Nostro
Signore non è vissuto mai in casa tranne che nei trent’anni della
sua vita nascosta. Anche allora tuttavia aveva dei rapporti con
l'esterno, se gli uomini poi lo riconobbero come il «figlio del
fabbro» (Mt 13,55). Ma certo, dal momento che egli ha iniziato la
vita pubblica non ha più conosciuto una casa: è vissuto sempre
fuori, nelle strade, nelle piazze, lungo le vie, nei campi, nelle
città. Non ha potuto mai più sottrarsi al rapporto col mondo, con
gli uomini; e gli uomini sembravano aver ricevuto ogni diritto nella
sua vita.
Anche
se vi sono alcuni per i quali il rapporto con l’esterno è ridotto
al minimo, si può comunque dire che la massima parte di noi vive
costantemente un certo rapporto col mondo, con gli uomini, al di
fuori della propria casa. Dobbiamo allora imparare come vivere questo
rapporto con l’esterno, come vivere la novità dei continui
rapporti con gli uomini e con le cose.
Vi
è un elemento di continua novità nella nostra vita, che è assente
nella vita monastica ma che era invece preponderante nella vita di
nostro Signore: Egli andava di villaggio in villaggio; dov’era
vissuto un giorno non viveva il giorno successivo; quello che aveva
fatto il giorno prima non si ripeteva il giorno dopo.
Qualche
cosa di simile accade nella nostra vita: il lavoro rimane sempre lo
stesso, ma pur rimanendo tale, il fatto stesso di uscire di casa ci
pone sempre in rapporto con persone diverse. Vai in autobus e non
trovi tutte le volte i medesimi passeggeri; scendi nella strada e non
sempre camminano con te le stesse persone. Come vivere la novità del
rapporto con persone che entrano giorno per giorno nella nostra vita?
Cosa vuol dire vivere con Cristo questo rapporto continuo con gli
altri, questa continua novità della nostra vita? È una delle cose
più difficili. Implica, infatti, una continua novità di spirito,
una freschezza interiore che è difficile possedere lungamente. In
generale ci si abitua a tutto. Ma non ci si abitua a vedere dei visi
sempre nuovi. Di fronte ad essi noi ci chiudiamo nel silenzio, non
entriamo in rapporto.
Andiamo
in tram. Le persone che incontriamo in tram ci dicono qualche cosa?
Impegnano davvero il nostro spirito? Quante volte noi realizziamo,
almeno interiormente, un rapporto con queste persone pregando per
loro, pensando a quelli che possono essere i loro problemi,
accogliendoli in noi, vivendo con loro un rapporto che deve essere il
rapporto stesso che l’anima vive col Cristo?
Si
va in treno. Quelli che ci sono accanto ci sono indifferenti: si
entra, si esce... come se non ci fossero stati. Si sono trovati con
te, ma non si sono incontrati con te: tu non hai incontrato nessuno.
Quali
occasioni perdute di comunione con Cristo! Non è detto che la
comunione avvenga sempre col parlare, col rivolgere la parola, e non
è detto nemmeno che rivolgendo la parola tu entri veramente in
comunione con l’altro. La comunione implica un atteggiamento
interiore, implica il dono reale di te stesso a colui verso il quale
ti volgi.
E
si parla in tanti modi! Si parla in tram, in treno, per la strada,
ma... le nostre parole sono vuote, non dicono nulla, sono soltanto un
modo di difenderci e di liberarci da un silenzio che pesa: nulla di
più. Non entriamo in rapporto con nessuno; dopo un minuto quelle
persone escono dal nostro orizzonte, ed è come se non ci fossero mai
state.
Peggio
ancora è quando non rivolgiamo nemmeno la parola e ci sentiamo del
tutto estranei e indifferenti nei confronti degli altri. -
Eppure
ogni anima è un mondo. Più che un mondo, è Cristo per te. Un
bambino, un vecchio che incontri...: è Dio che l’ha stabilito
perché tu comunicassi con Cristo, perché tu fossi Cristo per
l’altro, ed egli fosse Cristo per te.
Ogni
comunione con Cristo è ordinata all’unità, e l’unità si
realizza se tutti e due, tanto colui che vede come colui che è
veduto, tanto colui che parla come colui che ascolta, sono lo stesso
Signore l'uno per l'altro. Allora la comunione è perfetta.
Tu
devi essere Cristo nell'essere veramente rivelazione di purezza,
segno di santità, dono di amore. Devi essere Lui per donarti
realmente, perché Gesù è l'amore che si dona, è Dio che si è
fatto uomo per donarsi a ciascuno. Tu dunque non sarai Cristo per lo
spazzino che incontri, per il portiere che ti apre la porta al
mattino, per il controllore del treno, se non sei disposto ad
accogliere ciascuno e a donarti a ciascuno.
II
dono migliore che tu puoi fare agli altri consiste precisamente
nell'accoglierli, nel fare posto nella tua vita a una loro presenza,
nel far sì che essi non rimangano estranei, ma si inizi un dialogo,
si realizzi un rapporto, si viva una comunione di amore: con i
colleghi, con lo spazzino, col bambino che gioca, col vecchio che
passa, con l'operaio, col cristiano, col miscredente, insomma con
tutti. Perché Dio nel Cristo si è dato a ciascuno. Non tutti
l'hanno voluto accogliere, ma Egli a tutti si è dato, e tu veramente
devi donarti e accogliere tutti. È tanto difficile! Eppure è di una
necessità primordiale.
A
cosa vale la virtù senza l’amore, quando nella vita reale ci si
lascia sfuggire l’occasione di vivere una comunione con Cristo nel
rapporto col fratello e non viviamo in quella fede che ci fa
riconoscere in ciascuno il Signore: «Vidisti fratrem, vidisti
Dominum»: hai veduto un fratello, hai veduto Gesù. Quanti furono
coloro che Lo videro un giorno per le vie di Galilea e della Giudea
camminare lungo i seminati, nelle strade, lungo le rive del lago...
ma poi non Lo accolsero, Lo videro e i loro occhi rimasero chiusi!
Anche
noi Lo vediamo: Lo vediamo nella suora che passa, nell'operaio che va
al lavoro, nella donna che va a far la spesa, nel bambino che piange.
Lo vediamo in tutti, ma non sappiamo riconoscerlo, non Lo accogliamo,
e perciò non viviamo una continua comunione di amore con Lui.
Se
noi sapessimo vivere nella fede, tutta la nostra vita sarebbe
comunione. Di fatto, viviamo la nostra comunione soltanto durante la
Messa, se pur la viviamo. E poi? Nel tuo rapporto con gli altri vivi
una comunione con Dio? Vivi una comunione col Cristo? Accogli davvero
ognuno che viene come accoglieresti Gesù? Diversamente è segno che
non l’hai saputo riconoscere, perché davvero in ciascuno Egli è
presente. E tu non sei stato Cristo per nessuno, perché a nessuno tu
hai dato te stesso; mentre Gesù è l’amore infinito di Dio che si
offre a ciascuno.
Quando
incontri una creatura, vivi tu veramente questo rapporto di amore che
è il dono di te, un dono totale, senza riserve, segno dell'amore
stesso di Dio? Succede spesso che non soltanto non siamo disposti a
morire, ma nemmeno ad alzarci in tram, per dar posto a un vecchio!
Eppure, se devi uscire di casa, devi uscire per questo: per portare
Gesù. Andando per le strade, tu devi portare il Signore, devi
incontrare Gesù, perché tu devi vederlo in ognuno che incontri.
Tutto
si trasfigura se noi davvero sappiamo vivere una comunione di amore
continua, in tal modo che ogni avvenimento sia un incontro con
Cristo, si risolva in una comunione di amore con Lui! Se il
contemplativo, o piuttosto il claustrale, non deve uscire di casa,
forse in questo trova una facilità a mantenersi fermo in un certo
stato di preghiera; ma è vero anche il contrario, che nella sua vita
di solitudine egli forse ha meno sollecitazioni a vivere una
comunione continua di amore con Dio.
Che
bellezza essere pestati nel tram! C'è subito un atto di pazienza da
fare. Che bellezza essere offeso da uno che passa! Hai subito il modo
di esercitare la tua carità. Quante sollecitazioni non troviamo in
questa novità continua di vita, che si impone nel nostro vivere nel
mondo!
Possiamo
noi dire: «Di quelli che mi hai dato nessuno si è perduto» (Gv
17,12)? Possiamo dirlo? Tutte le persone che si incontrano con me, in
qualche modo Dio me le dona: le fa incontrare con me perché io le
accolga, perché le prenda e le porti a Lui. Quante ne abbiamo
perdute? Non lo sappiamo neppure noi... Chi di noi si ricorda quante
persone ha incontrato nella sua vita? Una folla di anime, una folla
di persone di tutte le età... Chi di noi ha mai pensato, quando
viveva accanto a loro e passeggiava per la medesima via, che ognuno
portava la sua pena, il suo mondo, che rimanevano nascosti nel suo
cuore? Certo, non è detto che il primo venuto ci debba dire i suoi
segreti e noi si debbano dire a lui i nostri. Ma per l’amore non vi
sono segreti. Se veramente amiamo, viviamo già nella disposizione di
accogliere l’altro, sentiamo già quello che vi può essere nel
fondo del suo cuore; anche se non conosciamo in modo preciso i
problemi concreti della sua vita, sappiamo lo stesso che è un’anima
che soffre e cerca Dio, un’anima che ha bisogno del nostro atto di
carità.
Nessuno
ci rimanga indifferente! Gli uomini non sono cose: sono il Signore.
Noi li riduciamo troppo spesso a cose che entrano nella nostra vita e
cimpacciano, ostacolano il nostro cammino; oppure cose che ci possono
servire. Gli uomini non sono cose: sono il Signore. Dobbiamo avere
per tutti rispetto ed amore, attenzione, delicatezza estrema.
Lungo
le vie, lungo i seminati, nelle strade, nelle piazze della città,
sempre questa presenza del Cristo. Ovunque io vado debbo incontrarmi
con Lui, e gli altri tutti debbono in me incontrarsi con Dio.
Se
usciamo di casa, non soltanto dobbiamo entrare in rapporto con gli
uomini, ma anche con le cose. Nostro Signore è entrato in rapporto
con le cose: col cielo di Galilea, così limpido, con le montagne,
con le case, con gli alberi, con i fichi, con la vite, con gli
uccelli dell’aria e i gigli del campo, con l’acqua delle fonti,
con tutte le cose create da Dio, con tutte le cose fatte dall’uomo.
Come vivere il nostro rapporto con le cose? Le creature tutte debbono
essere per noi una rivelazione di Dio! Non possiamo passare
indifferenti di fronte a cosa alcuna. Veramente ogni creatura deve
essere per noi il segno di una rivelazione di Dio: della sua
bellezza, della sua santità, del suo amore per gli uomini. Ogni cosa
è una parola di Dio, ci dice la mistica ebraica; e proprio come una
parola il Signore la vede e l'ascolta. Così tu, passando accanto
alle cose, non restare a loro indifferente. Dobbiamo ritornare
fanciulli, ritornare freschi e giovani nella nostra anima per essere
capaci di ammirazione, per essere capaci di stupore: lo stupore di
coloro ai quali si rivela la bellezza, ai quali si rivela un valore.
La
percezione di un valore è già sensibilità religiosa, è già
atteggiamento che fa pronti ad accogliere Dio, se Dio vuole donarsi.
D’altra parte è precisamente attraverso le cose che egli si dona.
Santa Maria Maddalena de Pazzi va in estasi nel cogliere un fiore, e
sant’Ignazio di Loyola non può contemplare il cielo stellato senza
piangere: le lacrime colano dal suo viso mentre egli fissa il cielo
dall’abbaino del Collegio Romano. Si ferma, nella contemplazione di
questa bellezza, per ore ed ore, in preghiera.
Non
siate distratti, non siate superficiali. Sappiate attraverso ogni
cosa giungere a Dio, vedere il suo volto, scoprire la sua bellezza,
riconoscere la sua Presenza, la sua immensità, la sua forza, la
delicatezza del suo amore. Gesù vede tutto, contempla ogni cosa,
l'ammira; noi siamo ciechi e non vediamo più nulla. Il mio scrivere
è arido, tende subito ad essere non concreto, astratto. Questo non
era il linguaggio di nostro Signore: concreto, vivo, in rapporto
costante con le cose, parlava attraverso le cose. Come le cose a Lui
parlavano di Dio, del Padre celeste, così attraverso le cose Egli ci
parla di Dio e ci parla di Sé.
Gli
uccelli dell’aria e i gigli del campo, la notte in cui viene
gettato l’uomo che era entrato senza veste nuziale, la casa piena
di luce che accoglie le vergini sagge, la lampada e gli strumenti del
lavoro e della pesca, il mare agitato e la limpidezza dei cieli, il
campo arato, lavorato di fresco, ma anche le spine che minacciano il
salire della spiga: ogni cosa egli nota! Sappiamo noi notare queste
cose? Abbiamo uno spirito verginale di osservazione, di stupore, come
ebbe l’uomo al principio, quando aprì gli occhi sulla creazione
che Dio gli spalancava dinanzi? O vediamo il mondo soltanto
attraverso i libri, come lo vedevano i mistici del Medio Evo? Avevano
gli occhi e le orecchie chiuse. Ma tu apriti tutto! È Dio che vuole
entrare attraverso le porte dei tuoi sensi. Cristo si è aperto non
soltanto agli uomini, ma a tutta quanta la creazione divina. Se non
sei una claustrale, tu devi vivere nel mondo: devi andare per le
strade, sui tram... Ed è bello che in questo rapporto che stabilisci
con tutto, tu debba vivere una comunione costante con Dio, che
attraverso le cose ti parla e ti si dona: attraverso ogni cosa Egli
vuol vivere con te una sua comunione di amore.
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