sabato 1 febbraio 2020

DON BOSCO… UN PRETE STRAORDINARIO di Don Giuseppe Tomaselli





INTRODUZIONE

In una svolta della via, alcuni giovanotti stanno a chiacchierare. Passa un Prete ed uno di essi gli dice:
- Reverendo, ci dia tre numeri! Vogliamo giocare al lotto e prendere un terno; ma prenderlo sul serio, perché abbiamo bisogno di denaro.
- Ecco i tre numeri: 10, 5, 7. Sicuramente avrete il terno.
- Ce lo assicura?
- Infallibilmente, perché i tre numeri hanno un significato; il 10 rappresenta la pratica dei Comandamenti di Dio; il 5 l'osservanza dei Precetti della Chiesa; il 7 la frequenza ai Sacramenti. Giocate bene nella vita questi tre numeri e guadagnerete il terno... il Paradiso.
I giovani ascoltano, sorpresi di questo linguaggio e presto si accorgono che egli non è uno dei tanti Preti della città, specialmente quando odono l'inaspettato invito: Vorreste accettare un bicchiere di vino?... Voglio bere con voi!...
Prete e giovanotti entrano nella vicina osteria e stanno un po' allegri. Approfittando dell'occasione, il Reverendo rivolge ai nuovi amici una buona parola e poi riprende la via. Chi è questo Prete, che si accomuna a dei giovani di strada? È colui che con la stessa semplicità avvicina Ministri di Stato, Principi, Prelati e lo stesso Sommo Pontefice; è Don Bosco, l'uomo straordinario, l'operatore di prodigi, il grande benefattore dell'umanità.
In questo tempo di paganesimo, in cui il Prete suole essere poco stimato, anzi disprezzato e combattuto, fa bene ricordare il Prete Santo, il figlio di Mamma Margherita, colui, la vita del quale fu un intreccio di fatti soprannaturali.
Questo scritto vuole essere un omaggio filiale al Fondatore della Congregazione Salesiana, della quale lo scrivente fa parte, e si propone di presentare alcuni tratti della vita di Don Bosco.
Non è questa una biografia, nè uno studio sul Santo della gioventù. Poderosi scrittori hanno di già assolto un tale compito, pubblicando grossi volumi.
Nella prima parte si esporrà qualche cosa del soprannaturale che accompagnò la vita di Don Bosco; nella seconda si riportano delle visioni, che furono fari di luce al Santo e che possono essere anche luce a tante anime.

IL SOPRANNATURALE - LA MISSIONE


L'avvenire è un libro chiuso. Nessuno può affermare con sicurezza: Questo bambino, crescendo negli anni, compirà questa o quell'altra impresa.., si dedicherà a questo lavoro.., diverrà uno specialista o un genio in quel dato ramo...
Sui piccoli si fanno dei pronostici, che per lo più falliscono.
A Giovannino Bosco, all'età di nove anni, il Signore aprì il libro della vita per mezzo di una visione. Ascoltiamone la narrazione autentica.
« Mi parve di essere vicino a casa mia, in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano.
« All'udire quelle bestemmie, mi sono subito slanciato in mezzo a loro, adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un Uomo venerando, in età virile, nobilmente vestito; un manto bianco gli copriva tutta la persona ; ma la sua faccia era così luminosa, che non potevo mirarla.
« Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi alla testa di quei fanciulli, aggiungendo queste parole: Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a far loro un'istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù.
« Confuso e spaventato, soggiunsi che io ero un povero ed ignorante fanciullo, incapace di parlare di Religione a quei giovanetti. In quel momento quei ragazzi, cessando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccolsero tutti attorno a Colui che parlava. Quasi senza sapere ciò che io dicessi, domandai.
- Chi siete voi, che mi comandate cosa impossibile?
- Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili con l'ubbidienza e con l'acquisto della scienza.
- Dove e con quali mezzi potrò acquistare la scienza?
- Io ti darò la maestra, sotto la cui disciplina puoi divenire sapiente e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.
- Ma chi siete voi che parlate in questo modo?
- Io sono il Figlio di Colei, che tua madre ti ammaestrò a salutare tre volte al giorno.
- Mia madre mi disse di non associarmi con quelli che non conosco, senza il suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.
- Il mio nome domandalo a mia Madre.
«In quel momento vidi accanto a Lui una Donna di maestoso aspetto, vestita di un manto che risplendeva da tutte le parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi ognor più confuso nelle mie domande e risposte, mi accennò di accostarmi a Lei, che presomi con bontà per mano, mi disse:Guarda!
« Guardando, mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, di gatti, di orsi e di parecchi altri animali.
« Continuò a dire quella Signora: Ecco il tuo campo; ecco dove devi lavorare! Renditi umile, forte e robusto; e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo per i figli miei.
« Volsi allora lo sguardo ed ecco, invece di animali feroci, apparvero altrettanti mansueti agnelli, che tutti saltellando accorrevano intorno belando, come per fare festa a quell'Uomo ed a quella Signora.
« A questo punto mi misi a piangere e pregai quella Signora a voler parlare in modo da capire, poiché non sapevo quale cosa volesse significare. Allora Essa mi pose la mano sul capo, dicendomi: A suo tempo tutto comprenderai.
« Ciò detto, ogni cosa disparve. Io rimasi sbalordito. Mi sembrava di avere le mani che facessero male per i pugni che avevo dato e che la faccia mi dolesse per gli schiaffi ricevuti da quei monelli. Quello che io vidi, mi rimase profondamente impresso per tutta la vita ». Fin qui Don Bosco.
La stessa visione, con altre circostanze significative, si ripetè la seconda Domenica di Ottobre 1844, quando Don Bosco contava 29 anni.
Il campo di lavoro, che la Provvidenza assegnò a Don Bosco, fu la gioventù, specialmente la povera ed abbandonata. Per attuare i disegni di Dio, il Santo aprì Oratori festivi, Ospizi e Collegi ed affinché l'Opera si perpetuasse, fondò la Congregazione Salesiana.

LA PROVVIDENZA
L'assillo delle famiglie suole essere la ricerca del pane quotidiano e di ciò che è necessario alla vita.
Don Bosco era poverissimo. Sua madre, Margherita Occhiena, dovette domandare l'appoggio di persone caritatevoli per mantenere il figlio nel Seminario e per provvedergli il vestiario. Come avrebbe potuto Don Bosco dar mano ad opere colossali, tali da fare sbalordire il mondo, trovandosi nella grande povertà? La Divina Provvidenza gli venne in aiuto ed egli potè dare il pane a decine di migliaia di ricoverati, comprare terreni per costruire Istituti e Chiese, fornire di buona attrezzatura le Scuole Professionali ed effettuare numerose spedizioni di Missionari all'estero.
Iddio talvolta metteva alla prova la sua fede e lo faceva giungere con l'acqua alla gola; però quando le strettezze erano al massimo, la Provvidenza era alla porta. Tutta la vita del Santo fu un miracolo della Provvidenza Divina. Di questo era consapevole anche il Papa. Difatti, desiderando Leone XIII che sorgesse in Roma una Chiesa in onore del Sacro Cuore, si rivolse a lui ed ottenne lo scopo. Oggi chi va a Roma, presso la stazione Termini vede un bel Tempio, sormontato da una grande statua del Sacro Cuore. Don Bosco si decise a iniziare i lavori, pur sapendo di non avere denaro. Quando fu invitato dal Papa all'ardua impresa, disse: Santità, non vi chiedo denaro, ma solamente la Vostra paterna Benedizione.
Quante Chiese innalzò Don Bosco! Merita una speciale menzione il Tempio di Maria Ausiliatrice in Torino, che fu il primo ad essere eretto.


QUI LA MIA CASA!

Racconta Don Bosco.
«Mi apparve una Signora, assai ben messa e vestita da pastorella; mi fece cenno di seguirla. Dopo avere molto
camminato, la bella Signora m'invitò a guardare verso mezzodì. Guardando, vidi un campo, in cui erano seminati molti erbaggi.
- Guarda un'altra volta! mi disse. Guardai di nuovo e vidi una stupenda ed alta Chiesa. Un'orchestra ed una musica strumentale e vocale m'invitavano a cantare Messa. Nell'interno di quella Chiesa vi era una fascia bianca, in cui a caratteri cubitali stava scritto: « Hic domus mea, inde gloria mea » (Qui M la mia casa, da qui [partirà] la mia gloria).
« Volli chiedere cosa volesse indicare quella Chiesa. Mi rispose: Tu comprenderai, quando con gli occhi materiali vedrai quello che ora vedi in visione. Allora compresi poco il significato »
Continua Don Bosco.
« Un'altra volta mi apparve un campo di ortaggi, vicino al Corso Regina Margherita. In esso, ritti in piedi, stavano tre bellissimi giovani, splendenti di luce; erano i Santi Avventore, Ottavio e Solutore, i quali in quel posto avevano sparso il sangue per la fede. «I tre giovani m'invitarono ad avvicinarmi a loro e mi accompagnarono verso l'estremità del campo ove mi trovai dinanzi ad una Signora, magnificamente vestita, con maestà e splendore. A Lei, come a Regina, facevano nobilissimo corteggio innumerevoli personaggi, abbaglianti di grazia e di ricchezza.
« L'augusta Signora, alzando allora la destra, con voce armoniosa, esclamò: Hic domus mea, inde gloria mea »!
Quel campo mostrato a Don Bosco in visione è divenuto poco per volta la cittadella di Maria Ausiliatrice, il cuore della Congregazione Salesiana. Il Tempio chiesto dalla Madonna, è l'attuale Santuario di Maria Ausiliatrice; il posto, ove apparve l'augusta Signora, corrisponde al sito dell'Altare Maggiore. Chi visita il Santuario, nell'interno vi legge la scritta a grandi caratteri: « Hic domus mea, inde gloria mea ».


ASSISTENZA DIVINA

Costruire un Tempio, grande e sfarzoso, richiederebbe oggi centinaia e centinaia di milioni; quantunque al tempo del Santo la moneta avesse altro valore, facendo le proporzioni, si avrebbe lo stesso risultato. Don Bosco iniziò la costruzione del magnifico Santuario dell'Ausiliatrice in Torino senza denaro; e non solo la Chiesa, ma anche i locali annessi, cioè un grandioso Ospizio.
La gente si domandava, a vedere tanti operai a lavoro e la fabbrica a venire su così presto: Ma questo Prete dove prende i denari per pagare la mano d'opera e il materiale?... Don Bosco aveva fatto il disegno del Santuario, come gli era stato mostrato nelle visioni, l'aveva fatto approvare, aveva posta la prima pietra il 27 Aprile 1865 e diede l'incarico della costruzione all'impresario Carlo Buzzetti. A costui disse:
- Ti voglio dare subito un acconto per i grandi lavori. Non so se sarà molto, ma sarà tutto quello che ho.
Messo fuori il borsellino, lo capovolse nelle mani di Buzzetti e vennero fuori otto soldi.
- Con questo lei vuole innalzare un grande Tempio?
- Stai tranquillo, che la Madonna penserà a provvedere il denaro!
Un altro, che faceva da economo, disse: Don Bosco, ma come faremo ad andare avanti? Come si può affrontare un'opera simile senza denaro?
- Non preoccuparti! Comincia gli scavi. Quando mai noi abbiamo cominciato un'opera con i denari pronti? Bisogna lasciar fare qualche cosa alla Divina Provvidenza!
Da quel momento furono tante le grazie concesse dalla Madonna a coloro che concorrevano alla costruzione della nuova Chiesa, che Don Bosco potè dire: La Vergine Santissima si è edificata da se stessa la sua casa; ogni mattone del Tempio ricorda una grazia da lei concessa.
Per aver un'idea di ciò che avveniva attorno a Don Bosco quando lavorava per la gloria di Dio, basta citare un semplice episodio, uno tra i moltissimi.
Si erano cominciati gli scavi e si avvicinava il giorno del pagamento della prima quindicina di lavoro. Il Santo fu chiamato al letto di una signora, la quale da tre mesi era gravemente inferma. Le consigliò di pregare la Madonna e di fare una novena, con la promessa, se era possibile, di dare qualche offerta per il Tempio in costruzione. L'inferma presto guarì e diede a Don Bosco la somma per il pagamento della quindicina dei lavori, dicendo: Questa è la prima offerta e non sarà certamente l'ultima.

COSE DI OGNI MOMENTO

La fiducia di Don Bosco nella Divina Provvidenza non aveva limiti, per questo era sicuro in ogni impresa. Si trovava a San Benigno Canavese.
Don Rua e Don Lazzero erano preoccupati, dovendosi pagare d'urgenza ventimila lire. Questa somma oggi equivarrebbe almeno a due milioni. Mentre si studiava il modo di procurare il denaro, Don Bosco estrasse da tasca una busta sigillata, che gli era stata consegnata e non aveva ancora aperta.
Era un signore che scriveva, dicendo che aveva già pronte ventimila lire da mandare per qualche opera di beneficenza.
Don Bosco esclamò: Queste sono cose di ogni momento; eppure i posteri non le vorranno credere e le porranno tra le favole!
Un altro esempio del genere.
Si erano spese trentamila lire per mettere in efficienza un'abitazione a Mathi Torinese. Don Bosco era a pranzo dal Conte Colle a Tolone e ruminava nella sua mente la maniera di raccogliere quella somma per darla all'impresario; non manifestò il suo pensiero.
Finito il pranzo, il Conte, che nulla sapeva dell'affare di Don Bosco, gli consegnò un plico, dicendo: Serva per le sue opere.
Il plico conteneva trentamila lire. Il Santo, sorridendo, si rivolse al Conte: Durante il pranzo pensavo al debito di trentamila lire; lei è stato scelto da Dio a strumento della sua Provvidenza. Il Conte a queste parole pianse di consolazione.
Quando, in estremo bisogno, non si muovevano gli uomini ad aiutare Don Bosco, interveniva direttamente Dio, dando al suo Servo il potere di operare miracoli. Ed il nostro Santo potè moltiplicare le pagnottelle per la colazione dei suoi ricoverati, le castagne e le nocciole in occasione di passeggiate e le Sacre Particole durante la Messa.


L'AFFERMAZIONE DI GESÙ

Come si spiega l'abbondanza di Provvidenza in Don Bosco? Con le parole di Gesù: « Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in più... ».
Egli cercava la gloria di Dio e la salvezza delle anime; non ambiva il denaro per sè o per cupidigia, ma per il bene del prossimo.
Secondo le parole del Vangelo, quando una persona osserva bene la legge di Dio ed ha cura dell'anima propria, può essere sicura di essere assistita dalla Divina Provvidenza; non nuoterà nella ricchezza, perchè d'ordinario questa è pericolosa, ma non sarà privata del necessario.
Don Bosco è considerato come il Santo della Provvidenza e molti si rivolgono a lui nelle necessità della vita.


VITA IN PERICOLO

Chi fa il bene, dovrebbe essere stimato ed incoraggiato a proseguire. Invece spesso avviene il contrario, cioè i buoni sono più perseguitati dei cattivi.
San Giovanni Bosco, pur avendo innumerevoli amici ed ammiratori, subì terribili persecuzioni da parte del Governo anticlericale, di qualche eminente autorità di Torino e specialmente da parte dei settari e dei protestanti Questi ultimi dapprima lo lottarono con la stampa, diffondendo calunnie; poi ricorsero alle minacce; come ultima soluzione, tentarono di dargli la morte.
C'era gente pagata, affinchè il delitto fosse consumato. Il Santo Prete quanti attentati ebbe! Si tentò più volte di avvelenarlo, gli si sparò addosso in diverse circostanze, fu assalito con bastoni e con coltelli... Il demonio era arrabbiato contro l'uomo di Dio e si serviva dei malvagi per toglierlo di mezzo.
Come avrebbe potuto Don Bosco superare tante insidie senza un'assistenza straordinaria da parte di Dio e della Madonna? E l'assistenza l'ebbe, abbondante, continua, prodigiosa. Era nel cortile tra i suoi giovani. Un uomo, appostatosi sul muro di cinta, mirò al cuore e tirò un colpo di fucile. La Provvidenza deviò il colpo e la palla passò sotto il braccio del Santo, portando via un piccolo brandello di veste. I giovani trasalirono, ma Don Bosco li rasserenò sorridendo: Eh, si vede che quell'uomo non è un buon tiratore!
I Salesiani, che veneravano il loro Padre e ne vedevano in pericolo la vita, fecero ricorso alle autorità competenti, le quali s'interessarono, ma non troppo. Poiché gli attentati continuavano, specialmente di notte tempo, quando egli rincasava, allora venne in aiuto la Provvidenza con la comparsa di un cane, che dal colorito fu chiamato « il Grigio ».


IL CANE MISTERIOSO
Il Grigio era un grosso cane, che pareva un lupo, alto un metro. Quando Don Bosco era in pericolo, esso appariva nei dintorni di Valdocco, oppure nell'atto stesso in cui avveniva l'attentato.
Una notte il Santo ritornando a casa, sentì corrersi dietro un uomo armato di grosso bastone. Per evitarlo, si diede alla fuga; però si accorse che c'erano parecchi altri, che volevano prenderlo in mezzo. Mentre stavano per circondarlo con i bastoni, saltò fuori il cane provvidenziale, che, messosi a fianco del Santo, mandò latrati con tanta furia che quei ribaldi, temendo di essere sbranati, pregarono Don Bosco di tenerlo fermo; l'uno dopo l'altro si allontanarono.
Il Grigio però non si allontanò, ma accompagnò il Santo sino all'ingresso dell'Oratorio. Un'altra volta, pure di notte, Don Bosco ritornava a casa per il Corso Regina Margherita, quando un uomo, che lo attendeva in agguato dietro un olmo, gli scaricò due colpi di pistola. La Provvidenza intervenne ed il Santo non fu colpito.
Il malfattore voleva ucciderlo a tutti i costi e gli si precipitò addosso. Ma apparve il Grigio, che si avventò alle spalle dell'aggressore e lo costrinse a fuggire malmenato; dopo si pose a fianco di Don Bosco e gli fece compagnia sino a casa.
In una serata nebbiosa il nostro Santo, mentre era nei pressi della Piccola Casa del Cottolengo, fu assalito da due uomini che gli gettarono sulla faccia un mantello.
Don Bosco fece di tutto per non lasciarsi avviluppare e, abbassandosi con rapidità, liberò per un istante il capo e cominciò a dibattersi.
Gli aggressori tentarono di avvolgerlo più strettamente e gli turarono la bocca con un fazzoletto.
In quel pericolo di morte venne il cane prodigioso; sembrava un orso inferocito; abbaiava da far paura; si slanciò con le zampe contro uno degli assalitori e lo costrinse ad abbandonare il mantello sul capo di Don Bosco; poi si gettò sopra l'altro, mordendolo ed atterrandolo; dopo corse dietro al primo che già fuggiva, gli balzò alle spalle e lo gettò nel fango.
Il Santo, sicuro di essere ormai fuori pericolo, chiamò il Grigio, che si ammansì subito.

PRESSO IL CANCELLO

Ad ora avanzata Don Bosco si era disposto ad uscire di casa per esercizio del Sacro Ministero; sapendo che la sua vita era minacciata, invitò alcuni giovani a tenergli compagnia. Giunto al cancello, trovò il cane sdraiato; allora esclamò:
- Oh, il Grigio! Tanto meglio, saremo uno di più. Beh, Grigio mio, alzati dunque e vieni con me.
Il cane, invece di ubbidire come al solito, mandò un urlo come un ruggito e non si mosse. Il Santo per due volte cercò di andare oltre e per due volte il cane impedì che passasse; la terza volta Don Bosco fece violenza; ma la bestia gli si gettò tra i piedi, affinchè non oltrepassasse il cancello.
Allora Mamma Margherita, che aveva tentato di dissuadere il figlio dall'uscire a quell'ora, disse: - Se non vuoi ascoltare me, ascolta almeno il cane; non uscire! Don Bosco rimase in casa.
Trascorsi un po' di minuti, venne una persona a dire: Don Bosco, le raccomando di stare in guardia! Ho saputo per caso che in questi dintorni ci sono sguinzagliati alcuni individui, decisi a toglierle la vita!
Il Santo ringraziò Iddio.
Chi va oggi a visitare l'Oratorio Salesiano di Valdocco, vede sulla parete di un cortile interno una piccola lapide, che ricorda l'episodio narrato ed il posto, ove il Grigio impedì a Don Bosco il passaggio.


NON ASSAGGIÒ MAI NULLA

I fatti del cane prodigioso erano conosciuti nell'Oratorio; i giovani chiamavano il Grigio « il cane di Don Bosco ». Tutti, grandi e piccoli, gli si avvicinavano e l'accarezzavano.
Il prezioso animale entrava liberamente nel cortile e si aggirava qua e là. per i vari ambienti della casa. Entrava pure nel refettorio ove pranzavano i giovani; si avvicinava festosamente a Don Bosco, che gli offriva pane, pietanza, minestra ed anche da bere; ma il Grigio non assaggiò mai nulla.
Il cane apparve a Don Bosco più di cinquanta volte, in momenti più o meno pericolosi. Una delle ultime volte fece la sua comparsa in Francia, quando il Santo si era smarrito di notte e si trovò davanti a un pantano melmoso. Allora Don Bosco, narrando il fatto disse: Da circa vent'anni che non vedo il Grigio.


IL DEMONIO

Il demonio si arrabbia contro coloro che attendono seriamente al proprio perfezionamento spirituale e quindi ingaggia la quotidiana lotta, tentando al male; se non riesce oggi, spera di riuscire domani; conosce i lati deboli di ognuno e sa come sfruttarli, per trascinare all'impurità, all'odio o all'abuso della misericordia di Dio.
Ma se così si comporta con le persone pie, è da immaginarsi come scateni il suo furore contro quelli che portano anime a Dio.
Don Bosco era pescatore di anime; il demonio perciò inferocì contro di lui, nella stolta speranza di ostacolarne l'apostolato.
Le vessazioni diaboliche cominciarono con forti rumori notturni al tetto della sua abitazione; avvenivano scuotimenti improvvisi e terrificanti all'uscio ed alle finestre; le coperte del letto, mentre prendeva riposo, si ritiravano per mano invisibile.
Il demonio prendeva spesso forma visibile, per lo più mostruosa, ed aggrediva personalmente Don Bosco. Tali fenomeni si ripetevano con tanta insistenza, che la salute del Santo ne ebbe molto a soffrire.
Il Sacerdote Angelo Savio, coraggioso, decise una notte di vegliare nell'anticamera del Santo, per accertarsi degli strani fenomeni; ma all'udire quei fragori diabolici, fu preso da tale spavento, che pieno di terrore fuggì nella propria stanza.
Le suddette vessazioni erano in certi periodi, specialmente quando aveva inizio o compimento qualche nuova opera di apostolato.
Una sera Don Bosco, parlando con un gruppo di giovani e ricordando qualcuna delle sue terribili notti, fu interrotto da uno di essi: Oh, io non ho paura del diavolo!
- Taci! Non dire questo! rispose Don Bosco, con voce vibrata che colpì tutti. Tu non sai quale potenza abbia il demonio, se il Signore gli desse libertà di agire.
- Sì, sì! Se io lo vedessi, lo prenderei per il collo ed avrebbe da fare con me!
- Tu morresti dalla paura al primo vederlo...
- E lei come faceva a respingerlo? Col segno della Croce?
- Sì, ma non bastava; il segno della Croce valeva solo per qualche momento.
- Allora gettava l'Acqua Benedetta?
- In certi momenti l'Acqua Benedetta non basta. Però io ho trovato il rimedio efficace... che non è necessario dirvi... Non auguro a nessuno di trovarsi in momenti terribili, come mi son trovato io e bisogna pregare Dio che non permetta mai al nostro nemico di farci certi scherzi.
Con tutte le lotte del demonio, il Santo riuscì ad attuare i disegni di Dio, trionfò appieno sul suo nemico, mediante l'aiuto della Vergine Ausiliatrice.
Quando negli ultimi anni della vita un tale gli disse: Don Bosco, alla sua morte tutti saranno dispiaciuti! egli rispose: Tranne del demonio, che dirà: Finalmente è morto colui che mi ha dato tanto fastidio!


BILOCAZIONE

La bilocazione è il fenomeno preternaturale, per cui una persona mentre sta in un dato luogo, contemporaneamente si trova altrove. A pochi Santi è avvenuto ciò, ad esempio, a Sant'Antonio di Padova; è avvenuto anche a Don Bosco.
Ai primi di Luglio del 1862, Don Bosco aveva detto: - In questo mese uno dei giovani dell'Oratorio partirà per l'eternità.
Dopo un po' di giorni si ammalò il giovane Casalegno di Chieri e lasciò l'Oratorio di Torino per recarsi in famiglia. Il male si aggravò e l'infermo prima di morire desiderava vedere Don Bosco ed essere assistito da lui.
Il nostro Santo era nei pressi di Lanzo Torinese, ivi andato per gli Esercizi Spirituali. Da quel ritiro non fu visto uscire; era controllata la sua presenza dagli esercitandi; eppure contemporaneamente fu a Chieri a fianco del moribondo e non lo lasciò finché non fu spirato.
Comunicò il fatto agli esercitandi lo stesso giorno e scrisse subito una lettera ai Superiori dell'Oratorio, affinché si facessero i dovuti suffragi.


VISITE DA LONTANO

Fare un bagno, con le dovute caute le, non è male; la cosa però cambia aspetto trattandosi di ragazzi, che vanno a tuffarsi in un fiume, essendoci pericolo per il corpo e forse anche per l'anima.
Durante i calori estivi, alcuni giovani di Don Bosco andavano nascostamente a bagnarsi nel fiume Dora. Il Santo lo proibì rigorosamente.
I malintenzionati approfittavano della sua assenza da Torino, per uscire di sotterfugio dall'Oratorio ed andare a bagnarsi.
Don Bosco sapeva ciò ed una volta, trovandosi lontano, scrisse una lettera ai suoi giovani dell'Oratorio.
« Sono assente, ma sono tra voi. Sono già venuto più volte a visitare l'Oratorio ed ho trovato un poco di bene ed un poco di male.
«In una mia visita mi sdegnai non poco, perchè vidi alcuni che durante le sacre funzioni uscirono dalla Chiesa per andare a nuotare. Poveri giovani! Quanto poco pensano all'anima loro!
«Vi dico cose che non dovrei dirvi, ma credo bene tuttavia di dirvele, affinchè nessuno si creda di poterla fare franca, quando io sono lontano dall'Oratorio, perchè egli s'inganna se credesse di non essere veduto. Badate però di non astenervi dal male soltanto per paura di essere veduti e scoperti da Don Bosco, ma bensì perchè siete veduti da quel Dio, che nel giorno del giudizio vi domanderà rigorosissimo conto ».


NEL FIUME

Il Santo fu interrogato come facesse a vedere da lontano ciò che avveniva tra i suoi giovani; egli rispose, scherzando: - Ho il filo telegrafico.
Un certo Oreglia volle sapere se per mezzo di questo filo avesse potuto non solo vedere, ma anche fare qualche cosa.
Don Bosco rispose: - Posso anche agire.
Era il Santo partito da Torino e stava ancora in viaggio. Due giovani, approfittando di ciò, andarono a bagnarsi nel fiume. Mentre stavano nell'acqua, Don Bosco non si accontentò di avvicinarli, ma diede delle forti palmate sulle loro schiene. Le botte si ripetevano; i giovani si accorsero che venivano da mano invisibile ed uscirono dall'acqua spaventati. Don Bosco scrisse al Teologo Borel: Domenica i due giovani Costa e Beretta entrarono in Chiesa per la porta maggiore e poi uscirono per quella della sacrestia; andarono a bagnarsi nel Dora e, mentre erano nell'acqua, ricevettero delle palmate, tutt'altro che leggere.
Il Borel, ricevuto il biglietto, interrogò i due giovani e le loro risposte furono conformi alla dichiarazione di Don Bosco.

GUARIGIONE DI UN BAMBINO

Il 14 Ottobre del 1878 Don Bosco era a Torino. Intanto in Francia, a Saint Rambert d'Albon, la signora Adele Clement era in afflizione, perché il suo bambino, affidato ad una balia, stava assai male. Pregava ed il bimbo non guariva.
Suo marito, negoziante di olio, che faceva ritorno a casa sopra un carro, vide un Prete sulla via. Sembrandogli stanco, lo invitò a salire sul carro e poi gli offrì un pranzo in famiglia.
La signora Adele, credendo che fosse un Prete capace di confortarla, gli disse che aveva il figlioletto cieco, sordo e muto, per un improvviso malore. Assicurò che aveva pregato, ma la grazia non veniva.
Il Sacerdote rispose: - Pregate e sarete esaudita.
La signora chiese: Qual'è il vostro riverito nome?
- Da qui ad alcuni anni il mio nome sarà stampato sui libri e quei libri vi capiteranno tra mano. Allora saprete chi sono io.
Il marito durante il pranzo gli versava da bere. C'era sulla tavola un boccale per l'acqua, bianco e cerchiato d'argento. Il Prete disse: - Conservate questo boccale per mio ricordo. Verso la fine del pranzo il Prete disse: - Una voce mi chiama e bisogna che io parta. E partì.
La signora ed il marito pensarono di andargli dietro, ma non lo videro più. Quando poi si recarono dalla balia per vedere il bambino ammalato furono pieni di stupore a sentire che ivi era stato un Prete sconosciuto, che aveva toccato il bambino e questi era guarito all'istante. Facendo i calcoli del tempo, riscontrarono che il Prete era andato appena uscito dalla loro casa. E’ da notare che il villaggio della balia era distante tre chilometri.
Quei buoni genitori almanaccavano da sette anni per indovinare chi fosse quel Prete misterioso. Quando fu loro presentato un libro che parlava di Don Bosco e ne portava il ritratto: Ecco, esclamarono tutti e due i coniugi, ecco il Prete che ha guarito nostro figlio!


VIAGGI MISTERIOSI

Tanti altri casi di bilocazione potrebbero riportarsi. Ad esempio, le visite che faceva, stando a Torino nella sua camera, a tante regioni lontane, specialmente d'America. Iddio gli permetteva di vedere quei luoghi, ove dimoravano i selvaggi, affinchè s'interessasse di mandarvi i Missionari. Erano tanto frequenti questi viaggi misteriosi, per cui Don Bosco conosceva bene persone, usi e costumi di quelle regioni e parlava con competenza eccezionale del clima, dei terreni e dei prodotti, come se fosse del luogo. Ed una volta che tenne una conferenza a Parigi a degli accademici ed intellettuali, esponendo in tutti i particolari una regione inesplorata dell'America, la Patagonia, un tale gli chiese:
- Da dove avete attinto voi tante notizie?
- Eh,... son cose che so!...
Fu tale la meraviglia delle cose udite nella conferenza, che gli accademici francesi gli ottennero dal Governo una grande onorificenza con medaglia d'oro.


A SARRIA‘

Non si può omettere un caso di bilocazione, che quasi tutti i biografi riportano.
Il Salesiano Don Branda, Direttore dell'Istituto di Sarrià, nella Spagna, era a letto, nella notte del 6 Febbraio 1886. Durante il sonno sentì chiamarsi: - Don Branda! Don Branda! Era la voce di Don Bosco, il quale stava a Torino. Il Direttore aprì gli occhi e, quantunque piena notte, vide la camera illuminata a giorno. La voce continuò: - Ora tu non dormi! Alzati, dunque!
Don Branda si alzò, si vestì, rimosse la tendina del letto e scorse nel mezzo della camera Don Bosco. Gli si avvicinò e gli prese la mano per baciarla.
Don Bosco gli disse: - Vieni con me, conducimi a visitare la casa. Ti farò vedere cose, delle quali tu nemmeno sospetti. Eppure sono cose che fanno spavento.
Don Branda, prese le chiavi delle camerate ed uscito con Don Bosco dalla sua stanza, salì le scale ed entrò con lui nei dormitori. Il Santo gli indicò tre giovani.
- Vedi questi tre infelici? Li ha guastati uno che tu non crederesti, se non fossi venuto io a dirtelo; e sono venuto perché c'era bisogno che io ti svelassi questo mistero d'iniquità. Tu te ne sei fidato, tu lo credi buono,... e tale sembra all'esterno. È il tizio... e disse nome e cognome.
Il Direttore sbalordì ad udire quel nome. Don Bosco continuò:
- Mandalo subito via dall'Istituto!
Usciti dalle camerate, fecero un giro per tutta la casa. Scale, stanze, cortili, s'illuminavano a giorno al passaggio di Don Bosco. Si ritornò nella camera di Don Branda. Qui in un angolo, apparvero i tre poveri giovani nell'atto di nascondersi, per sfuggire alla vista di Don Bosco; avevano il volto ributtante; vicino ad essi stava colui che li aveva scandalizzati.
La fisionomia di Don Bosco divenne terribilmente severa; poi con un tono di voce schiacciante gridò: - Scellerato, sei tu che rubi le anime al Signore! La tua colpa è enorme e tu l'hai continuata per mesi e mesi e l'hai sempre taciuta in confessione!
Poi ripetè al Direttore: - Manda via costoro!
Don Branda osservò: Io non so come fare a mandarli e quali ragioni addurre.
Don Bosco non disse altro e si mosse per uscire dalla stanza. In quel momento sparve la luce. Il Direttore rimase solo al buio, accese il lume e vide che l'orologio segnava le ore quattro.
Era assai turbato e non ritornò a letto. Lungo il giorno studiava come rimediare all'inconveniente dell'Istituto, ma non sapeva decidersi a mandare quei giovani.
Tutto questo, come si è detto sopra, avveniva nella Spagna. Don Bosco l'indomani dell'apparizione, stando a Torino, disse a Don Rua: Questa notte ho fatto una visita a Don Branda. Scrivigli una lettera e domandagli se ha eseguito i miei ordini.
Don Rua mandò la lettera, ma Don Branda non si risolveva ad allontanare i giovani. Passati cinque giorni dall'apparizione, mentre Don Branda era al principio della Messa e stava per salire i gradini dell'Altare, fu invaso da terrore e tremore e gli risonò nell'intimo una voce misteriosa: - Fa' subito quello che ti ha ordinato Don Bosco, altrimenti questa è l'ultima Messa che celebri!
Lo stesso giorno si risolvette ad agire. Chiamati i colpevoli, si accertò di tutto e potè mandarli dall'Istituto.
Dal carisma della bilocazione si rileva l'onnipotenza e l'onniscienza di Dio, che tutto vede e scruta.

SOSTITUZIONE MISTICA

Nelle anime straordinarie si riscontra un fenomeno interessante assai, chiamato «sostituzione mistica» e consiste nel passaggio di una malattia da una persona all'altra.
In Don Bosco sovente. Egli aveva un fisico forte, resistente alla fatica e poteva ridurre al minimo il riposo notturno; ma non gli mancavano i disturbi, specialmente ad una certa età. Soffriva del vomito, particolarmente quando confessando ascoltava peccati contro la purezza; per la troppa fatica in certi periodi aveva sputi di sangue ed il mal di denti lo tormentava oltre ogni dire. Qualche volta gli era quasi impossibile attendere a certe opere di bene, essendo il disturbo fisico troppo accentuato; in tale caso ricorreva alla sostituzione mistica, cioè donava temporaneamente il suo malessere ad un altro e, quando aveva espletato il lavoro urgente, se lo riprendeva.


PATTO CON UN GIOVANE

Don Bosco tra i giovani ne scelse uno, il quale si disse disposto a prendere le sue sofferenze corporali; lo incoraggiò, gli promise che lo avrebbe aiutato con la preghiera e fece il patto: - Quando mi rivolgerò a te per aiuto, tu farai una preghiera; allora il mio male passerà a te; ma sappi che come d'un colpo ti comincerà, così d'un colpo ti finirà.
Il giovane stava abitualmente in buona salute; poteva studiare, giocare, fare passeggiate. All'improvviso era assalito da vomiti violenti, non poteva reggersi e andava a letto. Altra volta smaniava per il mal di testa, o di occhi o di denti.
I superiori in un primo tempo si preoccuparono del caso, ma Don Bosco li rassicurò, dicendo: - Quel giovane, soltanto che preghi, ottiene da Dio che il male fugga da me e vada addosso a lui. Io poi lo raccomando a Savio Domenico perché lo faccia guarire, ed in breve tempo guarisce. Quasi ogni giorno, vedo qui in casa tali cose, che non si crederebbero se si leggessero sui libri, eppure Dio si compiace farle tra noi.
Don Bonetti, aiutante di Don Bosco, a vedere una sera il giovane molto sofferente, gli rivolse delle parole d'incoraggiamento; ma la risposta fu: Non mi preoccupo; domani sarò guarito; me lo disse Don Bosco. E così fu.


DOLOROSA ESPERIENZA

Don Antonio Sala, nel suo ardore giovanile, volle fase l'esperienza di questo singolare fenomeno e disse a Don Bosco che avrebbe accettata qualche sua sofferenza.
Si trovavano a Roma tutti e due. Il Santo doveva tenere una conferenza, ma preso da fortissimo male di capo, si sentiva tanto abbattuto, che non gli sarebbe stato possibile uscire di casa. Doveva trattare di cose sommamente importanti.
Don Sala si prestò ad aiutarlo. - Che il suo male si trasferisca a me e che lei resti libero! Don Bosco rispose: - Povero Don Sala!... Ebbene, ti cedo il mio male, finché sia finita la conferenza.
Appena Don Bosco uscì di casa, un atroce mal di capo s'impossessò di Don Sala, il quale smaniava e desiderava che finisse presto la conferenza. Quando Dio volle, Don Bosco ritornò e così il paziente cessò di soffrire.


LA VOCE

Nei suoi viaggi in Francia, il nostro Santo riceveva onori non comuni; giornali, autorità, masse di fedeli si occupavano di lui.
Fra l'altro, una volta, si preparò una bella accademia in suo onore nel Seminario di Marsiglia.
Il salone del teatro era al completo; si aspettava che da un momento all'altro avesse inizio la declamazione. Il Rettore del Seminario si avvicinò a Don Bosco per dirgli: Siamo mortificati; con tanto piacere abbiamo preparato questa manifestazione ed intanto dovrà andare a male. Il giovanetto che deve eseguire i canti principali, è rauco; e non abbiamo trovato rimedio al suo mal di gola.
- Non si affligga! - rispose Don Bosco. Venga qui il piccolo cantore.
Quando l'ebbe davanti, gli disse: - Ti do la mia voce, così questa sera potrai cantare. Però prometti al Signore di servirti della tua voce sempre per dare gloria a Dio e non per vanità Cessò il mal di gola; il cantore eseguì bene i canti, però Don Bosco perdette la voce, essendo passata a lui la raucedine del giovanetto.
Don Bosco, di cuore delicato e paterno, molte volte prese per sè i disturbi di questo o di quello.
Ad esempio, ritornato a casa dopo avere confessato nel carcere, dovette ritirarsi in camera e tenere il letto. Era preso dal mal di capo e dal dolore dei denti. Un tale gli disse: Come mai sta così male?
- Vedi, gli rispose, ho confessato tanti carcerati. Che penitenza potevo dare a quegli infelici? Intanto i peccati si devono riparare. Ho chiesto al Signore di fare soffrire me.


GUARIGIONI

Gesù durante la vita terrena liberò molti dalle infermità e diede agli Apostoli il dono delle guarigioni. Numerosissimi Santi hanno illustrata la Chiesa di Dio con il carisma delle guarigioni; tra costoro c'è anche Don Bosco.
Se si volessero narrare tutte le guarigioni operate da questo Santo, sarebbe necessario un volume. Per brevità ne riporto qualcuna.
Nella sua umiltà Don Bosco, affinché la gente non lo stimasse Santo, ricorse ad un'astuzia, che poi fu scoperta. Quando persone sofferenti a lui si rivolgevano per essere guarite, egli ordinava delle pillole, acciocchè la guarigione fosse attribuita all'azione delle pillole, le quali erano semplice mollica di pane. Qualche esempio.
Il Signor Turco, da Montafia, soffriva di febbri ostinate; nessuna prescrizione medica lo guariva. La sua famiglia ricorse a Don Bosco, che consigliò la Confessione e la Comunione, come sempre soleva fare, e poi consegnò una scatola con delle pillole, da prendersi ogni giorno in un dato numero, recitando prima tre Salve Regina.
Prese le prime pillole, l'ammalato guarì perfettamente. Il farmacista del paese, saputo il fatto, si recò in fretta a Torino e disse a Don Bosco: - Io rispetto il suo ingegno ed il medicinale potente, di cui lei è l'inventore; lei ha trovato un sicuro febbrifugo. La prego di volermi vendere una quantità del suo farmaco, ovvero manifestarmene il segreto.
Il Santo rimase alquanto imbrogliato e non trovò altro espediente che dire: - Ho consumata la provvista delle pillole.
Il farmacista, ritornato a casa, smanioso di conoscere gli ingredienti delle pillole, se ne procurò alcune conservate nelle famiglie e ne fece l'analisi chimica.
- Ma qui, esclamò, non trovo altro che pane! Eppure le guarigioni sono evidenti.
Si recò da uh altro farmacista suo amico e con lui scompose le pillole; conclusero: - È pane! Non c'è dubbio!
Quando il Signor Turco, già guarito, andò a ringraziare Don Bosco, lo pregò di manifestargli il segreto della medicina. Il Santo gli chiese: - Ha recitato con fede le tre Salve Regina?
- Oh, certamente!
- E questo le basti.

ABBIATE FEDE!

L'essere liberati da una malattia è un dono di Dio. Il primo segreto per ottenerlo è avere l'anima senza colpa grave. Come si può ottenere un favore, trovandosi nell'inimicizia di Dio?
Don Bosco nell'operare una guarigione aveva di mira innanzi tutto il bene spirituale e poi quello corporale; infatti diceva a chi lo richiedeva di qualche grazia: - Confessatevi e comunicatevi; aggiungete anche questa preghiera.
Un giovane ammalò ad una gamba, la quale venne in suppurazione, con certe piaghe da fare ribrezzo; era prossima la cancrena.
I parenti mandarono a chiamare Don Bosco, che non tardò ad andare; addolorati gli dissero che i medici avevano minacciato il taglio della gamba.
- No, rispose il Santo, non si farà questo! Abbiate fede e non si farà l'operazione.
Rimase a parlare solo a solo con l'infermo, lo invitò a confessarsi ed a comunicarsi ed a fare alcune promesse. Infine lo benedisse.
L'indomani giunse il medico e trovò la gamba guarita. Il giovane si alzò. Egli però dopo qualche tempo, essendo stato infedele alle promesse, ricadde ammalato come prima.
Don Bosco andò a visitarlo e comprese subito il motivo della ricaduta. Allora gli fece rinnovare le promesse; di nuovo lo benedisse e il giovane guarì.


SONO COMPLETAMENTE GUARITO

Il Santo aveva bisogno di tremila lire, per pagare gli operai che costruivano la Chiesa di Maria Ausiliatrice. Uscì in cerca di denaro. Un domestico appena lo riconobbe, lo invitò ad andare a visitare il suo padrone gravemente infermo. Vi andò.
Giunto all'abitazione, gli si fece incontro una signora piangente: - Oh, Don Bosco! Se sapesse da quanto tempo l'aspettiamo! Avrei desiderato che mi avesse ottenuta la guarigione di mio marito; ma adesso è troppo tardi; è quasi alla fine; due giorni addietro i medici tennero il consulto.
Rispose Don Bosco: - C'era anche la Madonna? Se non c'era la Madonna, il consulto fu incompleto, poichè ci mancava il medico curante. E di che malattia si tratta?
- La malattia ha preso varie forme e da parecchi mesi è degenerata in idropisia; è stato operato più volte, ma ora è di nuovo gonfio, da fare pietà.
- Ebbene, se loro si sentono di aiutare la Madonna in un certo affare, nella costruzione della sua Chiesa, io mi proverò a fare guarire dalla Madonna suo marito.
- Volentieri, le darò qualunque cosa. Don Bosco fu introdotto nella camera dell'infermo, che disse: Quanto bisogno ho delle sue preghiere! Non c'è altro che lei che possa cavarmi da questo letto.
- È molto tempo che si trova in tale stato?
- Da tre anni; soffro orribilmente; non posso fare il minimo movimento da solo ed i medici non mi danno ormai più speranza di guarire.
- Vuol fare una passeggiata?
- Oh, povero me! Non ne farò più; ma... me la faranno fare!...
- Se ella è d'accordo con la sua signora, la farà oggi con le sue gambe e con la sua vettura.
- Oh, se potessi avere almeno un po' di sollievo, farei volentieri qualche cosa per le sue. opere!
- Veda, signore, il momento sarebbe propizio; avrei bisogno di tremila lire.
- Ebbene, mi ottenga un po' di sollievo ai miei mali ed io verso la fine dell'anno cercherò di accontentarla.
- Ma io ne avrei bisogno questa sera stessa.
- Questa sera?... Ma bisognerebbe uscire, andare alla Banca Nazionale, cambiare cedole...
- E perchè non andare alla Banca?
- Chi?
- Lei!
- Uscire io?...
- Ma lei scherzai È impossibile!...
- Impossibile a noi, ma non a Dio! Orsù, dia gloria, a Dio ed a Maria SS. Ausiliatrice! Mettiamoci alla prova.
Don Bosco fece radunare nella camera tutte le persone della casa, comprese quelle di servizio, una trentina, e le invitò a recitare particolari preghiere a Gesù Sacramentato ed all'Ausiliatrice.
Finita la preghiera, impartì la Benedizione all'infermo; questi avvertì un fortissimo disturbo addominale, tanto che la moglie si diede a gridare: - Muore! Muore!
Il Santo soggiunse: - Stia tranquilla, che non muore! Anzi, faccia portare qui i vestiti del marito perché ora dovrà uscire.
Mentre si facevano i preparativi, entrò il medico curante, che gridò all'imprudenza e tentò di dissuadere l'infermo; ma questi disse: - Sono padrone di me e voglio seguire i suggerimenti di Don Bosco!
I familiari volevano aiutarlo ad alzarsi ed il Santo li trattenne. In pochi minuti l'infermo era vestito e cominciò a passeggiare per la camera. Si diede ordine che si tenesse pronta la carrozza con i cavalli. Prima di uscire il guarito volle prendere cibo; poi fece, senza aiuto alcuno, quattro rampe di scale, montò sulla vettura, riscosse alla Banca le tremila lire e, ritornato a casa, consegnando l'offerta a Don Bosco, disse: - Sono completamente guarito! Non so come ringraziare!


UNA POVERA DONNA

Un ultimo episodio. Il 3 Maggio del 1867 Don Bosco era andato a predicare a Caramagna. Finita la predica, mentre era a pranzo presso il Curato, il cortile della canonica si stipò di gente, che desiderava la sua Benedizione.
Don Bosco scese in cortile e la prima a presentarglisi fu una povera donna, inoltrata negli anni, rattrappita, che si trascinava su due stampelle. Le chiese:
- Cosa desidera?
- Padre, abbia pietà di me! Mi dia una sua Benedizione!
- Di tutto cuore. Ma ha fede nella Madonna?
- Si, sì, tanta!
- Dunque, la preghi e le farà la grazia.
- Oh, preghi lei, perché è un Santo; io non sono buona a pregare bene.
- Bisogna che preghiamo tutti e due. Dunque, s'inginocchi!
- È tanto tempo che non posso più inginocchiarmi; ho le gambe quasi morte.
- Non importa; s'inginocchi!
La donna, per ubbidire, si appoggiò alle stampelle e tentò d'inginocchiarsi; ma Don Bosco, togliendogliele dalle mani, disse: - Così no, così no... s'inginocchi bene!
Erano presenti più di seicento persone e tutto osservavano in silenzio.
La donna s'inginocchiò, esclamando: - Come ho da pregare?
- Dica con me tre Ave Maria alla Vergine Ausiliatrice.
Terminata la preghiera, la donna si levò su, senza che alcuno la aiutasse, e non sentì più i dolori che l'opprimevano. Don Bosco le mise, sorridendo, le due stampelle sulle spalle, dicendo: - Ora può andare via ed ami sempre Maria Ausiliatrice!
Quella fortunata donna s'incamminò tra la moltitudine dei presenti, magnificando la Madonna e Don Bosco.

MOLTIPLICAZIONE DEGLI ELEMENTI
Il soprannaturale in certi casi suole colpire immensamente; ad esempio quando ha luogo la moltiplicazione degli elementi; così avvenne agli Ebrei quando assistettero alla moltiplicazione dei pani, operata da Gesù Cristo.
Don Bosco, in estremo bisogno, moltiplicò le pagnottelle, che dovevano servire di colazione ai suoi ricoverati; il prodigio si effettuò sotto lo sguardo di centinaia di persone, in cortile.
Moltiplicò le castagne ed in altra occasione anche le nocciuole, destinate a rallegrare i suoi giovani nelle passeggiate generali.
Due volte moltiplicò le Sacre Particole.
Era la fede di Don Bosco che operava prodigi. Il Santo richiamava alla mente il detto di Gesù: A chi crede, niente è impossibile.
Quanta fede ebbe Don Bosco! Eppure, prossimo a morire, rivolse a se stesso un rimprovero: - Se io avessi avuta più fede, avrei fatto ancora di più!
Cosa dire della fede di tanti Cristiani?... Una virtù teologale tanto importante, eppure è così poco tenuta in considerazione.


SCRUTAZIONE DEI CUORI
DON ANGELO LOVISOLO

Don Bosco fu generoso con Dio e Dio fu generosissimo con lui.
Quanti carismi arricchirono il Santo Torinese! Ebbe anche la scrutazione dei cuori, cioè il potere di leggere nella coscienza altrui.
Questo dono straordinario era di pubblica ragione. Per questo molti accorrevano al suo confessionale.
Diceva Don Bosco: - Presentatemi un giovane, che mai io abbia conosciuto, e vi so dire ciò che ha fatto dall'uso di ragione in poi... Leggo le coscienze, come leggo un libro.
Lo scrivente riferisce un colloquio personale.
C'era nella mia Comunità Religiosa un Salesiano, certo Don Angelo Lovisolo, il quale era stato con il Santo negli anni giovanili. Gli chiesi:
- Quando lei era con Don Bosco, andava da lui a confessarsi?
- Mi confessai per circa otto anni. Tutti volevamo confessarci da lui.
- Ma, nelle feste, nelle circostanze solenni, come poteva Don Bosco ascoltare tutti?
- Soleva fare così: Confessava dietro l'Altare Maggiore; ascoltava noi ragazzi sino al momento della Comunione; poi si alzava e diceva: Coloro che tocco, possono andare a comunicarsi; gli altri aspettino e si confessino. Dava uno sguardo rapido e poggiava la mano sulla nostra testa. Quando Don Bosco ci aveva toccati, eravamo sicuri di essere in grazia di Dio, sapendo che lui leggeva nei cuori.


EPPURE... È COSÌ!

Riferisce Don Francesco Provera, che fu molto tempo nell'Oratorio di Valdocco:
Un giovane s'avvicinò a Don Bosco, dicendo: - Mi dia un consiglio!
- Quale consiglio vuoi?
- Un consiglio che riguardi l'anima mia.
- Ebbene, ascolta: Sono tre anni e mezzo che tu sei in peccato mortale.
- Oh, possibile! Se io vado sempre a confessarmi da Don Savio!
- Eppure è così! Senti... E gli parlò di circa cinquanta peccati, che egli aveva sempre taciuti in Confessione. Ad ogni peccato che Don Bosco gli ricordava. il giovane confuso rispondeva: - Si, è vero, l'ho commesso e non l'ho confessato. Terminò con promettere che si sarebbe accusato di tutto.


QUANDO VERRAI?

Testimonia Don Bonetti:
Un giovane aveva già parecchie volte taciuto un grave peccato in Confessione. Sentendo il tormento della coscienza, determinò di fare una Confessione generale e scelse per confessore Don Picco. Gli manifestò le sue colpe, ma giunto a quel peccato, già altre volte taciuto, non osò palesarlo.
Dopo due giorni l'incontrò Don Bosco, lungo le scale, e gli disse:
- Quando verrai a fare la tua Confessione generale?
- L'ho già fatta!
- Oh, stai un po' quieto!
- Si, sì, l'ho fatta ieri l'altro da Don Picco.
- No! Non hai fatto alcuna Confessione generale! Dimmi un poco: Perché hai taciuto quel tale peccato... così e così?
Il povero giovane abbassò il capo, ruppe in pianto ed andò subito a fare una buona Confessione.

NON VOGLIO FARMI PRETE!

Lo stesso Don Bosco racconta:
Sul principio dell'anno venne accettato nell'Oratorio un giovane e la prima volta che mi parlò, disse: - Veda che io non voglio farmi Prete! Obbligano qui a farsi Prete?
- No; se non c'è la grazia speciale della vocazione, non si permette di vestire l'abito chiericale.
- Ancorchè io avessi la vocazione, non voglio che mi facciano Prete.
Qualche tempo dopo si trattava di confessarsi e voleva andar da qualche Sacerdote sconosciuto, o dai Frati del Monte o alla Consolata. Gli dissi: - Ti lascio andare volentieri, solo manderò qualcuno ad accompagnarti, ma con un patto!
- Quale?
- Ti faccio andare, col patto che tu manifesti al Confessore questo peccato e quest'altro! - e glieli indicai.
Il giovane restò meravigliato al sentirsi manifestare quei due peccati che egli non aveva mai confessati e mi rispose:
- Non c'è più bisogno che io vada a confessarmi altrove, essendo appunto questi i peccati che non avevo in animo di confessare qui, nell'Oratorio.
Al presente, che siamo quasi a metà d'anno, quel giovane è uno dei più animati per farsi Prete.


SPIRITO PROFETICO
FAREMO A META’

Conoscere l'avvenire è solo di Dio, perché davanti all'Essere Supremo è presente tanto il passato quanto il futuro. Dio può dare tale conoscenza a certi suoi servi; Don Bosco fu uno di costoro. Sterminato è il numero delle sue predizioni, poiché, conoscendosi il suo spirito profetico, molti si rivolgevano a lui.
Nei primi tempi della sua missione, Don Bosco ebbe davanti a sé un fanciullo. Lo guardò con dolcezza e gioia; poi, stendendo la palma della mano sinistra, con la destra fece segno di tagliarla, esclamando con spirito profetico: - Michelino, faremo a metà!
Quel fanciullo, in seguito divenne Don Michele Rua, oggi Venerabile e che presto speriamo vedere sugli Altari. Fu il braccio destro di Don Bosco per più di trent'anni e dopo la morte di lui prese il governo della Società Salesiana.


ED UNO DI VOI SARÀ VESCOVO

Una sera, dopo cena, Don Bosco era a refettorio; gli stavano attorno tanti giovani e gli domandavano cosa sarebbe stato di loro in avvenire.
Il Santo rispose: Due di voi diventeranno molto cattivi e mi daranno grandi dispiaceri; altri saranno secolari, ma buoni Cristiani; altri saranno buoni Preti. E, girando la mano in alto sulle loro teste, continuò: - Ed uno di voi sarà Vescovo.
Tra i presenti era Giovanni Cagliero, il quale vivente Don Bosco fu consacrato Vescovo e poi annoverato tra i Cardinali.


NON ALLONTANARTI DA ME!

Un giovane aveva finito gli studi nell'Oratorio ed aveva deciso di andarsene via, per entrare in qualche Congregazione Religiosa.
Don Bosco gli disse: - Fermati con noi e puoi fare parte della famiglia dell'Oratorio. Non allontanarti da me e qui avrai quello che desideri. - Ma il giovane era risoluto di partire. - Quando è così, concluse Don Bosco, va' pure. Però sappi che ti farai Gesuita e ti manderanno via; entrerai tra i Cappuccini e non sarai perseverante; sarai in prigione; infine, spinto dalla fame, ritornerai qui, a chiedere il pane in questo Oratorio.
All'infelice accadde alla lettera ciò che il Santo gli aveva predetto. Quando era nella prigione, Don Bosco andò a trovarlo. Il detenuto gli disse: - Si ricorda quando mi predisse che sarei stato incatenato? Per consolarla ora le dico che mi trovo in prigione non per delitto, ma perchè ho disertato dalla milizia.


LA CONTESSINA

Don Bosco aveva promesso al Conte Cravosio che sarebbe andato a pranzare da lui. Scelse il giorno onomastico della contessina, che cadeva il 30 Agosto, festa di Santa Rosa da Lima.
Il Santo era mortificatissimo a tavola, ma doveva prendere parte a certi pranzi di nobili, per dimostrare la sua riconoscenza per gli aiuti che gli prestavano.
Riferì poi la contessina:
Dopo il pranzo pregai Don Bosco di venire con me nella mia camera. Sopra una cantoniera avevo disposto una statuetta della Madonna Immacolata. Lo pregai di benedirla e di ottenere per me una grazia speciale, senza dirgli quale fosse. Era la grazia di seguire la mia vocazione religiosa.
Don Bosco giunse le mani e diritto davanti all'immagine di Maria fece sulla statuetta il segno della S. Croce; poi pregò ancora; infine senza scomporsi dal suo pio atteggiamento e sempre guardando la Madonnina, disse: O Vergine Santissima e Immacolata, benedite e consolate la Rosina, che io vedo vestita di bianco!
- Ma, Don Bosco, l'interruppe, io non sono vestita di bianco, anzi non mi piace di vestirmi di tale colore; (io avevo allora 19 anni) sono le bambine che si vestono di bianco.
Don Bosco replicò: - Si, la Rosina vestita di bianco!
Dopo due anni il Signore mi apriva la porta dell'Istituto delle Maestre Suore Domenicane in Mondovì ed indossai l'abito bianco, realizzandosi così la profetica parola di Don Bosco.


DON ALBERTO BIELLI
L'ora della morte è ignota a tutti. Gesù Cristo dice di stare preparati, perchè la morte viene come un ladro di notte.
Don Bosco ebbe il dono di conoscere il giorno della morte di molte persone, specialmente dei suoi giovani.
Era prudente nel preannunziare la fine di qualcuno e faceva ciò per disporre al gran passo gli interessati e per far vivere in grazia di Dio i giovani che educava.
Don Alberto Bielli, Salesiano, morto in Sicilia nel 1925, trascorse la fanciullezza e l'adolescenza sotto le cure dirette di Don Bosco. Egli raccontò allo scrivente un preannunzio di morte. È questa la narrazione:
« Prima di andare a riposo, Don Bosco ci rivolgeva una buona parola, che finiva con l'augurio della buona notte.
« Una sera disse: Cari giovani, stiamo preparati perché uno di noi partirà presto per l'eternità, Procuriamo di mantenerci nell'amicizia del Signore.
« Finita la buona notte, baciavamo la mano a Don Bosco. Quella sera noi ragazzi eravamo presi dalla paura e, baciando la mano, domandavamo: Sono io il prossimo a morire? A nessuno fu manifestato il segreto. L'indomani mattina, al pensiero della morte, molti andavano a confessarsi.
« Passati un po' di giorni, Don Bosco riprendeva l'argomento, sempre prima che andassimo a riposo: Tanti di voi mi domandano: Sono io quello che presto dovrà morire? Per il momento non posso manifestarlo; soltanto vi dico che il suo cognome comincia con la lettera " B ".
«Tanto io, che sono Bielli, quanto gli altri della " B ", finito il sermoncino, circondammo Don Bosco, per sapere con precisione chi fosse il destinato.
«Il buon Padre disse soltanto: - Fatevi coraggio, siamo nelle mani di Dio; tutti possiamo morire; potrei morire anch'io, perché mi chiamo Bosco ».
Avvicinandosi la data della morte, Don Bosco sorvegliava e faceva sorvegliare il segnato dalla Provvidenza e lo disponeva a ben morire.
Quella volta la morte toccò ad un certo Brusasca.


LE 22 LUNE

Fu chiesto al Santo come facesse a conoscere la morte di qualcuno e la data precisa; la risposta fu: - La conoscenza può avvenire in diversi modi. Per esempio, mi trovo in Chiesa con i ragazzi raccolti in preghiera. Improvvisamente si forma attorno a me una penombra; vedo allora apparire una fiammella, che gira vertiginosamente nell'interno della Chiesa. La seguo con lo sguardo per comprenderne il significato. In fine la fiammella si ferma sul capo di qualcuno e vicino ad essa appare una scritta « Morte! » con a fianco la data.
Si riporta l'annunzio del primo caso di morte, avvenuto nell'Oratorio di Valdocco.
In una festa del Marzo 1854 Don Bosco aveva radunato tutti gli alunni interni nella retro-sacrestia, dicendo di voler loro raccontare una cosa importante, una visione. Parlò in questi termini:
« Io mi trovavo con voi nel cortile e godevo a vedervi vispi ed allegri. Ad un tratto vedo che uno di voi esce da una porta della casa e si mette a passeggiare in mezzo ai compagni con in capo una specie di cilindro trasparente, tutto illuminato nell'interno e con la figura di una grossa luna, nel mezzo della quale era la cifra "22 ".
« Meravigliato, cercai di avvicinarlo per dirgli di lasciare quel cilindro da carnevale; ma ecco, mentre l'aria si oscurava, come fosse stato dato un segno di campanello, il cortile si sgombrò e vidi tutti i giovani sotto i portici, disposti in fila. Il loro aspetto manifestava un grande timore e dieci o dodici di essi avevano il viso ricoperto di strana pallidezza.
« Passai davanti a loro per osservarli. Vidi colui che aveva la luna sul capo più pallido degli altri e con le spalle coperte da una coltre funebre. M'incamminai verso di lui per chiedergli cosa significasse quello strano spettacolo, ma una mano mi trattenne e vidi uno sconosciuto, di nobile portamento, che mi disse: Ascoltami prima di avvicinarti a lui. Egli ha ancora 22 lune di tempo e prima che siano passate morrà. Tienilo d'occhio e preparalo! « Volevo domandargli qualche spiegazione del suo parlare, ma più non lo vidi; lo sconosciuto era sparito. Il giovane, miei cari figliuoli, io lo conosco ed è tra voi! »
Un vivo terrore s'impossessò di tutti i giovani, tanto più ch'era la prima volta che Don Bosco annunziava in pubblico con una certa solennità la morte di uno degli interni. Il Santo se ne accorse e proseguì: Io lo conosco ed è tra voi quello delle lune; ma non voglio che vi spaventiate. Fatevi tutti buoni, non offendete il Signore ed io starò attento e terrò d'occhio quello del numero «22 », il che vuol dire delle 22 lune, ossia 22 mesi, e spero farà una buona morte.
Finì l'anno 1854 e, trascorsi molti mesi del 1855, venne l'ottobre, cioè la ventunesima luna. Don Bosco disse al giovane Cagliero: - Guarda di assistere bene Gurgo!
Gurgo Secondo, da Pettinengo, era un giovane sui diciassette anni, di belle forme e robuste, tipo di florida salute.
Al principio di Dicembre nell'Oratorio non c'era alcun ammalato. Don Bosco, dopo le orazioni della sera, annunziò in pubblico che uno dei giovani sarebbe morto prima di Natale.
Verso la metà di Dicembre il giovane Gurgo fu assalito da una colica così violenta che, mandato a chiamare in fretta il medico, per suo consiglio gli si amministrarono i Santi Sacramenti. Otto giorni durò la terribile malattia e la notte del 23 al 24 Dicembre il giovane moriva.


LA CASA SAVOIA

Quando la gloria di Dio lo richiedeva, Don Bosco preannunziava la morte anche ad illustri personaggi; la stessa Casa Savoia ricevette dei tristi annunzi.
Si trattava di lottare contro la Chiesa in Italia, sopprimendo gli Ordini Religiosi, riducendo il numero dei Vescovi e dando allo Stato i beni ecclesiastici. Mentre al Parlamento si discutevano queste leggi inique, Don Bosco ebbe una visione.
Il Santo stesso narrò: Sulla fine del Novembre 1854 mi sembrò di trovarmi circondato da Preti e Chierici, presso il portico centrale dell'Oratorio, quando vidi avanzarsi in mezzo al cortile un valletto di Corte, in rossa uniforme, il quale, giunto a passo affrettato alla mia presenza, gridò: - Annunzia grande funerale in Corte! E subito valletto si dileguò. L'indomani Don Bosco comunicò per lettera la notizia al Re Vittorio Emanuele II.
Passati cinque giorni, si ripetè la visione. Questa volta il valletto di Casa Savoia gridò - Annunzia: Non grande funerale in Corte, ma grandi funerali in Corte!
Il Santo Sacerdote mandò un'altra lettera al Re, esortandolo a schivare i castighi di Dio con l'impedire l'approvazione della legge contro la Chiesa.
Vittorio Emanuele non approfittò del preavviso ed allora si attuarono i castighi di Dio.
Il 9 Gennaio 1855 la Camera dei Deputati cominciò la discussione della legge contro la Chiesa. Tre giorni dopo, la madre del Re, Maria Teresa, in età di 54 anni moriva.
Trascorsi quattro giorni dal funerale, morì la sposa del Sovrano, Maria Adelaide, all'età di 33 anni.
Dopo tre settimane morì il fratello del Re, Ferdinando di Savoia, anche lui a 33 anni di età. In un mese, dunque, nella Casa Savoia ci furono tre funerali.


IL DELEGATO DI PUBBLICA SICUREZZA

Nella città di Torino si parlava di Don Bosco e si facevano dei commenti sui preavvisi di morte che egli dava.
Non mancarono le lamentele e si fecero anche dei ricorsi alla Questura per impedire ulteriori annunzi.
Il Procuratore del Re, senza farsi conoscere, si recò un giorno all'Oratorio di Valdocco ed interrogò vari giovani sul discorsino che si teneva la sera dopo le orazioni; si accertò che realmente Don Bosco preannunziava delle morti.
Dopo qualche giorno si presentò al Santo un delegato di polizia, per rinfacciargli le predizioni di morte e raccomandargli da parte del Procuratore del Re, di non fare uso di tali mezzi, altrimenti l'autorità avrebbe dovuto intervenire.
Don Bosco rispose: - Per il bene delle anime, talvolta sono obbligato a dare simili annunzi. - Ebbene, soggiunse il delegato, se lei è così persuaso, avverta pure ma senza pubblicità. Avrebbe difficoltà a dirmi il nome di colui che prevede che morrà tra breve?
- Purchè lei mantenga il segreto.
- Glielo prometto!
Il delegato tirò fuori il taccuino e scrisse il nome che Don Bosco pronunziò: Boggero Giovanni.
Dopo due mesi il delegato ritornò all'Oratorio e chiese notizie di Boggero Giovanni. Don Bosco rispose: - Il mattino del 14 Dicembre è morto di apoplessia fulminante.
Conosciuto l'adempimento della profezia, il delegato esclamò: Da questo momento in poi lei dica ai suoi giovani quello che vuole; saprò io cosa rispondere a chi si lamenterà delle sue previsioni.
Commosso, baciò la mano al Santo e se ne partì ripetendo: - È cosa singolare! È cosa singolare!


RIFLESSIONE

Quando Don Bosco preannunziava un lutto, i suoi giovani vivevano in maggiore delicatezza di coscienza, per trovarsi preparati a ben morire.
La morte, come era al tempo del Santo, è anche oggi e sarà sempre; può colpire tutti, ad ogni ora. Perché allora non vivere in grazia di Dio ed arricchirsi di meriti per l'eternità?
Se si stesse preparati alla morte, la quale non fa mai vacanza, come cambierebbe la condotta di molti! Oh, se si riflettesse!...


LE VISIONI

La vita di Don Bosco era tutta investita dal soprannaturale.
Il Signore lo guidava spesso con delle visioni, mostrandogli la via da percorrere e la meta da raggiungere.
Il Santo narrava quanto Dio gli faceva vedere, affinché servisse di ammaestramento ai giovani. Durante tali narrazioni, che per lo più erano fatte pubblicamente la sera dopo le orazioni, era presente qualcuno interessato a raccogliere i particolari delle visioni e metterli in iscritto. Ordinariamente faceva questo il Sacerdote Don Lemoyne, che fu il biografo di Don Bosco.
Dai diciannove volumi delle « Memorie Biografiche » rileviamo alcune visioni, riportandole con le stesse parole del Santo.


L'ANIMA

Ieri sera (25 Giugno 1867) andavo pensando alla natura ed al modo di esistere dell'anima: come fosse fatta; in che modo potesse trovarsi e parlare nell'altra vita, divisa dal corpo; come faccia a trasportarsi da un luogo ad un altro; come mai allora potremo conoscere gli uni e gli altri. E più pensavo questo, più mi sembrava oscuro il mistero.
Subito dopo, quantunque io fossi nella mia stanza, mi trovai lontano da Torino, lungo una via. Mi senti chiamare per nome da una persona: - Vieni con me, mi disse; tu potrai adesso vedere ciò che desideri... Tosto ubbidì. Tanto la guida, quanto io, andavamo con la rapidità del pensiero, senza che i nostri piedi toccassero il suolo.
Giunti in una certa regione, la guida si fermò. Sopra un luogo alto si ergeva con magnificenza un palazzo; era inaccessibile e non si vedeva alcuna strada per salirvi; le sue porte ad un'altezza considerevole.
- Guarda! Monta su, in quel palazzo! - mi disse la guida.
- Come fare ad arrivarci? Qui al basso non c'è entrata; non ho le ali.
- Fa' come faccio io: alza le braccia con buona volontà e salirai. Vieni con me.
Facendo ciò, mi senti sollevare per l'aria, a guisa di leggera nube, e mi trovai sulla soglia del palazzo.
- Cosa c'è qua dentro? - chiesi.
- Entra, visitalo e vedrai. In fondo ad una sala, troverai chi ti ammaestrerà.
La guida scomparve.
Rimasto solo, entrai nel palazzo, immenso, e con velocità preternaturale, percorsi tante camere, che non mi fu possibile numerare.
In fondo ad una sala scorsi maestosamente seduto sopra un seggiolone un Vescovo, in atto di chi aspetta per dare udienza.
Mi avvicinai a lui e riconobbi in quel Prelato un mio intimo amico. Era Monsignor... (e ne fece il nome), Vescovo di... morto due anni fa. Il suo volto era di tale bellezza che non si può esprimere.
- Oh, Monsignore! esclamai. Ma è ancor vivo? Non è già morto?
- Sì, sono morto... E lei, Don Bosco, è morto o vivo?
- Io sono vivo. Non vede che sono qui in corpo ed anima?
- Qui non si può venire con il corpo!
- Eppure, io ci sono.
- Sembra a lei di esservi, ma non è così...
- Mi dica, Monsignore: È salvo?
- Sì, sono in luogo di salvezza, ma Dio non l'ho ancora visto ed ho bisogno che ancora si preghi per me.
- E quanto tempo ha da stare ancora in Purgatorio?
- Guardi qui! e mi porse una carta, soggiungendo: Legga!
- Ma non posso leggere, perchè qui sopra non c'è scritto niente! Vedo solo dei fiorami rossi, cerulei, verdi e violetti.
- Sono cifre. Per leggere, metta il foglio a rovescio.
Vi scorsi allora fra i disegni fiorati il numero « 2 ».
Il Vescovo continuò: - Sa lei perchè bisogna leggere al rovescio? Perché i giudizi del Signore sono diversi da quelli del mondo.
- Vorrei domandare qualche cosa: Io mi salverò?... Al presente sono in grazia di Dio?,.. I miei giovani si salveranno?
- Lei ha studiato la teologia e quindi può darsi la risposta da se stesso. Il Signore fa conoscere queste cose a chi vuole e quando vuole.
- Ora mi dica qualche cosa da riportare ai miei giovani.
- Dica che siano ubbidienti e modesti e che preghino, che si confessino sovente e facciano buone Comunioni. Dica ancora che hanno davanti agli occhi una nebbia e che la tolgano; la nebbia rappresenta le cose del mondo, le quali impediscono di vedere le cose celesti come sono. Considerino il mondo come è; tutto il mondo è posto sotto il maligno. Non si lascino ingannare dalle apparenze del mondo.
E questa nebbia da che cosa è principalmente prodotta?
- Siccome la virtù che splende di più in Paradiso è la purezza, così la nebbia è prodotta principalmente dal peccato dell'immodestia e dell'impurità.
- E cosa ci vuole per conservare la purezza?
- Ritiratezza, ubbidienza, fuga dell'ozio e preghiera.
- E poi?
- Preghiera, fuga dell'ozio, ubbidienza, ritiratezza. Ed ora le raccomando di pregare per me; soffro troppo in Purga. tenie!
- Cominceremo subito a fare suffragi. Ma lei appena sarà in Paradiso si ricordi di noi.
Dopo qualche istante il Vescovo disparve.
In questa visione, conclude Don Bosco, ho imparato tante cose intorno all'anima ed al Purgatorio, e le ho viste così chiare che non le dimenticherò mai più.


I CATTIVI ED I BUONI

Verso la fine del Maggio 1867 mi sembrò di essere in una estesa pianura, ove pascolavano tanti greggi di pecore e vidi anche il pastore. Il terreno qua era ricco di verdura e là era arido.
La mia guida mi condusse in un punto della pianura, dove erano migliaia e migliaia di agnellini, i quali erano così magri che a stento camminavano. Nel suolo non c'era erba e neppure ruscello di acqua. Quei poveri agnellini erano ricoperti di piaghe.
Ognuno di essi aveva sulla fronte due grosse corna, le cui estremità formavano una «S». Osservando più attentamente, vidi che avevano in tutte le par ti del corpo stampati tanti numeri «3».
Domandai alla guida: - Cosa significa ciò che vedo?
- Ascolta! Questa vasta pianura è il gran mondo. I luoghi erbosi rappresentano la parola di Dio e la grazia. I luoghi aridi sono quelli dove non si ascolta la parola di Dio e solo si cerca di piacere al mondo. Le pecore sono gli uomini fatti; gli agnellini sono i giovanetti e per costoro Dio ha mandato te... Quest'angolo di pianura che tu vedi, è il tuo Oratorio; gli agnelli sono i tuoi fanciulli. Questo luogo così arido rappresenta lo stato di peccato. Le corna significano il disonore. La lettera «S» vuol dire « scandalo ». Essi con il cattivo esempio vanno alla rovina. Fra questi agnelli ve ne sono alcuni che hanno le corna rotte; furono scandalosi, ma ora hanno cessato di dare scandalo. Il numero «3» vuol dire che portano la pena del peccato, cioè soffriranno tre grandi carestie: spirituale, morale e materiale. Questo spettacolo che vedi, ti mostra le sofferenze attuali di tanti giovani in mezzo al mondo.
Mentre osservavo con pena la scena, colui che mi accompagnava mi prese per mano e mi disse: - Vieni con me e vedrai altre cose. E mi condusse in un angolo remoto della valle, circondato da collinette, cosparso di fiori di ogni sorta. Vi trovai un grandissimo numero di fanciulli, tutti allegri; coi fiori si formavano una vaghissima veste.
- Chi sono costoro ?
- Sono quelli che si trovano in grazia di Dio.
- Oh, io posso dire di non avere mai vedute cose e persone così belle e risplendenti, nè mai avrei potuto immaginare tali splendori!
La guida mi soggiunse: - Vieni con me e ti farò vedere una cosa che ti darà un gaudio maggiore.
Mi condusse in un altro prato, tutto smaltato di fiori, più vaghi e più odorosi dei già veduti. Qui si scorgevano tanti giovani, non troppo numerosi, di straordinaria bellezza e splendore.
Mi disse la guida: - Costoro sono quelli che conservano il bel giglio della purezza; sono ancora vestiti della stola dell'innocenza.
Guardavo estatico. Portavano in capo una corona di fiori di indescrivibile bellezza. Questi fiori erano composti di altri piccolissimi fiorellini, di una gentilezza sorprendente e di una vivezza e varietà che incantava; più di mille colori in un sol fiore ed in un solo fiore si vedevano più di mille fiori. Avevano una veste di bianchezza smagliante, anche essa tutta intrecciata di fiori, simili a quelli della corona.
La luce incantevole, che partiva da questi fiori, rivestiva tutta la persona e rispecchiava in essa la propria gaiezza. I fiori si riflettevano l'uno sull'altro, riverberando ciascuno i raggi che erano emessi dagli altri. Un raggio di un colore, infrangendosi con un raggio di un altro colore, formava nuovi raggi, diversi, e quindi ad ogni raggio si riproducevano sempre nuovi raggi, sicché io non avrei mai potuto credervi esservi in Paradiso un incanto così molteplice.
Gli splendori del viso di un giovane si fondevano con quelli del volto degli altri e producevano tanta luce da impedire di fissarvi lo sguardo. In uno solo si accumulavano le bellezze degli altri con un'armonia di luce ineffabile. Era la gloria accidentale dei Santi. Non c'è alcuna immagine umana per descrivere anche languidamente quell'oceano di splendori.
Mi disse ancora la guida: - Costoro sono gl’innocenti. Coloro che hanno avuto la disgrazia di perdere il bel giglio della purezza, possono seguire gl'innocenti con la penitenza. Ripeti ai tuoi giovani, che se essi conoscessero quanto è preziosa agli occhi di Dio l'innocenza e la purezza, sarebbero disposti a fare qualunque sacrificio per conservarla.
Don Bosco finì la narrazione con una calda esortazione a coloro che avevano perduta l'innocenza, affinché si adoperassero volenterosamente a riacquistare la grazia per mezzo della penitenza.

FATICOSA SALITA

Ai primi dell'Aprile 1.861, Don Bosco raccontò:
Mi trovai davanti ad una collina, avendo attorno a me moltissimi giovani. Feci la proposta di andare verso il Paradiso.
Giunti sulla collina, vedemmo un'altissima montagna e molta gente che stentava a salirla, arrampicandosi. Sulla cima c'era Uno che invitava quelli che salivano e faceva loro coraggio. Si vedevano anche degli altri che discendevano dalla sommità, per aiutare coloro che erano troppo affaticati. Quelli che giungevano sulla montagna erano accolti con grande festa.
Ci accorgemmo, tanto io quanto i giovani, che là stava il Paradiso e ci disponemmo a salire anche noi la montagna. Prima di giungere alle falde, vedemmo un gran lago pieno di sangue ed intorno alle rive giacevano corpi umani squartati e membra lacerate. Si leggeva sulla riva opposta questa scritta: « Per sanguinem » (per mezzo del sangue).
Mi disse la guida: - Questo sangue è quello dei Martiri. C'è anche il Sangue di Gesù Cristo. Nessuno può andare in Paradiso senza passare per questo Sangue e senza esserne asperso.
Costeggiando il lago, si giunse ad un altro lago, sulla cui sponda era scritto: « Per aquam » (per mezzo dell'acqua). Disse la guida: - C'è qui l'acqua uscita dal Costato di Gesù, la quale, benchè in piccola quantità, pure è tanto aumentata ed aumenta continuamente. Questa è l'acqua del Santo Battesimo; devono esserne bagnati tutti coloro che vogliono andare in Paradiso.
Un terzo lago stava ai piedi della montagna, con la scritta: « Per ignem » (per mezzo del fuoco). Continuò la guida: - Qui c'è il fuoco dell'amore di Dio ed anche quello che tormentò i corpi dei Martiri.
Giungemmo ad una specie di anfiteatro, pieno di bestie feroci, le quali minacciavano di divorare chi si fosse avvicinato. La guida disse: - Queste bestie sono i demoni ed i pericoli del mondo.
Allontanatici dal lago delle bestie feroci, vedemmo un vasto terreno gremito di gente; tutti avevano il corpo mutilato, o in un senso o in un altro. Chi era senza occhi, chi senza orecchie, chi senza mani e chi senza testa.
Chi mi guidava spiegò: - Ecco gli amici di Dio! Sono coloro che per salvarsi si mortificarono nei sensi. Quelli senza testa, sono coloro che si consacrarono al Signore.
In compagnia dei giovani giunsi in un sentiero strettissimo, che metteva alla montagna. Per passarlo bisognava farsi piccoli e deporre ogni fardello. Compresi essere quella la via del Cielo. Ma come fui stolto! Invece di tentare quel passaggio, tornai indietro per contemplare uno strano spettacolo: sterminate turbe pascolavano con gli animali immondi e si avvoltolavano nel fango. Erano coloro che vivevano nelle brutte passioni dei sensi. Il luogo sembrava un giardino, però i fiori ed i frutti erano marciti. Tutto aveva l'aspetto di festa: chi cantava e chi danzava. Alcuni che dirigevano le brigate erano di bell'aspetto e di maniere graziose, però si vedeva che sotto il cappello avevano le corna.
Ad un tratto la guida disse: - Ecco come gli uomini vanno all'Inferno! Ciò che hai visto rappresenta il mondo.
Dopo attraversai un ponte lungo, strettissimo e senza ringhiera; cominciai a salire sulla montagna. Ma quante difficoltà! Dopo qualche ora di faticosa ascesa, le difficoltà cominciarono a sparire. Si vedevano tanti giungere sulla cima e venivano accolti fra grandi feste ed applausi. Si udiva intanto una musica veramente celeste, un canto di voci le più dolci ed un intreccio di inni, i più soavi. Ciò m'incoraggiava maggiormente a continuare la salita e finalmente potei giungere alla cima della montagna, ove ebbi fatta tanta festa ed accoglienza.


UNA GRANDE LENTE

In altra occasione mi apparve un personaggio sconosciuto, con una grossa macchina, la quale non saprei descrivere, che aveva dentro una grande ruota, e la piantò a terra. Domandai: - Cosa significa questa ruota?
- L'eternità nelle mani di Dio. Ora guarda là dentro!
Vidi nella macchina una grande lente, attorno alla quale stava scritto in « Questo è l'occhio che guarda le cose umili, in Cielo ed in terra ». Misi gli occhi su quella lente e vidi tutti i giovani dell'Oratorio, separati in due categorie, i buoni ed i cattivi. I primi erano raggianti di gioia ed i secondi facevano compassione, perchè taluni avevano la lingua bucata, altri gli occhi stravolti ed altri erano ricoperti da ulcere ributtanti o avevano il cuore roso dai vermi. Quel personaggio mi disse: - Ascoltami! La lingua forata significa i discorsi cattivi; gli occhi stravolti rappresentano coloro che interpretano ed apprezzano stoltamente le grazie di Dio, preferendo la terra al Cielo; le ulcere significano la soddisfazione dei propri capricci ed i vermi sono le malvage passioni che rodono i cuori.
Dato un giro al manubrio della ruota, apparvero nella lente sette giovani, con un lucchetto alla bocca; tre di essi turavano anche le orecchie con le mani.
Mi disse la guida: - Costoro tacciono i peccati in Confessione; anche interrogati dal confessore, non rispondono o rispondono evasivamente, o contro la verità; rispondono no, quando è sì. Quei tre che turano le orecchie, non solo tacciono, ma non vogliono ascoltare i consigli ed i comandi del confessore.
- Come devono fare per togliere quel lucchetto?
- Allontanare la superbia dal loro cuore. Ti do un consiglio: Quando hai da dire due parole dal pulpito, una parola sia intorno al fare bene le confessioni.
Io compresi che è più grande il numero di coloro che si dannano confessandosi malamente, anzichè di coloro che si dannano per non confessarsi affatto.

TRATTIENE LA MORTE
Il 12 Gennaio del 1861 Don Bosco chiamò nella sua camera un giovane, certo C. Bartolomeo, e gli narrò ciò che aveva contemplato in una visione.
- Ho visto questa notte la morte, che andava minacciosa verso di te. Quando fu al tuo fianco, era in procinto di vibrarti un colpo con la tremenda sua falce. Subito io corsi ad arrestare il suo braccio, ma essa, rivoltasi verso di me, disse: - Lasciami! Costui è indegno di vivere. Perché tollerare che stia al mondo uno, il quale abusa delle grazie del Signore? La scongiurai di risparmiarti e ti lasciò.
Il giovane, udendo la narrazione, ne rimase colpito e commosso e tra le lacrime ed i singulti disse:Dopo fatta la prima Comunione, non mi sono confessato più bene ed ho la coscienza carica di sacrilegi; ma ora voglio rimediare


LE DUE COLONNE

Mi trovai, misteriosamente, sulla spiaggia del mare, sopra uno scoglio isolato. Sulle acque vidi una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, armate di cannoni, cariche di fucili, di armi di ogni genere, di materie incendiarie ed anche di libri. Tutti si avanzavano contro una nave molto più grande e più alta, tentando di abbatterla o di incendiarla.
A questa nave maestosa, arredata di tutto, facevano scorta molte navicelle, che da essa ricevevano i segnali di coniando per difendersi dai nemici.
Il mare era agitato e il vento sembrava che favorisse i nemici. Sulla distesa del mare si elevavano due robuste colonne, altissime, poco distante l'una dall'altra; sopra di una stava la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi era scritto: « Auxilium Christianorum » (Aiuto dei Cristiani); sull'altra, ch'era molto più alta e grande, stava un'Ostia di grandezza proporzionata alla colonna, con queste parole: « Salus Credentium » (Salute dei credenti). Il Comandante Supremo della grande nave, ch'è il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici, convocò attorno a sè i piloti delle navi secondarie, per tenere consiglio. Infuriando sempre più la tempesta, li rimandò a governare le proprie navi. Il Papa stava al timone ed i suoi sforzi erano diretti a portare la nave in mezzo alle due colonne.
Le navi nemiche attaccarono battaglia, ma ogni sforzo fu inutile. Il Papa, superando ogni ostacolo, guidò la nave sino alle due colonne e, giunto in mezzo ad esse, la legò con una catenella che pendeva dalla prora ad un'àncora della colonna, sopra cui stava l'Ostia; e con un'altra catenella la legò dalla parte opposta alla colonna, sopra la quale era collocata la Vergine Immacolata.
Allora successe un grande capovolgimento. Le navi nemiche si diedero alla fuga, si urtarono e si fracassarono a vicenda, andando poi nei gorghi del mare. In fine ritornò la calma.
Don Bosco a questo punto della narrazione, interrogò uno dei presenti: - Don Rua, cosa pensi tu di quanto ho raccontato?
Don Rua rispose: - Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, di cui egli è il capo; il mare, le navi e gli uomini rappresentano il mondo. Coloro che difendono la grossa nave, sono i buoni, affezionati alla Santa Sede. Gli altri sono i nemici della Chiesa, che con ogni sorta di armi cercano di annientarla. Le due colonne di salvezza mi sembra che siano la devozione a Maria Santissima e quella al SS. Sacramento dell'Eucaristia.
Don Bosco soggiunse: - Hai detto bene. Bisogna soltanto correggere un'espressione: le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che sinora è stato, può dirsi un nulla in confronto di ciò che dovrà accadere.

IL GUERRIERO DEL NORD

Don Bosco scrisse di suo pugno una celebre visione, la fece copiare ad altri ed il 12 Febbraio 1870 ne mandò copia al Papa Pio IX.
«La vigilia dell'Epifania dell'anno corrente, 1870, scomparvero tutti gli oggetti materiali della mia camera e mi trovai alla considerazione di cose soprannaturali. Fu cosa di pochi istanti, ma si vide molto. Sebbene di forma e di apparenze sensibili, tuttavia non si possono se non con grande difficoltà comunicare ad altri con segni esterni e sensibili. Se ne ha un'idea da quanto segue. Ivi è la parola di Dio accomodata alla parola dell'uomo.
« Dal Sud viene la guerra, dal Nord viene la pace.
« Le leggi di Francia non riconoscono più il Creatore, ed il Creatore si farà conoscere e la visiterà tre volte con la verga del furore.
« Nella prima abbatterà la sua superbia, con le sconfitte, con il saccheggio e con la strage dei raccolti, degli animali e degli uomini.
« Nella seconda la grande peccatrice di Babilonia, Parigi, quella che i buoni chiamano il prostibolo d'Europa, sarà privata del Capo in preda al disordine
« Parigi,... Parigi I... Invece di armarti del nome del Signore, ti circondi di case d'immoralità. Esse saranno da te stessa distrutte ; l'idolo tuo, il Pantheon, sarà incenerito. I tuoi nemici ti metteranno nelle angustie, nella fame, nello spavento e nell'abominio delle nazioni. Ma guai a te, se non riconoscerai la mano che ti percuote! Voglio punire l'immoralità, l'abbandono, il disprezzo della mia legge, dice il Signore.
« Nella terza cadrai in mano straniera; i tuoi nemici di lontano vedranno i tuoi palazzi in fiamme, le tue abitazioni divenute un mucchio di rovine, bagnate dal sangue dei tuoi prodi, che non sono più.
« Ma ecco un grande guerriero del Nord porta uno stendardo; sulla destra che lo regge sta scritto: « Irresistibile mano del Signore ». In quell'istante il venerando Vecchio del Lazio (il Papa) gli andò incontro, sventolando una fiaccola ardentissima. Allora lo stendardo si dilatò e di nero che era divenne bianco come la neve. Nel mezzo dello stendardo, in caratteri d'oro, stava scritto il nome di Colui che tutto può: Dio.
«Il guerriero con i suoi fece un profondo inchino al Vecchio venerando e si strinsero la mano
« Ora la voce del Cielo è al Pastore dei Pastori. Tu sei nella grande conferenza coi tuoi assessori, ma il nemico del bene non sta un istante in quiete; egli studia e pratica tutte le arti contro di te. Seminerà discordia tra i tuoi assessori, susciterà nemici tra i figli miei. Le potenze del secolo vomiteranno fuoco e vorrebbero che le parole fossero soffocate nella gola ai custodi della mia legge. Ciò non sarà. Faranno male, male a se stessi. Tu accelera; se non si sciolgono le difficoltà, siano troncate. Se sarai nelle angustie, non arrestarti, ma continua finche non sia troncato il capo dell'idra dell'errore.
« Questo colpo farà tremare la terra e l'Inferno, ma il mondo sarà assicurato e tutti i buoni esulteranno.
« Raccogli dunque intorno a te anche solo due assessori, ma ovunque tu vada, continua e termina l'opera che ti fu affidata. I giorni corrono veloci e gli anni tuoi si avanzano al numero stabilito; ma la grande Regina sarà sempre il tuo aiuto e, come nei tempi passati, così per l'avvenire sarà sempre nella Chiesa il grande e singolare presidio ».


IL BIGLIETTINO

La Madonna vegliava come madre amorosa sull'Oratorio, ove Don Bosco lavorava con tanto amore; con una certa frequenza appariva al Santo, secondo le necessità di lui o dei suoi ricoverati.
Don Bosco un giorno narrò ai giovani:
Mi apparve una bella Signora e vicino a Lei ci eravate anche voi. Presentò una borsa riccamente lavorata, che conteneva molti biglietti ed invitò ciascuno di voi a prenderne uno. Mi posi a fianco della bella Signora e man mano che un giovane estraeva il biglietto, notavo la frase o la parola che su quello era scritta. Tutti voi pigliaste il proprio biglietto, tranne uno che rimase in disparte; volli vedere ciò che era scritto sul biglietto rimasto in fondo alla borsa e vi lessi: « Morte ».
Don Bosco riferì a tutti il pensierino donato dalla Madonna, che corrispondeva ai bisogni spirituali di ognuno. Solo uno non si presentò a chiederlo ed era uno studente d'Ivrea, proprio colui al quale era riservato l'annunzio della morte.


IL GLOBO DI FUOCO

La Madonna s'interessava che dall'Oratorio si tenesse lontano il peccato e, quando il demonio riportava qualche vittoria, Ella interveniva per mettere sull'attenti tanto Don Bosco quanto i giovani.
Tre ricoverati, trovandosi una sera in camera, s'intrattennero in un discorso poco decente. Apparve allora nella camera, entrando dalla finestra, un globo di fuoco, che illuminò l'ambiente; si avvertì anche una scossa di terremoto.
Il globo di fuoco fece il giro anche in altre camere e si fermò su quella di Don Bosco. Coloro che videro il fenomeno strano, ebbero paura e chiesero al Santo la spiegazione. Allora Don Bosco parlò a tutta la comunità:
- L'apparizione del globo di fuoco è un fatto certo; abbiamo qui presenti quelli che ne sono stati testimoni. Alcuni domandano: Che cosa è questo fenomeno? È forse un bolide od una stella errante? Sono in grado di dirvi quello che sia veramente. Ecco: Ci sono in quest'Oratorio certi cuori ostinati, che resistono alla grazia di Dio. Essi hanno provocato sopra di loro l'ira di Dio, che ci minacciava qualche singolare castigo.
Maria SS., che si è sempre dimostrata protettrice di questa casa, con un segno sensibile trattenne questi castighi, limitandosi ad avvertire pietosamente quei tali che sono di cuore inespugnabile.
Ognuno di voi ci pensi! Taluni hanno da fare la Confessione generale, altri hanno peccati taciuti in Confessione e già da tempo altri hanno imbrogli di coscienza e sempre dicono: Farò!... Aggiusterò!... e mai si mettono all'opera.
Diceva uno quest'oggi: Io voglio andare via dall'Oratorio; non voglio più starci con questi fatti! Buon giovane, forse che quando la mano di Dio vuole trarci a Lui, non ci trova in ogni angolo della terra?
Dopo di questo discorso parecchi si strinsero attorno a Don Bosco per avere altre spiegazioni ed il Santo rispose: Il globo di fuoco, dalla camera ove si parlava scandalosamente, passò in altri ambienti, indicando che là non si parlava molto bene; poi passò nella mia camera ed allora io ebbi notizia di tante altre cose.
Quanto è avvenuto è stato un dono della Madonna. Sappiate che la Madonna ed i Santi hanno in Cielo la visione diretta, o intuitiva di Dio, per cui guardando in Dio come in uno specchio, secondo il suo beneplacito, vedono il passato, il presente, il futuro e tutti i punti dell'universo. La Madonna, volendo trovarsi in qualche luogo particolare, ha solo da fare un atto di volontà di essere in quel dato posto ed allora vi si trova realmente. Ella compare, per lo più vestita secondo il costume di quel dato paese, in cui Essa si vuole trovare; alcune volte compare e dà segno della sua presenza locale per mezzo di un emblema.


LA PROCESSIONE

In una grande valle potei vedere una bandiera nera, portata da un personaggio di forme strane, sulla quale stava scritto: « Nè gl'impuri, nè gli adulteri, nè i molli, nè i ladri, nè gli avari, nè gli ubriachi, nè i maledici, nè i rapitori possederanno il regno di Dio ».
Dietro a questa bandiera sfilava una lunghissima processione guidata da un personaggio orrendo, deforme, ma nello stesso tempo di modi lusinghieri e con la maschera sulla faccia.
Prima venivano gruppi di persone che facevano discorsi brutti, sghignazzando; poi altri gruppi, che in coro bestemmiavano. Seguivano file di mormoratori e schiere d'ubriachi, che cantavano incespicando.
Si avanzavano altri, carichi di tutto ciò che avevano rubato: i sarti, curvi sotto la stoffa che avevano rubato, che li faceva andare gobbi; i mugnai, gobbi sotto i sacchi della farina sottratta agli avventori; i bottegai coi pesi falsi, i manutengoli, gli usurai, ecc.
Questa gente entrò in una porta, aperta nelle mura annerite di un'orrida prigione, la quale si trovava all'estremità della valle.
Al di là di quella soglia si vedevano tenebrosi cunicoli, che spaventosamente si sprofondavano nell'abisso.
Appena tutti furono entrati, la porta si richiuse con impeto e si vedeva scritto sulle imposte: « Periisse semel, aeternum est », che significa: Dannati una volta, dannati in eterno!

IL VIALE DI ROSE

Nel primo periodo della mia missione fra i giovani, avendo molto meditato sul modo di far del bene alle anime, specialmente a vantaggio della gioventù, mi apparve la Regina del Cielo e mi condusse in un giardino incantevole.
Ivi era un rustico ma bellissimo e vasto porticato, fatto a forma di vestibolo. Piante rampicanti ne ornavano e fasciavano i pilastri e con i rami ricchissimi di foglie e di fiori, protendendo in alto le une verso le altre le loro cime ed intrecciandosi, vi stendevano sopra un grazioso velarlo; questo portico metteva in una bella via, sulla quale prolungavasi un pergolato incantevole, che era fiancheggiato e coperto da meravigliosi rosai in piena fioritura. Il suolo era pure tutto coperto di rose.
La Beata Vergine mi disse: - Togliti le scarpe!
E poiché me le tolsi, soggiunse: - Va' avanti per quel pergolato; è quella la tua strada che devi percorrere.
Fui contento di aver deposto i calzari, poiché mi sarebbe rincresciuto calpestare quelle rose, tanto erano belle. E cominciai a camminare; ma subito senti che quelle rose celavano spine acutissime, cosicché i miei piedi sanguinavano. Quindi, fatti appena pochi passi, fui costretto a fermarmi e poi tornare indietro.
Dissi alla Madonna: - Qui ci vogliono le scarpe!
- Certamente, mi rispose; ci vogliono buone scarpe.
Mi alzai e mi rimisi sulla via con un certo numero di compagni, che erano apparsi in quel momento chiedendo di camminare con me.
Essi mi tennero dietro sotto il pergolato, il quale ormai appariva stretto e basso. Io non vedevo che rose, ai lati, di sopra ed innanzi ai miei passi.
Mentre provavo vivi dolori ai piedi ed alquanto mi contorcevo, toccavo le rose di qua e di là e senti che spine ancora più pungenti stavano nascoste sotto di quelle; tuttavia andai avanti, perché incoraggiato dalla Madonna.
Intanto tutti coloro, ed erano moltissimi, che mi osservavano a camminare per quel pergolato, dicevano:Oh, Don Bosco cammina sempre sulle rose! Egli va avanti tranquillissimo; tutto gli va bene!
Ma essi non vedevano le spine.
Quelli che si erano messi alla mia sequela, accorgendosi delle spine, gridavano: - Siamo stati ingannati! - e molti tornavano indietro abbandonandomi.
Però dopo vidi che un'altra schiera veniva dietro di me.
Percorso in tutta la sua lunghezza il pergolato, mi trovai in un altro giardino amenissimo, ove mi circondarono i miei seguaci, stanchi e sanguinanti.
Allora si levò un venticello fresco ed a quel soffio tutti furono risanati.
Essendo giunto ad un luogo elevato del giardino, mi vidi innanzi un edificio monumentale, sorprendente per la sua magnificenza dell'arte e, varcata la soglia, entrai in una spaziosissima sala, di tale ricchezza che nessuna reggia al mondo può vantarne una uguale.
Era tutta sparsa ed adorna di rose freschissime e senza spine, dalle quali emanava una soavissima fragranza.
Allora la Vergine Santissima, ch'era stata la mia guida, m'interrogò: - Sai cosa significa ciò che tu vedi ora e ciò che hai visto prima?
- No, risposi; vi prego di spiegarmelo!
Ella continuò: - Sappi che la via da te percorsa tra le rose significa la cura che hai da prenderti della gioventù; tu devi camminare con le scarpe della mortificazione; le spine per terra rappresentano le affezioni sensibili, le simpatie o antipatie umane che distraggono l'educatore dal vero fine, lo feriscono e lo arrestano nella sua missione. Le rose sono simbolo della carità ardente, che deve distinguere te ed i tuoi aiutanti. Le altre spine significano gli ostacoli ed i patimenti che vi toccheranno nell'educazione della gioventù. Ma non vi perdete di coraggio! Con la carità e con la mortificazione tutto supererete e giungerete alle rose senza spine.
Appena la Madonna finì di parlare, scomparve dal mio sguardo.


CONCLUSIONE FIGURA DI DON BOSCO

Ora si presenta Don Bosco nella sua figura morale e fisica.
A prima vista, il Prete straordinario di Torino sembrava un buon Prete qualunque, di giusta statura, di membra gentili e delicate, decoroso nel portamento e di solito col capo alquanto chino.
Il raccoglimento interiore gli dava, anche all'esterno, qualche cosa di attraente, cosicché chi lo guardava si sentiva preso da un senso di simpatia e di riverenza. Il dolce sorriso gli illuminava il volto, gli occhi vivi e penetranti palesavano la grandezza e la bontà del suo animo; aveva maniere gentili con tutti e si guadagnava il cuore di coloro che l'avvicinavano.
Quelli che vivevano con lui dicevano: - Don Bosco sembra nostro Signore! - Il Padre Franco, scrittore della « Civiltà Cattolica », diceva: «Ho trattato più volte con Don Bosco, da solo a solo e con intimità L'impressione che egli mi faceva nel primo entrare in discorso, era di un uomo di non grande elevatura, ma semplice e buono. Bastavano poche sue parole perché mi si ingrandisse il concetto primo e, udendolo ragionare, mi brillava come uomo di eletto e profondo giudizio, di mirabile prudenza, di rettissimi e santi intendimenti. Il suo discorso, piano e senza sussiego, era così esatto ed importante, che si sarebbe potuto stampare come gli usciva naturalmente dal labbro. Sentivo di parlare con un Santo ».
Era di amabilità singolare. Parlava con dolce gravità, dando importanza ad ogni parola. Aborriva dai discorsi inutili, dai modi troppo vivaci, dalle espressioni concitate. La sua parola era edificante e spesso era anche amena ed arguta, ma sempre con parsimonia e con grazia. Nell'esternare la sua bontà non c'era ombra di affettazione.
La pazienza di Don Bosco nell'ascoltare le miserie altrui, non aveva limiti Si faceva uno studio di non mandare malcontento nessuno. Anche quando era richiesto di cose che non poteva concedere, dava risposte piene di tanta carità, da soddisfare chiunque; sicché molti dicevano: - Pare che Don Bosco non sappia dire di no!
Nei contrasti e nelle persecuzioni non si alterava. affatto.
Quando gli si dicevano parole aspre e insolenti, rispondeva con le parole più soavi e mansuete, cosicché i nemici presto o tardi divenivano suoi amici.
Quando prevedeva di non riuscire a persuadere un avversario, non parlava affatto. Quando aveva croci particolari, si mostrava più gioviale del solito.
Era di una compitezza eccezionale.
I nobili che avevano da fare con lui, ne erano meravigliati e più di uno disse: - Ma dove ha imparato Don Bosco simili cortesie? È un perfetto gentiluomo!
Anche con i poveri si mostrava compito; non entrava mai nelle loro case senza scoprire il capo. Tutti erano uguali, tutti grandi per lui, perché figli di Dio ed eredi del Paradiso. L'ideale della sua vita era la gloria di Dio e la salvezza delle anime; non pensava, non parlava e non operava che per questo.
Armato di fortezza eroica, non indietreggiava davanti ad alcuna difficoltà. Soleva dire: Quando incontro una difficoltà, anche delle più grandi, faccio come colui che, andando per la strada, ad un punto la trova sbarrata da un grosso macigno. Se non posso levarlo di mezzo, ci monto sopra, o per un sentiero più lungo vi giro attorno. Oppure, lasciata incompleta l'opera incominciata, per non perdere inutilmente il tempo nell'aspettare, do subito mano ad altro. Intanto col tempo le nespole maturano, gli uomini cambiano e le difficoltà si appianano.
Con questo sistema potè iniziare e portare felicemente a termine opere grandiose, che ancor oggi, dopo più di un secolo, sussistono e sono fiorenti.
Don Bosco aveva ricevuto da Dio un forte ingegno, una mente acuta, una memoria portentosa ed una tempra fisica meravigliosamente resistente alla fatica.
Diceva il Papa Pio XI: - Don Bosco sarebbe riuscito bene in qualunque ramo delle scienze o delle lettere, in cui si fosse messo.
Aveva una memoria straordinaria. Per lui il leggere un libro ed il ritenerlo a memoria era la stessa cosa.
La vigoria del suo corpo non era tanto inferiore a quella del suo spirito, per cui poteva lavorare indefessamente, con cibo molto parco e con sonno assai limitato.
Contava 69 anni ed era infermo a letto, allorché il medico, volendo conoscere bene le sue condizioni di salute, gli disse di stringergli il polso con quella forza che poteva, senza timore di fargli male. Don Bosco ubbidì. Il medico cercò di resistere, ma poi sentì le lacrime agli occhi e mandò un grido. Volle allora misurargli la forza col dinamometro; lo strumento, provato dal dottore, segnò 45 gradi; provato da Don Bosco, segnò il massimo: 60 gradi.
Siccome la sofferenza accompagna tutti, specialmente chi è più vicino a Dio, dovendo i Santi riprodurre in se stessi, in qualche modo, l'immagine dell' « Uomo dei dolori », Gesù, anche a Don Bosco furono riservate non leggere sofferenze fisiche.
Aveva l'enfiagione alle gambe, cosicché negli ultimi anni stentava a camminare e fu costretto a far uso di calze elastiche.
Questo disturbo, che gli produceva dolori anche ai piedi, egli lo chiamava allegramente « la mia croce quotidiana ».
Soffriva di un molesto bruciore agli occhi, causato dalle lunghe veglie e dal continuo leggere e scrivere; in seguito perdette la vista dell'occhio destro.
Era soggetto a forti mali di capo, in guisa da sembrargli che gli si fosse dilatato il cranio; il male di denti gli produceva atroci dolori, che gli duravano anche più settimane.
Spesso soffriva di forte palpitazione di cuore, che gli rendeva difficile il respiro e parve perfino che una delle costole avesse ceduto a quell'impulso.
Tratto tratto era visitato da febbri biliari, con frequenti eruzioni cutanee. Sulle spalle ebbe un'erpete assai molesta, da formare più che un cilizio.
Eppure, con tanti incomodi non perdeva il sorriso; la sua presenza infondeva negli altri coraggio ed allegria; sembrava l'uomo più tranquillo del mondo.
Poco o niente preoccupandosi dei suoi malanni, compì tanto e sì grande lavoro da sembrare incredibile. Non si concedeva riposo; a chi, vedendolo deperire, glielo consigliava, rispondeva: - Mi riposerò poi, quando sarò qualche chilometro sopra la luna!... Il Signore mi ha fatto così, che il lavoro mi è di sollievo invece di darmi fatica.
Apprezzava il tempo come un gran dono di Dio e sulla porta della camera teneva scritto a grossi caratteri: « Ogni momento di tempo è un tesoro ».
Il segreto della sua prodigiosa attività fu la continua unione con Dio, unita ad una fiducia illimitata nella bontà del Signore e della Madonna.


VERSO LA FINE

Don Bosco conosceva il giorno della morte di altri; Iddio gli manifestò anche la data della sua partenza da questo mondo.
Il Santo disponeva i Salesiani ed i giovani al giorno doloroso della separazione con frasi equivoche e quanto predisse della sua morte, tutto si avverò.
Quattro mesi prima di morire Don Bosco andò nell'Istituto di Valsalice, a Torino. Don Giulio Barberis gli disse: - Ora che i Chierici saranno trasferiti da San Benigno Canavese a Valsalice, lei certamente verrà più spesso a visitarci.
Don Bosco prese un'aria grave e pensierosa e poi rispose: - Verrò... e starò io alla custodia di questa casa!
Il Santo tenne gli occhi fissi per un tempo notevole sopra un punto dell'abitazione e poi, improvvisamente rivoltili a Don Barberis, disse: - Prepara il disegno!
L'altro capì che Don Bosco parlasse della costruzione dell'Istituto, che ancora non era al termine e soggiunse: - Farò preparare il disegno e questo inverno glielo presenterò.
- Non lo presenterai a me, ma al Capitolo dei Superiori; e non in quest'inverno, ma alla prossima primavera. -
I fatti poi furono questi: Don Bosco moriva il 31 Gennaio 1888; i Superiori del Capitolo ottennero che il corpo non fosse seppellito nel cimitero di Torino, ma proprio a Valsalice, nel luogo preciso che il Santo aveva indicato a Don Barberis. Vi rimase in custodia di quella casa Salesiana per circa 40 anni, finché il corpo fu trasportato nella Basilica di Maria Ausiliatrice.


GLI ULTIMI GIORNI

Farà piacere al lettore il conoscere i particolari della morte di questo grande Sacerdote.
È preziosa al cospetto del Signore la morte dei suoi Santi.
Don Bosco soleva ripetere spesso e lo scriveva sulle immaginette che donava: In fine di vita si raccoglie il frutto delle buone opere.
Quanto bene seminò nella sua laboriosa vita! Quante anime portò a Dio e quante lacrime asciugò agli afflitti!
Sul letto di morte avrebbe potuto essere soddisfatto e gioire nel suo cuore. Ma il demonio, non potendo fare altro contro il suo grande nemico, gli diede un assalto di turbamento.
La camera del Santo era onorata dalla presenza del Cardinale Alimonda, Arcivescovo di Torino, di Monsignor Giovanni Cagliero e di altre benemerite persone, quale Don Michele Rua. All'improvviso Don Bosco fu visto piangere.
Il Cardinale gli disse: - Non pianga; lei non deve temere la morte. Ha raccomandato tante volte agli altri di stare preparati!
- Penso che presto mi presenterò a Dio e dovrò dargli conto di tutto!... L'ho detto agli altri di stare preparati ed ora ho bisogno che altri lo dica a me!... Eminenza, le raccomando che preghi, perché possa salvare l'anima mia!... Domando la Santa Benedizione!...
Il Cardinale, commosso, lo benedisse e nel congedarsi lo abbracciò e lo baciò con trasporto.
A coloro che andavano a visitarlo diceva: - regate tutti per me, affinché muoia in grazia di Dio. Non desidero altro.
Ricevette il Santo Viatico con le più edificanti disposizioni.
Mentre entrava nella sua camera il SS. Sacramento, disse piangendo agli astanti: - Aiutatemi voi a ricevere Gesù... Io sono confuso! -
Quando si seppe a Torino e fuori che Don Bosco era gravemente infermo, s'innalzarono al Signore preghiere private e pubbliche e non pochi offrirono a Dio il sacrificio della propria vita per la conservazione di quella del Santo Sacerdote.
Si constatò un grande miglioramento e si sperava che l'infermo si rimettesse completamente; ma Don Bosco era maturo per il Cielo; l'ora della sua morte era prossima. Fu pregato da molti a domandare a Dio la salute, ma non volle acconsentire; ripeteva: - Sia fatta in me la santa volontà di Dio!


LA MORTE

Don Bosco, che fu grande nella vita, apparve ancora più grande nell'ultima ora. Vicino a morire, era sereno; si era distaccato da tutto. Disse a Don Viglietti: - Fammi il piacere di osservare nelle tasche dei miei abiti il portafoglio; credo non ci sia più niente; ma caso mai ci fosse un po' di denaro, consegnalo a Don Riva. Voglio morire in modo che si dica: Don Bosco è morto senza un soldo in tasca!
Esortato, nei dolori, a ricordarsi di Gesù Crocifisso, rispose: - Si, è quello che faccio sempre!... Suggeritemi delle giaculatorie!
A vari gruppi andarono al letto del moribondo i Salesiani e centinaia di giovani, per baciargli la mano per l'ultima volta, in ginocchio. In un dato momento Don Rua, chinatosi all'orecchio di Don Bosco, gli disse: - Ci dia ancora una volta la paterna Benedizione. Io le condurrò la mano e pronunzierò la formula della Benedizione.
Tutti stavano in ginocchio. Don Rua sollevò la destra paralizzata di Don Bosco e tracciò il segno della Croce.
All'alba del 31 Gennaio 1888, mentre le campane del Santuario di Maria Ausiliatrice suonavano l'Angelus, l'Angelo della morte scese nella camera di Don Bosco e ne recise il filo della vita.
Un astro si spense sulla terra; un astro più luminoso cominciò a brillare nella Corte Celeste.
Come un lampo si sparse la notizia della sua morte. La città di Torino tenne il lutto. Botteghe e negozi si chiusero con la scritta: « Chiuso per la morte di Don Bosco ».
I giornali, che recavano la triste notizia, andavano a ruba.
Signori e popolani, a fiumane, accorrevano alla salma di Don Bosco, che era esposta nella Chiesa di San Francesco di Sales, facendo toccare medaglie, corone, orologi e fazzoletti. Tra la folla non si udiva che una sola esclamazione: - Era un Santo!
I funerali furono imponenti. Cento mila persone resero onore al corteo funebre, mentre il feretro veniva trasportato a Valsalice.
Mai Torino aveva visto un concorso così straordinario di gente attorno ad una salma. Più che un corteo funebre, quello fu un avvenimento trionfale.
Don Bosco cercò in vita la gloria di Dio e fu glorificato da Dio, non solo in Cielo, ma anche sulla terra.
I miracoli avvenuti per sua intercessione mossero la Suprema Autorità della Chiesa a dichiararlo Beato e nella Pasqua del 1934 il Sommo Pontefice Pio XI lo proclamò Santo. Don Bosco non è morto; egli vive nelle sue opere e milioni di cuori sparsi su tutti gli angoli della terra lo inneggiano e lo invocano con fede.

FINE


Per richiedere i libretti scrivere a:
OPERA CARITATIVA SALESIANA “DON GIUSEPPE TOMASELLI”
Viale Regina Margherita 27 - 98121 MESSINA - offerta libera - CCP. n. 12047981


Articoli correlati per categorie



Nessun commento:

Posta un commento