giovedì 25 settembre 2014

50° ANNIVERSARIO DEL MARTIRIO DI PADRE BERNARDO LONGO



Il mio corpo lo potete uccidere, ma la mia anima: essa andrà in cielo ”.

Molto caro era, al p. Dehon, l’ideale delle missioni lontane, e missionari ne inviò molti: in Ecuador (1888), nell’Alto Congo (1897), a Recife, Brasile (1902), tra gli Indios del South Dakota (USA) e in Indonesia (1923). Oggi i missionari dehoniani sono presenti in tutti i cinque continenti. Numerosi sono anche quelli che hanno perso la vita “per il Vangelo”: nel 1964, solo nelle due diocesi di Kisangani e Wamba, (Alto Congo), per restare fedeli alla Missione ben 28 hanno subito il martirio, tra cui il loro vescovo mons. Wittebols e il servo di Dio p. Bernardo Longo.

Nato a Curtarolo (PD) il 25 agosto 1907, Bernardo Longo a 17 anni entra nella Scuola Apostolica di Albino (BG) dei Sacerdoti del S. Cuore fondati da Padre Dehon. Diventa sacerdote il 28 giugno 1936. Nel 1938 viene inviato in Argentina, ma di qui riparte nello stesso anno per l’imminenza della guerra. Decide di prendere la strada dell’Africa. La zona dell’alto Zaire (ex Congo belga) divenne così il suo campo di missione.
Nel 1939 riuscì a fondare una missione nel piccolo villaggio di Nduye nel cuore della foresta dell’Ituri, dove visse per ventisei anni, fino alla morte. Questa missione raccoglieva tribù e gruppi etnici piuttosto dissimili. Quale frutto di duro lavoro, sorsero un po’ alla volta una chiesa, una casa per i padri e per le suore che nel frattempo avevano raggiunto padre Longo, una scuola per ragazzi, una per ragazze e un dispensario.
Valendosi della sua abilità meccanica p. Longo fonda una scuola artigianale che prepara generazioni di meccanici molto apprezzati. Ma la situazione politica dello Zaire era piuttosto instabile: dopo l’indipendenza raggiunta nel 1960 il paese era caduto nell’anarchia più assoluta e la ribellione cominciava a serpeggiare Gruppi di rivoluzionari, tra questi i simba erano i più terribili, trascinarono il paese nel terrore. Gli anni che seguirono videro la trucidazione e il massacro di moltissima gente. Nonostanteun iniziale rispetto per le missioni e i missio nari si arriva a vere e proprie stragi: 150 fra missionari, cooperatori e suore furono uccisi in diversi episodi. Così padre Longo racconta quei momenti nel suo Diario (22 agosto 1964) : “ Non ho mai sentito in me una fiducia così grande nella Madre di Dio; anche perché vedo chiaramente che il pericolo per la missione è grande e sperare di uscire indenni è sperare contro ogni speranza! Ci sono dei momenti in cui mi trema tutto il corpo in sudore, non tanto per me vec chio leone dei boschi, ma specialmente per le Reverende Suore e per tutte quelle anime buone che ci hanno seguito con eroismo; se massacrano noi faranno in pezzi anche i nostri fedeli! e questo mi dispiacerebbe assai! Però essi sono gente di grande fede e dicono apertamente: “ La morte ci agguati ma sarà proprio essa che ci aprirà subito la porta del cielo! Se Cristo è morto in modo barbaro, noi ci assomiglieremo a Lui! Si muore una volta sola e morire per Lui è vivere! Chi ha paura di morire è colui che è carico di peccati, di furti ecc.” . Per questa gente vuol dire morire due volte! (per l’eternità). Come è consolante per il missionario sentire queste espressioni in bocca ai suoi figli spirituali!”.Domenica 6 settembre 1964.I bravi cristiani vengono in chiesa ed ai sacramenti numerosi ma con l’animo sospeso. Ho insistito che lascino le tre porte della chiesa aperte per evitare disordini nel caso di arrivi di personaggi loschi! Dopo la S. Messa mi si avvicina il Direttore della scuola per dirmi una tristissima notizia: “ Padre, hanno sparato e forata tutta la casa e la chiesa di Don Giacinto Toneatto e pare sia riuscito a fuggire verso Beni!” Una stretta al cuore mortale! Poveretto anche se non è ferito come potrà fare i 150 km. per arrivare in salvo? Vergine Santa, Madre di Gesù cammina insieme a questo mio carissimo sacerdote che ha lasciato tutti in Italia per venirmi a rimpiazzare in una regione così difficile”.
Domenica 4 ottobre una nuova razzia alla missione. Vengono rubati gli ultimi litri di benzina. Padre Longo e le suore vengono lasciati senza mezzi. Scrive nel suo Diario padre Longo: “ Vergine Santa di Fatima, tu che ne sai tanto di questa triste storia dell’umanità, salvaci dal diluvio del fuoco, perché nel primo diluvio gli uomini hanno avuto il tempo di pentirsi se lo voleva no mentre si arrampicavano sui monti e sugli alberi; oggi invece se scoppia il fuoco atomico, preparato dalla mano dell’uomo, questi non potrà neppure prepararsi! . ... La gente del posto incomincia ad accor gersi che è l’anno della grande prova e che la presente guerra è uno dei tanti castighi del Signore per ritornare a Dio, ed un segno lo trovano anche nel grande desiderio degli anziani di ricevere il S. Battesimo. Gli anziani delle tribù dopo lunghi anni di paga nesimo, hanno sentito nel silenzio dei boschi la voce di Dio che li avvertiva del pericolo di una morte senza Battesimo, morte oscura, senza lume di Grazia. Ora fare il viaggio senza il Lume vuol dire perdersi...Nonostante tutte le noie non abbiamo mai perduto un solo giorno del S. Rosario ed un discreto numero di bambini e grandi vengono ad onorare la Madonna colla Sua bella preghiera. Le sei suore missionarie, quando suonano le campane si muovono e come un gruppo di angeli bianchi scendono la loro collina e poi salgono la collina della parrocchia. Ora che sono solo quellastrada la devono fare due volte al giorno: al mattino per la S. Messa ed alla sera per il S. Rosario e benedizione Eucaristica! Quella fatica la fanno per amore del Signore e della Madonna, Madre di Dio e nostra! e per ottenere la conversione di molti infedeli! Dei Rosari ne diciamo più al giorno perché questa furiosa pazzia termini un bel giorno. La povera gente diventa sempre più nuda di giorno in giorno! P. Longo intuendo il pericolo intensifica la preparazione di alcuni cristiani qualificati, perché continuassero il suo apostolato dopo la morte. Ad Albert Buio, il migliore di questi, che sperava di vederlo prete, affida la chie sa, le poche ostie consacrate e la missione. Si era all’ultimo atto, l’ul timo salto. Il 29 ottobre 1964 giungono i simba alla missione con l’ordi ne di arresto per padre Longo e le suore. Ma con la promessa del rilascio dopo tre giorni per le suore e sette per il padre Longo. Caricati sul camion vengono condotti a Mambasa. Padre Longo viene colpito a pugni
e con il calcio del fucile gli viene spaccato il labbro superiore. Un punto d’acciaio e un cerotto sono insufficienti a fermare l’infezione e il volto del padre si gonfia. Sono le suore di Nduye a raccontarci la morte di padre Longo: “ A Mambasa c’è il carcere. Con loro sono alcuni civili europei e quattro Piccoli Fratelli di Carlo De Foucauld. Nel frattempo la missione è saccheggiata e si cerca la, ormai di moda, trasmittente che chiama gli americani. Il carcere africano fu terribile. Una sola tazza di latte, per interessamento delle suore, fu portata ai missionari; mentre le suorefurono spesso assistite e aiu tate dalle loro alunne, nessuno si interessò dei missionari. Il 31 ottobre Ii attendeva il giudizio popolare. Da una terrazza ricevettero insulti. P. Longo, approfittando del disordine, riuscì a confessarsi da uno dei Piccoli Fratelli, sacerdote che assolse a sua volta. Il parlare a voce bassa, i segni di croce indispettirono quella canaglia di comandante. Tacciò il missionario di essere un politicante e uno stregone; gli strappò il cerotto che proteggeva la ferita. Le suore furono rilasciate, come fu promesso. P. Longo, il 3 novembre, ritornò al tribunale del popolo. Capo d’accusa: radio trasmittente trovata in casa del missionario. E c’era il corpo del reato: il magnetofono rotto di p. Noacco. Tuttavia il comandante non riuscì a strappare la sentenza di morte alla folla. P. Longo era conosciuto e amato a Mambasa. Rabbiosa, la voce del comandante dominò la folla e sentenziò la morte, invece del popolo, più onesto e riconoscente. Alcuni simba, armati di lancia, scortarono il padre fino a un quadrivio. Fu costretto a volgersi verso Nduye, la sua missione, mentre un Simba con la lancia gli spaccò il petto. Cadde in ginocchio e benedisse il simba, gridando: “Non è la morte, ma un sonno”. Una sca rica di mitraglia in fronte fu il colpo di grazia. Un infermiere protestante suo amico, di nome Finassa, prevedendo le umiliazioni alle quali sarebbe stato esposto il cadavere, gli praticò una iniezione, per conservarlo più a lungo. Infatti l’infermiere fu costretto a togliere la coperta che aveva stesa sulla salma del padre. Al missionario morto ruppero la testa. Solo dopo 26 ore, lo stesso infermiere riuscì a seppellirlo. Non la bara, ma la sua talare e il suo rosario, l’unica roba sua. P. Bernardo Longo è lì, presso il quadrivio, aspetta e benedice tutti: i simba e i suoi cristiani. Per lui sono ancora tutti africani da amare e da aiutare.



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