C’è un profondo
bisogno di amore in ciascuno di noi, così spesso prigionieri delle
nostre solitudini. È il bisogno di una parola di vita che vinca le
nostre paure e ci faccia sentire amati. Il profeta Amos descrive con
efficacia questa situazione: “Ecco, verranno giorni – oracolo
del Signore Dio - in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane
né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore”
(8,11). E sant’Agostino - che quella Parola ha incontrato, fino a
farne la ragione di tutta la sua vita - così presenta la risposta
del Dio vivente al nostro bisogno: “Da quella città il Padre
nostro ci ha inviato delle lettere, ci ha fatto pervenire le
Scritture, onde accendere in noi il desiderio di tornare a casa”
(Commento ai Salmi, 64, 2-3).
Se si arriva a
comprendere - come è capitato a tanti credenti di ieri e di oggi -
che è questa “lettera di Dio”, che parla proprio al nostro
cuore, allora ci si avvicinerà a essa con la trepidazione e il
desiderio con cui un innamorato legge le parole della persona amata.
Allora, Dio, che è insieme paterno e materno nel suo amore, parlerà
proprio a ciascuno di noi e l’ascolto fedele, intelligente e umile
di quanto egli dice sazierà poco a poco il nostro bisogno di luce,
la tua sete d’amore. Imparare ad ascoltare la voce di Dio che parla
nella Sacra Scrittura è imparare ad amare: perciò, l’ascolto
delle Scritture è ascolto che libera e salva.
Il Dio che parla
Solo Dio poteva rompere
il silenzio dei cieli e irrompere nel silenzio del cuore: solo lui
poteva dirci - come nessun altro - parole d’amore. Questo è
avvenuto nella sua rivelazione, dapprima al popolo eletto, Israele, e
poi in Gesù Cristo, eterna fatta carne. Dio parla: attraverso eventi
e parole intimamente connessi, egli comunica se stesso agli uomini.
Messi per iscritto sotto l’ispirazione del suo Spirito, questi
testi costituiscono Scrittura , la dimora della Parola di Dio nelle
parole degli uomini. Il Signore dice ciò che fa e fa ciò che dice.
Nell’Antico Testamento annuncia ai figli d’Israele la venuta del
Messia e l’instaurazione di una nuova alleanza; nel Verbo fatto
carne compie le sue promesse oltre ogni attesa.
Antico e Nuovo
Testamento ci narrano la storia del suo amore per noi, secondo un
cammino con cui Dio educa il suo popolo al dono dell’alleanza
compiuta: l’Antico Testamento si illumina nel Nuovo e il Nuovo è
preparato nell’Antico. Perciò, i discepoli di Gesù amano le
Scritture che lui stesso ha amato, quelle che Dio ha affidato al
popolo ebraico, e che essi leggono nella luce di lui, crocifisso e
risorto. Il compimento della rivelazione, infatti, è Gesù Cristo,
il Figlio di Dio fatto uomo per noi, unica, perfetta e definitiva del
Padre, il quale in lui ci dice tutto e ci dona tutto. Nutrirsi della
Scrittura è nutrirsi di Cristo: “L’ignoranza delle Scritture
- afferma san Girolamo - è ignoranza di Cristo” (Commento
al Profeta Isaia, PL 24,17).
Chi vuole vivere di Gesù
deve ascoltare, allora, incessantemente le divine Scritture. È in
esse che si rivela il volto dell’Amato. Ed è lo Spirito Santo, che
ha guidato il popolo eletto ispirando gli autori delle Sacre
Scritture, ad aprire il cuore dei credenti all’intelligenza di
quanto è in esse contenuto. Perciò, nessun incontro con di Dio
andrà vissuto senza aver prima invocato lo Spirito, che schiude il
libro sigillato, muovendo il cuore e rivolgendolo a Dio, aprendo gli
occhi della mente e dando dolcezza nel consentire e nel credere alla
verità. È lo Spirito a farci entrare nella verità tutta intera
attraverso la porta della Parola di Dio, rendendoci operatori e
testimoni della forza liberante che essa possiede.
La casa della Parola
Nella sua Parola è Dio
stesso a raggiungere e trasformare il cuore di chi crede: “La
parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a
doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e
dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i
sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebrei 4,12).
Affidiamoci, allora, alla Parola: essa è fedele in eterno, come il
Dio che la dice e la abita. Perciò, chi accoglie con fede , non sarà
mai solo: in vita, come in morte, entrerà attraverso di essa nel
cuore di Dio: “Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole
di Dio” (San Gregorio Magno).
Alla Parola del Signore
corrisponde veramente chi accetta di entrare in quell’ascolto
accogliente che è l’obbedienza della fede. Il Dio, che si comunica
al nostro cuore, ci chiama ad offrirgli non qualcosa di nostro, ma
noi stessi. Questo ascolto accogliente rende liberi: “Se
rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete
la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8,31-32).
Per renderci capaci di
accogliere fedelmente di Dio, il Signore Gesù ha voluto lasciarci -
insieme con il dono dello Spirito - anche il dono della Chiesa,
fondata sugli apostoli. Essi hanno accolto la parola di salvezza e
l’hanno tramandata ai loro successori come un gioiello prezioso,
custodito nello scrigno sicuro del popolo di Dio pellegrino nel
tempo. è la casa della Parola, la comunità dell’interpretazione,
garantita dalla guida dei pastori a cui Dio ha voluto affidare il suo
gregge. La lettura fedele della Scrittura non è opera di navigatori
solitari, ma va vissuta nella barca di Pietro.
Accogliere nel
silenzio e nella contemplazione
È l’amore il frutto
che nasce dall’ascolto della Parola: “Siate di quelli che
mettono in pratica , e non ascoltatori soltanto, illudendo voi
stessi” (Giacomo 1,22). Chi si lascia illuminare dalla Parola,
sa che il senso della vita consiste non nel ripiegarsi su se stessi,
ma in quell’esodo da sé senza ritorno, che è l’amore. L’ascolto
costante della Sacra Scrittura ci fa sentire amati e ci rende capaci
di amare, dando gioia e speranza al nostro cuore: se ci consegniamo
senza riserve al Dio che ci parla, sarà lui a donarci agli altri,
arricchendoci di tutte le capacità necessarie per metterci al loro
servizio.
La Parola
è guida sicura
perché - fra i rumori del mondo - ci conduce a impegnarci per gli
altri sui passi di Gesù, a riconoscere negli altri la sua voce che
chiama: “Tutto
quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l’avete fatto a me”
(Matteo 25,40). Chi ama , sa quanto sia necessario il silenzio,
interiore ed esteriore, per ascoltarla veramente, e per lasciare che
la sua luce ci trasformi mediante la preghiera, la riflessione e il
discernimento: nel clima del silenzio, alla luce delle Scritture,
impariamo a riconoscere i segni di Dio e a riportare i nostri
problemi al disegno della salvezza che ci testimonia.
Certo, il silenzio
necessario all’ascolto non è mutismo, ma espressione di un amore
che supera ogni parola. Solo l’amore apre alla conoscenza
dell’Amato, come è stato per il discepolo, che ha posato il suo
capo sul petto del Signore nell’ultima cena: “Poteva
comprendere il senso delle parole di Gesù, soltanto colui che riposò
sul petto di Gesù” (Origene, In Joannem,
1,6: PG 14,31). Anche
noi dobbiamo poggiare il capo sul cuore di Cristo e ascoltare le sue
parole, lasciando che esse parlino al nostro cuore e lo facciano
ardere del suo amore.
Conferenza
Episcopale Italiana Lettera ai cercatori di Dio
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