Non
è possibile celebrare degnamente questo santo mistero dimenticando i
misteri precedenti della vita di Cristo, poiché oggi arriva alla sua
pienezza in gloria ciò che nell’incarnazione era umilmente
cominciato. “Il mistero della nostra salvezza, dice San Leone
Magno, che il Creatore dell’universo stimò degno del prezzo del
suo sangue, si è adempiuto tutto, dal giorno della sua nascita
terrena sino alla fine della sua passione, in un’atmosfera di
umiltà. E per quanto nella sua natura di servo siano rifulsi anche i
segni della sua divinità, l’attività propria di quel tempo fu
tutta volta a dimostrare la verità della natura umana da lui
assunta. Ma dopo la passione, spezzati i vincoli della morte che
aveva dimostrato il suo potere raggiungendo quaggiù anche colui che
non conosceva peccato, la debolezza si tramutò in forza, la
mortalità in eternità, il disprezzo in gloria. Di tutto ciò il
Signore Gesù Cristo diede molte prove manifeste e lo proclamò alla
vista di molti, fino a quando trasportò anche in cielo il trionfo
della vittoria da lui riportata sulla morte” (Sermo 74, 1).
Ritorna
così al Padre chi non ha mai lasciato il Padre; ritorna in Cielo chi
non ha mai lasciato il Cielo; ritorna vittorioso chi non è mai stato
sconfitto; ritorna carico di gloria il Servo che sempre è stato
Signore. Infatti, in principio era il Verbo, e il Verbo era presso
Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1, 1); quando il Verbo si fece carne, e
venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14), il Verbo non lasciò di
essere ciò che era, Dio, ma cominciò a essere ciò che non era,
Uomo. Chi era Uno con il Padre, volendo essere uno con noi, cominciò
a essere come noi, simile in tutto a noi, escluso il peccato (Eb 4,
15). Prese su di sé le nostre debolezze, prese su di sé la nostra
infermità, e assunse la condizione di servo... facendosi obbediente
fino alla morte e morte di croce (Fil 2,7-8).
Perché
la sua morte distrusse la nostra morte, e la sua umiliazione divenne
gloria nostra, adesso la sua esaltazione genera in noi speranza di
sicura salvezza. Non può dimenticare gli uomini per cui ha sofferto
Colui che porta nel suo corpo risorto i segni della sua passione, né
può disprezzare le sue pecore chi ha voluto diventare il loro
Pastore. Se il Verbo si fece uomo, la sua Santissima Umanità
richiama accanto a sé, al cospetto del Padre, tutti quanti rese
simili a Lui. Chi divenne Capo della Chiesa non vuol restare senza
Corpo nella Gloria. Portò con sé il Padre nella discesa (cfr. Gv 8,
29),perché il Figlio e il Padre sono una cosa sola (Gv 10, 30);
adesso porta noi con sé nella sua ascesa, affinché dove sia Lui
siamo anche noi (cfr. Gv 14,3). E promise d’inviare lo Spirito
Santo; in questo modo Padre, Figlio e Spirito Santo saranno in mezzo
a noie dentro di noi.
Non
è lecito quindi pensare che ci abbia dimenticato Colui che ebbe
pietà di noi quando eravamo peccatori (Rm 5, 6). Nemmeno potremmo
pensare che ci abbia abbandonato Colui che promise Ecco, io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28, 20). Perché
dunque il Signore ascende mentre noi restiamo ancora qui? Cristo è
asceso con la sua Umanità perché sappiamo che si può andare dal
Padre, ascende con la nostra umanità perché crediamo che la Chiesa
sarà assieme al suo Capo, perché riconosciamo che il mondo non è
casa nostra, perché desideriamo i beni che sono eterni e non siamo
più sottomessi alle cose mutabili e corruttibili.
Noi
ci rallegriamo immensamente nell’ascensione di Cristo, perché
giustamente è esaltato chi volontariamente si era umiliato, perché
risplende di gloria il corpo che conobbe l’amarezza della morte
senza aver conosciuto la colpa, perché comincia a intercedere per
noi presso il Padre con la forza del suo Sangue e offre d’ora in
poi se stesso come vittima di espiazione per i mostri peccati, e non
soltanto per i mostri, ma anche per quelli di tutto il mondo (I Gv
2,2), poiché se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il
Padre: Gesù Cristo giusto (I Gv 2, 1). Gioiamo per la gloria di
Cristo, gioiamo nella gloria con Cristo, gioiamo perché glorificato
il Figlio con quella gloria che aveva presso il Padre prima che il
mondo fosse (cfr. Gv 17,5), per la sua gran misericordia anche noi
possiamo un giorno partecipare della sua gloriosa immortalità.
“Esultiamo
dunque, carissimi, dice San Leone Magno, di letizia spirituale e,
godendo nel degno ringraziamento a Dio, eleviamo gli occhi dell’anima
a quella altezza in cui si trova Cristo. Le brame terrene non
deprimano gli animi chiamati lassù; le realtà mortali non riempiano
i cuori eletti ai beni eterni; le voluttà fallaci non attardino le
menti entrate ormai nella via della verità. Tutte queste realtà
temporali trascorrano per i fedeli in modo che essi sappiano di
essere pellegrini in questa valle terrena; e se in essa qualcosa
sembra allettare, non la si abbracci peccaminosamente, ma si passi
oltre con fortezza” (Sermo 74, 5).
Tratto dal libro " Meditazioni sui misteri " di don Fernando Maria Cornet
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