condurre alla rovina il genere umano. Per invidia Caino uccise Abele,
Esaù perseguitò Giacobbe; il re Achaz uccise Nabot; Giuseppe fu
venduto dai suoi fratelli; il Faraone fece gettare nel Nilo tutti i
bambini nati dagli Ebrei, e Saul cercò di uccidere Davide.
L'invidia
è un vizio tanto più brutto quando più l'invidioso si sforza di
nasconderlo agli altri. Talvolta molte frasi come "se dicessi
quello che so di tal persona", "se potessi parlare di ciò
che mi è stato detto di tal altra", "quella persona è
buona, ma voi non sapete quel che so io", ecc. sono
l'espressione di un'anima invidiosa e fanno più male della stessa
calunnia, perché stimolano l'immaginazione degli altri, facendo
congetturare cose più gravi di quanto non siano realmente.
L'invidioso vede dei difetti in tutto e in tutti, e li ingrandisce
enormemente.
A
volte e come lezione per gli altri, Dio ha punito gli invidiosi in
questa vita. Nella vita di Santa Isabella del Portogallo c'è un caso
che fa rabbrividire. Ella aveva due paggi, uno molto buono e pio e la
Regina lo teneva in gran stima. Questo suscitò l'invidia dell'altro
che lo calunniò davanti al Re Dionigi, sposo della Santa. La gelosia
s'impadronì del monarca che ordì un piano perfido. Si recò nel
bosco dove si trovava un forno per calce e disse ai suoi operai di
gettare nel fuoco il giovane che avrebbe mandato l'indomani mattina.
All'alba, il re chiamò il paggio pio e gli disse: va' nel bosco e
di' agli operai di fare ciò che ho ordinato loro". Il paggio
innocente partì e per strada, sentì una campana che suonava per la
Messa. Si diresse verso la chiesa, felice di assistere al Santo
Sacrificio e servì la Messa. Poi restò un momento a fare il
ringraziamento e riprese il cammino. Nel frattempo il re, spazientito
dal non ricevere notizie del primo paggio, mandò il secondo che,
giunto al forno, fu precipitato nel fuoco ove morì bruciato. Poco
dopo arrivò il buon paggio e domandando se avessero fatto ciò che
il re aveva ordinato loro, questi gli risposero che l'ordine era
stato eseguito. Dio punì in tal modo l'invidioso le cui calunnie
avevano avvelenato il cuore del re contro la propria sposa. Quando
s'impossessa di un cuore, l'invidia giunge a far commettere delle
ingiustizie e non ha pace finché non diffami la persona invidiata.
Frate Luigi da Leòn fu accusato ingiustamente di fronte
all'Inquisizione, per invidia, e fu imprigionato per quattro anni.
Uscendo di prigione, lasciò scritti sui muri questi versi che sono
diventati immortali: "Qui l'invidia e la menzogna m'han tenuto
prigioniero; felice l'umile stato del saggio che si ritira da questo
mondo cattivo, e con una povera casa, povera tavola, nella campagna
deliziosa sol su Dio prende misura, e passa la sua vita in solitudine
né invidiato, né invidioso". L'invidia conduce addirittura a
risvegliare i più bassi istinti di vendetta e di crudeltà, come nel
caso della sposa del re Leovigildo, chiamata Gosvinta, entrambi
ariani; ella vedeva che sua nuora Ingonda, sposa di S. Ermenegildo, a
corte era la prima persona, per la sua giovinezza e la sua bellezza.
Oltre ad essere affascinante, Ingonda era una cattolica fervente.
L'invidia s'impossessò di Gosvinta che volle costringerla a
ribattezzarsi, per farla diventare ariana - cosa che Ingonda rifiutò
energicamente. Gosvinta si precipitò su di lei, l'afferrò per i
capelli, la gettò a terra, colpendola crudelmente fino a farla
sanguinare. Poi ordinò che fosse gettata svestita in una piscina
ariana. Ma Ingonda restò inamovibile, come una roccia, nel suo
credo... Anche S. Ermengildo, suo sposo, morì martire per la stessa
Fede cattolica, a causa di suo padre Leovigildo, istigato da sua
moglie e dagli ariani. Ma il suo sangue produsse dei frutti, suo
padre si convertì in punto di morte. Poi Recaredo, fratello del
martire, abiurò l'arianesimo e abbracciò la Fede cattolica e tutta
la Spagna con lui.
Infine,
l'invidia ha causato il più grande peccato che sia esistito ed
esisterà al mondo: il Deicidio. Perché i Giudei uccisero Cristo per
invidia, poiché vedevano che tutto il popolo lo seguiva: "i
grandi sacerdoti ed i farisei convocarono il Sinedrio e dissero: Che
faremo? Poiché quest'Uomo compie molti miracoli. Se lo lasciamo
fare, tutti crederanno in lui ed i Romani verranno e manderanno in
rovina la nostra città e la nostra nazione" (Giovanni,
11,47-48). Per strappare a Pilato la condanna a morte, lo accusarono:
"sobillava il popolo, proibiva di pagare il tributo a Cesare, e
diceva di essere il Messia, il Re" (Luca, 23,2). Pilato si rese
conto dell'innocenza di Cristo, che erano tutte calunnie e menzogne
"perché sapeva che i grandi sacerdoti glielo avevano consegnato
per invidia" (Marco,15,10), ma davanti alle pressioni e alle
minacce dei Giudei, fu debole e condannò ingiustamente Cristo.
Quindi, fu l'invidia che spinse questi cuori malvagi a commettere il
crimine più grande della storia.
I
SUOI RIMEDI
l.
Venerare la sovranità di Dio, che distribuisce liberamente i suoi
beni a chi vuole e come vuole.
2.
La carità fraterna, che san Paolo sintetizza in una frase: "Gioire
con coloro che sono nella gioia e piangere con coloro che piangono"
(Romani, 12.15). L'invidioso fa il contrario "Gioisce quando gli
altri piangono e piange quando gli altri gioiscono".
3.
L'umiltà, come ci insegnano i santi, perché essa attira la grazia
di Dio su di loro e converte gli invidiosi. In una certa occasione,
un sacerdote invidioso ebbe l'audacia di dire al santo Curato d'Ars:
"Quando si sono fatti degli studi così scarsi come i vostri, si
dovrebbe tremare sedendosi nel confessionale". A ciò il Curato
d'Ars rispose con semplicità: "E' proprio vero!". In
un'altra occasione un gruppo di sacerdoti scrisse al vescovo riguardo
al pericolo che presentivano vedendo le persone andare a consultare
"un ignorante come il Curato d'Ars". Uno di essi osò
mostrare la lettera al Santo, con le firme, dicendogli: "Ve la
lascio affinché possiate leggerla, poi verrò a riprenderla".
Quando tornò, fu stupito di vedere che il santo Curato d'Ars aveva
apposto anche la sua firma. Per mezzo dell'umiltà di san Giovanni
Maria Vianney, Dio aveva mostrato loro la strada per sconfiggere la
loro invidia. Che la Santa Vergine ci liberi dall'essere invidiosi!
Con la mia benedizione sacerdotale. Rev. P. de
L Munoz
Dal
sito http://www.preghiereagesuemaria.it/
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