INTRODUZIONE
In
una svolta della via, alcuni giovanotti stanno a chiacchierare. Passa
un Prete ed uno di essi gli dice:
-
Reverendo, ci dia tre numeri! Vogliamo giocare al lotto e prendere un
terno; ma prenderlo sul serio, perché abbiamo bisogno di denaro.
-
Ecco i tre numeri: 10, 5, 7. Sicuramente avrete il terno.
-
Ce lo assicura?
-
Infallibilmente, perché i tre numeri hanno un significato; il 10
rappresenta la pratica dei Comandamenti di Dio; il 5 l'osservanza dei
Precetti della Chiesa; il 7 la frequenza ai Sacramenti. Giocate bene
nella vita questi tre numeri e guadagnerete il terno... il Paradiso.
I
giovani ascoltano, sorpresi di questo linguaggio e presto si
accorgono che egli non è uno dei tanti Preti della città,
specialmente quando odono l'inaspettato invito: Vorreste accettare un
bicchiere di vino?... Voglio bere con voi!...
Prete
e giovanotti entrano nella vicina osteria e stanno un po' allegri.
Approfittando dell'occasione, il Reverendo rivolge ai nuovi amici una
buona parola e poi riprende la via. Chi è questo Prete, che si
accomuna a dei giovani di strada? È colui che con la stessa
semplicità avvicina Ministri di Stato, Principi, Prelati e lo stesso
Sommo Pontefice; è Don Bosco, l'uomo straordinario, l'operatore di
prodigi, il grande benefattore dell'umanità.
In
questo tempo di paganesimo, in cui il Prete suole essere poco
stimato, anzi disprezzato e combattuto, fa bene ricordare il Prete
Santo, il figlio di Mamma Margherita, colui, la vita del quale fu un
intreccio di fatti soprannaturali.
Questo
scritto vuole essere un omaggio filiale al Fondatore della
Congregazione Salesiana, della quale lo scrivente fa parte, e si
propone di presentare alcuni tratti della vita di Don Bosco.
Non
è questa una biografia, nè uno studio sul Santo della gioventù.
Poderosi scrittori hanno di già assolto un tale compito, pubblicando
grossi volumi.
Nella
prima parte si esporrà qualche cosa del soprannaturale che
accompagnò la vita di Don Bosco; nella seconda si riportano delle
visioni, che furono fari di luce al Santo e che possono essere anche
luce a tante anime.
IL
SOPRANNATURALE - LA
MISSIONE
L'avvenire
è un libro chiuso. Nessuno può affermare con sicurezza: Questo
bambino, crescendo negli anni, compirà questa o quell'altra
impresa.., si dedicherà a questo lavoro.., diverrà uno specialista
o un genio in quel dato ramo...
Sui
piccoli si fanno dei pronostici, che per lo più falliscono.
A
Giovannino Bosco, all'età di nove anni, il Signore aprì il libro
della vita per mezzo di una visione. Ascoltiamone la narrazione
autentica.
«
Mi parve di essere vicino a casa mia, in un cortile assai spazioso,
dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli che si
trastullavano. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi
bestemmiavano.
«
All'udire quelle bestemmie, mi sono subito slanciato in mezzo a loro,
adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve
un Uomo venerando, in età virile, nobilmente vestito; un manto
bianco gli copriva tutta la persona ; ma la sua faccia era così
luminosa, che non potevo mirarla.
«
Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi alla testa di quei
fanciulli, aggiungendo queste parole: Non con le percosse, ma con la
mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici.
Mettiti dunque immediatamente a far loro un'istruzione sulla
bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù.
«
Confuso e spaventato, soggiunsi che io ero un povero ed ignorante
fanciullo, incapace di parlare di Religione a quei giovanetti. In
quel momento quei ragazzi, cessando dalle risse, dagli schiamazzi e
dalle bestemmie, si raccolsero tutti attorno a Colui che parlava.
Quasi senza sapere ciò che io dicessi, domandai.
-
Chi siete voi, che mi comandate cosa impossibile?
-
Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle
possibili con l'ubbidienza e con l'acquisto della scienza.
-
Dove e con quali mezzi potrò acquistare la scienza?
-
Io ti darò la maestra, sotto la cui disciplina puoi divenire
sapiente e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.
-
Ma chi siete voi che parlate in questo modo?
-
Io sono il Figlio di Colei, che tua madre ti ammaestrò a salutare
tre volte al giorno.
-
Mia madre mi disse di non associarmi con quelli che non conosco,
senza il suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.
-
Il mio nome domandalo a mia Madre.
«In
quel momento vidi accanto a Lui una Donna di maestoso aspetto,
vestita di un manto che risplendeva da tutte le parti, come se ogni
punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi ognor più
confuso nelle mie domande e risposte, mi accennò di accostarmi a
Lei, che presomi con bontà per mano, mi disse:Guarda!
«
Guardando, mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti ed in
loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, di gatti, di
orsi e di parecchi altri animali.
«
Continuò a dire quella Signora: Ecco il tuo campo; ecco dove devi
lavorare! Renditi umile, forte e robusto; e ciò che in questo
momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo per i figli
miei.
«
Volsi allora lo sguardo ed ecco, invece di animali feroci, apparvero
altrettanti mansueti agnelli, che tutti saltellando accorrevano
intorno belando, come per fare festa a quell'Uomo ed a quella
Signora.
«
A questo punto mi misi a piangere e pregai quella Signora a voler
parlare in modo da capire, poiché non sapevo quale cosa volesse
significare. Allora Essa mi pose la mano sul capo, dicendomi: A suo
tempo tutto comprenderai.
«
Ciò detto, ogni cosa disparve. Io rimasi sbalordito. Mi sembrava di
avere le mani che facessero male per i pugni che avevo dato e che la
faccia mi dolesse per gli schiaffi ricevuti da quei monelli. Quello
che io vidi, mi rimase profondamente impresso per tutta la vita ».
Fin qui Don Bosco.
La
stessa visione, con altre circostanze significative, si ripetè la
seconda Domenica di Ottobre 1844, quando Don Bosco contava 29 anni.
Il
campo di lavoro, che la Provvidenza assegnò a Don Bosco, fu la
gioventù, specialmente la povera ed abbandonata. Per attuare i
disegni di Dio, il Santo aprì Oratori festivi, Ospizi e Collegi ed
affinché l'Opera si perpetuasse, fondò la Congregazione Salesiana.
LA
PROVVIDENZA
L'assillo
delle famiglie suole essere la ricerca del pane quotidiano e di ciò
che è necessario alla vita.
Don
Bosco era poverissimo. Sua madre, Margherita Occhiena, dovette
domandare l'appoggio di persone caritatevoli per mantenere il figlio
nel Seminario e per provvedergli il vestiario. Come avrebbe potuto
Don Bosco dar mano ad opere colossali, tali da fare sbalordire il
mondo, trovandosi nella grande povertà? La Divina Provvidenza gli
venne in aiuto ed egli potè dare il pane a decine di migliaia di
ricoverati, comprare terreni per costruire Istituti e Chiese, fornire
di buona attrezzatura le Scuole Professionali ed effettuare numerose
spedizioni di Missionari all'estero.
Iddio
talvolta metteva alla prova la sua fede e lo faceva giungere con
l'acqua alla gola; però quando le strettezze erano al massimo, la
Provvidenza era alla porta. Tutta la vita del Santo fu un miracolo
della Provvidenza Divina. Di questo era consapevole anche il Papa.
Difatti, desiderando Leone XIII che sorgesse in Roma una Chiesa in
onore del Sacro Cuore, si rivolse a lui ed ottenne lo scopo. Oggi chi
va a Roma, presso la stazione Termini vede un bel Tempio, sormontato
da una grande statua del Sacro Cuore. Don Bosco si decise a iniziare
i lavori, pur sapendo di non avere denaro. Quando fu invitato dal
Papa all'ardua impresa, disse: Santità, non vi chiedo denaro, ma
solamente la Vostra paterna Benedizione.
Quante
Chiese innalzò Don Bosco! Merita una speciale menzione il Tempio di
Maria Ausiliatrice in Torino, che fu il primo ad essere eretto.
QUI
LA MIA CASA!
Racconta
Don Bosco.
«Mi
apparve una Signora, assai ben messa e vestita da pastorella; mi fece
cenno di seguirla. Dopo avere molto
camminato,
la bella Signora m'invitò a guardare verso mezzodì. Guardando, vidi
un campo, in cui erano seminati molti erbaggi.
-
Guarda un'altra volta! mi disse. Guardai di nuovo e vidi una stupenda
ed alta Chiesa. Un'orchestra ed una musica strumentale e vocale
m'invitavano a cantare Messa. Nell'interno di quella Chiesa vi era
una fascia bianca, in cui a caratteri cubitali stava scritto: « Hic
domus mea, inde gloria mea » (Qui M la mia casa, da qui [partirà]
la mia gloria).
«
Volli chiedere cosa volesse indicare quella Chiesa. Mi rispose: Tu
comprenderai, quando con gli occhi materiali vedrai quello che ora
vedi in visione. Allora compresi poco il significato »
Continua
Don Bosco.
«
Un'altra volta mi apparve un campo di ortaggi, vicino al Corso Regina
Margherita. In esso, ritti in piedi, stavano tre bellissimi giovani,
splendenti di luce; erano i Santi Avventore, Ottavio e Solutore, i
quali in quel posto avevano sparso il sangue per la fede. «I tre
giovani m'invitarono ad avvicinarmi a loro e mi accompagnarono verso
l'estremità del campo ove mi trovai dinanzi ad una Signora,
magnificamente vestita, con maestà e splendore. A Lei, come a
Regina, facevano nobilissimo corteggio innumerevoli personaggi,
abbaglianti di grazia e di ricchezza.
«
L'augusta Signora, alzando allora la destra, con voce armoniosa,
esclamò: Hic domus mea, inde gloria mea »!
Quel
campo mostrato a Don Bosco in visione è divenuto poco per volta la
cittadella di Maria Ausiliatrice, il cuore della Congregazione
Salesiana. Il Tempio chiesto dalla Madonna, è l'attuale Santuario di
Maria Ausiliatrice; il posto, ove apparve l'augusta Signora,
corrisponde al sito dell'Altare Maggiore. Chi visita il Santuario,
nell'interno vi legge la scritta a grandi caratteri: « Hic domus
mea, inde gloria mea ».
ASSISTENZA
DIVINA
Costruire
un Tempio, grande e sfarzoso, richiederebbe oggi centinaia e
centinaia di milioni; quantunque al tempo del Santo la moneta avesse
altro valore, facendo le proporzioni, si avrebbe lo stesso risultato.
Don Bosco iniziò la costruzione del magnifico Santuario
dell'Ausiliatrice in Torino senza denaro; e non solo la Chiesa, ma
anche i locali annessi, cioè un grandioso Ospizio.
La
gente si domandava, a vedere tanti operai a lavoro e la fabbrica a
venire su così presto: Ma questo Prete dove prende i denari per
pagare la mano d'opera e il materiale?... Don Bosco aveva fatto il
disegno del Santuario, come gli era stato mostrato nelle visioni,
l'aveva fatto approvare, aveva posta la prima pietra il 27 Aprile
1865 e diede l'incarico della costruzione all'impresario Carlo
Buzzetti. A costui disse:
-
Ti voglio dare subito un acconto per i grandi lavori. Non so se sarà
molto, ma sarà tutto quello che ho.
Messo
fuori il borsellino, lo capovolse nelle mani di Buzzetti e vennero
fuori otto soldi.
-
Con questo lei vuole innalzare un grande Tempio?
-
Stai tranquillo, che la Madonna penserà a provvedere il denaro!
Un
altro, che faceva da economo, disse: Don Bosco, ma come faremo ad
andare avanti? Come si può affrontare un'opera simile senza denaro?
-
Non preoccuparti! Comincia gli scavi. Quando mai noi abbiamo
cominciato un'opera con i denari pronti? Bisogna lasciar fare qualche
cosa alla Divina Provvidenza!
Da
quel momento furono tante le grazie concesse dalla Madonna a coloro
che concorrevano alla costruzione della nuova Chiesa, che Don Bosco
potè dire: La Vergine Santissima si è edificata da se stessa la sua
casa; ogni mattone del Tempio ricorda una grazia da lei concessa.
Per
aver un'idea di ciò che avveniva attorno a Don Bosco quando lavorava
per la gloria di Dio, basta citare un semplice episodio, uno tra i
moltissimi.
Si
erano cominciati gli scavi e si avvicinava il giorno del pagamento
della prima quindicina di lavoro. Il Santo fu chiamato al letto di
una signora, la quale da tre mesi era gravemente inferma. Le
consigliò di pregare la Madonna e di fare una novena, con la
promessa, se era possibile, di dare qualche offerta per il Tempio in
costruzione. L'inferma presto guarì e diede a Don Bosco la somma per
il pagamento della quindicina dei lavori, dicendo: Questa è la prima
offerta e non sarà certamente l'ultima.
COSE
DI OGNI MOMENTO
La
fiducia di Don Bosco nella Divina Provvidenza non aveva limiti, per
questo era sicuro in ogni impresa. Si trovava a San Benigno Canavese.
Don
Rua e Don Lazzero erano preoccupati, dovendosi pagare d'urgenza
ventimila lire. Questa somma oggi equivarrebbe almeno a due milioni.
Mentre si studiava il modo di procurare il denaro, Don Bosco estrasse
da tasca una busta sigillata, che gli era stata consegnata e non
aveva ancora aperta.
Era
un signore che scriveva, dicendo che aveva già pronte ventimila lire
da mandare per qualche opera di beneficenza.
Don
Bosco esclamò: Queste sono cose di ogni momento; eppure i posteri
non le vorranno credere e le porranno tra le favole!
Un
altro esempio del genere.
Si
erano spese trentamila lire per mettere in efficienza un'abitazione a
Mathi Torinese. Don Bosco era a pranzo dal Conte Colle a Tolone e
ruminava nella sua mente la maniera di raccogliere quella somma per
darla all'impresario; non manifestò il suo pensiero.
Finito
il pranzo, il Conte, che nulla sapeva dell'affare di Don Bosco, gli
consegnò un plico, dicendo: Serva per le sue opere.
Il
plico conteneva trentamila lire. Il Santo, sorridendo, si rivolse al
Conte: Durante il pranzo pensavo al debito di trentamila lire; lei è
stato scelto da Dio a strumento della sua Provvidenza. Il Conte a
queste parole pianse di consolazione.
Quando,
in estremo bisogno, non si muovevano gli uomini ad aiutare Don Bosco,
interveniva direttamente Dio, dando al suo Servo il potere di operare
miracoli. Ed il nostro Santo potè moltiplicare le pagnottelle per la
colazione dei suoi ricoverati, le castagne e le nocciole in occasione
di passeggiate e le Sacre Particole durante la Messa.
L'AFFERMAZIONE
DI GESÙ
Come
si spiega l'abbondanza di Provvidenza in Don Bosco? Con le parole di
Gesù: « Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto
il resto vi sarà dato in più... ».
Egli
cercava la gloria di Dio e la salvezza delle anime; non ambiva il
denaro per sè o per cupidigia, ma per il bene del prossimo.
Secondo
le parole del Vangelo, quando una persona osserva bene la legge di
Dio ed ha cura dell'anima propria, può essere sicura di essere
assistita dalla Divina Provvidenza; non nuoterà nella ricchezza,
perchè d'ordinario questa è pericolosa, ma non sarà privata del
necessario.
Don
Bosco è considerato come il Santo della Provvidenza e molti si
rivolgono a lui nelle necessità della vita.
VITA
IN PERICOLO
Chi
fa il bene, dovrebbe essere stimato ed incoraggiato a proseguire.
Invece spesso avviene il contrario, cioè i buoni sono più
perseguitati dei cattivi.
San
Giovanni Bosco, pur avendo innumerevoli amici ed ammiratori, subì
terribili persecuzioni da parte del Governo anticlericale, di qualche
eminente autorità di Torino e specialmente da parte dei settari e
dei protestanti Questi ultimi dapprima lo lottarono con la stampa,
diffondendo calunnie; poi ricorsero alle minacce; come ultima
soluzione, tentarono di dargli la morte.
C'era
gente pagata, affinchè il delitto fosse consumato. Il Santo Prete
quanti attentati ebbe! Si tentò più volte di avvelenarlo, gli si
sparò addosso in diverse circostanze, fu assalito con bastoni e con
coltelli... Il demonio era arrabbiato contro l'uomo di Dio e si
serviva dei malvagi per toglierlo di mezzo.
Come
avrebbe potuto Don Bosco superare tante insidie senza un'assistenza
straordinaria da parte di Dio e della Madonna? E l'assistenza l'ebbe,
abbondante, continua, prodigiosa. Era nel cortile tra i suoi giovani.
Un uomo, appostatosi sul muro di cinta, mirò al cuore e tirò un
colpo di fucile. La Provvidenza deviò il colpo e la palla passò
sotto il braccio del Santo, portando via un piccolo brandello di
veste. I giovani trasalirono, ma Don Bosco li rasserenò sorridendo:
Eh, si vede che quell'uomo non è un buon tiratore!
I
Salesiani, che veneravano il loro Padre e ne vedevano in pericolo la
vita, fecero ricorso alle autorità competenti, le quali
s'interessarono, ma non troppo. Poiché gli attentati continuavano,
specialmente di notte tempo, quando egli rincasava, allora venne in
aiuto la Provvidenza con la comparsa di un cane, che dal colorito fu
chiamato « il Grigio ».
IL
CANE MISTERIOSO
Il
Grigio era un grosso cane, che pareva un lupo, alto un metro. Quando
Don Bosco era in pericolo, esso appariva nei dintorni di Valdocco,
oppure nell'atto stesso in cui avveniva l'attentato.
Una
notte il Santo ritornando a casa, sentì corrersi dietro un uomo
armato di grosso bastone. Per evitarlo, si diede alla fuga; però si
accorse che c'erano parecchi altri, che volevano prenderlo in mezzo.
Mentre stavano per circondarlo con i bastoni, saltò fuori il cane
provvidenziale, che, messosi a fianco del Santo, mandò latrati con
tanta furia che quei ribaldi, temendo di essere sbranati, pregarono
Don Bosco di tenerlo fermo; l'uno dopo l'altro si allontanarono.
Il
Grigio però non si allontanò, ma accompagnò il Santo sino
all'ingresso dell'Oratorio. Un'altra volta, pure di notte, Don Bosco
ritornava a casa per il Corso Regina Margherita, quando un uomo, che
lo attendeva in agguato dietro un olmo, gli scaricò due colpi di
pistola. La Provvidenza intervenne ed il Santo non fu colpito.
Il
malfattore voleva ucciderlo a tutti i costi e gli si precipitò
addosso. Ma apparve il Grigio, che si avventò alle spalle
dell'aggressore e lo costrinse a fuggire malmenato; dopo si pose a
fianco di Don Bosco e gli fece compagnia sino a casa.
In
una serata nebbiosa il nostro Santo, mentre era nei pressi della
Piccola Casa del Cottolengo, fu assalito da due uomini che gli
gettarono sulla faccia un mantello.
Don
Bosco fece di tutto per non lasciarsi avviluppare e, abbassandosi con
rapidità, liberò per un istante il capo e cominciò a dibattersi.
Gli
aggressori tentarono di avvolgerlo più strettamente e gli turarono
la bocca con un fazzoletto.
In
quel pericolo di morte venne il cane prodigioso; sembrava un orso
inferocito; abbaiava da far paura; si slanciò con le zampe contro
uno degli assalitori e lo costrinse ad abbandonare il mantello sul
capo di Don Bosco; poi si gettò sopra l'altro, mordendolo ed
atterrandolo; dopo corse dietro al primo che già fuggiva, gli balzò
alle spalle e lo gettò nel fango.
Il
Santo, sicuro di essere ormai fuori pericolo, chiamò il Grigio, che
si ammansì subito.
PRESSO
IL CANCELLO
Ad
ora avanzata Don Bosco si era disposto ad uscire di casa per
esercizio del Sacro Ministero; sapendo che la sua vita era
minacciata, invitò alcuni giovani a tenergli compagnia. Giunto al
cancello, trovò il cane sdraiato; allora esclamò:
-
Oh, il Grigio! Tanto meglio, saremo uno di più. Beh, Grigio mio,
alzati dunque e vieni con me.
Il
cane, invece di ubbidire come al solito, mandò un urlo come un
ruggito e non si mosse. Il Santo per due volte cercò di andare oltre
e per due volte il cane impedì che passasse; la terza volta Don
Bosco fece violenza; ma la bestia gli si gettò tra i piedi, affinchè
non oltrepassasse il cancello.
Allora
Mamma Margherita, che aveva tentato di dissuadere il figlio
dall'uscire a quell'ora, disse: - Se non vuoi ascoltare me, ascolta
almeno il cane; non uscire! Don Bosco rimase in casa.
Trascorsi
un po' di minuti, venne una persona a dire: Don Bosco, le raccomando
di stare in guardia! Ho saputo per caso che in questi dintorni ci
sono sguinzagliati alcuni individui, decisi a toglierle la vita!
Il
Santo ringraziò Iddio.
Chi
va oggi a visitare l'Oratorio Salesiano di Valdocco, vede sulla
parete di un cortile interno una piccola lapide, che ricorda
l'episodio narrato ed il posto, ove il Grigio impedì a Don Bosco il
passaggio.
NON
ASSAGGIÒ MAI NULLA
I
fatti del cane prodigioso erano conosciuti nell'Oratorio; i giovani
chiamavano il Grigio « il cane di Don Bosco ». Tutti, grandi e
piccoli, gli si avvicinavano e l'accarezzavano.
Il
prezioso animale entrava liberamente nel cortile e si aggirava qua e
là. per i vari ambienti della casa. Entrava pure nel refettorio ove
pranzavano i giovani; si avvicinava festosamente a Don Bosco, che gli
offriva pane, pietanza, minestra ed anche da bere; ma il Grigio non
assaggiò mai nulla.
Il
cane apparve a Don Bosco più di cinquanta volte, in momenti più o
meno pericolosi. Una delle ultime volte fece la sua comparsa in
Francia, quando il Santo si era smarrito di notte e si trovò davanti
a un pantano melmoso. Allora Don Bosco, narrando il fatto disse: Da
circa vent'anni che non vedo il Grigio.
IL
DEMONIO
Il
demonio si arrabbia contro coloro che attendono seriamente al proprio
perfezionamento spirituale e quindi ingaggia la quotidiana lotta,
tentando al male; se non riesce oggi, spera di riuscire domani;
conosce i lati deboli di ognuno e sa come sfruttarli, per trascinare
all'impurità, all'odio o all'abuso della misericordia di Dio.
Ma
se così si comporta con le persone pie, è da immaginarsi come
scateni il suo furore contro quelli che portano anime a Dio.
Don
Bosco era pescatore di anime; il demonio perciò inferocì contro di
lui, nella stolta speranza di ostacolarne l'apostolato.
Le
vessazioni diaboliche cominciarono con forti rumori notturni al tetto
della sua abitazione; avvenivano scuotimenti improvvisi e
terrificanti all'uscio ed alle finestre; le coperte del letto, mentre
prendeva riposo, si ritiravano per mano invisibile.
Il
demonio prendeva spesso forma visibile, per lo più mostruosa, ed
aggrediva personalmente Don Bosco. Tali fenomeni si ripetevano con
tanta insistenza, che la salute del Santo ne ebbe molto a soffrire.
Il
Sacerdote Angelo Savio, coraggioso, decise una notte di vegliare
nell'anticamera del Santo, per accertarsi degli strani fenomeni; ma
all'udire quei fragori diabolici, fu preso da tale spavento, che
pieno di terrore fuggì nella propria stanza.
Le
suddette vessazioni erano in certi periodi, specialmente quando aveva
inizio o compimento qualche nuova opera di apostolato.
Una
sera Don Bosco, parlando con un gruppo di giovani e ricordando
qualcuna delle sue terribili notti, fu interrotto da uno di essi: Oh,
io non ho paura del diavolo!
-
Taci! Non dire questo! rispose Don Bosco, con voce vibrata che colpì
tutti. Tu non sai quale potenza abbia il demonio, se il Signore gli
desse libertà di agire.
-
Sì, sì! Se io lo vedessi, lo prenderei per il collo ed avrebbe da
fare con me!
-
Tu morresti dalla paura al primo vederlo...
-
E lei come faceva a respingerlo? Col segno della Croce?
-
Sì, ma non bastava; il segno della Croce valeva solo per qualche
momento.
-
Allora gettava l'Acqua Benedetta?
-
In certi momenti l'Acqua Benedetta non basta. Però io ho trovato il
rimedio efficace... che non è necessario dirvi... Non auguro a
nessuno di trovarsi in momenti terribili, come mi son trovato io e
bisogna pregare Dio che non permetta mai al nostro nemico di farci
certi scherzi.
Con
tutte le lotte del demonio, il Santo riuscì ad attuare i disegni di
Dio, trionfò appieno sul suo nemico, mediante l'aiuto della Vergine
Ausiliatrice.
Quando
negli ultimi anni della vita un tale gli disse: Don Bosco, alla sua
morte tutti saranno dispiaciuti! egli rispose: Tranne del demonio,
che dirà: Finalmente è morto colui che mi ha dato tanto fastidio!
BILOCAZIONE
La
bilocazione è il fenomeno preternaturale, per cui una persona mentre
sta in un dato luogo, contemporaneamente si trova altrove. A pochi
Santi è avvenuto ciò, ad esempio, a Sant'Antonio di Padova; è
avvenuto anche a Don Bosco.
Ai
primi di Luglio del 1862, Don Bosco aveva detto: - In questo mese uno
dei giovani dell'Oratorio partirà per l'eternità.
Dopo
un po' di giorni si ammalò il giovane Casalegno di Chieri e lasciò
l'Oratorio di Torino per recarsi in famiglia. Il male si aggravò e
l'infermo prima di morire desiderava vedere Don Bosco ed essere
assistito da lui.
Il
nostro Santo era nei pressi di Lanzo Torinese, ivi andato per gli
Esercizi Spirituali. Da quel ritiro non fu visto uscire; era
controllata la sua presenza dagli esercitandi; eppure
contemporaneamente fu a Chieri a fianco del moribondo e non lo lasciò
finché non fu spirato.
Comunicò
il fatto agli esercitandi lo stesso giorno e scrisse subito una
lettera ai Superiori dell'Oratorio, affinché si facessero i dovuti
suffragi.
VISITE
DA LONTANO
Fare
un bagno, con le dovute caute le, non è male; la cosa però cambia
aspetto trattandosi di ragazzi, che vanno a tuffarsi in un fiume,
essendoci pericolo per il corpo e forse anche per l'anima.
Durante
i calori estivi, alcuni giovani di Don Bosco andavano nascostamente a
bagnarsi nel fiume Dora. Il Santo lo proibì rigorosamente.
I
malintenzionati approfittavano della sua assenza da Torino, per
uscire di sotterfugio dall'Oratorio ed andare a bagnarsi.
Don
Bosco sapeva ciò ed una volta, trovandosi lontano, scrisse una
lettera ai suoi giovani dell'Oratorio.
«
Sono assente, ma sono tra voi. Sono già venuto più volte a visitare
l'Oratorio ed ho trovato un poco di bene ed un poco di male.
«In
una mia visita mi sdegnai non poco, perchè vidi alcuni che durante
le sacre funzioni uscirono dalla Chiesa per andare a nuotare. Poveri
giovani! Quanto poco pensano all'anima loro!
«Vi
dico cose che non dovrei dirvi, ma credo bene tuttavia di dirvele,
affinchè nessuno si creda di poterla fare franca, quando io sono
lontano dall'Oratorio, perchè egli s'inganna se credesse di non
essere veduto. Badate però di non astenervi dal male soltanto per
paura di essere veduti e scoperti da Don Bosco, ma bensì perchè
siete veduti da quel Dio, che nel giorno del giudizio vi domanderà
rigorosissimo conto ».
NEL
FIUME
Il
Santo fu interrogato come facesse a vedere da lontano ciò che
avveniva tra i suoi giovani; egli rispose, scherzando: - Ho il filo
telegrafico.
Un
certo Oreglia volle sapere se per mezzo di questo filo avesse potuto
non solo vedere, ma anche fare qualche cosa.
Don
Bosco rispose: - Posso anche agire.
Era
il Santo partito da Torino e stava ancora in viaggio. Due giovani,
approfittando di ciò, andarono a bagnarsi nel fiume. Mentre stavano
nell'acqua, Don Bosco non si accontentò di avvicinarli, ma diede
delle forti palmate sulle loro schiene. Le botte si ripetevano; i
giovani si accorsero che venivano da mano invisibile ed uscirono
dall'acqua spaventati. Don Bosco scrisse al Teologo Borel: Domenica i
due giovani Costa e Beretta entrarono in Chiesa per la porta maggiore
e poi uscirono per quella della sacrestia; andarono a bagnarsi nel
Dora e, mentre erano nell'acqua, ricevettero delle palmate,
tutt'altro che leggere.
Il
Borel, ricevuto il biglietto, interrogò i due giovani e le loro
risposte furono conformi alla dichiarazione di Don Bosco.
GUARIGIONE
DI UN BAMBINO
Il
14 Ottobre del 1878 Don Bosco era a Torino. Intanto in Francia, a
Saint Rambert d'Albon, la signora Adele Clement era in afflizione,
perché il suo bambino, affidato ad una balia, stava assai male.
Pregava ed il bimbo non guariva.
Suo
marito, negoziante di olio, che faceva ritorno a casa sopra un carro,
vide un Prete sulla via. Sembrandogli stanco, lo invitò a salire sul
carro e poi gli offrì un pranzo in famiglia.
La
signora Adele, credendo che fosse un Prete capace di confortarla, gli
disse che aveva il figlioletto cieco, sordo e muto, per un improvviso
malore. Assicurò che aveva pregato, ma la grazia non veniva.
Il
Sacerdote rispose: - Pregate e sarete esaudita.
La
signora chiese: Qual'è il vostro riverito nome?
-
Da qui ad alcuni anni il mio nome sarà stampato sui libri e quei
libri vi capiteranno tra mano. Allora saprete chi sono io.
Il
marito durante il pranzo gli versava da bere. C'era sulla tavola un
boccale per l'acqua, bianco e cerchiato d'argento. Il Prete disse: -
Conservate questo boccale per mio ricordo. Verso la fine del pranzo
il Prete disse: - Una voce mi chiama e bisogna che io parta. E partì.
La
signora ed il marito pensarono di andargli dietro, ma non lo videro
più. Quando poi si recarono dalla balia per vedere il bambino
ammalato furono pieni di stupore a sentire che ivi era stato un Prete
sconosciuto, che aveva toccato il bambino e questi era guarito
all'istante. Facendo i calcoli del tempo, riscontrarono che il Prete
era andato appena uscito dalla loro casa. E’ da notare che il
villaggio della balia era distante tre chilometri.
Quei
buoni genitori almanaccavano da sette anni per indovinare chi fosse
quel Prete misterioso. Quando fu loro presentato un libro che parlava
di Don Bosco e ne portava il ritratto: Ecco, esclamarono tutti e due
i coniugi, ecco il Prete che ha guarito nostro figlio!
VIAGGI
MISTERIOSI
Tanti
altri casi di bilocazione potrebbero riportarsi. Ad esempio, le
visite che faceva, stando a Torino nella sua camera, a tante regioni
lontane, specialmente d'America. Iddio gli permetteva di vedere quei
luoghi, ove dimoravano i selvaggi, affinchè s'interessasse di
mandarvi i Missionari. Erano tanto frequenti questi viaggi
misteriosi, per cui Don Bosco conosceva bene persone, usi e costumi
di quelle regioni e parlava con competenza eccezionale del clima, dei
terreni e dei prodotti, come se fosse del luogo. Ed una volta che
tenne una conferenza a Parigi a degli accademici ed intellettuali,
esponendo in tutti i particolari una regione inesplorata
dell'America, la Patagonia, un tale gli chiese:
-
Da dove avete attinto voi tante notizie?
-
Eh,... son cose che so!...
Fu
tale la meraviglia delle cose udite nella conferenza, che gli
accademici francesi gli ottennero dal Governo una grande onorificenza
con medaglia d'oro.
A
SARRIA‘
Non
si può omettere un caso di bilocazione, che quasi tutti i biografi
riportano.
Il
Salesiano Don Branda, Direttore dell'Istituto di Sarrià, nella
Spagna, era a letto, nella notte del 6 Febbraio 1886. Durante il
sonno sentì chiamarsi: - Don Branda! Don Branda! Era la voce di Don
Bosco, il quale stava a Torino. Il Direttore aprì gli occhi e,
quantunque piena notte, vide la camera illuminata a giorno. La voce
continuò: - Ora tu non dormi! Alzati, dunque!
Don
Branda si alzò, si vestì, rimosse la tendina del letto e scorse nel
mezzo della camera Don Bosco. Gli si avvicinò e gli prese la mano
per baciarla.
Don
Bosco gli disse: - Vieni con me, conducimi a visitare la casa. Ti
farò vedere cose, delle quali tu nemmeno sospetti. Eppure sono cose
che fanno spavento.
Don
Branda, prese le chiavi delle camerate ed uscito con Don Bosco dalla
sua stanza, salì le scale ed entrò con lui nei dormitori. Il Santo
gli indicò tre giovani.
-
Vedi questi tre infelici? Li ha guastati uno che tu non crederesti,
se non fossi venuto io a dirtelo; e sono venuto perché c'era bisogno
che io ti svelassi questo mistero d'iniquità. Tu te ne sei fidato,
tu lo credi buono,... e tale sembra all'esterno. È il tizio... e
disse nome e cognome.
Il
Direttore sbalordì ad udire quel nome. Don Bosco continuò:
-
Mandalo subito via dall'Istituto!
Usciti
dalle camerate, fecero un giro per tutta la casa. Scale, stanze,
cortili, s'illuminavano a giorno al passaggio di Don Bosco. Si
ritornò nella camera di Don Branda. Qui in un angolo, apparvero i
tre poveri giovani nell'atto di nascondersi, per sfuggire alla vista
di Don Bosco; avevano il volto ributtante; vicino ad essi stava colui
che li aveva scandalizzati.
La
fisionomia di Don Bosco divenne terribilmente severa; poi con un tono
di voce schiacciante gridò: - Scellerato, sei tu che rubi le anime
al Signore! La tua colpa è enorme e tu l'hai continuata per mesi e
mesi e l'hai sempre taciuta in confessione!
Poi
ripetè al Direttore: - Manda via costoro!
Don
Branda osservò: Io non so come fare a mandarli e quali ragioni
addurre.
Don
Bosco non disse altro e si mosse per uscire dalla stanza. In quel
momento sparve la luce. Il Direttore rimase solo al buio, accese il
lume e vide che l'orologio segnava le ore quattro.
Era
assai turbato e non ritornò a letto. Lungo il giorno studiava come
rimediare all'inconveniente dell'Istituto, ma non sapeva decidersi a
mandare quei giovani.
Tutto
questo, come si è detto sopra, avveniva nella Spagna. Don Bosco
l'indomani dell'apparizione, stando a Torino, disse a Don Rua: Questa
notte ho fatto una visita a Don Branda. Scrivigli una lettera e
domandagli se ha eseguito i miei ordini.
Don
Rua mandò la lettera, ma Don Branda non si risolveva ad allontanare
i giovani. Passati cinque giorni dall'apparizione, mentre Don Branda
era al principio della Messa e stava per salire i gradini
dell'Altare, fu invaso da terrore e tremore e gli risonò nell'intimo
una voce misteriosa: - Fa' subito quello che ti ha ordinato Don
Bosco, altrimenti questa è l'ultima Messa che celebri!
Lo
stesso giorno si risolvette ad agire. Chiamati i colpevoli, si
accertò di tutto e potè mandarli dall'Istituto.
Dal
carisma della bilocazione si rileva l'onnipotenza e l'onniscienza di
Dio, che tutto vede e scruta.
SOSTITUZIONE
MISTICA
Nelle
anime straordinarie si riscontra un fenomeno interessante assai,
chiamato «sostituzione mistica» e consiste nel passaggio di una
malattia da una persona all'altra.
In
Don Bosco sovente. Egli aveva un fisico forte, resistente alla fatica
e poteva ridurre al minimo il riposo notturno; ma non gli mancavano i
disturbi, specialmente ad una certa età. Soffriva del vomito,
particolarmente quando confessando ascoltava peccati contro la
purezza; per la troppa fatica in certi periodi aveva sputi di sangue
ed il mal di denti lo tormentava oltre ogni dire. Qualche volta gli
era quasi impossibile attendere a certe opere di bene, essendo il
disturbo fisico troppo accentuato; in tale caso ricorreva alla
sostituzione mistica, cioè donava temporaneamente il suo malessere
ad un altro e, quando aveva espletato il lavoro urgente, se lo
riprendeva.
PATTO
CON UN GIOVANE
Don
Bosco tra i giovani ne scelse uno, il quale si disse disposto a
prendere le sue sofferenze corporali; lo incoraggiò, gli promise che
lo avrebbe aiutato con la preghiera e fece il patto: - Quando mi
rivolgerò a te per aiuto, tu farai una preghiera; allora il mio male
passerà a te; ma sappi che come d'un colpo ti comincerà, così d'un
colpo ti finirà.
Il
giovane stava abitualmente in buona salute; poteva studiare, giocare,
fare passeggiate. All'improvviso era assalito da vomiti violenti, non
poteva reggersi e andava a letto. Altra volta smaniava per il mal di
testa, o di occhi o di denti.
I
superiori in un primo tempo si preoccuparono del caso, ma Don Bosco
li rassicurò, dicendo: - Quel giovane, soltanto che preghi, ottiene
da Dio che il male fugga da me e vada addosso a lui. Io poi lo
raccomando a Savio Domenico perché lo faccia guarire, ed in breve
tempo guarisce. Quasi ogni giorno, vedo qui in casa tali cose, che
non si crederebbero se si leggessero sui libri, eppure Dio si
compiace farle tra noi.
Don
Bonetti, aiutante di Don Bosco, a vedere una sera il giovane molto
sofferente, gli rivolse delle parole d'incoraggiamento; ma la
risposta fu: Non mi preoccupo; domani sarò guarito; me lo disse Don
Bosco. E così fu.
DOLOROSA
ESPERIENZA
Don
Antonio Sala, nel suo ardore giovanile, volle fase l'esperienza di
questo singolare fenomeno e disse a Don Bosco che avrebbe accettata
qualche sua sofferenza.
Si
trovavano a Roma tutti e due. Il Santo doveva tenere una conferenza,
ma preso da fortissimo male di capo, si sentiva tanto abbattuto, che
non gli sarebbe stato possibile uscire di casa. Doveva trattare di
cose sommamente importanti.
Don
Sala si prestò ad aiutarlo. - Che il suo male si trasferisca a me e
che lei resti libero! Don Bosco rispose: - Povero Don Sala!...
Ebbene, ti cedo il mio male, finché sia finita la conferenza.
Appena
Don Bosco uscì di casa, un atroce mal di capo s'impossessò di Don
Sala, il quale smaniava e desiderava che finisse presto la
conferenza. Quando Dio volle, Don Bosco ritornò e così il paziente
cessò di soffrire.
LA
VOCE
Nei
suoi viaggi in Francia, il nostro Santo riceveva onori non comuni;
giornali, autorità, masse di fedeli si occupavano di lui.
Fra
l'altro, una volta, si preparò una bella accademia in suo onore nel
Seminario di Marsiglia.
Il
salone del teatro era al completo; si aspettava che da un momento
all'altro avesse inizio la declamazione. Il Rettore del Seminario si
avvicinò a Don Bosco per dirgli: Siamo mortificati; con tanto
piacere abbiamo preparato questa manifestazione ed intanto dovrà
andare a male. Il giovanetto che deve eseguire i canti principali, è
rauco; e non abbiamo trovato rimedio al suo mal di gola.
-
Non si affligga! - rispose Don Bosco. Venga qui il piccolo cantore.
Quando
l'ebbe davanti, gli disse: - Ti do la mia voce, così questa sera
potrai cantare. Però prometti al Signore di servirti della tua voce
sempre per dare gloria a Dio e non per vanità Cessò il mal di
gola; il cantore eseguì bene i canti, però Don Bosco perdette la
voce, essendo passata a lui la raucedine del giovanetto.
Don
Bosco, di cuore delicato e paterno, molte volte prese per sè i
disturbi di questo o di quello.
Ad
esempio, ritornato a casa dopo avere confessato nel carcere, dovette
ritirarsi in camera e tenere il letto. Era preso dal mal di capo e
dal dolore dei denti. Un tale gli disse: Come mai sta così male?
-
Vedi, gli rispose, ho confessato tanti carcerati. Che penitenza
potevo dare a quegli infelici? Intanto i peccati si devono riparare.
Ho chiesto al Signore di fare soffrire me.
GUARIGIONI
Gesù
durante la vita terrena liberò molti dalle infermità e diede agli
Apostoli il dono delle guarigioni. Numerosissimi Santi hanno
illustrata la Chiesa di Dio con il carisma delle guarigioni; tra
costoro c'è anche Don Bosco.
Se
si volessero narrare tutte le guarigioni operate da questo Santo,
sarebbe necessario un volume. Per brevità ne riporto qualcuna.
Nella
sua umiltà Don Bosco, affinché la gente non lo stimasse Santo,
ricorse ad un'astuzia, che poi fu scoperta. Quando persone sofferenti
a lui si rivolgevano per essere guarite, egli ordinava delle pillole,
acciocchè la guarigione fosse attribuita all'azione delle pillole,
le quali erano semplice mollica di pane. Qualche esempio.
Il
Signor Turco, da Montafia, soffriva di febbri ostinate; nessuna
prescrizione medica lo guariva. La sua famiglia ricorse a Don Bosco,
che consigliò la Confessione e la Comunione, come sempre soleva
fare, e poi consegnò una scatola con delle pillole, da prendersi
ogni giorno in un dato numero, recitando prima tre Salve Regina.
Prese
le prime pillole, l'ammalato guarì perfettamente. Il farmacista del
paese, saputo il fatto, si recò in fretta a Torino e disse a Don
Bosco: - Io rispetto il suo ingegno ed il medicinale potente, di cui
lei è l'inventore; lei ha trovato un sicuro febbrifugo. La prego di
volermi vendere una quantità del suo farmaco, ovvero manifestarmene
il segreto.
Il
Santo rimase alquanto imbrogliato e non trovò altro espediente che
dire: - Ho consumata la provvista delle pillole.
Il
farmacista, ritornato a casa, smanioso di conoscere gli ingredienti
delle pillole, se ne procurò alcune conservate nelle famiglie e ne
fece l'analisi chimica.
-
Ma qui, esclamò, non trovo altro che pane! Eppure le guarigioni sono
evidenti.
Si
recò da uh altro farmacista suo amico e con lui scompose le pillole;
conclusero: - È pane! Non c'è dubbio!
Quando
il Signor Turco, già guarito, andò a ringraziare Don Bosco, lo
pregò di manifestargli il segreto della medicina. Il Santo gli
chiese: - Ha recitato con fede le tre Salve Regina?
-
Oh, certamente!
-
E questo le basti.
ABBIATE
FEDE!
L'essere
liberati da una malattia è un dono di Dio. Il primo segreto per
ottenerlo è avere l'anima senza colpa grave. Come si può ottenere
un favore, trovandosi nell'inimicizia di Dio?
Don
Bosco nell'operare una guarigione aveva di mira innanzi tutto il bene
spirituale e poi quello corporale; infatti diceva a chi lo richiedeva
di qualche grazia: - Confessatevi e comunicatevi; aggiungete anche
questa preghiera.
Un
giovane ammalò ad una gamba, la quale venne in suppurazione, con
certe piaghe da fare ribrezzo; era prossima la cancrena.
I
parenti mandarono a chiamare Don Bosco, che non tardò ad andare;
addolorati gli dissero che i medici avevano minacciato il taglio
della gamba.
-
No, rispose il Santo, non si farà questo! Abbiate fede e non si farà
l'operazione.
Rimase
a parlare solo a solo con l'infermo, lo invitò a confessarsi ed a
comunicarsi ed a fare alcune promesse. Infine lo benedisse.
L'indomani
giunse il medico e trovò la gamba guarita. Il giovane si alzò. Egli
però dopo qualche tempo, essendo stato infedele alle promesse,
ricadde ammalato come prima.
Don
Bosco andò a visitarlo e comprese subito il motivo della ricaduta.
Allora gli fece rinnovare le promesse; di nuovo lo benedisse e il
giovane guarì.
SONO
COMPLETAMENTE GUARITO
Il
Santo aveva bisogno di tremila lire, per pagare gli operai che
costruivano la Chiesa di Maria Ausiliatrice. Uscì in cerca di
denaro. Un domestico appena lo riconobbe, lo invitò ad andare a
visitare il suo padrone gravemente infermo. Vi andò.
Giunto
all'abitazione, gli si fece incontro una signora piangente: - Oh, Don
Bosco! Se sapesse da quanto tempo l'aspettiamo! Avrei desiderato che
mi avesse ottenuta la guarigione di mio marito; ma adesso è troppo
tardi; è quasi alla fine; due giorni addietro i medici tennero il
consulto.
Rispose
Don Bosco: - C'era anche la Madonna? Se non c'era la Madonna, il
consulto fu incompleto, poichè ci mancava il medico curante. E di
che malattia si tratta?
-
La malattia ha preso varie forme e da parecchi mesi è degenerata in
idropisia; è stato operato più volte, ma ora è di nuovo gonfio, da
fare pietà.
-
Ebbene, se loro si sentono di aiutare la Madonna in un certo affare,
nella costruzione della sua Chiesa, io mi proverò a fare guarire
dalla Madonna suo marito.
-
Volentieri, le darò qualunque cosa. Don Bosco fu introdotto nella
camera dell'infermo, che disse: Quanto bisogno ho delle sue
preghiere! Non c'è altro che lei che possa cavarmi da questo letto.
-
È molto tempo che si trova in tale stato?
-
Da tre anni; soffro orribilmente; non posso fare il minimo movimento
da solo ed i medici non mi danno ormai più speranza di guarire.
-
Vuol fare una passeggiata?
-
Oh, povero me! Non ne farò più; ma... me la faranno fare!...
-
Se ella è d'accordo con la sua signora, la farà oggi con le sue
gambe e con la sua vettura.
-
Oh, se potessi avere almeno un po' di sollievo, farei volentieri
qualche cosa per le sue. opere!
-
Veda, signore, il momento sarebbe propizio; avrei bisogno di tremila
lire.
-
Ebbene, mi ottenga un po' di sollievo ai miei mali ed io verso la
fine dell'anno cercherò di accontentarla.
-
Ma io ne avrei bisogno questa sera stessa.
-
Questa sera?... Ma bisognerebbe uscire, andare alla Banca Nazionale,
cambiare cedole...
-
E perchè non andare alla Banca?
-
Chi?
-
Lei!
-
Uscire io?...
-
Ma lei scherzai È impossibile!...
-
Impossibile a noi, ma non a Dio! Orsù, dia gloria, a Dio ed a Maria
SS. Ausiliatrice! Mettiamoci alla prova.
Don
Bosco fece radunare nella camera tutte le persone della casa,
comprese quelle di servizio, una trentina, e le invitò a recitare
particolari preghiere a Gesù Sacramentato ed all'Ausiliatrice.
Finita
la preghiera, impartì la Benedizione all'infermo; questi avvertì un
fortissimo disturbo addominale, tanto che la moglie si diede a
gridare: - Muore! Muore!
Il
Santo soggiunse: - Stia tranquilla, che non muore! Anzi, faccia
portare qui i vestiti del marito perché ora dovrà uscire.
Mentre
si facevano i preparativi, entrò il medico curante, che gridò
all'imprudenza e tentò di dissuadere l'infermo; ma questi disse: -
Sono padrone di me e voglio seguire i suggerimenti di Don Bosco!
I
familiari volevano aiutarlo ad alzarsi ed il Santo li trattenne. In
pochi minuti l'infermo era vestito e cominciò a passeggiare per la
camera. Si diede ordine che si tenesse pronta la carrozza con i
cavalli. Prima di uscire il guarito volle prendere cibo; poi fece,
senza aiuto alcuno, quattro rampe di scale, montò sulla vettura,
riscosse alla Banca le tremila lire e, ritornato a casa, consegnando
l'offerta a Don Bosco, disse: - Sono completamente guarito! Non so
come ringraziare!
UNA
POVERA DONNA
Un
ultimo episodio. Il 3 Maggio del 1867 Don Bosco era andato a
predicare a Caramagna. Finita la predica, mentre era a pranzo presso
il Curato, il cortile della canonica si stipò di gente, che
desiderava la sua Benedizione.
Don
Bosco scese in cortile e la prima a presentarglisi fu una povera
donna, inoltrata negli anni, rattrappita, che si trascinava su due
stampelle. Le chiese:
-
Cosa desidera?
-
Padre, abbia pietà di me! Mi dia una sua Benedizione!
-
Di tutto cuore. Ma ha fede nella Madonna?
-
Si, sì, tanta!
-
Dunque, la preghi e le farà la grazia.
-
Oh, preghi lei, perché è un Santo; io non sono buona a pregare
bene.
-
Bisogna che preghiamo tutti e due. Dunque, s'inginocchi!
-
È tanto tempo che non posso più inginocchiarmi; ho le gambe quasi
morte.
-
Non importa; s'inginocchi!
La
donna, per ubbidire, si appoggiò alle stampelle e tentò
d'inginocchiarsi; ma Don Bosco, togliendogliele dalle mani, disse: -
Così no, così no... s'inginocchi bene!
Erano
presenti più di seicento persone e tutto osservavano in silenzio.
La
donna s'inginocchiò, esclamando: - Come ho da pregare?
-
Dica con me tre Ave Maria alla Vergine Ausiliatrice.
Terminata
la preghiera, la donna si levò su, senza che alcuno la aiutasse, e
non sentì più i dolori che l'opprimevano. Don Bosco le mise,
sorridendo, le due stampelle sulle spalle, dicendo: - Ora può andare
via ed ami sempre Maria Ausiliatrice!
Quella
fortunata donna s'incamminò tra la moltitudine dei presenti,
magnificando la Madonna e Don Bosco.
MOLTIPLICAZIONE
DEGLI ELEMENTI
Il
soprannaturale in certi casi suole colpire immensamente; ad esempio
quando ha luogo la moltiplicazione degli elementi; così avvenne agli
Ebrei quando assistettero alla moltiplicazione dei pani, operata da
Gesù Cristo.
Don
Bosco, in estremo bisogno, moltiplicò le pagnottelle, che dovevano
servire di colazione ai suoi ricoverati; il prodigio si effettuò
sotto lo sguardo di centinaia di persone, in cortile.
Moltiplicò
le castagne ed in altra occasione anche le nocciuole, destinate a
rallegrare i suoi giovani nelle passeggiate generali.
Due
volte moltiplicò le Sacre Particole.
Era
la fede di Don Bosco che operava prodigi. Il Santo richiamava alla
mente il detto di Gesù: A chi crede, niente è impossibile.
Quanta
fede ebbe Don Bosco! Eppure, prossimo a morire, rivolse a se stesso
un rimprovero: - Se io avessi avuta più fede, avrei fatto ancora di
più!
Cosa
dire della fede di tanti Cristiani?... Una virtù teologale tanto
importante, eppure è così poco tenuta in considerazione.
SCRUTAZIONE
DEI CUORI
DON
ANGELO LOVISOLO
Don
Bosco fu generoso con Dio e Dio fu generosissimo con lui.
Quanti
carismi arricchirono il Santo Torinese! Ebbe anche la scrutazione dei
cuori, cioè il potere di leggere nella coscienza altrui.
Questo
dono straordinario era di pubblica ragione. Per questo molti
accorrevano al suo confessionale.
Diceva
Don Bosco: - Presentatemi un giovane, che mai io abbia conosciuto, e
vi so dire ciò che ha fatto dall'uso di ragione in poi... Leggo le
coscienze, come leggo un libro.
Lo
scrivente riferisce un colloquio personale.
C'era
nella mia Comunità Religiosa un Salesiano, certo Don Angelo
Lovisolo, il quale era stato con il Santo negli anni giovanili. Gli
chiesi:
-
Quando lei era con Don Bosco, andava da lui a confessarsi?
-
Mi confessai per circa otto anni. Tutti volevamo confessarci da lui.
-
Ma, nelle feste, nelle circostanze solenni, come poteva Don Bosco
ascoltare tutti?
-
Soleva fare così: Confessava dietro l'Altare Maggiore; ascoltava noi
ragazzi sino al momento della Comunione; poi si alzava e diceva:
Coloro che tocco, possono andare a comunicarsi; gli altri aspettino e
si confessino. Dava uno sguardo rapido e poggiava la mano sulla
nostra testa. Quando Don Bosco ci aveva toccati, eravamo sicuri di
essere in grazia di Dio, sapendo che lui leggeva nei cuori.
EPPURE...
È COSÌ!
Riferisce
Don Francesco Provera, che fu molto tempo nell'Oratorio di Valdocco:
Un
giovane s'avvicinò a Don Bosco, dicendo: - Mi dia un consiglio!
-
Quale consiglio vuoi?
-
Un consiglio che riguardi l'anima mia.
-
Ebbene, ascolta: Sono tre anni e mezzo che tu sei in peccato mortale.
-
Oh, possibile! Se io vado sempre a confessarmi da Don Savio!
-
Eppure è così! Senti... E gli parlò di circa cinquanta peccati,
che egli aveva sempre taciuti in Confessione. Ad ogni peccato che Don
Bosco gli ricordava. il giovane confuso rispondeva: - Si, è vero,
l'ho commesso e non l'ho confessato. Terminò con promettere che si
sarebbe accusato di tutto.
QUANDO
VERRAI?
Testimonia
Don Bonetti:
Un
giovane aveva già parecchie volte taciuto un grave peccato in
Confessione. Sentendo il tormento della coscienza, determinò di fare
una Confessione generale e scelse per confessore Don Picco. Gli
manifestò le sue colpe, ma giunto a quel peccato, già altre volte
taciuto, non osò palesarlo.
Dopo
due giorni l'incontrò Don Bosco, lungo le scale, e gli disse:
-
Quando verrai a fare la tua Confessione generale?
-
L'ho già fatta!
-
Oh, stai un po' quieto!
-
Si, sì, l'ho fatta ieri l'altro da Don Picco.
-
No! Non hai fatto alcuna Confessione generale! Dimmi un poco: Perché
hai taciuto quel tale peccato... così e così?
Il
povero giovane abbassò il capo, ruppe in pianto ed andò subito a
fare una buona Confessione.
NON
VOGLIO FARMI PRETE!
Lo
stesso Don Bosco racconta:
Sul
principio dell'anno venne accettato nell'Oratorio un giovane e la
prima volta che mi parlò, disse: - Veda che io non voglio farmi
Prete! Obbligano qui a farsi Prete?
-
No; se non c'è la grazia speciale della vocazione, non si permette
di vestire l'abito chiericale.
-
Ancorchè io avessi la vocazione, non voglio che mi facciano Prete.
Qualche
tempo dopo si trattava di confessarsi e voleva andar da qualche
Sacerdote sconosciuto, o dai Frati del Monte o alla Consolata. Gli
dissi: - Ti lascio andare volentieri, solo manderò qualcuno ad
accompagnarti, ma con un patto!
-
Quale?
-
Ti faccio andare, col patto che tu manifesti al Confessore questo
peccato e quest'altro! - e glieli indicai.
Il
giovane restò meravigliato al sentirsi manifestare quei due peccati
che egli non aveva mai confessati e mi rispose:
-
Non c'è più bisogno che io vada a confessarmi altrove, essendo
appunto questi i peccati che non avevo in animo di confessare qui,
nell'Oratorio.
Al
presente, che siamo quasi a metà d'anno, quel giovane è uno dei più
animati per farsi Prete.
SPIRITO
PROFETICO
FAREMO
A META’
Conoscere
l'avvenire è solo di Dio, perché davanti all'Essere Supremo è
presente tanto il passato quanto il futuro. Dio può dare tale
conoscenza a certi suoi servi; Don Bosco fu uno di costoro.
Sterminato è il numero delle sue predizioni, poiché, conoscendosi
il suo spirito profetico, molti si rivolgevano a lui.
Nei
primi tempi della sua missione, Don Bosco ebbe davanti a sé un
fanciullo. Lo guardò con dolcezza e gioia; poi, stendendo la palma
della mano sinistra, con la destra fece segno di tagliarla,
esclamando con spirito profetico: - Michelino, faremo a metà!
Quel
fanciullo, in seguito divenne Don Michele Rua, oggi Venerabile e che
presto speriamo vedere sugli Altari. Fu il braccio destro di Don
Bosco per più di trent'anni e dopo la morte di lui prese il governo
della Società Salesiana.
ED
UNO DI VOI SARÀ VESCOVO
Una
sera, dopo cena, Don Bosco era a refettorio; gli stavano attorno
tanti giovani e gli domandavano cosa sarebbe stato di loro in
avvenire.
Il
Santo rispose: Due di voi diventeranno molto cattivi e mi daranno
grandi dispiaceri; altri saranno secolari, ma buoni Cristiani; altri
saranno buoni Preti. E, girando la mano in alto sulle loro teste,
continuò: - Ed uno di voi sarà Vescovo.
Tra
i presenti era Giovanni Cagliero, il quale vivente Don Bosco fu
consacrato Vescovo e poi annoverato tra i Cardinali.
NON
ALLONTANARTI DA ME!
Un
giovane aveva finito gli studi nell'Oratorio ed aveva deciso di
andarsene via, per entrare in qualche Congregazione Religiosa.
Don
Bosco gli disse: - Fermati con noi e puoi fare parte della famiglia
dell'Oratorio. Non allontanarti da me e qui avrai quello che
desideri. - Ma il giovane era risoluto di partire. - Quando è così,
concluse Don Bosco, va' pure. Però sappi che ti farai Gesuita e ti
manderanno via; entrerai tra i Cappuccini e non sarai perseverante;
sarai in prigione; infine, spinto dalla fame, ritornerai qui, a
chiedere il pane in questo Oratorio.
All'infelice
accadde alla lettera ciò che il Santo gli aveva predetto. Quando era
nella prigione, Don Bosco andò a trovarlo. Il detenuto gli disse: -
Si ricorda quando mi predisse che sarei stato incatenato? Per
consolarla ora le dico che mi trovo in prigione non per delitto, ma
perchè ho disertato dalla milizia.
LA
CONTESSINA
Don
Bosco aveva promesso al Conte Cravosio che sarebbe andato a pranzare
da lui. Scelse il giorno onomastico della contessina, che cadeva il
30 Agosto, festa di Santa Rosa da Lima.
Il
Santo era mortificatissimo a tavola, ma doveva prendere parte a certi
pranzi di nobili, per dimostrare la sua riconoscenza per gli aiuti
che gli prestavano.
Riferì
poi la contessina:
Dopo
il pranzo pregai Don Bosco di venire con me nella mia camera. Sopra
una cantoniera avevo disposto una statuetta della Madonna Immacolata.
Lo pregai di benedirla e di ottenere per me una grazia speciale,
senza dirgli quale fosse. Era la grazia di seguire la mia vocazione
religiosa.
Don
Bosco giunse le mani e diritto davanti all'immagine di Maria fece
sulla statuetta il segno della S. Croce; poi pregò ancora; infine
senza scomporsi dal suo pio atteggiamento e sempre guardando la
Madonnina, disse: O Vergine Santissima e Immacolata, benedite e
consolate la Rosina, che io vedo vestita di bianco!
-
Ma, Don Bosco, l'interruppe, io non sono vestita di bianco, anzi non
mi piace di vestirmi di tale colore; (io avevo allora 19 anni) sono
le bambine che si vestono di bianco.
Don
Bosco replicò: - Si, la Rosina vestita di bianco!
Dopo
due anni il Signore mi apriva la porta dell'Istituto delle Maestre
Suore Domenicane in Mondovì ed indossai l'abito bianco,
realizzandosi così la profetica parola di Don Bosco.
DON
ALBERTO BIELLI
L'ora
della morte è ignota a tutti. Gesù Cristo dice di stare preparati,
perchè la morte viene come un ladro di notte.
Don
Bosco ebbe il dono di conoscere il giorno della morte di molte
persone, specialmente dei suoi giovani.
Era
prudente nel preannunziare la fine di qualcuno e faceva ciò per
disporre al gran passo gli interessati e per far vivere in grazia di
Dio i giovani che educava.
Don
Alberto Bielli, Salesiano, morto in Sicilia nel 1925, trascorse la
fanciullezza e l'adolescenza sotto le cure dirette di Don Bosco. Egli
raccontò allo scrivente un preannunzio di morte. È questa la
narrazione:
«
Prima di andare a riposo, Don Bosco ci rivolgeva una buona parola,
che finiva con l'augurio della buona notte.
«
Una sera disse: Cari giovani, stiamo preparati perché uno di noi
partirà presto per l'eternità, Procuriamo di mantenerci
nell'amicizia del Signore.
«
Finita la buona notte, baciavamo la mano a Don Bosco. Quella sera noi
ragazzi eravamo presi dalla paura e, baciando la mano, domandavamo:
Sono io il prossimo a morire? A nessuno fu manifestato il segreto.
L'indomani mattina, al pensiero della morte, molti andavano a
confessarsi.
«
Passati un po' di giorni, Don Bosco riprendeva l'argomento, sempre
prima che andassimo a riposo: Tanti di voi mi domandano: Sono io
quello che presto dovrà morire? Per il momento non posso
manifestarlo; soltanto vi dico che il suo cognome comincia con la
lettera " B ".
«Tanto
io, che sono Bielli, quanto gli altri della " B ", finito
il sermoncino, circondammo Don Bosco, per sapere con precisione chi
fosse il destinato.
«Il
buon Padre disse soltanto: - Fatevi coraggio, siamo nelle mani di
Dio; tutti possiamo morire; potrei morire anch'io, perché mi chiamo
Bosco ».
Avvicinandosi
la data della morte, Don Bosco sorvegliava e faceva sorvegliare il
segnato dalla Provvidenza e lo disponeva a ben morire.
Quella
volta la morte toccò ad un certo Brusasca.
LE
22 LUNE
Fu
chiesto al Santo come facesse a conoscere la morte di qualcuno e la
data precisa; la risposta fu: - La conoscenza può avvenire in
diversi modi. Per esempio, mi trovo in Chiesa con i ragazzi raccolti
in preghiera. Improvvisamente si forma attorno a me una penombra;
vedo allora apparire una fiammella, che gira vertiginosamente
nell'interno della Chiesa. La seguo con lo sguardo per comprenderne
il significato. In fine la fiammella si ferma sul capo di qualcuno e
vicino ad essa appare una scritta « Morte! » con a fianco la data.
Si
riporta l'annunzio del primo caso di morte, avvenuto nell'Oratorio di
Valdocco.
In
una festa del Marzo 1854 Don Bosco aveva radunato tutti gli alunni
interni nella retro-sacrestia, dicendo di voler loro raccontare una
cosa importante, una visione. Parlò in questi termini:
«
Io mi trovavo con voi nel cortile e godevo a vedervi vispi ed
allegri. Ad un tratto vedo che uno di voi esce da una porta della
casa e si mette a passeggiare in mezzo ai compagni con in capo una
specie di cilindro trasparente, tutto illuminato nell'interno e con
la figura di una grossa luna, nel mezzo della quale era la cifra "22
".
«
Meravigliato, cercai di avvicinarlo per dirgli di lasciare quel
cilindro da carnevale; ma ecco, mentre l'aria si oscurava, come fosse
stato dato un segno di campanello, il cortile si sgombrò e vidi
tutti i giovani sotto i portici, disposti in fila. Il loro aspetto
manifestava un grande timore e dieci o dodici di essi avevano il viso
ricoperto di strana pallidezza.
«
Passai davanti a loro per osservarli. Vidi colui che aveva la luna
sul capo più pallido degli altri e con le spalle coperte da una
coltre funebre. M'incamminai verso di lui per chiedergli cosa
significasse quello strano spettacolo, ma una mano mi trattenne e
vidi uno sconosciuto, di nobile portamento, che mi disse: Ascoltami
prima di avvicinarti a lui. Egli ha ancora 22 lune di tempo e prima
che siano passate morrà. Tienilo d'occhio e preparalo! « Volevo
domandargli qualche spiegazione del suo parlare, ma più non lo vidi;
lo sconosciuto era sparito. Il giovane, miei cari figliuoli, io lo
conosco ed è tra voi! »
Un
vivo terrore s'impossessò di tutti i giovani, tanto più ch'era la
prima volta che Don Bosco annunziava in pubblico con una certa
solennità la morte di uno degli interni. Il Santo se ne accorse e
proseguì: Io lo conosco ed è tra voi quello delle lune; ma non
voglio che vi spaventiate. Fatevi tutti buoni, non offendete il
Signore ed io starò attento e terrò d'occhio quello del numero «22
», il che vuol dire delle 22 lune, ossia 22 mesi, e spero farà una
buona morte.
Finì
l'anno 1854 e, trascorsi molti mesi del 1855, venne l'ottobre, cioè
la ventunesima luna. Don Bosco disse al giovane Cagliero: - Guarda di
assistere bene Gurgo!
Gurgo
Secondo, da Pettinengo, era un giovane sui diciassette anni, di belle
forme e robuste, tipo di florida salute.
Al
principio di Dicembre nell'Oratorio non c'era alcun ammalato. Don
Bosco, dopo le orazioni della sera, annunziò in pubblico che uno dei
giovani sarebbe morto prima di Natale.
Verso
la metà di Dicembre il giovane Gurgo fu assalito da una colica così
violenta che, mandato a chiamare in fretta il medico, per suo
consiglio gli si amministrarono i Santi Sacramenti. Otto giorni durò
la terribile malattia e la notte del 23 al 24 Dicembre il giovane
moriva.
LA
CASA SAVOIA
Quando
la gloria di Dio lo richiedeva, Don Bosco preannunziava la morte
anche ad illustri personaggi; la stessa Casa Savoia ricevette dei
tristi annunzi.
Si
trattava di lottare contro la Chiesa in Italia, sopprimendo gli
Ordini Religiosi, riducendo il numero dei Vescovi e dando allo Stato
i beni ecclesiastici. Mentre al Parlamento si discutevano queste
leggi inique, Don Bosco ebbe una visione.
Il
Santo stesso narrò: Sulla fine del Novembre 1854 mi sembrò di
trovarmi circondato da Preti e Chierici, presso il portico centrale
dell'Oratorio, quando vidi avanzarsi in mezzo al cortile un valletto
di Corte, in rossa uniforme, il quale, giunto a passo affrettato alla
mia presenza, gridò: - Annunzia grande funerale in Corte! E subito
valletto si dileguò. L'indomani Don Bosco comunicò per lettera la
notizia al Re Vittorio Emanuele II.
Passati
cinque giorni, si ripetè la visione. Questa volta il valletto di
Casa Savoia gridò - Annunzia: Non grande funerale in Corte, ma
grandi funerali in Corte!
Il
Santo Sacerdote mandò un'altra lettera al Re, esortandolo a schivare
i castighi di Dio con l'impedire l'approvazione della legge contro la
Chiesa.
Vittorio
Emanuele non approfittò del preavviso ed allora si attuarono i
castighi di Dio.
Il
9 Gennaio 1855 la Camera dei Deputati cominciò la discussione della
legge contro la Chiesa. Tre giorni dopo, la madre del Re, Maria
Teresa, in età di 54 anni moriva.
Trascorsi
quattro giorni dal funerale, morì la sposa del Sovrano, Maria
Adelaide, all'età di 33 anni.
Dopo
tre settimane morì il fratello del Re, Ferdinando di Savoia, anche
lui a 33 anni di età. In un mese, dunque, nella Casa Savoia ci
furono tre funerali.
IL
DELEGATO DI PUBBLICA SICUREZZA
Nella
città di Torino si parlava di Don Bosco e si facevano dei commenti
sui preavvisi di morte che egli dava.
Non
mancarono le lamentele e si fecero anche dei ricorsi alla Questura
per impedire ulteriori annunzi.
Il
Procuratore del Re, senza farsi conoscere, si recò un giorno
all'Oratorio di Valdocco ed interrogò vari giovani sul discorsino
che si teneva la sera dopo le orazioni; si accertò che realmente Don
Bosco preannunziava delle morti.
Dopo
qualche giorno si presentò al Santo un delegato di polizia, per
rinfacciargli le predizioni di morte e raccomandargli da parte del
Procuratore del Re, di non fare uso di tali mezzi, altrimenti
l'autorità avrebbe dovuto intervenire.
Don
Bosco rispose: - Per il bene delle anime, talvolta sono obbligato a
dare simili annunzi. - Ebbene, soggiunse il delegato, se lei è così
persuaso, avverta pure ma senza pubblicità. Avrebbe difficoltà a
dirmi il nome di colui che prevede che morrà tra breve?
-
Purchè lei mantenga il segreto.
-
Glielo prometto!
Il
delegato tirò fuori il taccuino e scrisse il nome che Don Bosco
pronunziò: Boggero Giovanni.
Dopo
due mesi il delegato ritornò all'Oratorio e chiese notizie di
Boggero Giovanni. Don Bosco rispose: - Il mattino del 14 Dicembre è
morto di apoplessia fulminante.
Conosciuto
l'adempimento della profezia, il delegato esclamò: Da questo momento
in poi lei dica ai suoi giovani quello che vuole; saprò io cosa
rispondere a chi si lamenterà delle sue previsioni.
Commosso,
baciò la mano al Santo e se ne partì ripetendo: - È cosa
singolare! È cosa singolare!
RIFLESSIONE
Quando
Don Bosco preannunziava un lutto, i suoi giovani vivevano in maggiore
delicatezza di coscienza, per trovarsi preparati a ben morire.
La
morte, come era al tempo del Santo, è anche oggi e sarà sempre; può
colpire tutti, ad ogni ora. Perché allora non vivere in grazia di
Dio ed arricchirsi di meriti per l'eternità?
Se
si stesse preparati alla morte, la quale non fa mai vacanza, come
cambierebbe la condotta di molti! Oh, se si riflettesse!...
LE
VISIONI
La
vita di Don Bosco era tutta investita dal soprannaturale.
Il
Signore lo guidava spesso con delle visioni, mostrandogli la via da
percorrere e la meta da raggiungere.
Il
Santo narrava quanto Dio gli faceva vedere, affinché servisse di
ammaestramento ai giovani. Durante tali narrazioni, che per lo più
erano fatte pubblicamente la sera dopo le orazioni, era presente
qualcuno interessato a raccogliere i particolari delle visioni e
metterli in iscritto. Ordinariamente faceva questo il Sacerdote Don
Lemoyne, che fu il biografo di Don Bosco.
Dai
diciannove volumi delle « Memorie Biografiche » rileviamo alcune
visioni, riportandole con le stesse parole del Santo.
L'ANIMA
Ieri
sera (25 Giugno 1867) andavo pensando alla natura ed al modo di
esistere dell'anima: come fosse fatta; in che modo potesse trovarsi e
parlare nell'altra vita, divisa dal corpo; come faccia a trasportarsi
da un luogo ad un altro; come mai allora potremo conoscere gli uni e
gli altri. E più pensavo questo, più mi sembrava oscuro il mistero.
Subito
dopo, quantunque io fossi nella mia stanza, mi trovai lontano da
Torino, lungo una via. Mi senti chiamare per nome da una persona: -
Vieni con me, mi disse; tu potrai adesso vedere ciò che desideri...
Tosto ubbidì. Tanto la guida, quanto io, andavamo con la rapidità
del pensiero, senza che i nostri piedi toccassero il suolo.
Giunti
in una certa regione, la guida si fermò. Sopra un luogo alto si
ergeva con magnificenza un palazzo; era inaccessibile e non si vedeva
alcuna strada per salirvi; le sue porte ad un'altezza considerevole.
-
Guarda! Monta su, in quel palazzo! - mi disse la guida.
-
Come fare ad arrivarci? Qui al basso non c'è entrata; non ho le ali.
-
Fa' come faccio io: alza le braccia con buona volontà e salirai.
Vieni con me.
Facendo
ciò, mi senti sollevare per l'aria, a guisa di leggera nube, e mi
trovai sulla soglia del palazzo.
-
Cosa c'è qua dentro? - chiesi.
-
Entra, visitalo e vedrai. In fondo ad una sala, troverai chi ti
ammaestrerà.
La
guida scomparve.
Rimasto
solo, entrai nel palazzo, immenso, e con velocità preternaturale,
percorsi tante camere, che non mi fu possibile numerare.
In
fondo ad una sala scorsi maestosamente seduto sopra un seggiolone un
Vescovo, in atto di chi aspetta per dare udienza.
Mi
avvicinai a lui e riconobbi in quel Prelato un mio intimo amico. Era
Monsignor... (e ne fece il nome), Vescovo di... morto due anni fa. Il
suo volto era di tale bellezza che non si può esprimere.
-
Oh, Monsignore! esclamai. Ma è ancor vivo? Non è già morto?
-
Sì, sono morto... E lei, Don Bosco, è morto o vivo?
-
Io sono vivo. Non vede che sono qui in corpo ed anima?
-
Qui non si può venire con il corpo!
-
Eppure, io ci sono.
-
Sembra a lei di esservi, ma non è così...
-
Mi dica, Monsignore: È salvo?
-
Sì, sono in luogo di salvezza, ma Dio non l'ho ancora visto ed ho
bisogno che ancora si preghi per me.
-
E quanto tempo ha da stare ancora in Purgatorio?
-
Guardi qui! e mi porse una carta, soggiungendo: Legga!
-
Ma non posso leggere, perchè qui sopra non c'è scritto niente! Vedo
solo dei fiorami rossi, cerulei, verdi e violetti.
-
Sono cifre. Per leggere, metta il foglio a rovescio.
Vi
scorsi allora fra i disegni fiorati il numero « 2 ».
Il
Vescovo continuò: - Sa lei perchè bisogna leggere al rovescio?
Perché i giudizi del Signore sono diversi da quelli del mondo.
-
Vorrei domandare qualche cosa: Io mi salverò?... Al presente sono in
grazia di Dio?,.. I miei giovani si salveranno?
-
Lei ha studiato la teologia e quindi può darsi la risposta da se
stesso. Il Signore fa conoscere queste cose a chi vuole e quando
vuole.
-
Ora mi dica qualche cosa da riportare ai miei giovani.
-
Dica che siano ubbidienti e modesti e che preghino, che si confessino
sovente e facciano buone Comunioni. Dica ancora che hanno davanti
agli occhi una nebbia e che la tolgano; la nebbia rappresenta le cose
del mondo, le quali impediscono di vedere le cose celesti come sono.
Considerino il mondo come è; tutto il mondo è posto sotto il
maligno. Non si lascino ingannare dalle apparenze del mondo.
E
questa nebbia da che cosa è principalmente prodotta?
-
Siccome la virtù che splende di più in Paradiso è la purezza, così
la nebbia è prodotta principalmente dal peccato dell'immodestia e
dell'impurità.
-
E cosa ci vuole per conservare la purezza?
-
Ritiratezza, ubbidienza, fuga dell'ozio e preghiera.
-
E poi?
-
Preghiera, fuga dell'ozio, ubbidienza, ritiratezza. Ed ora le
raccomando di pregare per me; soffro troppo in Purga. tenie!
-
Cominceremo subito a fare suffragi. Ma lei appena sarà in Paradiso
si ricordi di noi.
Dopo
qualche istante il Vescovo disparve.
In
questa visione, conclude Don Bosco, ho imparato tante cose intorno
all'anima ed al Purgatorio, e le ho viste così chiare che non le
dimenticherò mai più.
I
CATTIVI ED I BUONI
Verso
la fine del Maggio 1867 mi sembrò di essere in una estesa pianura,
ove pascolavano tanti greggi di pecore e vidi anche il pastore. Il
terreno qua era ricco di verdura e là era arido.
La
mia guida mi condusse in un punto della pianura, dove erano migliaia
e migliaia di agnellini, i quali erano così magri che a stento
camminavano. Nel suolo non c'era erba e neppure ruscello di acqua.
Quei poveri agnellini erano ricoperti di piaghe.
Ognuno
di essi aveva sulla fronte due grosse corna, le cui estremità
formavano una «S». Osservando più attentamente, vidi che avevano
in tutte le par ti del corpo stampati tanti numeri «3».
Domandai
alla guida: - Cosa significa ciò che vedo?
-
Ascolta! Questa vasta pianura è il gran mondo. I luoghi erbosi
rappresentano la parola di Dio e la grazia. I luoghi aridi sono
quelli dove non si ascolta la parola di Dio e solo si cerca di
piacere al mondo. Le pecore sono gli uomini fatti; gli agnellini sono
i giovanetti e per costoro Dio ha mandato te... Quest'angolo di
pianura che tu vedi, è il tuo Oratorio; gli agnelli sono i tuoi
fanciulli. Questo luogo così arido rappresenta lo stato di peccato.
Le corna significano il disonore. La lettera «S» vuol dire «
scandalo ». Essi con il cattivo esempio vanno alla rovina. Fra
questi agnelli ve ne sono alcuni che hanno le corna rotte; furono
scandalosi, ma ora hanno cessato di dare scandalo. Il numero «3»
vuol dire che portano la pena del peccato, cioè soffriranno tre
grandi carestie: spirituale, morale e materiale. Questo spettacolo
che vedi, ti mostra le sofferenze attuali di tanti giovani in mezzo
al mondo.
Mentre
osservavo con pena la scena, colui che mi accompagnava mi prese per
mano e mi disse: - Vieni con me e vedrai altre cose. E mi condusse
in un angolo remoto della valle, circondato da collinette, cosparso
di fiori di ogni sorta. Vi trovai un grandissimo numero di fanciulli,
tutti allegri; coi fiori si formavano una vaghissima veste.
-
Chi sono costoro ?
-
Sono quelli che si trovano in grazia di Dio.
-
Oh, io posso dire di non avere mai vedute cose e persone così belle
e risplendenti, nè mai avrei potuto immaginare tali splendori!
La
guida mi soggiunse: - Vieni con me e ti farò vedere una cosa che ti
darà un gaudio maggiore.
Mi
condusse in un altro prato, tutto smaltato di fiori, più vaghi e più
odorosi dei già veduti. Qui si scorgevano tanti giovani, non troppo
numerosi, di straordinaria bellezza e splendore.
Mi
disse la guida: - Costoro sono quelli che conservano il bel giglio
della purezza; sono ancora vestiti della stola dell'innocenza.
Guardavo
estatico. Portavano in capo una corona di fiori di indescrivibile
bellezza. Questi fiori erano composti di altri piccolissimi
fiorellini, di una gentilezza sorprendente e di una vivezza e varietà
che incantava; più di mille colori in un sol fiore ed in un solo
fiore si vedevano più di mille fiori. Avevano una veste di
bianchezza smagliante, anche essa tutta intrecciata di fiori, simili
a quelli della corona.
La
luce incantevole, che partiva da questi fiori, rivestiva tutta la
persona e rispecchiava in essa la propria gaiezza. I fiori si
riflettevano l'uno sull'altro, riverberando ciascuno i raggi che
erano emessi dagli altri. Un raggio di un colore, infrangendosi con
un raggio di un altro colore, formava nuovi raggi, diversi, e quindi
ad ogni raggio si riproducevano sempre nuovi raggi, sicché io non
avrei mai potuto credervi esservi in Paradiso un incanto così
molteplice.
Gli
splendori del viso di un giovane si fondevano con quelli del volto
degli altri e producevano tanta luce da impedire di fissarvi lo
sguardo. In uno solo si accumulavano le bellezze degli altri con
un'armonia di luce ineffabile. Era la gloria accidentale dei Santi.
Non c'è alcuna immagine umana per descrivere anche languidamente
quell'oceano di splendori.
Mi
disse ancora la guida: - Costoro sono gl’innocenti. Coloro che
hanno avuto la disgrazia di perdere il bel giglio della purezza,
possono seguire gl'innocenti con la penitenza. Ripeti ai tuoi
giovani, che se essi conoscessero quanto è preziosa agli occhi di
Dio l'innocenza e la purezza, sarebbero disposti a fare qualunque
sacrificio per conservarla.
Don
Bosco finì la narrazione con una calda esortazione a coloro che
avevano perduta l'innocenza, affinché si adoperassero
volenterosamente a riacquistare la grazia per mezzo della penitenza.
FATICOSA
SALITA
Ai
primi dell'Aprile 1.861, Don Bosco raccontò:
Mi
trovai davanti ad una collina, avendo attorno a me moltissimi
giovani. Feci la proposta di andare verso il Paradiso.
Giunti
sulla collina, vedemmo un'altissima montagna e molta gente che
stentava a salirla, arrampicandosi. Sulla cima c'era Uno che invitava
quelli che salivano e faceva loro coraggio. Si vedevano anche degli
altri che discendevano dalla sommità, per aiutare coloro che erano
troppo affaticati. Quelli che giungevano sulla montagna erano accolti
con grande festa.
Ci
accorgemmo, tanto io quanto i giovani, che là stava il Paradiso e ci
disponemmo a salire anche noi la montagna. Prima di giungere alle
falde, vedemmo un gran lago pieno di sangue ed intorno alle rive
giacevano corpi umani squartati e membra lacerate. Si leggeva sulla
riva opposta questa scritta: « Per sanguinem » (per mezzo del
sangue).
Mi
disse la guida: - Questo sangue è quello dei Martiri. C'è anche il
Sangue di Gesù Cristo. Nessuno può andare in Paradiso senza passare
per questo Sangue e senza esserne asperso.
Costeggiando
il lago, si giunse ad un altro lago, sulla cui sponda era scritto: «
Per aquam » (per mezzo dell'acqua). Disse la guida: - C'è qui
l'acqua uscita dal Costato di Gesù, la quale, benchè in piccola
quantità, pure è tanto aumentata ed aumenta continuamente. Questa è
l'acqua del Santo Battesimo; devono esserne bagnati tutti coloro che
vogliono andare in Paradiso.
Un
terzo lago stava ai piedi della montagna, con la scritta: « Per
ignem » (per mezzo del fuoco). Continuò la guida: - Qui c'è il
fuoco dell'amore di Dio ed anche quello che tormentò i corpi dei
Martiri.
Giungemmo
ad una specie di anfiteatro, pieno di bestie feroci, le quali
minacciavano di divorare chi si fosse avvicinato. La guida disse: -
Queste bestie sono i demoni ed i pericoli del mondo.
Allontanatici
dal lago delle bestie feroci, vedemmo un vasto terreno gremito di
gente; tutti avevano il corpo mutilato, o in un senso o in un altro.
Chi era senza occhi, chi senza orecchie, chi senza mani e chi senza
testa.
Chi
mi guidava spiegò: - Ecco gli amici di Dio! Sono coloro che per
salvarsi si mortificarono nei sensi. Quelli senza testa, sono coloro
che si consacrarono al Signore.
In
compagnia dei giovani giunsi in un sentiero strettissimo, che metteva
alla montagna. Per passarlo bisognava farsi piccoli e deporre ogni
fardello. Compresi essere quella la via del Cielo. Ma come fui
stolto! Invece di tentare quel passaggio, tornai indietro per
contemplare uno strano spettacolo: sterminate turbe pascolavano con
gli animali immondi e si avvoltolavano nel fango. Erano coloro che
vivevano nelle brutte passioni dei sensi. Il luogo sembrava un
giardino, però i fiori ed i frutti erano marciti. Tutto aveva
l'aspetto di festa: chi cantava e chi danzava. Alcuni che dirigevano
le brigate erano di bell'aspetto e di maniere graziose, però si
vedeva che sotto il cappello avevano le corna.
Ad
un tratto la guida disse: - Ecco come gli uomini vanno all'Inferno!
Ciò che hai visto rappresenta il mondo.
Dopo
attraversai un ponte lungo, strettissimo e senza ringhiera; cominciai
a salire sulla montagna. Ma quante difficoltà! Dopo qualche ora di
faticosa ascesa, le difficoltà cominciarono a sparire. Si vedevano
tanti giungere sulla cima e venivano accolti fra grandi feste ed
applausi. Si udiva intanto una musica veramente celeste, un canto di
voci le più dolci ed un intreccio di inni, i più soavi. Ciò
m'incoraggiava maggiormente a continuare la salita e finalmente potei
giungere alla cima della montagna, ove ebbi fatta tanta festa ed
accoglienza.
UNA
GRANDE LENTE
In
altra occasione mi apparve un personaggio sconosciuto, con una grossa
macchina, la quale non saprei descrivere, che aveva dentro una grande
ruota, e la piantò a terra. Domandai: - Cosa significa questa ruota?
-
L'eternità nelle mani di Dio. Ora guarda là dentro!
Vidi
nella macchina una grande lente, attorno alla quale stava scritto in
« Questo è l'occhio che guarda le cose umili, in Cielo ed in terra
». Misi gli occhi su quella lente e vidi tutti i giovani
dell'Oratorio, separati in due categorie, i buoni ed i cattivi. I
primi erano raggianti di gioia ed i secondi facevano compassione,
perchè taluni avevano la lingua bucata, altri gli occhi stravolti ed
altri erano ricoperti da ulcere ributtanti o avevano il cuore roso
dai vermi. Quel personaggio mi disse: - Ascoltami! La lingua forata
significa i discorsi cattivi; gli occhi stravolti rappresentano
coloro che interpretano ed apprezzano stoltamente le grazie di Dio,
preferendo la terra al Cielo; le ulcere significano la soddisfazione
dei propri capricci ed i vermi sono le malvage passioni che rodono i
cuori.
Dato
un giro al manubrio della ruota, apparvero nella lente sette giovani,
con un lucchetto alla bocca; tre di essi turavano anche le orecchie
con le mani.
Mi
disse la guida: - Costoro tacciono i peccati in Confessione; anche
interrogati dal confessore, non rispondono o rispondono evasivamente,
o contro la verità; rispondono no, quando è sì. Quei tre che
turano le orecchie, non solo tacciono, ma non vogliono ascoltare i
consigli ed i comandi del confessore.
-
Come devono fare per togliere quel lucchetto?
-
Allontanare la superbia dal loro cuore. Ti do un consiglio: Quando
hai da dire due parole dal pulpito, una parola sia intorno al fare
bene le confessioni.
Io
compresi che è più grande il numero di coloro che si dannano
confessandosi malamente, anzichè di coloro che si dannano per non
confessarsi affatto.
TRATTIENE
LA MORTE
Il
12 Gennaio del 1861 Don Bosco chiamò nella sua camera un giovane,
certo C. Bartolomeo, e gli narrò ciò che aveva contemplato in una
visione.
-
Ho visto questa notte la morte, che andava minacciosa verso di te.
Quando fu al tuo fianco, era in procinto di vibrarti un colpo con la
tremenda sua falce. Subito io corsi ad arrestare il suo braccio, ma
essa, rivoltasi verso di me, disse: - Lasciami! Costui è indegno di
vivere. Perché tollerare che stia al mondo uno, il quale abusa delle
grazie del Signore? La scongiurai di risparmiarti e ti lasciò.
Il
giovane, udendo la narrazione, ne rimase colpito e commosso e tra le
lacrime ed i singulti disse:Dopo fatta la prima Comunione, non mi
sono confessato più bene ed ho la coscienza carica di sacrilegi; ma
ora voglio rimediare
LE
DUE COLONNE
Mi
trovai, misteriosamente, sulla spiaggia del mare, sopra uno scoglio
isolato. Sulle acque vidi una moltitudine innumerevole di navi
ordinate a battaglia, armate di cannoni, cariche di fucili, di armi
di ogni genere, di materie incendiarie ed anche di libri. Tutti si
avanzavano contro una nave molto più grande e più alta, tentando di
abbatterla o di incendiarla.
A
questa nave maestosa, arredata di tutto, facevano scorta molte
navicelle, che da essa ricevevano i segnali di coniando per
difendersi dai nemici.
Il
mare era agitato e il vento sembrava che favorisse i nemici. Sulla
distesa del mare si elevavano due robuste colonne, altissime, poco
distante l'una dall'altra; sopra di una stava la statua della Vergine
Immacolata, ai cui piedi era scritto: « Auxilium Christianorum »
(Aiuto dei Cristiani); sull'altra, ch'era molto più alta e grande,
stava un'Ostia di grandezza proporzionata alla colonna, con queste
parole: « Salus Credentium » (Salute dei credenti). Il Comandante
Supremo della grande nave, ch'è il Romano Pontefice, vedendo il
furore dei nemici, convocò attorno a sè i piloti delle navi
secondarie, per tenere consiglio. Infuriando sempre più la tempesta,
li rimandò a governare le proprie navi. Il Papa stava al timone ed i
suoi sforzi erano diretti a portare la nave in mezzo alle due
colonne.
Le
navi nemiche attaccarono battaglia, ma ogni sforzo fu inutile. Il
Papa, superando ogni ostacolo, guidò la nave sino alle due colonne
e, giunto in mezzo ad esse, la legò con una catenella che pendeva
dalla prora ad un'àncora della colonna, sopra cui stava l'Ostia; e
con un'altra catenella la legò dalla parte opposta alla colonna,
sopra la quale era collocata la Vergine Immacolata.
Allora
successe un grande capovolgimento. Le navi nemiche si diedero alla
fuga, si urtarono e si fracassarono a vicenda, andando poi nei gorghi
del mare. In fine ritornò la calma.
Don
Bosco a questo punto della narrazione, interrogò uno dei presenti: -
Don Rua, cosa pensi tu di quanto ho raccontato?
Don
Rua rispose: - Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, di cui
egli è il capo; il mare, le navi e gli uomini rappresentano il
mondo. Coloro che difendono la grossa nave, sono i buoni, affezionati
alla Santa Sede. Gli altri sono i nemici della Chiesa, che con ogni
sorta di armi cercano di annientarla. Le due colonne di salvezza mi
sembra che siano la devozione a Maria Santissima e quella al SS.
Sacramento dell'Eucaristia.
Don
Bosco soggiunse: - Hai detto bene. Bisogna soltanto correggere
un'espressione: le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano
gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che sinora è stato, può
dirsi un nulla in confronto di ciò che dovrà accadere.
IL
GUERRIERO DEL NORD
Don
Bosco scrisse di suo pugno una celebre visione, la fece copiare ad
altri ed il 12 Febbraio 1870 ne mandò copia al Papa Pio IX.
«La
vigilia dell'Epifania dell'anno corrente, 1870, scomparvero tutti gli
oggetti materiali della mia camera e mi trovai alla considerazione di
cose soprannaturali. Fu cosa di pochi istanti, ma si vide molto.
Sebbene di forma e di apparenze sensibili, tuttavia non si possono se
non con grande difficoltà comunicare ad altri con segni esterni e
sensibili. Se ne ha un'idea da quanto segue. Ivi è la parola di Dio
accomodata alla parola dell'uomo.
«
Dal Sud viene la guerra, dal Nord viene la pace.
«
Le leggi di Francia non riconoscono più il Creatore, ed il Creatore
si farà conoscere e la visiterà tre volte con la verga del furore.
«
Nella prima abbatterà la sua superbia, con le sconfitte, con il
saccheggio e con la strage dei raccolti, degli animali e degli
uomini.
«
Nella seconda la grande peccatrice di Babilonia, Parigi, quella che i
buoni chiamano il prostibolo d'Europa, sarà privata del Capo in
preda al disordine
«
Parigi,... Parigi I... Invece di armarti del nome del Signore, ti
circondi di case d'immoralità. Esse saranno da te stessa distrutte ;
l'idolo tuo, il Pantheon, sarà incenerito. I tuoi nemici ti
metteranno nelle angustie, nella fame, nello spavento e nell'abominio
delle nazioni. Ma guai a te, se non riconoscerai la mano che ti
percuote! Voglio punire l'immoralità, l'abbandono, il disprezzo
della mia legge, dice il Signore.
«
Nella terza cadrai in mano straniera; i tuoi nemici di lontano
vedranno i tuoi palazzi in fiamme, le tue abitazioni divenute un
mucchio di rovine, bagnate dal sangue dei tuoi prodi, che non sono
più.
«
Ma ecco un grande guerriero del Nord porta uno stendardo; sulla
destra che lo regge sta scritto: « Irresistibile mano del Signore ».
In quell'istante il venerando Vecchio del Lazio (il Papa) gli andò
incontro, sventolando una fiaccola ardentissima. Allora lo stendardo
si dilatò e di nero che era divenne bianco come la neve. Nel mezzo
dello stendardo, in caratteri d'oro, stava scritto il nome di Colui
che tutto può: Dio.
«Il
guerriero con i suoi fece un profondo inchino al Vecchio venerando e
si strinsero la mano
«
Ora la voce del Cielo è al Pastore dei Pastori. Tu sei nella grande
conferenza coi tuoi assessori, ma il nemico del bene non sta un
istante in quiete; egli studia e pratica tutte le arti contro di te.
Seminerà discordia tra i tuoi assessori, susciterà nemici tra i
figli miei. Le potenze del secolo vomiteranno fuoco e vorrebbero che
le parole fossero soffocate nella gola ai custodi della mia legge.
Ciò non sarà. Faranno male, male a se stessi. Tu accelera; se non
si sciolgono le difficoltà, siano troncate. Se sarai nelle angustie,
non arrestarti, ma continua finche non sia troncato il capo dell'idra
dell'errore.
«
Questo colpo farà tremare la terra e l'Inferno, ma il mondo sarà
assicurato e tutti i buoni esulteranno.
«
Raccogli dunque intorno a te anche solo due assessori, ma ovunque tu
vada, continua e termina l'opera che ti fu affidata. I giorni corrono
veloci e gli anni tuoi si avanzano al numero stabilito; ma la grande
Regina sarà sempre il tuo aiuto e, come nei tempi passati, così per
l'avvenire sarà sempre nella Chiesa il grande e singolare presidio
».
IL
BIGLIETTINO
La
Madonna vegliava come madre amorosa sull'Oratorio, ove Don Bosco
lavorava con tanto amore; con una certa frequenza appariva al Santo,
secondo le necessità di lui o dei suoi ricoverati.
Don
Bosco un giorno narrò ai giovani:
Mi
apparve una bella Signora e vicino a Lei ci eravate anche voi.
Presentò una borsa riccamente lavorata, che conteneva molti
biglietti ed invitò ciascuno di voi a prenderne uno. Mi posi a
fianco della bella Signora e man mano che un giovane estraeva il
biglietto, notavo la frase o la parola che su quello era scritta.
Tutti voi pigliaste il proprio biglietto, tranne uno che rimase in
disparte; volli vedere ciò che era scritto sul biglietto rimasto in
fondo alla borsa e vi lessi: « Morte ».
Don
Bosco riferì a tutti il pensierino donato dalla Madonna, che
corrispondeva ai bisogni spirituali di ognuno. Solo uno non si
presentò a chiederlo ed era uno studente d'Ivrea, proprio colui al
quale era riservato l'annunzio della morte.
IL
GLOBO DI FUOCO
La
Madonna s'interessava che dall'Oratorio si tenesse lontano il peccato
e, quando il demonio riportava qualche vittoria, Ella interveniva per
mettere sull'attenti tanto Don Bosco quanto i giovani.
Tre
ricoverati, trovandosi una sera in camera, s'intrattennero in un
discorso poco decente. Apparve allora nella camera, entrando dalla
finestra, un globo di fuoco, che illuminò l'ambiente; si avvertì
anche una scossa di terremoto.
Il
globo di fuoco fece il giro anche in altre camere e si fermò su
quella di Don Bosco. Coloro che videro il fenomeno strano, ebbero
paura e chiesero al Santo la spiegazione. Allora Don Bosco parlò a
tutta la comunità:
-
L'apparizione del globo di fuoco è un fatto certo; abbiamo qui
presenti quelli che ne sono stati testimoni. Alcuni domandano: Che
cosa è questo fenomeno? È forse un bolide od una stella errante?
Sono in grado di dirvi quello che sia veramente. Ecco: Ci sono in
quest'Oratorio certi cuori ostinati, che resistono alla grazia di
Dio. Essi hanno provocato sopra di loro l'ira di Dio, che ci
minacciava qualche singolare castigo.
Maria
SS., che si è sempre dimostrata protettrice di questa casa, con un
segno sensibile trattenne questi castighi, limitandosi ad avvertire
pietosamente quei tali che sono di cuore inespugnabile.
Ognuno
di voi ci pensi! Taluni hanno da fare la Confessione generale, altri
hanno peccati taciuti in Confessione e già da tempo altri hanno
imbrogli di coscienza e sempre dicono: Farò!... Aggiusterò!... e
mai si mettono all'opera.
Diceva
uno quest'oggi: Io voglio andare via dall'Oratorio; non voglio più
starci con questi fatti! Buon giovane, forse che quando la mano di
Dio vuole trarci a Lui, non ci trova in ogni angolo della terra?
Dopo
di questo discorso parecchi si strinsero attorno a Don Bosco per
avere altre spiegazioni ed il Santo rispose: Il globo di fuoco, dalla
camera ove si parlava scandalosamente, passò in altri ambienti,
indicando che là non si parlava molto bene; poi passò nella mia
camera ed allora io ebbi notizia di tante altre cose.
Quanto
è avvenuto è stato un dono della Madonna. Sappiate che la Madonna
ed i Santi hanno in Cielo la visione diretta, o intuitiva di Dio, per
cui guardando in Dio come in uno specchio, secondo il suo
beneplacito, vedono il passato, il presente, il futuro e tutti i
punti dell'universo. La Madonna, volendo trovarsi in qualche luogo
particolare, ha solo da fare un atto di volontà di essere in quel
dato posto ed allora vi si trova realmente. Ella compare, per lo più
vestita secondo il costume di quel dato paese, in cui Essa si vuole
trovare; alcune volte compare e dà segno della sua presenza locale
per mezzo di un emblema.
LA
PROCESSIONE
In
una grande valle potei vedere una bandiera nera, portata da un
personaggio di forme strane, sulla quale stava scritto: « Nè
gl'impuri, nè gli adulteri, nè i molli, nè i ladri, nè gli avari,
nè gli ubriachi, nè i maledici, nè i rapitori possederanno il
regno di Dio ».
Dietro
a questa bandiera sfilava una lunghissima processione guidata da un
personaggio orrendo, deforme, ma nello stesso tempo di modi
lusinghieri e con la maschera sulla faccia.
Prima
venivano gruppi di persone che facevano discorsi brutti,
sghignazzando; poi altri gruppi, che in coro bestemmiavano. Seguivano
file di mormoratori e schiere d'ubriachi, che cantavano incespicando.
Si
avanzavano altri, carichi di tutto ciò che avevano rubato: i sarti,
curvi sotto la stoffa che avevano rubato, che li faceva andare gobbi;
i mugnai, gobbi sotto i sacchi della farina sottratta agli avventori;
i bottegai coi pesi falsi, i manutengoli, gli usurai, ecc.
Questa
gente entrò in una porta, aperta nelle mura annerite di un'orrida
prigione, la quale si trovava all'estremità della valle.
Al
di là di quella soglia si vedevano tenebrosi cunicoli, che
spaventosamente si sprofondavano nell'abisso.
Appena
tutti furono entrati, la porta si richiuse con impeto e si vedeva
scritto sulle imposte: « Periisse semel, aeternum est », che
significa: Dannati una volta, dannati in eterno!
IL
VIALE DI ROSE
Nel
primo periodo della mia missione fra i giovani, avendo molto meditato
sul modo di far del bene alle anime, specialmente a vantaggio della
gioventù, mi apparve la Regina del Cielo e mi condusse in un
giardino incantevole.
Ivi
era un rustico ma bellissimo e vasto porticato, fatto a forma di
vestibolo. Piante rampicanti ne ornavano e fasciavano i pilastri e
con i rami ricchissimi di foglie e di fiori, protendendo in alto le
une verso le altre le loro cime ed intrecciandosi, vi stendevano
sopra un grazioso velarlo; questo portico metteva in una bella via,
sulla quale prolungavasi un pergolato incantevole, che era
fiancheggiato e coperto da meravigliosi rosai in piena fioritura. Il
suolo era pure tutto coperto di rose.
La
Beata Vergine mi disse: - Togliti le scarpe!
E
poiché me le tolsi, soggiunse: - Va' avanti per quel pergolato; è
quella la tua strada che devi percorrere.
Fui
contento di aver deposto i calzari, poiché mi sarebbe rincresciuto
calpestare quelle rose, tanto erano belle. E cominciai a camminare;
ma subito senti che quelle rose celavano spine acutissime, cosicché
i miei piedi sanguinavano. Quindi, fatti appena pochi passi, fui
costretto a fermarmi e poi tornare indietro.
Dissi
alla Madonna: - Qui ci vogliono le scarpe!
-
Certamente, mi rispose; ci vogliono buone scarpe.
Mi
alzai e mi rimisi sulla via con un certo numero di compagni, che
erano apparsi in quel momento chiedendo di camminare con me.
Essi
mi tennero dietro sotto il pergolato, il quale ormai appariva stretto
e basso. Io non vedevo che rose, ai lati, di sopra ed innanzi ai miei
passi.
Mentre
provavo vivi dolori ai piedi ed alquanto mi contorcevo, toccavo le
rose di qua e di là e senti che spine ancora più pungenti stavano
nascoste sotto di quelle; tuttavia andai avanti, perché incoraggiato
dalla Madonna.
Intanto
tutti coloro, ed erano moltissimi, che mi osservavano a camminare per
quel pergolato, dicevano:Oh, Don Bosco cammina sempre sulle rose!
Egli va avanti tranquillissimo; tutto gli va bene!
Ma
essi non vedevano le spine.
Quelli
che si erano messi alla mia sequela, accorgendosi delle spine,
gridavano: - Siamo stati ingannati! - e molti tornavano indietro
abbandonandomi.
Però
dopo vidi che un'altra schiera veniva dietro di me.
Percorso
in tutta la sua lunghezza il pergolato, mi trovai in un altro
giardino amenissimo, ove mi circondarono i miei seguaci, stanchi e
sanguinanti.
Allora
si levò un venticello fresco ed a quel soffio tutti furono risanati.
Essendo
giunto ad un luogo elevato del giardino, mi vidi innanzi un edificio
monumentale, sorprendente per la sua magnificenza dell'arte e,
varcata la soglia, entrai in una spaziosissima sala, di tale
ricchezza che nessuna reggia al mondo può vantarne una uguale.
Era
tutta sparsa ed adorna di rose freschissime e senza spine, dalle
quali emanava una soavissima fragranza.
Allora
la Vergine Santissima, ch'era stata la mia guida, m'interrogò: - Sai
cosa significa ciò che tu vedi ora e ciò che hai visto prima?
-
No, risposi; vi prego di spiegarmelo!
Ella
continuò: - Sappi che la via da te percorsa tra le rose significa la
cura che hai da prenderti della gioventù; tu devi camminare con le
scarpe della mortificazione; le spine per terra rappresentano le
affezioni sensibili, le simpatie o antipatie umane che distraggono
l'educatore dal vero fine, lo feriscono e lo arrestano nella sua
missione. Le rose sono simbolo della carità ardente, che deve
distinguere te ed i tuoi aiutanti. Le altre spine significano gli
ostacoli ed i patimenti che vi toccheranno nell'educazione della
gioventù. Ma non vi perdete di coraggio! Con la carità e con la
mortificazione tutto supererete e giungerete alle rose senza spine.
Appena
la Madonna finì di parlare, scomparve dal mio sguardo.
CONCLUSIONE
FIGURA DI DON BOSCO
Ora
si presenta Don Bosco nella sua figura morale e fisica.
A
prima vista, il Prete straordinario di Torino sembrava un buon Prete
qualunque, di giusta statura, di membra gentili e delicate, decoroso
nel portamento e di solito col capo alquanto chino.
Il
raccoglimento interiore gli dava, anche all'esterno, qualche cosa di
attraente, cosicché chi lo guardava si sentiva preso da un senso di
simpatia e di riverenza. Il dolce sorriso gli illuminava il volto,
gli occhi vivi e penetranti palesavano la grandezza e la bontà del
suo animo; aveva maniere gentili con tutti e si guadagnava il cuore
di coloro che l'avvicinavano.
Quelli
che vivevano con lui dicevano: - Don Bosco sembra nostro Signore! -
Il Padre Franco, scrittore della « Civiltà Cattolica », diceva:
«Ho trattato più volte con Don Bosco, da solo a solo e con intimità
L'impressione che egli mi faceva nel primo entrare in discorso, era
di un uomo di non grande elevatura, ma semplice e buono. Bastavano
poche sue parole perché mi si ingrandisse il concetto primo e,
udendolo ragionare, mi brillava come uomo di eletto e profondo
giudizio, di mirabile prudenza, di rettissimi e santi intendimenti.
Il suo discorso, piano e senza sussiego, era così esatto ed
importante, che si sarebbe potuto stampare come gli usciva
naturalmente dal labbro. Sentivo di parlare con un Santo ».
Era
di amabilità singolare. Parlava con dolce gravità, dando importanza
ad ogni parola. Aborriva dai discorsi inutili, dai modi troppo
vivaci, dalle espressioni concitate. La sua parola era edificante e
spesso era anche amena ed arguta, ma sempre con parsimonia e con
grazia. Nell'esternare la sua bontà non c'era ombra di affettazione.
La
pazienza di Don Bosco nell'ascoltare le miserie altrui, non aveva
limiti Si faceva uno studio di non mandare malcontento nessuno. Anche
quando era richiesto di cose che non poteva concedere, dava risposte
piene di tanta carità, da soddisfare chiunque; sicché molti
dicevano: - Pare che Don Bosco non sappia dire di no!
Nei
contrasti e nelle persecuzioni non si alterava. affatto.
Quando
gli si dicevano parole aspre e insolenti, rispondeva con le parole
più soavi e mansuete, cosicché i nemici presto o tardi divenivano
suoi amici.
Quando
prevedeva di non riuscire a persuadere un avversario, non parlava
affatto. Quando aveva croci particolari, si mostrava più gioviale
del solito.
Era
di una compitezza eccezionale.
I
nobili che avevano da fare con lui, ne erano meravigliati e più di
uno disse: - Ma dove ha imparato Don Bosco simili cortesie? È un
perfetto gentiluomo!
Anche
con i poveri si mostrava compito; non entrava mai nelle loro case
senza scoprire il capo. Tutti erano uguali, tutti grandi per lui,
perché figli di Dio ed eredi del Paradiso. L'ideale della sua vita
era la gloria di Dio e la salvezza delle anime; non pensava, non
parlava e non operava che per questo.
Armato
di fortezza eroica, non indietreggiava davanti ad alcuna difficoltà.
Soleva dire: Quando incontro una difficoltà, anche delle più
grandi, faccio come colui che, andando per la strada, ad un punto la
trova sbarrata da un grosso macigno. Se non posso levarlo di mezzo,
ci monto sopra, o per un sentiero più lungo vi giro attorno. Oppure,
lasciata incompleta l'opera incominciata, per non perdere inutilmente
il tempo nell'aspettare, do subito mano ad altro. Intanto col tempo
le nespole maturano, gli uomini cambiano e le difficoltà si
appianano.
Con
questo sistema potè iniziare e portare felicemente a termine opere
grandiose, che ancor oggi, dopo più di un secolo, sussistono e sono
fiorenti.
Don
Bosco aveva ricevuto da Dio un forte ingegno, una mente acuta, una
memoria portentosa ed una tempra fisica meravigliosamente resistente
alla fatica.
Diceva
il Papa Pio XI: - Don Bosco sarebbe riuscito bene in qualunque ramo
delle scienze o delle lettere, in cui si fosse messo.
Aveva
una memoria straordinaria. Per lui il leggere un libro ed il
ritenerlo a memoria era la stessa cosa.
La
vigoria del suo corpo non era tanto inferiore a quella del suo
spirito, per cui poteva lavorare indefessamente, con cibo molto parco
e con sonno assai limitato.
Contava
69 anni ed era infermo a letto, allorché il medico, volendo
conoscere bene le sue condizioni di salute, gli disse di stringergli
il polso con quella forza che poteva, senza timore di fargli male.
Don Bosco ubbidì. Il medico cercò di resistere, ma poi sentì le
lacrime agli occhi e mandò un grido. Volle allora misurargli la
forza col dinamometro; lo strumento, provato dal dottore, segnò 45
gradi; provato da Don Bosco, segnò il massimo: 60 gradi.
Siccome
la sofferenza accompagna tutti, specialmente chi è più vicino a
Dio, dovendo i Santi riprodurre in se stessi, in qualche modo,
l'immagine dell' « Uomo dei dolori », Gesù, anche a Don Bosco
furono riservate non leggere sofferenze fisiche.
Aveva
l'enfiagione alle gambe, cosicché negli ultimi anni stentava a
camminare e fu costretto a far uso di calze elastiche.
Questo
disturbo, che gli produceva dolori anche ai piedi, egli lo chiamava
allegramente « la mia croce quotidiana ».
Soffriva
di un molesto bruciore agli occhi, causato dalle lunghe veglie e dal
continuo leggere e scrivere; in seguito perdette la vista dell'occhio
destro.
Era
soggetto a forti mali di capo, in guisa da sembrargli che gli si
fosse dilatato il cranio; il male di denti gli produceva atroci
dolori, che gli duravano anche più settimane.
Spesso
soffriva di forte palpitazione di cuore, che gli rendeva difficile il
respiro e parve perfino che una delle costole avesse ceduto a
quell'impulso.
Tratto
tratto era visitato da febbri biliari, con frequenti eruzioni
cutanee. Sulle spalle ebbe un'erpete assai molesta, da formare più
che un cilizio.
Eppure,
con tanti incomodi non perdeva il sorriso; la sua presenza infondeva
negli altri coraggio ed allegria; sembrava l'uomo più tranquillo del
mondo.
Poco
o niente preoccupandosi dei suoi malanni, compì tanto e sì grande
lavoro da sembrare incredibile. Non si concedeva riposo; a chi,
vedendolo deperire, glielo consigliava, rispondeva: - Mi riposerò
poi, quando sarò qualche chilometro sopra la luna!... Il Signore mi
ha fatto così, che il lavoro mi è di sollievo invece di darmi
fatica.
Apprezzava
il tempo come un gran dono di Dio e sulla porta della camera teneva
scritto a grossi caratteri: « Ogni momento di tempo è un tesoro ».
Il
segreto della sua prodigiosa attività fu la continua unione con Dio,
unita ad una fiducia illimitata nella bontà del Signore e della
Madonna.
VERSO
LA FINE
Don
Bosco conosceva il giorno della morte di altri; Iddio gli manifestò
anche la data della sua partenza da questo mondo.
Il
Santo disponeva i Salesiani ed i giovani al giorno doloroso della
separazione con frasi equivoche e quanto predisse della sua morte,
tutto si avverò.
Quattro
mesi prima di morire Don Bosco andò nell'Istituto di Valsalice, a
Torino. Don Giulio Barberis gli disse: - Ora che i Chierici saranno
trasferiti da San Benigno Canavese a Valsalice, lei certamente verrà
più spesso a visitarci.
Don
Bosco prese un'aria grave e pensierosa e poi rispose: - Verrò... e
starò io alla custodia di questa casa!
Il
Santo tenne gli occhi fissi per un tempo notevole sopra un punto
dell'abitazione e poi, improvvisamente rivoltili a Don Barberis,
disse: - Prepara il disegno!
L'altro
capì che Don Bosco parlasse della costruzione dell'Istituto, che
ancora non era al termine e soggiunse: - Farò preparare il disegno e
questo inverno glielo presenterò.
-
Non lo presenterai a me, ma al Capitolo dei Superiori; e non in
quest'inverno, ma alla prossima primavera. -
I
fatti poi furono questi: Don Bosco moriva il 31 Gennaio 1888; i
Superiori del Capitolo ottennero che il corpo non fosse seppellito
nel cimitero di Torino, ma proprio a Valsalice, nel luogo preciso che
il Santo aveva indicato a Don Barberis. Vi rimase in custodia di
quella casa Salesiana per circa 40 anni, finché il corpo fu
trasportato nella Basilica di Maria Ausiliatrice.
GLI
ULTIMI GIORNI
Farà
piacere al lettore il conoscere i particolari della morte di questo
grande Sacerdote.
È
preziosa al cospetto del Signore la morte dei suoi Santi.
Don
Bosco soleva ripetere spesso e lo scriveva sulle immaginette che
donava: In fine di vita si raccoglie il frutto delle buone opere.
Quanto
bene seminò nella sua laboriosa vita! Quante anime portò a Dio e
quante lacrime asciugò agli afflitti!
Sul
letto di morte avrebbe potuto essere soddisfatto e gioire nel suo
cuore. Ma il demonio, non potendo fare altro contro il suo grande
nemico, gli diede un assalto di turbamento.
La
camera del Santo era onorata dalla presenza del Cardinale Alimonda,
Arcivescovo di Torino, di Monsignor Giovanni Cagliero e di altre
benemerite persone, quale Don Michele Rua. All'improvviso Don Bosco
fu visto piangere.
Il
Cardinale gli disse: - Non pianga; lei non deve temere la morte. Ha
raccomandato tante volte agli altri di stare preparati!
-
Penso che presto mi presenterò a Dio e dovrò dargli conto di
tutto!... L'ho detto agli altri di stare preparati ed ora ho bisogno
che altri lo dica a me!... Eminenza, le raccomando che preghi, perché
possa salvare l'anima mia!... Domando la Santa Benedizione!...
Il
Cardinale, commosso, lo benedisse e nel congedarsi lo abbracciò e lo
baciò con trasporto.
A
coloro che andavano a visitarlo diceva: - regate tutti per me,
affinché muoia in grazia di Dio. Non desidero altro.
Ricevette
il Santo Viatico con le più edificanti disposizioni.
Mentre
entrava nella sua camera il SS. Sacramento, disse piangendo agli
astanti: - Aiutatemi voi a ricevere Gesù... Io sono confuso! -
Quando
si seppe a Torino e fuori che Don Bosco era gravemente infermo,
s'innalzarono al Signore preghiere private e pubbliche e non pochi
offrirono a Dio il sacrificio della propria vita per la conservazione
di quella del Santo Sacerdote.
Si
constatò un grande miglioramento e si sperava che l'infermo si
rimettesse completamente; ma Don Bosco era maturo per il Cielo; l'ora
della sua morte era prossima. Fu pregato da molti a domandare a Dio
la salute, ma non volle acconsentire; ripeteva: - Sia fatta in me la
santa volontà di Dio!
LA
MORTE
Don
Bosco, che fu grande nella vita, apparve ancora più grande
nell'ultima ora. Vicino a morire, era sereno; si era distaccato da
tutto. Disse a Don Viglietti: - Fammi il piacere di osservare nelle
tasche dei miei abiti il portafoglio; credo non ci sia più niente;
ma caso mai ci fosse un po' di denaro, consegnalo a Don Riva. Voglio
morire in modo che si dica: Don Bosco è morto senza un soldo in
tasca!
Esortato,
nei dolori, a ricordarsi di Gesù Crocifisso, rispose: - Si, è
quello che faccio sempre!... Suggeritemi delle giaculatorie!
A
vari gruppi andarono al letto del moribondo i Salesiani e centinaia
di giovani, per baciargli la mano per l'ultima volta, in ginocchio.
In un dato momento Don Rua, chinatosi all'orecchio di Don Bosco, gli
disse: - Ci dia ancora una volta la paterna Benedizione. Io le
condurrò la mano e pronunzierò la formula della Benedizione.
Tutti
stavano in ginocchio. Don Rua sollevò la destra paralizzata di Don
Bosco e tracciò il segno della Croce.
All'alba
del 31 Gennaio 1888, mentre le campane del Santuario di Maria
Ausiliatrice suonavano l'Angelus, l'Angelo della morte scese nella
camera di Don Bosco e ne recise il filo della vita.
Un
astro si spense sulla terra; un astro più luminoso cominciò a
brillare nella Corte Celeste.
Come
un lampo si sparse la notizia della sua morte. La città di Torino
tenne il lutto. Botteghe e negozi si chiusero con la scritta: «
Chiuso per la morte di Don Bosco ».
I
giornali, che recavano la triste notizia, andavano a ruba.
Signori
e popolani, a fiumane, accorrevano alla salma di Don Bosco, che era
esposta nella Chiesa di San Francesco di Sales, facendo toccare
medaglie, corone, orologi e fazzoletti. Tra la folla non si udiva che
una sola esclamazione: - Era un Santo!
I
funerali furono imponenti. Cento mila persone resero onore al corteo
funebre, mentre il feretro veniva trasportato a Valsalice.
Mai
Torino aveva visto un concorso così straordinario di gente attorno
ad una salma. Più che un corteo funebre, quello fu un avvenimento
trionfale.
Don
Bosco cercò in vita la gloria di Dio e fu glorificato da Dio, non
solo in Cielo, ma anche sulla terra.
I
miracoli avvenuti per sua intercessione mossero la Suprema Autorità
della Chiesa a dichiararlo Beato e nella Pasqua del 1934 il Sommo
Pontefice Pio XI lo proclamò Santo. Don Bosco non è morto; egli
vive nelle sue opere e milioni di cuori sparsi su tutti gli angoli
della terra lo inneggiano e lo invocano con fede.
FINE
Per
richiedere i libretti scrivere a:
OPERA
CARITATIVA SALESIANA “DON GIUSEPPE TOMASELLI”
Viale
Regina Margherita 27 - 98121 MESSINA - offerta libera - CCP. n.
12047981
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