ALL'INSEGNA DELL'AMORE
Maria
Domenica nasce a Lucca
il 17 gennaio 1789. Il padre, Pietro Brun, di origine elvetica, dal
cantone di Lucerna, è a servizio nelle guardie svizzere di stanza a
Lucca; la madre, Giovanna Granucci, è nativa di Pariana, un
piccolo centro della provincia lucchese.
La
famiglia Brun vive modestamente: le paghe delle guardie svizzere non
sono certamente alte; hanno però il privilegio di abitare un
quartierino all'interno del palazzo ducale.
Di
Pietro Brun non si conosce molto; qualcosa di più si sa della madre,
Giovanna: una donna saggia, piena di iniziative, capace di condurre
avanti la famiglia anche dopo la prematura morte del marito.
Gli
anni dell'adolescenza
Maria
Domenica è una ragazza di carattere aperto e intelligente, che
trascorre felicemente la prima infanzia tra le cure della madre e la
rigida educazione paterna, di stampo militaresco. I biografi
ufficiali riferiscono della sua particolare devozione alle Beata
Vergine Maria. Anzi, parlano addirittura di un fatto straordinario
che sarebbe accaduto durante la celebrazione della Messa alla quale
assisteva Maria Domenica nella Chiesa dei Miracoli (davanti al
palazzo Ducale); al momento della consacrazione, Maria Domenica
avrebbe visto sangue uscire dal calice elevato dal celebrante. La
ragazzina, logicamente, venne sopraffatta dall'emozione; salda di
carattere com'era, però, non rivelò l'accaduto a nessuno, salvo che
al suo confessore. Ma da quel momento divenne ancora più docile e
virtuosa.
La
sua l'infanzia tutto sommato trascorre "normale". Come già
in parte anticipato, la sua adolescenza invece è segnata dal dolore:
la morte del padre e quella di tre fratellini a breve distanza l'uno
dall'altro.
La
morte del padre sembra toccarla in modo particolare, segnandone lo
sviluppo emotivo-affettivo. Di lui non vi è traccia nei suoi scritti
successivi, quasi volesse serbarne un ricordo "segreto" nel
cuore. A tre anni dalla morte del padre, poi, Maria Domenica ha
un'oscura e sconcertante crisi psicologica, dalla quale esce
presumibilmente grazie alla forte educazione ricevuta negli anni
dell'infanzia e con l'aiuto della paziente guida materna. Maria
Domenica supera, così, il dramma dei lutti ed entra nella giovinezza
carica di sogni e di speranze, tutta impegnata nello studio delle
discipline umanistiche e religiose, proprie del ceto medio borghese
della sua epoca e della sua città.
Fino
all'incirca a quindici anni, Maria Domenica sembra voler abbracciare
una vita austera, dedita allo studio, aliena dai piccoli piaceri
della giovinezza. Poi il suo stile di vita cambia. È diventata una
ragazza molto graziosa e i corteggiatori sono molti.
Giovane
sposa
A
diciott'anni, Maria Domenica è chiesta in moglie da Salvatore
Barbantini, un bravo giovane lucchese, benestante ma non ricco.
Salvatore, infatti, aveva ereditato dal padre un negozio di tessuti.
Giovanna, la madre di Maria Domenica, che conosce la non brillante
situazione finanziaria dei Barbantini, non è contenta di questo
matrimonio; per la figlia vorrebbe una posizione più sicura. I due
giovani si amano teneramente: il "tira e molla" tra Maria
Domenica e la mamma dura ben quattro anni, ma alla fine la giovane
vince la sua battaglia: il 22 aprile 1811, nella cattedrale di S.
Martino in Lucca, Maria Domenica sposa Salvatore.
I
disegni di Dio sulla giovane donna sono però differenti da quello
che potrebbe apparire il felice esito di una romantica storia.
Dopo appena cinque mesi dalle nozze, «lo sposo adorato» muore
improvvisamente lasciando tragicamente sola Maria Domenica già in
attesa di un figlio.
Di
fronte alla dolorosa prova, la vedova, appena ventiduenne, piange, ma
non si lascia prendere dalla disperazione: il suo forte carattere e
la fede profonda nella misericordia divina la sostengono. La notte
stessa della immane tragedia s'inginocchia davanti al Crocifisso e,
abbracciandolo, dichiara di accettare la volontà del Padre con
questa parole: «Oh mio Dio... Dio del mio cuore... mi avete percossa
a sangue... voi solo, Crocifisso mio bene, sarete da qui
innanzi il dolcissimo sposo dell'anima mia... il mio unico e solo
amore, la mia eterna porzione». Una consacrazione piena, totale ed
irrevocabile che nasce sulle ceneri di un lutto precoce e di un
dolore immenso e crudele, illuminato però da una fede viva, da una
speranza senza confini, da un immenso amore per il Signore.
Inizio
di una vita "eroica"
Dopo
la morte di Salvatore, Maria Domenica veste sempre un semplice
vestito nero che simboleggia, in certo senso, l'austerità della sua
vita interiore. È ancora molto giovane e potrebbe risposarsi, ma
rifiuta ogni proposta perché vuole dedicarsi unicamente al figlio
che sta per nascere ed alle opere di misericordia che via via il
Signore le indicherà.
Il
14 febbraio 1812 nasce Lorenzo Pietro, Lorenzino come affettuosamente
lo chiama la madre. Da quel momento, Maria Domenica vive solo per il
figlio. Le sue condizioni economiche sono tutt'altro che brillanti:
Salvatore, alla sua morte, le aveva lasciato scarsi beni. Come la
stessa Maria Domenica scriverà nella sua autobiografia, farà tutti
i possibili sacrifici per rendere più sicura la vita del figlio.
Lorenzino
intanto da gioia alla madre: Maria Domenica afferma, nella citata
autobiografia, che il piccolo sembrava essere stato dotato dal
Signore di molte mirabili qualità nel corpo e nell'anima, quasi a
compensarla in parte della tragica morte del marito. A mano a mano
che il piccolo cresce dimostra un acuto senso di discernimento, una
straordinaria passione per gli studi... Già all'età di quattro
anni, aiutato da un'eccezionale memoria, Lorenzino sa rispondere
correttamente alle domande che gli vengono poste sulle Sacre
Scritture. A sette anni scrive correttamente in latino e conosce un
po' di francese...
Un
altro "amore" è nato, intanto, nel cuore di Maria
Domenica: quello per le donne malate e povere, senza alcun tipo di
assistenza. Benché le cure per il figlio occupino l'intera sua
giornata, Maria Domenica, ugualmente riesce ad occuparsi di quelle
poverette dedicando loro, eroicamente, alcune ore della notte
assistendole nelle loro case.
Ma
un'altra prova attende la giovane vedova: Lorenzino, il figlio
amatissimo che era tutta la sua consolazione, muore quasi
improvvisamente, colpito da grave malattia, all'età di soli otto
anni.
La
povera madre è sconvolta: «Non so come non perdessi il senno»,
scrive lei stessa e, mentre il suo cuore straziato piange lacrime di
sangue, ancora una volta ella trasforma in offerta quel dramma
indicibile: «Guardavo il cielo - afferma - e oppressa dal dolore,
replicavo l'offerta di quell'unico amato figlio e
dell'eccessivo mio dolore».
La
donazione ai malati
Due
storie d'amore spezzate tragicamente e prematuramente. Ci si potrebbe
attendere una reazione disperata, di ribellione verso la crudeltà
del destino, perfino verso Dio... Maria Domenica non cade in
questa terribile tentazione e incanala il fiume d'amore che sta
dentro il suo animo verso Dio "incarnato" nei poveri che
incontra. D'ora in poi, il suo cuore brucerà d'amore, di tenerezza e
di cure per i malati poveri e soli, per gli abbandonati, per i
morenti.
Di
giorno e di notte, sotto il sole cocente o la pioggia dirompente,
percorre, con la lanterna accesa, le vie strette e buie della città
di Lucca per raggiungere al capezzale le inferme più gravi e sole.
Una notte, assalita da un uragano, le si spegne il lumicino;
brancolando a lungo nel buio, arriva finalmente al domicilio
desiderato e, con gli abiti intrisi d'acqua, compie assistenza per
tutta la notte non curandosi affatto di sé ma di Gesù, presente
"nelle membra inferme" di quella persona malata.
Spesso,
dopo una intera notte di servizio, fa seguire anche il giorno senza
prendere cibo. Talvolta assalita da un sonno terribile, mentre presta
assistenza, arriva a mettersi del tabacco negli occhi; tate rimedio
le procura una sofferenza grave, ma efficace per tenerla sveglia e
non privare le inferme del suo aiuto e conforto.
Non
tutti accolgono con favore la sua opera misericordiosa: si racconta
che qualcuno abbia messo sapone sui gradini che Maria Domenica deve
salire per arrivare da una malata, in modo da farla scivolare e
cadere. Lei stessa annoterà che forse il demonio, irritato per le
perdite a lui causate dalla sua opera di assistenza non soltanto ai
corpi ma anche alle anime, cerca in qualsiasi maniera di ostacolarla.
Talvolta,
mentre si muove nel cuore della notte nelle buie e insicure strade
della periferia cittadina, è inseguita da ignoti male intenzionati;
donna forte e coraggiosa non si fa intimidire da nessuno; ha in cuore
una fiamma che niente e nessuno può spegnere.
E
non si prende cura solo di corpo e anima: spesso lascia - lei
povera - quel poco che può in denaro alle malate per alleviare
la loro miseria.
"Fioretti"
di Maria Domenica
Di
questo periodo della vita di Maria Domenica si raccontano alcuni
"fioretti". Un giorno mette sul corpo di una povera donna
incinta, che sembra sul punto di morire, un fiore preso dall'altare
sul quale era esposto il Santissimo Sacramento. La donna partorisce
due gemelli e si ristabilisce in salute.
Un'altra
donna malata non poteva nutrire il suo neonato. Maria Domenica prega
la Beata Vergine venerata presso l'altare di una chiesa a lei
familiare. Alla fine della preghiera, la Brun Barbantini corre dalla
donna, le dice di pregare la Madonna e di portare il bimbo al seno.
La donna obbedisce e, con sua grande sorpresa, può nutrire il suo
bambino.
Ad
un'altra malata, disperata di dover lasciare orfana la sua piccola
bambina, Maria Domenica dice di non aver paura: «Ti prometto che
quando Dio ti chiamerà mi prenderò cura di tua figlia e le farò da
madre»...
Maria
Domenica obbedisce al suo cuore. Dal momento del suo radicale
cambiamento esistenziale, Gesù e i malati diventano vita della sua
vita, con una dedizione senza sconti. È "il buon
Samaritano" che non si cura di sé ma soltanto di chi ha bisogno
di lui, vincendo ogni ripugnanza ed ogni rispetto umano.
È
il semplice "carisma" che un giorno trasmetterà alle
giovani donne che la seguiranno su questa strada di amore senza
misure. Dovranno superare ripugnanze, cercare Dio nelle case dei
poveri, spesso più maleodoranti di stalle, sui loro corpi devastati
da piaghe ed ulcerazioni. «È dove l'aria è contaminata dal puzzo,
dove ogni sorta di insetti è la sola compagnia dello sfortunato
sofferente, è lì, io dico, dove Dio spesso vuole essere trovato e
servito...».
LE
MINISTRE DEGLI INFERMI
A
mano a mano che il tempo passa, Maria Domenica si accorge di non
poter affrontare da sola il mondo dei malati, che le appare sempre
più vasto. Comincia così a pensare ad una nuova forma di assistenza
che abbracci il campo della carità. Come lei stessa scrive nel 1817,
esisteva già in Lucca una piccola congregazione di religiose che
aveva per scopo di assistere i malati non accettati negli ospedali e
le famiglie cadute in miseria che non avevano il coraggio di portare
all'ospedale i propri cari.
Le
sue capacità organizzative e la sua intelligenza pratica, le fanno
formare un gruppo di donne, ispirate evangelicamente, che si dedicano
alla cura dei malati poveri. Un piccolo gruppo per uno scopo enorme:
ma, in fondo, tutte le grandi opere di carità cominciano così! E
quel piccolo gruppo è anche la forte radice da cui un giorno
nasceranno le Ministre
degli Infermi.
È
il 1819: è nata la "Pia Unione delle Sorelle della Carità",
immediatamente posta sotto l'alto patronato di Nostra Signore dei
Dolori. L'arcivescovo Sardi approva ufficialmente la "Pia
Unione" per la quale un altro santo sacerdote, Monsignor Del
Prete, confessore e padre spirituale di Maria Domenica, scrive alcune
"regole".
La
vita della Brun Barbantini sta per avere una nuova svolta. Monsignor
Del Prete le affida due donne, molto devote, che vogliono «lasciare
il mondo» per vivere insieme, in comunità, «dedicandosi alla
preghiera e all'apostolato». Ovviamente avevano bisogno di una
dimora dove abitare abitare. Del Prete ne parla a Maria Domenica e le
chiede di «cooperare alla gloria di Dio» acquistando la casa dove
le due "postulanti" avrebbero potuto vivere.
È
anche questo l'inizio di una nuova opera: la fondazione delle Oblate
di S. Francesco di Sales.
Fondazione
del Monastero della Visitazione a Lucca
La
ricchezza delle doti umane e spirituali della giovane vedova
Barbantini, tra cui intelligenza, creatività, coraggio e
intraprendenza, non sfuggono sicuramente all'attenzione
dell'Arcivescovo e del clero della sua città. Dopo le due prime
"fondazioni", infatti, le affidano il compito di stabilire
in Lucca un "Monastero della Visitazione" per l'educazione
della gioventù.
Maria
Domenica, docile alla voce dei pastori e sensibile alle istanze della
Chiesa, accetta l'impegno con generosità e determinazione.
Il
suo amore per il Signore la rende ancora una volta capace di
affrontare ogni difficoltà. Dopo circa sei anni intensi di lavoro
irto di ostacoli, riesce nell'intento di dare alla città di Lucca il
monastero desiderato, ancor oggi esistente e ricco di vitalità
spirituale e apostolica.
Il
nuovo Istituto per i malati
Compiuta
l'opera della Visitazione, riemerge chiara, prorompente in Maria
Domenica la sua autentica "vocazione", ciò per cui si
sente davvero chiamata dal Signore: fondare una Congregazione
religiosa di Sorelle
Oblate Infermiere per
servire Cristo nelle membra doloranti dei malati e sofferenti,
a tempo pieno e per tutta la vita.
Il
23 gennaio 1829 Maria Domenica dà inizio alla prima comunità delle
Sorelle Oblate Infermiere. Povere e con poca salute, ma ricche di
zelo e di amore per Cristo, la Fondatrice e le prime sorelle compiono
autentici prodigi di carità al capezzale delle inferme e delle
morenti, nelle abitazioni povere, dove giacciono sole e
abbandonate anche le moribonde.
Maria
Domenica e le altre donne che nel frattempo si uniscono a lei, hanno
un solo ideale, come specifica nelle sue Regole: «Visitare,
assistere e servire il Dio umanato agonizzante nell'orto o spirante
sulla croce nelle persone delle inferme povere e moribonde». E tutto
ciò «con un cuore tutto avvampante della carità di Cristo».
Maria
Domenica insegna, inoltre, alle sue "figlie nello Spirito"
che la loro vocazione comporta il dono totale della persona nel
«servire il malato anche a rischio della vita». Per questo, nelle
Regole, ella chiede alle figlie la disponibilità al martirio:
«Serviranno Nostro Signore Gesù Cristo nelle persone delle inferme
con generosità e purità d'intenzione, pronte sempre ad esporre la
propria vita per amore di Cristo morto sopra una croce per noi».
La
testimonianza di evangelica carità della Barbantini e delle sue
discepole, induce Monsignor Domenico Stefanelli, Arcivescovo di
Lucca, ad approvare - finalmente - le Regole e l'Istituto di
Maria Domenica. Ciò avviene il 5 agosto 1841. È nata la
Congregazione delle Ministre degli Infermi.
La
Vergine Addolorata e San Camillo
Maria
Domenica affida alla Vergine Addolorata
la
protezione e la guida del suo Istituto e la chiama espressamente
"Superiora nostra".
La
Madre dei dolori è da lei indicata come l'icona ispiratrice della
missione della Congregazione. Come la Madre di Gesù assiste il
figlio Crocifisso e ne condivide il dolore lo strazio e l'abbandono,
così la Maria Domenica invita le figlie a vivere la "compassione"
accanto ai malati e ai sofferenti di ogni tempo.
Maria
Domenica fa un altro incontro determinante: quello con San Camillo de
Lellis. Conosce il primo camilliano quando la sua Opera sta muovendo
i primi passi. È un incontro di fondamentale importanza: il padre
Antonio Scalabrini ravvisa nel carisma della Barbantini le
singolari somiglianze con quello del proprio fondatore, San Camillo
de Lellis. La incoraggia, quindi, e le promette aiuto nelle
difficoltà.
Il
23 marzo 1852, Pio IX conferisce all'istituto di Mania Domenica il
decretum
laudis, il
documento pontificio attraverso il quale concede alle Figlie di Maria
Domenica il nome di «Ministre degli Infermi» e sancisce
ufficialmente la comunione spirituale tra l'Ordine dei religiosi
camilliani e la Congregazione di Maria Domenica.
La
Fondatrice e le figlie desideravano ardentemente indossare la croce
rossa di San Camillo. Tale desiderio, per lungo tempo disatteso, fu
esaudito nell'agosto 1855, quando il colera mieteva ancora vittime in
tutta la Toscana, e le figlie di Maria Domenica uscirono per la prima
volta dalla città di Lucca per andare a curare i colerosi nei
lazzaretti delle vicine città, contrassegnate nell'abito dalla croce
rossa.
Tutto
bene, dunque, tutto facile? Non per Maria Domenica che deve
affrontare accuse, maldicenze e forse invidie. C'è una
incomprensione fra lei e l'Arcivescovo Giulio Arrigoni, che pure è
persona intelligente ed aperta. Deve affrontare perfino un processo.
E come al solito troverà riparo nel suo consueto rifugio, l'umiltà.
Gli
ultimi anni
Le
forze di Maria Domenica vanno poco a poco scemando. Nel 1866 cade
gravemente ammalata, ma riesce a superare il male grazie - si dice -
all'intercessione di San Camillo de Lellis. Si occupa ancora
attivamente della sua congregazione, ma comprende che le forze
diminuiscono ogni giorno di più e che la vita sta per lasciarla.
Con
questo presentimento, fa in modo di lasciare "tutto in ordine".
Non vuole che le sue figlie si debbano preoccupare per alcunché
anche dal punto di vista pratico (Maria Domenica è sempre stata
donna "con i piedi per terra").
In
questo periodo la sua preghiera si fa più intensa. Ha qualche grave
preoccupazione per il futuro del suo istituto. Sono i tempi in cui
l'Italia unita si sta formando ed in cui si alza anche un'ondata
anticlericale ed ostile alle congregazioni religiose.
L'avvicinarsi
della fine sembra provocare anche un cambiamento nei suoi tratti
somatici: il viso si gonfia, ma rimangono intatte la dolcezza
dell'espressione e la trasparenza dello sguardo. Sono cambiamenti
testimoniati anche dai ritratti fotografici (la fotografia è appena
stata inventata) che le vengono scattati.
Maria
Domenica è indebolita dalla malattia della quale, però, non si ha
una diagnosi precisa, un male che la farà soffrire fino all'ultimo
istante e del quale ella dirà: «Questo è il modo in cui devo
morire».
Ciò
accade a il 22 maggio 1868. Madre Maria Domenica Brun Barbantini
lascia l'Istituto piccolo nel numero, ma forte nello spirito e
generoso nel servizio ai malati.
Maria
Domenica "beata"
Nella
sua lunga vita, Maria Domenica aveva cercato unicamente "la
volontà di Dio e la sua maggior gloria". Nel suo cammino di
santità aveva assaporato le gioie di tanto amore ed anche l'amarezza
della calunnia, che aveva accolto «pregando, perdonando, e amando i
suoi persecutori». Aveva dedicato ogni istante del suo tempo e ogni
momento delle sue fatiche alla formazione spirituale e carismatica
delle Figlie che lo Spirito le aveva affidato.
Il
17 maggio 1995, in piazza San Pietro a Roma, Giovanni Paolo II ha
proclamato solennemente "Beata" Maria Domenica Brun
Barbantini, indicandola al mondo quale testimone autentica «di un
amore evangelico concreto per gli ultimi, gli emarginati, i piagati;
un amore fatto di gesti, di attenzione, di cristiana consolazione, di
generosa dedizione e di instancabile vicinanza nei confronti degli
ammalati e dei sofferenti».
Dal sito http://www.camilliane.org/
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