In
ogni uomo il volto di Cristo
Sotto la
dominazione normanna, all'inizio del secolo millennio, viveva in
Sicilia un monaco di nome Epifanio.
Forse solo per
talento naturale, o forse perché educato al culto delle immagini e
all'uso dei segni, Epifanio era quasi giunto alla maturità
coltivando un desiderio. Voleva dipingere una tavola, con un grande
Cristo, che esprimesse tutto di Lui: la divinità e l'umanità, il
mistero e la sua manifestazione. A volte il santo monaco si esaltava
a fantasticare come sarebbe stata la sua tavola: ne vedeva i colori,
immaginava i lineamenti del volto di Cristo, maestosi ma anche dolci,
da amico. Altre volte, invece, cadeva in profondi scoramenti, perché
giudicava presuntuoso quel sogno e perché pensava che mai avrebbe
potuto trovare un modello per il Cristo.
Ma il Cristo
continuava a delinearsi, a disfarsi e a ricomporsi dentro il suo
animo. Spesso lo dipingeva con la fantasia e poi si inginocchiava a
pregarlo, e passava così lunghe ore nella cella, sperando che Cristo
stesso gli ispirasse qualcosa, e ingenuamente, gli prometteva che
lui. il monaco Epifanio, avrebbe fatto accorrere attorno a quella
tavola tanti uomini, donne e bambini, che si sarebbero
convertiti all'osservanza dei suoi precetti, all'amore del prossimo e
alla fedeltà verso la santa Chiesa. Purché lui. il Cristo, gli
facesse la grazia.Un giorno il monaco Epifanio venne chiamato dal
vecchio superiore, il quale lo accolse con benevolenza, si interessò
della salute della sua anima e del suo corpo e poi gli disse:
«Figliolo ascoltami bene, perché ti parlo a nome di Dio. So che
nascondi nel segreto del tuo animo un grande disegno. Ebbene, dopo
aver tanto pregato e meditato sono giunto a ritenere conforme ai
piani di Dio ciò che desideri. Lo farai con la grazia di Dio. Va in
pace e compi questa missione».
Cominciò
dunque Epifanio il lungo pellegrinaggio, del quale non conosceva la
meta, ma bensì lo scopo: doveva trovare un modello per dipingere il
Cristo. Senza portar nulla con sé, si mise in viaggio verso Nord,
vivendo di carità e fermandosi in tutti i villaggi e le città,
mescolandosi alla gente dei mercati, nelle piazze, attorno ai
castelli, nei campi, nelle foreste, ovunque potesse trovare il
possibile volto di Cristo. Passarono così mesi, anni, senza che
Epifanio riuscisse a trovare quello che cercava. Qualche volta gli
era sembrato di scoprire il modello e aveva iniziato a dipingere. Ma
poi si era fermato e aveva distrutto la tavola coperta dai primi
segni e già dai primi colori. Si accorgeva che mancava sempre
qualcosa al modello: o era troppo umano, o troppo angelico. o
femmineo, o rude o banale! Attraversò momenti di scoraggiamento,
durante i quali avrebbe senza dubbio rinunciato al progetto, se il
ricordo delle parole del superiore non lo avesse sostenuto.
Un giorno Epifanio rifletté sul fatto che spesso gli accadeva di scorgere in un volto qualcosa, magari solo un particolare, che corrispondeva al modello immaginato. Ma tutto il resto non era adatto a completare il dipinto. Fu questa, per il monaco, una grande illuminazione. Ecco come avrebbe potuto condurre a termine l'impresa: cercando in tanti volti diversi le parti che avrebbero composto il suo Cristo. Da quel giorno mutò il modo di guardare la gente; perché andava cercando soltanto i particolari del modello. Quando avvenne tale cambiamento, si trovava all'incirca nelle campagne intorno a Roma e decise di continuare il viaggio verso nord. A poco a poco Epifanio riprese coraggio e cominciò a tracciare i primi segni sulla tavola. Incontrò la gioia in una fanciulla che cantava, chissà? forse pensava all'innamorato. Incontrò la forza di un contadino che trasportava pesanti sacchi di grano. Scopri la solennità nel volto di un vescovo che celebrava il pontificale.
Ritrasse la
malinconia degli occhi rassegnati di una povera prostituta. Contemplò
il segno della presenza di Dio sulla faccia implorante di un
mendicante. La bontà gli si rivelò nell'atteggiamento di un prete
che assisteva un ammalato; e sofferenza in questi.
Poi scopri la
severità di un monaco che predicava la penitenza; e la giustizia di
un saggio principe amato dai sudditi. Una donna che allattava
la creatura gli ispirò
la tenerezza; un ladro inseguito dalle guardie, la paura. Lesse nel pianto di una madre vedova un dolore immenso. Mentre l'allegria sprigionava dal canto di un giullare e la misericordia dalla mano benedicente di un vecchio confessore, Epifanio raccolse tanti altri particolari del modello: li mescolava, li sovrapponeva, li contemplava l'uno con l'altro e infine traduceva in segni e colori, cercando in ognuno anche la forma esteriore degli occhi, dei capelli, del collo, delle mani. Il Cristo andava prendendo sempre più consistenza, ma il monaco non ne era ancora contento. Gli sembrava che mancasse qualcosa.
la tenerezza; un ladro inseguito dalle guardie, la paura. Lesse nel pianto di una madre vedova un dolore immenso. Mentre l'allegria sprigionava dal canto di un giullare e la misericordia dalla mano benedicente di un vecchio confessore, Epifanio raccolse tanti altri particolari del modello: li mescolava, li sovrapponeva, li contemplava l'uno con l'altro e infine traduceva in segni e colori, cercando in ognuno anche la forma esteriore degli occhi, dei capelli, del collo, delle mani. Il Cristo andava prendendo sempre più consistenza, ma il monaco non ne era ancora contento. Gli sembrava che mancasse qualcosa.
Aveva raggiunto
la riva del Po e un giorno stava riposando, seduto ai margini di un
prato;quando senti il suono di un campanello che gli annunciava, come
era prescritto, l'avvicinarsi di un lebbroso.Senti un brivido
attraverso tutto il corpo, ma non si mosse. sia perché era molto
stanco e sia perché non gli sembrava caritatevole fuggire davanti ad
un fratello sventurato. Il lebbroso si fermò appena lo vide e gli
parlò:
— «Non
avresti un pezzo di pane, anche duro, giacché non mangio da diversi
giorni, fratello?»,
.—
Aveva il volto coperto da bende e da un velo, e la sua voce si
diffondeva come se giungesse da un luogo invisibile.
— «Certo
che le lo posso dare. Te lo lascerò qui accanto, perché tu lo possa
raccogliere. Ma dimmi, chi sei tu, che mi sembri parlare con una voce
nobile e dolce?»
— «Che
importa dirti il mio nome? Vedo che hai dipinto un 'immagine di
Cristo. Dovresti sapere, fratello, che Lui ha detto di essere in
ciascuno di noi che soffriamo. Dunque questo io sono: il Cristo che
tu disegni».
Epifanio
fu molto turbato dalle parole del lebbroso e, dopo aver deposto il
pezzo di pane, raccolse la bisaccia, la tavola e il bordone, salutò
lo sconosciuto e riprese il cammino.
Poco lontano si
fermò e diede alcuni tocchi di pennello sulla tavola dipinta. Ecco
che cosa mancava a quel volto: il mistero del Cristo velato anche
dopo la sua manifestazione. La tavola era così, completata e il
monaco cercava un luogo dove fermarsi per sempre, lui e il suo
Cristo, giacché era diventato ormai molto vecchio. Trovò un prato
in mezzo al bosco; depose la tavola sotto una grande quercia nel cui
tronco si era formala una specie di grotta naturale. La gente del
villaggio vicino si accorse dell'arrivo di quel monaco che aveva
portato una grande tavola con il Cristo raffiguralo, e cominciarono a
venire uomini, donne, bambini, e offrire doni al santo monaco e a
pregare davanti al Cristo. I romei aumentarono ogni giorno, Finché
divennero una discreta folla. Passarono gli anni e il Signore
concedeva ancora lunga vita al vecchio Epifanio. La devozione era
tanto aumentata che gli uomini avevano costruito attorno al dipinto
una chiesa. Poi alcuni di loro vollero vivere con Epifanio e
divennero monaci, e costruirono un monastero. Un giorno Epifanio
chiamò i fratelli e raccontò loro la storia del suo Cristo e cosi
concluse:
«Poiché io
ho conservato di ciascuno dei miei modelli il nome e il luogo dove li
ho incontrali, vi domando la grazia di andarli a cercare e di portare
qui quelli che ancora trovate vivi affinché vedano come il Signore
si sia servito di loro per dare agli uomini la grazia».
I monaci
andarono e con grande fatica e dopo lungo cercare, tornarono,
portando quegli uomini e quelle donne che avevano trovato ancora
vivi. Quando furono tutti davanti al Cristo, ciascuno cominciò a
riconoscersi nell'immagine e,prima ne furono contenti, ma poi
cominciarono a litigare, perché ognuno sosteneva che Cristo fosse
solo la copia di se stesso. La gente che aveva costruito il
santuario, invece, fu preda di molta delusione, perché diceva: «Ma
allora quello non è il volto di Cristo, bensì di questi uomini, e
dì queste donne, che ora sono vecchi e brutti e anche cattivi:
infatti litigano tra loro e non si amano come comanda il Vangelo.»
La chiesa di
pietra risuonava di grida, di imprecazioni. mentre di solito non si
sentivano che preghiere dei fedeli e canti dei monaci.
II vecchio
Epifanio allora si alzò lentamente dal centro del coro, dove si
trovava e, appoggiato ritto al bordone, appena si fece un gran
silenzio, cominciò a parlare:
— Figlioli
miei. sono venuti oggi a venerare il volto di Cristo coloro che hanno
contribuito a dipingerlo: donne, uomini, vescovi, preti, monaci,
principi, ladri, prostitute. Ma nessuno di voi è
uguale al Cristo. E Cristo che è simile a tutti voi. allo
stesso modo che un giorno decise di farsi uomo, senza cessare di
essere Dio, e come ogni volta che si fa cibo consacrando il pane
formato di tanti chicchi di grano. Questo volto di Cristo non sarebbe
mai stato composto, se un giorno non avessi incontrato un santo
pellegrino dal volto velato. che ora non è in mezzo a voi. Egli mi
disse:
«lo sono
Cristo». Quel giorno il mio Cristo fu compiuto, perché mi fu
ispirato il mistero che nessuno di voi mai avrebbe potuto rivelare.
il mistero è questo: «Non cercate mai nel Cristo il volto di un
solo uomo. ma cercate in ogni uomo il volto di Cristo. E ora andate e
annunciate il mistero, perché tutti gli uomini possano scoprire il
volto».
Da quel giorno
si incontrano sempre, in qualche parte del mondo, uomini e donne che
svelano il mistero del santo monaco Epifanio.
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