“
Il mio corpo lo potete
uccidere, ma la mia anima: essa andrà in cielo ”.
Molto
caro era, al p. Dehon, l’ideale delle missioni lontane, e
missionari ne inviò molti: in Ecuador (1888), nell’Alto Congo
(1897), a Recife, Brasile (1902), tra gli Indios del South Dakota
(USA) e in Indonesia (1923). Oggi i missionari dehoniani sono
presenti in tutti i cinque continenti. Numerosi sono anche quelli che
hanno perso la vita “per il Vangelo”: nel 1964, solo nelle due
diocesi di Kisangani e Wamba, (Alto Congo), per restare fedeli alla
Missione ben 28 hanno subito il martirio, tra cui il loro vescovo
mons. Wittebols e il servo di Dio p. Bernardo Longo.
Nato
a Curtarolo (PD) il 25 agosto 1907, Bernardo Longo a 17 anni entra
nella Scuola Apostolica di Albino (BG) dei Sacerdoti del S. Cuore
fondati da Padre Dehon. Diventa sacerdote il 28 giugno 1936. Nel 1938
viene inviato in Argentina, ma di qui riparte nello stesso anno per
l’imminenza della guerra. Decide di prendere la strada dell’Africa.
La zona dell’alto Zaire (ex Congo belga) divenne così il suo
campo di missione.
Nel
1939 riuscì a fondare una missione nel piccolo villaggio di Nduye
nel cuore della foresta dell’Ituri, dove visse per ventisei anni,
fino alla morte. Questa missione raccoglieva tribù e gruppi etnici
piuttosto dissimili. Quale frutto di duro lavoro, sorsero un po’
alla volta una chiesa, una casa per i padri e per le suore che nel
frattempo avevano raggiunto padre Longo, una scuola per ragazzi, una
per ragazze e un dispensario.
Valendosi della sua abilità meccanica p. Longo fonda una scuola artigianale che prepara generazioni di meccanici molto apprezzati. Ma la situazione politica dello Zaire era piuttosto instabile: dopo l’indipendenza raggiunta nel 1960 il paese era caduto nell’anarchia più assoluta e la ribellione cominciava a serpeggiare Gruppi di rivoluzionari, tra questi i simba erano i più terribili, trascinarono il paese nel terrore. Gli anni che seguirono videro la trucidazione e il massacro di moltissima gente. Nonostanteun iniziale rispetto per le missioni e i missio nari si arriva a vere e proprie stragi: 150 fra missionari, cooperatori e suore furono uccisi in diversi episodi. Così padre Longo racconta quei momenti nel suo Diario (22 agosto 1964) : “ Non ho mai sentito in me una fiducia così grande nella Madre di Dio; anche perché vedo chiaramente che il pericolo per la missione è grande e sperare di uscire indenni è sperare contro ogni speranza! Ci sono dei momenti in cui mi trema tutto il corpo in sudore, non tanto per me vec chio leone dei boschi, ma specialmente per le Reverende Suore e per tutte quelle anime buone che ci hanno seguito con eroismo; se massacrano noi faranno in pezzi anche i nostri fedeli! e questo mi dispiacerebbe assai! Però essi sono gente di grande fede e dicono apertamente: “ La morte ci agguati ma sarà proprio essa che ci aprirà subito la porta del cielo! Se Cristo è morto in modo barbaro, noi ci assomiglieremo a Lui! Si muore una volta sola e morire per Lui è vivere! Chi ha paura di morire è colui che è carico di peccati, di furti ecc.” . Per questa gente vuol dire morire due volte! (per l’eternità). Come è consolante per il missionario sentire queste espressioni in bocca ai suoi figli spirituali!”.Domenica 6 settembre 1964.“ I bravi cristiani vengono in chiesa ed ai sacramenti numerosi ma con l’animo sospeso. Ho insistito che lascino le tre porte della chiesa aperte per evitare disordini nel caso di arrivi di personaggi loschi! Dopo la S. Messa mi si avvicina il Direttore della scuola per dirmi una tristissima notizia: “ Padre, hanno sparato e forata tutta la casa e la chiesa di Don Giacinto Toneatto e pare sia riuscito a fuggire verso Beni!” Una stretta al cuore mortale! Poveretto anche se non è ferito come potrà fare i 150 km. per arrivare in salvo? Vergine Santa, Madre di Gesù cammina insieme a questo mio carissimo sacerdote che ha lasciato tutti in Italia per venirmi a rimpiazzare in una regione così difficile”.
Valendosi della sua abilità meccanica p. Longo fonda una scuola artigianale che prepara generazioni di meccanici molto apprezzati. Ma la situazione politica dello Zaire era piuttosto instabile: dopo l’indipendenza raggiunta nel 1960 il paese era caduto nell’anarchia più assoluta e la ribellione cominciava a serpeggiare Gruppi di rivoluzionari, tra questi i simba erano i più terribili, trascinarono il paese nel terrore. Gli anni che seguirono videro la trucidazione e il massacro di moltissima gente. Nonostanteun iniziale rispetto per le missioni e i missio nari si arriva a vere e proprie stragi: 150 fra missionari, cooperatori e suore furono uccisi in diversi episodi. Così padre Longo racconta quei momenti nel suo Diario (22 agosto 1964) : “ Non ho mai sentito in me una fiducia così grande nella Madre di Dio; anche perché vedo chiaramente che il pericolo per la missione è grande e sperare di uscire indenni è sperare contro ogni speranza! Ci sono dei momenti in cui mi trema tutto il corpo in sudore, non tanto per me vec chio leone dei boschi, ma specialmente per le Reverende Suore e per tutte quelle anime buone che ci hanno seguito con eroismo; se massacrano noi faranno in pezzi anche i nostri fedeli! e questo mi dispiacerebbe assai! Però essi sono gente di grande fede e dicono apertamente: “ La morte ci agguati ma sarà proprio essa che ci aprirà subito la porta del cielo! Se Cristo è morto in modo barbaro, noi ci assomiglieremo a Lui! Si muore una volta sola e morire per Lui è vivere! Chi ha paura di morire è colui che è carico di peccati, di furti ecc.” . Per questa gente vuol dire morire due volte! (per l’eternità). Come è consolante per il missionario sentire queste espressioni in bocca ai suoi figli spirituali!”.Domenica 6 settembre 1964.“ I bravi cristiani vengono in chiesa ed ai sacramenti numerosi ma con l’animo sospeso. Ho insistito che lascino le tre porte della chiesa aperte per evitare disordini nel caso di arrivi di personaggi loschi! Dopo la S. Messa mi si avvicina il Direttore della scuola per dirmi una tristissima notizia: “ Padre, hanno sparato e forata tutta la casa e la chiesa di Don Giacinto Toneatto e pare sia riuscito a fuggire verso Beni!” Una stretta al cuore mortale! Poveretto anche se non è ferito come potrà fare i 150 km. per arrivare in salvo? Vergine Santa, Madre di Gesù cammina insieme a questo mio carissimo sacerdote che ha lasciato tutti in Italia per venirmi a rimpiazzare in una regione così difficile”.
Domenica
4 ottobre una nuova razzia alla missione. Vengono rubati gli ultimi
litri di benzina. Padre Longo e le suore vengono lasciati senza
mezzi. Scrive nel suo Diario padre Longo: “ Vergine Santa di
Fatima, tu che ne sai tanto di questa triste storia dell’umanità,
salvaci dal diluvio del fuoco, perché nel primo diluvio gli uomini
hanno avuto il tempo di pentirsi se lo voleva
no mentre si
arrampicavano sui monti e sugli alberi; oggi invece se scoppia il
fuoco atomico, preparato dalla mano dell’uomo, questi non potrà
neppure prepararsi! . ... La gente del posto incomincia ad
accor
gersi che è l’anno della grande prova e che la presente
guerra è uno dei tanti castighi del Signore per ritornare a Dio, ed
un segno lo trovano anche nel grande desiderio degli anziani di
ricevere il S. Battesimo. Gli anziani delle tribù dopo lunghi anni
di paga
nesimo, hanno sentito nel silenzio dei boschi la voce di Dio
che li avvertiva del pericolo di una morte senza Battesimo, morte
oscura, senza lume di Grazia. Ora fare il viaggio senza il Lume vuol
dire perdersi...Nonostante tutte le noie non abbiamo mai perduto un
solo giorno del S. Rosario ed un discreto numero di bambini e grandi
vengono ad onorare la Madonna colla Sua bella preghiera. Le sei suore
missionarie, quando suonano le campane si muovono e come un gruppo di
angeli bianchi scendono la loro collina e poi salgono la collina
della parrocchia. Ora che sono solo quellastrada la devono fare due
volte al giorno: al mattino per la S. Messa ed alla sera per il S.
Rosario e benedizione Eucaristica! Quella fatica la fanno per amore
del Signore
e della Madonna, Madre di Dio e nostra! e per ottenere
la conversione di molti infedeli! Dei Rosari ne diciamo più al
giorno perché questa furiosa pazzia termini un bel giorno. La
povera gente diventa sempre più nuda di giorno in giorno! P. Longo
intuendo il pericolo intensifica la preparazione di alcuni cristiani
qualificati, perché continuassero il suo apostolato dopo la morte.
Ad Albert Buio, il migliore di questi, che sperava di vederlo prete,
affida la chie
sa, le poche ostie consacrate e la missione. Si era
all’ultimo atto, l’ul
timo salto. Il 29 ottobre 1964 giungono i
simba alla missione con l’ordi
ne di arresto per padre Longo e le
suore. Ma con la promessa del rilascio dopo tre giorni per le suore e
sette per il padre Longo. Caricati sul camion vengono condotti a
Mambasa. Padre Longo viene colpito a pugni
e
con il calcio del fucile gli viene spaccato il labbro superiore. Un
punto d’acciaio e un cerotto sono insufficienti a fermare
l’infezione
e il volto del padre si gonfia. Sono le suore di Nduye
a raccontarci la morte di padre Longo:
“ A Mambasa c’è il
carcere. Con loro sono alcuni civili europei e quattro Piccoli
Fratelli di Carlo De Foucauld. Nel frattempo la missione è
saccheggiata e si cerca la, ormai di moda, trasmittente che chiama
gli americani. Il carcere africano fu terribile. Una sola tazza di
latte, per interessamento delle suore, fu portata ai missionari;
mentre le suorefurono spesso assistite e aiu
tate dalle loro alunne,
nessuno si interessò dei missionari. Il 31 ottobre Ii attendeva il
giudizio popolare. Da una terrazza ricevettero insulti. P. Longo,
approfittando del disordine, riuscì a confessarsi da uno dei
Piccoli Fratelli, sacerdote che assolse a sua volta. Il parlare a
voce bassa, i segni di croce indispettirono quella canaglia di
comandante. Tacciò il missionario di essere un politicante e uno
stregone; gli strappò il cerotto che proteggeva la ferita. Le suore
furono rilasciate, come fu promesso. P. Longo, il 3 novembre,
ritornò al tribunale del popolo. Capo d’accusa: radio
trasmittente trovata in casa del missionario. E c’era il corpo del
reato: il magnetofono rotto di p. Noacco. Tuttavia il comandante non
riuscì a strappare la sentenza di morte alla folla. P. Longo era
conosciuto e amato a Mambasa. Rabbiosa, la voce del comandante
dominò la folla e sentenziò la morte, invece del popolo, più
onesto e riconoscente. Alcuni simba, armati di lancia, scortarono il
padre fino a un quadrivio. Fu costretto a volgersi verso Nduye, la
sua missione, mentre un Simba con la lancia gli spaccò il petto.
Cadde in ginocchio e benedisse il simba, gridando: “Non è la
morte, ma un sonno”. Una sca
rica di mitraglia in fronte fu il
colpo di grazia. Un infermiere protestante suo amico, di nome
Finassa, prevedendo le umiliazioni alle quali sarebbe stato esposto
il cadavere, gli praticò una iniezione, per conservarlo più a
lungo. Infatti l’infermiere fu costretto a togliere la coperta che
aveva stesa sulla salma del padre. Al missionario morto ruppero la
testa. Solo dopo 26 ore, lo stesso infermiere riuscì a seppellirlo.
Non la bara, ma la sua talare e il suo rosario, l’unica roba sua.
P. Bernardo Longo è lì, presso il quadrivio, aspetta e benedice
tutti: i simba e i suoi cristiani. Per lui sono ancora tutti
africani da amare e da aiutare.
Dal
Sito http://www.casasantamaria.it/
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