9
marzo 1945.
Comincia
la sofferenza del Giovedì Santo. Gli apostoli, e sono dieci, si
dànno un gran da fare a preparare il Cenacolo. Giuda, arrampicato
sul tavolo, osserva se l'olio è in tutti i palloncini del grande
lampadario, che pare una corolla di fucsia doppia, perché ha uno
stelo circondato da cinque lumi in ampolle simili a petali, poi un
secondo giro, più in basso, che è tutta una coroncina di fiammelle,
poi ha, per ultimo, tre esili lampadine sospese a catenelle che
sembrano i pistilli del luminoso fiore. E non rida del mio disegno.
Poi
scende con un salto e aiuta Andrea a disporre con arte le stoviglie
sulla tavola, su cui viene stesa una finissima tovaglia. Sento Andrea
che dice: «Che splendido lino!».
E
l'Iscariota: «Uno dei migliori di Lazzaro. Marta l'ha voluta portare
per forza». «E questi calici? e queste anfore, allora?», osserva
Tommaso che ha messo il vino nelle anfore preziose e le rimira,
specchiandosi nelle loro pance snelle, e ne carezza i manici a
cesello con occhio d'intenditore.
«Chissà
che valore, eh?», chiede Giuda Iscariota. «É lavorato a martello.
Mio padre ne andrebbe pazzo. L'argento e l'oro in foglia si piega,
quando è caldo, con facilità. Ma trattato così... É un momento
rovinare tutto. Basta un colpo mal dato. Ci vuole forza e leggerezza
insieme. Vedi i manici? Tratti dal blocco. Non saldati. Cose da
ricchi... Pensa che tutta la limatura e lo sbozzato si perdono. Non
so se mi capisci».
«Eh!
se capisco! Insomma è come uno che fa scoltura». «Proprio così».
Tutti ammirano. Poi tornano al loro lavoro. Chi dispone i sedili e
chi fa pronte le credenze.
Entrano insieme Pietro e Simone. «Oh! siete venuti finalmente! Dove siete andati di nuovo? Dopo essere giunti col Maestro e noi, siete da capo fuggiti», dice l'Iscariota.
«Ancora
un'incombenza prima dell'ora», risponde breve Simone. «Hai delle
malinconie?». «Credo che, con quello che si è udito in questi
giorni, e da quelle labbra che mai trovammo menzognere, ce ne sia ben
ragione».
«E
con quel puzzo di... Bene, sta' zitto, Pietro», borbotta Pietro fra
i denti. «Anche tu!... Mi sembri folle da qualche giorno. Hai la
faccia di un coniglio selvatico che si sente dietro lo sciacallo»,
risponde Giuda Iscariota.
«E
tu hai il muso della faina. Anche tu non sei molto bello da qualche
giorno. Guardi in un modo... Hai persino l'occhio storto... Chi
aspetti, o che speri vedere? Sembri sicuro, vuoi farlo parere, ma
assomigli a chi ha paura», rimbecca Pietro.
«Oh!
Quanto a paura!... Non sei certo un eroe neppure tu!». «Nessuno lo
siamo, Giuda. Tu porti il nome del Maccabeo, ma non lo sei. Io dico,
col mio, "Dio fa grazie", ma ti giuro che ho in me il
tremito di chi sa di portare disgrazia e di essere soprattutto in
disgrazia di Dio. Simone di Giona, ribattezzato "la pietra",
è ora molle come cera al fuoco. Non si agguanta più col suo volere.
E sì che mai lo vidi pauroso nelle più fiere tempeste! Matteo,
Bartolmai e Filippo sembrano sonnambuli. Mio fratello e Andrea non
fanno che sospirare. I due cugini, in cui è il dolore del sangue con
quello dell'amore al Maestro, guardali. Sembrano uomini già
vecchi. Tommaso ha perduto la sua giocondità. E Simone sembra
tornato il lebbroso sfinito di or sono tre anni, tanto è scavato da
un dolore, direi corroso, livido, avvilito», gli risponde Giovanni.
3«Sì.
Ci ha suggestionati tutti con la sua melanconia», osserva
l'Iscariota. «Mio cugino Gesù, il mio e vostro Maestro e Signore, è
e non è melanconico. Se vuoi dire, con questo nome, che è triste
per il troppo dolore che tutto Israele gli sta dando, e che noi
vediamo, e per l'altro occulto dolore che Egli solo vede, ti dico:
"Hai ragione". Ma se usi quel termine per dirlo folle, te
lo proibisco», dice Giacomo di Alfeo.
«E
non è follia un'idea fissa di malinconia? Io ho studiato anche il
profano. E so. Egli troppo ha dato di Sé. Ora è uno stanco di
mente».
«Il
che significa demente. Non è vero?», chiede l'altro cugino Giuda,
in apparenza calmo.
«Proprio
così! Aveva visto bene tuo padre, giusto di santa memoria, al quale
tanto tu somigli in giustizia e sapienza! Gesù, triste destino di
una illustre casa troppo vecchia e colpita da senilità psichica, ha
sempre avuto una tendenza a questa malattia. Dolce dapprima, poi sem-
pre più aggressiva. Tu hai visto come ha attaccato farisei e scribi,
sadducei ed erodiani. Si è resa impossibile la vita come un cammino
sparso di schegge di quarzo. E da Sé se le è sparse. Noi... lo
amammo tanto che l'amore ci fu velo. Ma quelli che l'amarono non
idolatramente tuo padre, tuo fratello Giuseppe, e Simone dapprima-
videro giusto... Dovevamo aprire gli occhi alle loro parole. Invece
siamo stati tutti sedotti dal suo dolce fascino di malato. Ed ora...
Mah!».
Giuda
Taddeo, che, alto come l'Iscariota, gli è proprio di fronte e pare
udirlo con pace, ha uno scatto violento e, con un manrovescio
potente, getta Giuda supino su uno dei sedili, e con una collera
contenuta nella voce gli fischia, curvandosi sul volto del vigliacco,
che non reagisce forse temendo che il Taddeo sia a conoscenza del suo
crimine: «Questo per la demenza, rettile! E solo perché Egli è di
là, ed è sera di Pasqua, non ti strozzo. Ma pensa, pensalo bene! Se
gli avviene del male, e non c'è più Lui a fermare la mia forza,
nessuno ti salva. É come tu già avessi il capestro al collo, e
saranno queste mie mani oneste e forti, di artiere galileo e di
discendente del frombolatore di Golia, che te lo faranno. Alzati,
smidollato libertino! E regolati!».
Giuda
si alza, livido, senza la minima reazione. E, ciò che mi stupisce,
nessuno ha una reazione al gesto nuovo del Taddeo. Anzi!... È chiaro
che tutti approvano.
4É
appena ricomposto l'ambiente che entra Gesù. Si affaccia sulla
soglia della porticina, dalla quale la sua alta persona appena passa,
mette piede sul ballatoio di così poco spazio e col suo mite, mesto
sorriso dice, aprendo le braccia: «La pace sia con voi». La sua
voce è stanca, come quella di uno che languisce nel fisico o nel
morale.
Scende.
Carezza sul capo biondo Giovanni che gli è corso vicino. Sorride,
come ignaro, al cugino Giuda e dice all'altro cugino: «Tua madre ti
prega di essere dolce con Giuseppe. Ha chiesto di Me e di te poco fa
alle donne. Mi spiace non averlo salutato».
«Lo
farai domani». «Domani?... Ma avrò sempre tempo di vederlo... Oh!
Pietro! Staremo un poco insieme, finalmente! Da ieri mi sembri un
fuoco fatuo. Ti vedo, poi non ti vedo più. Oggi quasi posso dire che
ti ho perso. Anche tu, Simone».
«I
nostri capelli più bianchi che neri ti possono fare sicuro che non
fummo assenti per fame di carne», dice serio Simone.
«Per
quanto... a tutte le età si possa avere quella fame... I vecchi!
Peggio dei giovani...», dice l'Iscariota offensivo.
Simone
lo guarda e sta per ribattere. Ma lo guarda anche Gesù e dice: «Ti
duole un dente? Hai la guancia destra gonfia e rossa».
«Sì.
Ho male. Ma non merita occuparsene». Gli altri non dicono nulla e la
cosa muore così. 5«Avete fatto tutto quanto era da fare? Tu,
Matteo? E tu, Andrea? E tu, Giuda, hai pensato all'offerta al
Tempio?».
Tanto
i due primi come l'Iscariota dicono: «Tutto fatto di quello che
avevi detto da farsi per oggi. Sta' quieto».
«Io
ho portato le primizie di Lazzaro a Giovanna di Cusa. Per i bambini.
Mi hanno detto: "Erano più buone quelle mele!". Avevano il
sapore della fame, quelle! Ed erano le tue mele», dice sorridente e
sognante Giovanni.
Anche
Gesù sorride ad un ricordo... «Io ho visto Nicodemo e Giuseppe»,
dice Tommaso. «Li hai visti? Hai parlato con loro?», chiede
l'Iscariota con interesse esagerato. «Sì. Che c'è di strano?
Giuseppe è un buon cliente del padre mio». «Non lo avevi detto
prima... Mi sono stupito per questo!...». Giuda cerca rimediare
all'impressione, data prima, di affanno per l'incontro di Giuseppe e
Nicodemo con Tommaso.
«Mi
fa strano che non siano venuti qui a venerarti. Non loro, non Cusa,
non Mannanen... Nessuno dei...».
Ma
l'Iscariota ride con una falsa risata, interrompendo Bartolomeo, e
dice: «Il coccodrillo si rintana nell'ora buona».
«Che
vuoi dire? Che insinui?», interroga Simone, aggressivo quanto non fu
mai. «Pace, pace! Ma che avete? È sera pasquale! Mai avemmo sì
degno apparato alla consu- mazione dell'agnello. Consumiamo dunque la
cena con spirito di pace. Vedo che vi ho molto turbato con le mie
istruzioni di queste ultime sere. Ma, vedete? Ho finito! Ora non vi
turberò più. Non tutto è detto di quanto a Me si riferisce. Solo
l'essenziale. Il resto... lo capirete poi. Vi sarà detto... Sì.
Verrà Chi ve lo dirà. 6Giovanni, vai con Giuda e qualche altro a
prendere le coppe per la purificazione. E poi sediamo alla mensa».
Gesù è di una dolcezza straziante.
Giovanni
con Andrea, Giuda Taddeo con Giacomo, portano l'ampia coppa, vi
mescono acqua e offrono l'asciugamani a Gesù e ai compagni, i quali
poi fanno lo stesso con loro. La cop- pa (che è un bacile di
metallo) viene messa in un angolo.
«Ed
ora ai propri posti. Io qui, e qui (alla destra) Giovanni, e
dall'altro lato il mio fedele Giacomo. I due primi discepoli. Dopo
Giovanni la mia Pietra forte, e dopo Giacomo colui che è come
l'aria. Non si avverte. Ma è sempre presente e dà conforto: Andrea.
Vicino a lui, mio cu- gino Giacomo. Tu non ti rammarichi, dolce
fratello, se do il primo posto ai primi? Sei il nipote del Giusto, il
cui spirito palpita e aleggia su Me, in questa sera, più che mai.
Abbi pace, padre della mia debolezza di fanciullino, quercia alla cui
ombra ebbero ristoro la Madre e il Figlio! Ab- bi pace!... Dopo
Pietro, Simone... Simone, vieni un momento qui. Voglio fissare il tuo
volto leale. Dopo non ti vedrò che male, perché altri mi copriranno
la tua onesta faccia. Grazie, Simone. Di tutto», e lo bacia.
Simone,
quando è lasciato, va al suo posto portandosi per un attimo le mani
al volto con atto di afflizione.
«Di
fronte a Simone, il mio Bartolmai. Due onestà e due sapienze che si
rispecchiano. Stanno bene insieme. E vicino, tu, Giuda, fratello mio.
Così ti vedo,... e mi sembra di essere a Nazaret... quando qualche
festa ci riuniva tutti ad una mensa... Anche a Cana... Ricordi? Era-
vamo insieme. Una festa... una festa di nozze... il primo miracolo...
l'acqua mutata in vino... Anche oggi una festa... e anche oggi vi
sarà un miracolo... il vino cambierà natura... e sarà...». Gesù
si immerge nel suo pensiero. A capo chino, è come isolato nel suo
mondo segreto. Gli altri lo guardano e non parlano.
Rialza
il capo e fissa Giuda Iscariota, al quale dice: «Tu mi starai di
fronte». «Tanto mi ami? Più di Simone, che mi vuoi avere sempre di
fronte?». «Tanto. Lo hai detto». «Perché, Maestro?». «Perché
tu sei quello che hai fatto più di tutti per quest'ora». Giuda
guarda con un mutevolissimo sguardo il Maestro e i compagni. Il primo
con un che di ironica compassione, gli altri con aria di trionfo.
«E
vicino a te, da una parte Matteo, dall'altra Tommaso». «Allora
Matteo alla mia sinistra e Toma a destra». «Come vuoi, come vuoi»,
dice Matteo. «Mi basta aver bene di fronte il mio Salvatore».
«Ultimo, Filippo. Ecco, vedete? Chi non è al mio fianco nel lato
d'onore, ha l'onore di essermi di fronte».
7Gesù,
ritto al suo posto, mesce nell'ampio calice collocato a Lui davanti
(tutti hanno alti calici, ma Lui ne ha uno molto più ampio, oltre
quello che hanno tutti. Deve essere il calice di rito). Mesce in esso
il vino. Lo alza, lo offre. Lo posa.
Poi
tutti insieme chiedono con tono di salmo: «Perché questa
cerimonia?». Domanda for- male, si capisce. Di rito.
Alla
quale Gesù, come capo famiglia, risponde: «Questo giorno ricorda la
nostra liberazione dall'Egitto. Sia benedetto Geové che ha creato il
frutto della vigna».
Beve
un sorso di questo vino offerto e passa il calice agli altri. Poi
offre il pane, lo spezza, lo distribuisce, indi le erbe intinte nella
salsa rossastra che è in quattro salsiere.
Finita
questa parte di pasto, cantano dei salmi, tutti in coro. Viene
portato dalla credenza sulla mensa, e posto di fronte a Gesù, il
capace vassoio dell'agnello arrostito.
Pietro,
che ha il ruolo di... prima parte, di coro, se più le piace, chiede:
«Perché quest'agnello, così?».
«A
ricordo di quando Israele fu salvo per l'agnello immolato. Non morì
primogenito dove il sangue splendeva sugli stipiti e l'architrave. E
dopo, mentre tutto l'Egitto piangeva sui pri- mogeniti maschi morti,
dalla reggia ai tuguri, gli ebrei, capitanati da Mosè, si mossero
verso la terra della liberazione e della promessa. Coi fianchi già
cinti, i calzari al piede, in mano il bor- done, fu sollecito il
popolo di Abramo a porsi in marcia cantando gli inni della gioia».
Tutti
si alzano in piedi e intonano: "Quando Israele uscì dall'Egitto
e la casa di Giacobbe di mezzo ad un popolo barbaro, la Giudea
divenne il suo santuario", ecc. ecc. (se trovo giusto, è il
salmo 113).
Ora
Gesù taglia l'agnello, mesce un nuovo calice, lo passa dopo averne
bevuto. Poi cantano ancora: "Fanciulli, lodate il Signore, sia
benedetto il nome dell'Eterno ora e sempre nei secoli. Dall'oriente
all'occidente deve essere lodato...", ecc. (ma non riesco a
trovarlo: è il salmo 112).
Gesù
dà le parti, badando che ognuno sia ben servito, proprio come un
padre di famiglia fra figli a lui tutti cari. È solenne, un po'
triste, mentre dice: «Ho ardentemente desiderato di mangiare con voi
questa Pasqua. È stato il mio desiderio dei desideri da quando, in
eterno, Io fui "il Salvatore". Sapevo che quest'ora precede
quella. E la gioia di darmi metteva in anticipo questo sollievo al
mio patire... Ho ardentemente desiderato di mangiare con voi questa
Pa- squa, perché mai più gusterò del frutto della vite finché sia
venuto il Regno di Dio. Allora mi assiderò nuovamente cogli eletti
al Banchetto dell'Agnello, per le nozze dei viventi col Vivente. Ma
ad esso verranno soltanto coloro che sono stati umili e mondi di
cuore come Io sono».
8«Maestro,
poco fa Tu hai detto che chi non ha l'onore del posto ha quello
d'esserti di fronte. Come allora possiamo sapere chi è il primo fra
noi?», chiede Bartolomeo.
«Tutti
e nessuno. Una volta... tornavamo stanchi... nauseati per l'astio
farisaico. Ma stanchi non eravate per disputare fra di voi chi fosse
il più grande... Un bambino mi corse vicino... un mio piccolo
amico... E la sua innocenza temperò il mio disgusto di tante cose.
Non ultima la vostra umanità pervicace. Dove sei ora, piccolo
Beniamino dalla sapiente risposta, a te venuta dal Cielo perché,
angelo come eri, lo Spirito ti parlava? Io vi ho detto allora: "Se
uno vuole essere il primo sia l'ultimo e servo di tutti". E vi
ho dato ad esempio il fanciullo saggio. Ora vi dico: "I re
delle nazioni le signoreggiano. E i popoli oppressi, pur odiandoli,
li acclamano e i re vengono detti 'Benefattori', 'Padri della
Patria'. Ma l'odio cova sotto il bugiardo ossequio". Ma fra voi
così non sia. Il maggiore sia come il minore, il capo come colui che
serve. Chi infatti è più grande? Chi sta a mensa, o chi serve? È
colui che sta a mensa. Eppure Io vi servo. E fra poco più vi
servirò. Voi siete quelli che siete stati con Me nelle prove. Ed Io
dispongo per voi un posto nel mio Regno, così come Io sarò in esso
Re secondo il volere del Padre, acciocché mangiate e beviate alla
mia mensa eterna e siate assisi sui troni giudicando le dodici tribù
di Israele. Siete rimasti con Me nelle mie prove... Solo questo è
quello che vi dà grandezza agli occhi del Padre».
«E
quelli che verranno? Non avranno posto nel Regno? Noi soli?». «Oh!
quanti prìncipi nella mia Casa! Tutti coloro che saranno stati
fedeli al Cristo nelle pro- ve della vita saranno prìncipi nel Regno
mio. Perché coloro che avranno perseverato sino alla fine nel
martirio dell'esistenza saranno pari a voi, che con Me siete rimasti
nelle mie prove. Io mi identifico nei miei credenti. Il Dolore che Io
abbraccio per voi e per tutti gli uomini Io lo do come insegna ai più
eletti. Chi nel Dolore mi sarà fedele sarà un mio beato pari a voi,
o miei diletti».
9«Noi
abbiamo perseverato fino alla fine». «Lo credi, Pietro? Ed Io ti
dico che l'ora della prova ha ancora da venire. Simone, Simone di
Giona, ecco che Satana ha chiesto di vagliarvi come il grano. Io ho
pregato per te, perché la tua fede non vacilli. Tu, quando sarai
ravveduto, conferma i tuoi fratelli».
«Lo
so di essere un peccatore. Ma fedele a Te lo sarò fino alla morte.
Non ho questo peccato. Mai l'avrò».
«Non
essere superbo, Pietro mio. Quest'ora muterà infinite cose, che
prima erano così ed ora saranno diverse. Quante!... Esse portano e
importano necessità nuove. Voi lo sapete. Io vi ho sempre detto,
anche quando andavamo per luoghi remoti percorsi dai banditi: "Non
temete. Nulla ci accadrà di male perché gli angeli del Signore sono
con noi. Non preoccupatevi di nulla". Vi ricordate quando vi
dicevo: "Non abbiate sollecitudini per ciò che dovete mangiare
e per le vesti. Il Padre sa di che abbiamo bisogno"? Vi dicevo
anche: "L'uomo è molto più di un passero e del fiore che oggi
è erba e domani è fieno. Eppure il Padre ha cura anche del fiore e
dell'uccellino. Potete allora dubitare che non abbia cura di voi?".
Vi dicevo ancora: "Date a chiunque vi chiede, a chi vi offende
presentate l'altra guancia". Vi dicevo: "Non abbiate borsa
né bastone". Perché Io ho insegnato amore e fiducia. Ma ora...
Ora non è più quel tempo. Ora Io vi dico: "Vi è mai mancato
nulla fino ad ora? Foste mai offesi?"».
«Nulla,
Maestro. E solo Tu fosti offeso». «Vedete dunque che la mia parola
era verità. Ma ora gli angeli sono tutti richiamati dal loro
Signore. È ora di demoni... Con le ali d'oro essi, gli angeli del
Signore, si coprono gli occhi, si fasciano e si dolgono che non siano
ali di colore cruccioso, perché è ora di lutto, e lutto crude le,
sacrilego... Non ci sono angeli sulla Terra questa sera. Sono presso
il trono di Dio per coprire col loro canto le bestemmie del mondo
deicida e il pianto dell'Innocente. E noi siamo soli... Io e voi:
soli. E i demoni sono i padroni dell'ora. Perciò ora prenderemo le
apparenze e le misu- re dei poveri uomini che diffidano e non amano.
Ora, chi ha una borsa prenda anche una bisaccia, chi non ha spada
venda il suo mantello e ne comperi una. Perché anche questo è detto
di Me nella Scrittura e si deve compiere: "Egli è stato
annoverato fra i malfattori". In verità tut- to ciò che mi
riguarda ha il suo fine».
10Simone,
che si è alzato andando alla cassapanca dove ha deposto il suo ricco
mantello perché questa sera sono tutti con gli abiti migliori e
perciò hanno pugnali, damaschinati ma molto corti, più coltelli che
pugnali, alle ricche cinture prende due spade, due vere spade, lun-
ghe, lievemente ricurve, e le porta a Gesù: «Io e Pietro ci siamo
armati questa sera. Queste abbiamo. Ma gli altri non hanno che il
corto pugnale».
Gesù
prende le spade, le osserva, ne snuda una e ne prova il taglio
sull'unghia. È una strana vista e fa una ancora più strana
impressione vedere quell'arnese feroce nelle mani di Gesù.
«Chi
ve le ha date?», chiede l'Iscariota mentre Gesù osserva e tace. E
pare sulle spine Giuda...
«Chi?
Ti ricordo che mio padre era nobile e potente».
«Ma
Pietro...». «Ebbene? Da quando devo rendere conto dei doni che
voglio fare ai miei amici?». Gesù alza il capo dopo avere
ringuainato l'arma. Le rende allo Zelote. «Va bene. Bastano. Hai
fatto bene a prenderle. 11Ma ora, avanti la bevuta al terzo calice,
attendete un momento. Vi ho detto che il più grande è pari al più
piccolo e che Io ho veste di servo a questa tavola, e più vi
servirò. Finora vi ho dato cibo. Servizio per il corpo. Ora vi
voglio dare un cibo per lo spirito. Non è un piatto del rito antico.
È del nuovo rito. Io mi sono vo- luto battezzare prima di essere il
"Maestro". Per spargere la Parola bastava quel battesimo.
Ora verrà sparso il Sangue. Ci vuole un altro lavacro anche su voi,
che pure vi siete purificati dal Battista, a suo tempo, e anche oggi
nel Tempio. Ma non basta ancora. Venite, che Io vi pu- rifichi.
Sospendete il pasto. Vi è qualcosa di più alto e necessario del
cibo dato al ventre perché si empia, anche se è cibo santo come
questo del rito pasquale. Ed è uno spirito puro, pronto a ricevere
il dono del Cielo, che già scende per farsi trono in voi e darvi la
Vita. Dare la Vita a chi è mondo».
Gesù
si alza in piedi, fa alzare Giovanni per uscire meglio dal suo posto,
va ad una cassapanca e si leva la veste rossa deponendola piegata sul
già piegato mantello, si cinge alla vita un ampio asciugamani, poi
va ad un altro bacile, ancora vuoto e mondo. Vi versa dell'acqua, lo
porta in mezzo alla stanza, presso la tavola, e lo mette su uno
sgabello. Gli apostoli lo guardano stupefatti.
«Non
mi chiedete che faccio?». «Non sappiamo. Ti dico che siamo già
purificati», risponde Pietro. «Ed Io ti ripeto che non importa. La
mia purificazione servirà a chi è già puro ad essere più puro».
Si
inginocchia. Slaccia i sandali all'Iscariota ed uno per volta gli
lava i piedi. È facile farlo, perché i letti sedili sono fatti in
modo che i piedi sono verso l'esterno. Giuda è sbalordito e non dice
niente. Solo quando Gesù, prima di calzare il piede sinistro e
alzarsi, fa l'atto di baciargli il piede destro già calzato, Giuda
ritrae violentemente il piede e colpisce con la suola la bocca di-
vina. Lo fa senza volere. Non è un colpo forte. Ma mi dà tanto
dolore. Gesù sorride, e all'apostolo che gli chiede: «Ti ho fatto
male? Non volevo... Perdona», dice: «No, amico. L'hai fatto senza
malizia e non fa male». Giuda lo guarda... Uno sguardo turbato,
sfuggente...
Gesù
passa a Tommaso, poi a Filippo... Gira il lato stretto della tavola e
viene al cugino Giacomo. Lo lava e lo bacia, nell'alzarsi, in fronte.
Passa ad Andrea, che è rosso di vergogna e fa sforzi per non
piangere, lo lava, lo carezza come un bambino. Poi c'è Giacomo di
Zebedeo, che non fa che mormorare: «Oh! Maestro! Maestro! Maestro!
Annichilito, sublime Maestro mio!». Giovanni si è già slacciato i
sandali e, mentre Gesù sta curvo ad asciugargli i piedi, si china e
lo bacia sui capelli. Ma Pietro!... Non è facile persuaderlo a quel
rito!
«Tu
lavare i piedi a me? Non te lo pensare! Sinché sono vivo, non te lo
permetterò. Io sono il verme, Tu sei Dio. Ognuno a suo posto».
«Ciò
che Io faccio tu non lo puoi comprendere per ora. Ma poi lo
comprenderai. Lasciami fare».
«Tutto
quello che vuoi, Maestro. Vuoi tagliarmi il collo? Fàllo. Ma lavarmi
i piedi non lo farai».
«Oh!
mio Simone! Tu non sai che, se non ti lavo, non avrai parte nel mio
Regno? Simone, Simone! Tu hai bisogno di quest'acqua per la tua anima
e per il tanto cammino che devi fare. Non vuoi venire con Me? Se non
ti lavo, non vieni nel mio Regno».
«Oh!
Signor mio benedetto! Ma allora lavami tutto! Piedi, mani e capo!».
«Chi ha fatto come voi un bagno non ha bisogno che di lavarsi i
piedi, giacché è interamente puro. I piedi... L'uomo coi piedi va
nelle lordure. E poco ancora sarebbe perché, ve l'ho detto, non è
ciò che entra ed esce col cibo quello che sporca, e non è quello
che si posa sui piedi per via ciò che contamina l'uomo. Ma è quanto
incuba e matura nel suo cuore e di lì esce a contaminare le sue
azioni e le sue membra. E i piedi dell'uomo dall'animo impuro vanno
alle crapule, alle lussurie, agli illeciti commerci, ai delitti...
Perciò sono, fra le membra del corpo, quelle che hanno molta parte
da purificare... con gli occhi, con la bocca... Oh! uomo! uomo!
Perfetta creatura un giorno: il primo! E poi così corrotto dal
Seduttore! E non c'era in te mali- zia, o uomo, e non peccato!... Ed
ora? Sei tutto malizia e peccato, e non c'è parte di te che non
pecchi!».
Gesù
ha lavato i piedi a Pietro, li bacia, e Pietro piange e prende con le
sue grosse mani le due mani di Gesù, se le passa sugli occhi e le
bacia poi.
Anche
Simone si è levato i sandali e senza parola si lascia lavare. Ma
poi, quando Gesù sta per passare da Bartolomeo, Simone si
inginocchia e gli bacia i piedi dicendo: «Mondami dalla lebbra del
peccato come mi mondasti dalla lebbra del corpo, acciocché io non
sia confuso nell'ora del giudizio, mio Salvatore!».
«Non
temere, Simone. Verrai nella Città celeste bianco come neve alpina».
«Ed io, Signore? Al tuo vecchio Bartolmai che dici? Tu mi hai visto
sotto l'ombra del fico e mi hai letto nel cuore. Ed ora che vedi, e
dove mi vedi? Rassicura un povero vecchio, che teme non avere forza e
tempo per giungere a come Tu vuoi che si sia». Bartolomeo è molto
commosso.
«Anche
tu non temere. Ho detto allora: "Ecco un vero israelita in cui
non è frode". Ora dico: "Ecco un vero cristiano degno del
Cristo". Dove ti vedo? Su un trono eterno, vestito di porpora.
Io sarò sempre con te».
È
la volta di Giuda Taddeo. Questo, quando si vede ai piedi Gesù, non
sa trattenersi, curva il capo sul braccio appoggiato sulla tavola e
piange.
«Non
piangere, dolce fratello. Ora sei come uno che deve sopportare lo
strappo di un nervo e ti pare di non poterlo sopportare. Ma sarà un
breve dolore. Poi... oh! tu sarai felice, perché mi ami, tu. Ti
chiami Giuda. E sei come il nostro grande Giuda: come un gigante. Sei
colui che protegge. Le tue azioni sono da leone e lioncello che
rugge. Tu scoverai gli empi che davanti a te indietreggeranno, e
saranno atterriti gli iniqui. Io so. Sii forte. Un'eterna unione
stringerà e renderà perfetta la nostra parentela in Cielo». Bacia
anche lui sulla fronte come l'altro cugino.
«Io
sono peccatore, Maestro. Non a me...». «Tu eri peccatore, Matteo.
Ora sei l'Apostolo. Sei una mia "voce". Ti benedico. Questi
piedi quanta strada hanno fatto per venire sempre avanti, verso
Dio... L'anima li spronava ed essi hanno lasciato ogni via che non
fosse la mia via. Procedi. Sai dove finisce il sentiero? Sul seno del
Padre mio e tuo».
Gesù
ha finito. Si leva il telo, si lava in acqua pulita le mani, si
riveste, torna al suo posto e dice, mentre si siede al suo posto:
«Ora siete puri, ma non tutti. Solo coloro che ebbero vo- lontà di
esserlo».
Fissa
Giuda di Keriot che mostra di non udire, intento a spiegare al
compagno Matteo come suo padre si decise a mandarlo a Gerusalemme. Un
discorso inutile, che ha l'unico scopo di dare un contegno a Giuda
che, per quanto audace, si deve sentire a disagio.
12Gesù
mesce per la terza volta nel calice comune. Beve, fa bere. Poi
intona, e gli altri fanno coro: "Amo perché il Signore
ascolta la voce della mia preghiera, perché piega il suo orec- chio
verso di me. Io lo invocherò per tutta la vita. Mi avevano
circondato dolori di morte..." ecc. (Salmo 114, mi pare).
Un
attimo di sosta. Poi riprende a cantare: "Ebbi fede, per questo
ho parlato. Ma ero fortemente umiliato. E dicevo nel mio
smarrimento: Ogni uomo è menzognero". Guarda fisso Giuda. La
voce, stanca questa sera, del mio Gesù riprende lena quando esclama:
"È preziosa al cospetto di Dio la morte dei santi", e "Tu
hai spezzato le mie catene. A Te sacrificherò ostia di lode
invocando il nome del Signore", ecc. ecc. (Salmo 115).
Un'altra
breve sosta nel canto e poi riprende: "Lodate tutte il Signore,
o nazioni, tutti i popoli lodatelo. Perché si è affermata su noi
la sua misericordia e la verità del Signore dura in eterno".
Altra breve sosta e poi un lungo inno: "Celebrate il Signore,
perché Egli è buono, per- ché la sua misericordia dura in
eterno...".
Giuda
di Keriot canta stonato tanto che per due volte Tommaso lo rimette in
tono col suo potente vocione baritonale e lo guarda fisso. Anche
altri lo guardano, perché generalmente è sempre ben intonato, e
della sua voce ho capito che se ne tiene come del resto. Ma questa
se- ra! Certe frasi lo turbano al punto che stecca, e così certi
sguardi di Gesù che sottolineano le frasi. Una è: "Meglio
confidare nel Signore che confidare nell'uomo". Un'altra è:
"Urtato, vacillavo e stavo per cadere. Ma il Signore mi ha
sorretto". Un'altra è: "Io non morrò ma vivrò e narrerò
le opere del Signore". E infine queste due, che dico ora, fanno
strozzare la voce in gola al Traditore: "La pietra scartata dai
costruttori è divenuta la pietra angolare", e "Benedetto
colui che viene nel nome del Signore!".
Finito
il salmo, mentre Gesù taglia e porge di nuovo dell'agnello, Matteo
chiede a Giuda di Keriot: «Ma ti senti male?».
«No.
Lasciami stare. Non ti occupare di me». Matteo si stringe nelle
spalle. Giovanni, che ha udito, dice: «Anche il Maestro non sta
bene. Che hai, Gesù mio? La tua voce è fioca. Come di malato o di
chi ha molto pianto», e lo abbraccia stando col capo sul petto di
Gesù.
«Non
ha che molto parlato, come io non ho che molto camminato e preso
fresco», dice Giuda nervoso.
E
Gesù, senza rispondere a lui, dice a Giovanni: «Tu mi conosci
ormai... e sai cosa è che mi stanca...».
13L'agnello
è quasi consumato. Gesù, che ha mangiato pochissimo, bevendo solo
un sorso di vino ad ogni calice e bevendo in compenso molt'acqua come
fosse febbrile, riprende a parla- re: «Voglio che voi comprendiate
il mio gesto di dianzi. Vi ho detto che il primo è come l'ultimo e
che vi darò un cibo non corporale. Un cibo di umiltà vi ho dato.
Per lo spirito vostro. Voi chiamate Me: Maestro e Signore. Dite bene,
perché tale Io sono. Se dunque Io ho lavato i piedi a voi, anche voi
dovete farvelo l'un l'altro. Io vi ho dato l'esempio affinché, come
Io ho fatto, voi facciate. In verità vi dico: il servo non è da più
del padrone, né l'apostolo è più di Colui che tale lo ha fatto.
Cercate di comprendere queste cose. Se poi, comprendendole, le
metterete in pratica, sarete beati. Ma non sarete tutti beati. Io vi
conosco. So chi ho scelto. Non parlo di tutti ad un modo. Ma dico ciò
che è vero. D'altra parte, deve compiersi ciò che è scritto a mio
riguardo: "Colui che mangia il pane con Me ha levato il suo
calcagno su Me". Tutto Io vi dico prima che avvenga, perché non
abbiate dubbi su Me. Quando tutto sarà compiuto, voi credere- te
ancor più che Io sono Io. Chi accoglie Me accoglie Colui che mi ha
mandato: il Padre santo che è nei Cieli; e chi accoglierà coloro
che Io manderò, accoglierà Me stesso. Perché Io sono col Padre e
voi siete con Me... Ma ora compiamo il rito».
Versa
di nuovo vino nel calice comune e, prima di berne e di farne bere, si
alza, e con Lui si alzano tutti, e canta di nuovo uno dei salmi di
prima: "Ebbi fede e per questo parlai...", e poi uno che
non finisce mai. Bello... ma eterno! Credo di ritrovarlo, per
l'inizio e la lunghezza, nel salmo 118. Lo cantano così. Un pezzo
tutti insieme. Poi, a turno, uno ne dice un distico e gli altri
insieme un pezzo, e così via sino alla fine. Lo credo che alla fine
abbiano sete!
14Gesù
si siede. Non si mette sdraiato. Resta seduto, come noi. E parla:
«Ora che l'antico rito è compiuto, Io celebro il nuovo rito. Vi ho
promesso un miracolo d'amore. È l'ora di farlo. Per questo ho
desiderato questa Pasqua. Da ora in poi questo è l'ostia che sarà
consumata in perpetuo rito d'amore. Vi ho amato per tutta la vita
della Terra, amici diletti. Vi ho amato per tutta l'eternità, figli
miei. E amare vi voglio sino alla fine. Non vi è cosa più grande di
questa. Ricordatevelo. Io me ne vado. Ma resteremo per sempre uniti
mediante il miracolo che ora Io compio».
Gesù
prende un pane ancora intiero, lo pone sul calice colmo. Benedice e
offre questo e quello, poi spezza il pane e ne prende tredici pezzi e
ne dà uno per uno agli apostoli dicendo: «Prendete e mangiate.
Questo è il mio Corpo. Fate questo in memoria di Me che me ne vado».
Dà il calice e dice: «Prendete e bevete. Questo è il mio Sangue.
Questo è il calice del nuovo patto nel Sangue e per il Sangue mio,
che sarà sparso per voi per la remissione dei vostri pec- cati e per
darvi la Vita. Fate questo in memoria di Me».
Gesù
è tristissimo. Ogni sorriso, ogni traccia di luce, di colore lo
hanno abbandonato. Ha già un volto d'agonia. Gli apostoli lo
guardano angosciati.
15Gesù
si alza dicendo: «Non vi muovete. Torno subito». Prende il
tredicesimo pezzetto di pane, prende il calice ed esce dal Cenacolo.
«Va
dalla Madre», sussurra Giovanni. E Giuda Taddeo sospira: «Misera
donna!». Pietro chiede in un soffio: «Credi che sappia?». «Tutto
sa. Tutto ha sempre saputo». Parlano tutti a voce bassissima, come
davanti ad un morto. «Ma credete che proprio...», chiede Tommaso
che non vuole ancora credere. «E ne hai dubbi? È la sua ora»,
risponde Giacomo di Zebedeo. «Dio ci dia la forza di essere fedeli»,
dice lo Zelote. «Oh! io...», sta per parlare Pietro. Ma Giovanni,
che è all'erta, dice: «Sss. È qui». Gesù rientra. Ha in mano il
calice vuoto. Appena sul fondo vi è un'ombra di vino, e sotto la
luce del lampadario pare proprio sangue.
Giuda
Iscariota, che ha davanti il calice, lo guarda come affascinato e poi
ne torce lo sguardo.
Gesù
l'osserva ed ha un brivido che Giovanni, appoggiato come è al suo
petto, sente. «Ma dillo! Tu tremi...», esclama.
«No.
Non tremo per febbre... 16Io tutto vi ho detto e tutto vi ho dato. Di
più non potevo darvi. Me stesso vi ho dato». Ha il suo dolce gesto
delle mani che, prima congiunte, ora si disgiungono
e si allargano, mentre la testa si china come per dire: «Scusate se
non posso di più. Così è».
«Tutto
vi ho detto e tutto vi ho dato. E ripeto. Il nuovo rito è compiuto.
Fate questo in memoria di Me. Io vi ho lavato i piedi per insegnarvi
ad essere umili e puri come il Maestro vostro. Perché in verità vi
dico che, come è il Maestro, così devono essere i discepoli.
Ricordàtelo, ricordàtelo. Anche quando sarete in alto, ricordàtelo.
Non vi è discepolo da più del Maestro. Come Io vi ho lavato, voi
fatelo fra voi. Ossia amatevi come fratelli, aiutandovi l'un l'altro,
venerandovi a vicenda, essendo l'un coll'altro d'esempio. E siate
puri. Per essere degni di mangiare il Pane vivo disceso dal Cielo ed
avere in voi e per Esso la forza d'essere i miei discepoli nel mondo
nemico, che vi odierà per il mio Nome. Ma uno di voi non è puro.
Uno di voi mi tra- dirà. Di questo sono fortemente conturbato nello
spirito... La mano di colui che mi tradisce è meco su questa tavola,
e non il mio amore, non il mio Corpo e il mio Sangue, non la mia
parola lo ravvedono e lo fanno pentito. Io lo perdonerei, andando
alla morte anche per lui».
I
discepoli si guardano esterrefatti. Si scrutano, in sospetto l'un
dell'altro. Pietro fissa l'Iscariota in un risveglio di tutti i suoi
dubbi. Giuda Taddeo scatta in piedi per guardare a sua volta
l'Iscariota al disopra del corpo di Matteo.
Ma
l'Iscariota è così sicuro! A sua volta guarda fisso Matteo come
sospettasse di lui. Poi fissa Gesù e sorride chiedendo: «Son forse
io quello?». Pare il più sicuro della sua onestà e che dica così,
tanto per non lasciare cadere la conversazione.
Gesù
ripete il suo gesto dicendo: «Tu lo dici, Giuda di Simone. Non Io.
Tu lo dici. Io non ti ho nominato. Perché ti accusi? Interroga il
tuo interno ammonitore, la tua coscienza di uomo, la coscienza che
Dio Padre ti ha data per condurti da uomo, e senti se ti accusa. Tu
lo saprai prima di tutti. Ma se essa ti rassicura, perché dici una
parola e pensi un fatto che è anatema anche a dirlo o a pensarlo per
giuoco?».
Gesù
parla con calma. Sembra sostenga la tesi proposta come lo può fare
un dotto alla sua scolaresca. Il subbuglio è forte. Ma la calma di
Gesù lo placa.
17Però
Pietro, che è il più sospettoso di Giuda -forse lo è anche il
Taddeo, ma lo pare me- no, disarmato come è dalla disinvoltura
dell'Iscariota tira Giovanni per la manica e quando Giovanni, che si
è tutto stretto a Gesù udendo parlare di tradimento, si volge, gli
sussurra: «Chiedigli chi è».
Giovanni
riprende la sua posizione, solo alza lievemente il capo come per
baciare Gesù, e intanto gli mormora all'orecchio: «Maestro, chi
è?».
E
Gesù pianissimo, rendendogli il bacio fra i capelli: «Colui a cui
darò un pezzo di pane intinto».
E
preso un pane ancora intero, non il resto di quello usato per
l'Eucarestia, ne stacca un grosso boccone, lo intinge nel succo
lasciato dall'agnello nel vassoio, allunga al disopra della tavola il
braccio e dice: «Prendi, Giuda. Questo a te piace».
«Grazie,
Maestro. Mi piace, sì», e ignaro di ciò che è quel boccone se lo
mangia, mentre Giovanni, inorridito, chiude persino gli occhi per non
vedere l'orrido riso dell'Iscariota mentre coi denti forti morde il
pane accusatore.
«Bene.
Ora che ti ho fatto felice, va'», dice Gesù a Giuda. «Tutto è
compiuto qui (marca molto la parola). Quello che resta ancora da fare
altrove fallo presto, Giuda di Simone».
«Ti
ubbidisco subito, Maestro. Poi ti raggiungerò al Getsemani. Vai là,
vero? Come sempre?».
«Vado
là... come sempre... sì». «Che ha da fare?», chiede Pietro. «Va
solo?». «Non sono un pargolo», motteggia Giuda che si sta mettendo
il mantello. «Lascialo andare. Io e lui sappiamo ciò che si deve
fare», dice Gesù. «Sì, Maestro». Pietro tace. Forse pensa di
avere peccato di sospetto verso il compagno. Con la mano sulla
fronte, pensa.
Gesù
si stringe al cuore Giovanni e torna a sussurrargli fra i capelli:
«Non dire nulla a Pie- tro, per ora. Sarebbe un inutile scandalo».
«Addio,
Maestro. Addio, amici». Giuda saluta. «Addio», dice Gesù. E
Pietro: «Ti saluto, ragazzo». Giovanni, col capo quasi nel grembo
di Gesù, mormora: «Satana!». Solo Gesù l'ode e sospira.
Qui
mi cessa tutto, ma Gesù dice: «Sospendo per pietà di te. Ti darò
la fine della Cena in altro momento».
18(continua
la Cena)
Vi
è qualche minuto di assoluto silenzio. Gesù sta a capo chino,
carezzando macchinalmente i capelli biondi di Giovanni.
Poi
si scuote. Alza la testa, gira lo sguardo, ha un sorriso che conforta
i discepoli. Dice: «Lasciamo la tavola. E sediamo tutti ben vicini,
come tanti figli intorno al padre».
Prendono
i letti sedili che erano dietro la tavola (quelli di Gesù, Giovanni,
Giacomo, Pietro, Simone, Andrea ed il cugino Giacomo) e li portano
dall'altro lato.
Gesù
prende posto sul suo, sempre fra Giacomo e Giovanni. Ma, quando vede
che Andrea sta per sedersi al posto lasciato dall'Iscariota, grida:
«No, là no». Un grido impulsivo, che la sua somma prudenza non
riesce a impedire. Poi modifica dicendo così: «Non occorre tanto
spazio. Stando seduti, si può stare su questi soli. Bastano. Vi
voglio molto vicini».
Ora,
rispetto alla tavola, sono messi così:
ossia
sono in questa forma a con Gesù al centro e avendo di fronte la
tavola, spoglia di vivande ormai, e il posto di Giuda.
Giacomo
di Zebedeo chiama Pietro: «Siediti qui. Io mi siedo su questo
sgabelletto, ai piedi di Gesù».
«Che
Dio ti benedica, Giacomo! Ne avevo tanta voglia!», dice Pietro e si
serra al suo Maestro, che è così fra la stretta di Giovanni e
Pietro, avendo ai piedi Giacomo.
Gesù
sorride: «Vedo che comincia ad operare la parola detta prima. I
buoni fratelli si amano. Anche Io ti dico, Giacomo: "Che Dio ti
benedica". Anche questo tuo atto non sarà dimenticato
dall'Eterno e lo troverai lassù.
19Tutto
Io posso di quanto Io chiedo. Voi lo avete visto. È bastato un mio
desiderio perché il Padre concedesse al Figlio di darsi in Cibo
all'uomo. Con quanto è accaduto adesso è stato glorificato il
Figlio dell'uomo, perché è testimonianza di potere il miracolo che
non è che possi- bile agli amici di Dio. Più è grande il miracolo
e più è sicura e profonda questa divina amicizia. Questo è un
miracolo che, per la sua forma, durata e natura, per gli estremi di
esso ed i limiti che tocca, più forte non ce ne può essere. Io ve
lo dico: tanto è potente, soprannaturale, inconcepibile all'uomo
superbo, che ben pochi lo comprenderanno come va compreso, e molti lo
negheranno. Che dirò allora? Condanna per loro? No. Dirò: pietà!
Ma
più grande è il miracolo, più grande è la gloria che all'autore
dello stesso viene. È Dio stesso che dice: "Ecco, questo mio
diletto ciò che ha voluto ha avuto, ed Io l'ho concesso per- ché
egli ha grande grazia agli occhi miei". E qui dice: "Ha una
grazia senza limiti così come è infinito il miracolo da Lui
compiuto". Parimenti alla gloria che si riversa sull'autore del
miracolo da parte di Dio è la gloria che da esso autore si riversa
sul Padre. Perché ogni gloria sopranna- turale, essendo veniente da
Dio, alla sua sorgente ritorna. E la gloria di Dio, per quanto già
infinita, sempre più si aumenta e sfavilla per la gloria dei suoi
santi. Onde Io dico: come è stato glorificato il Figlio dell'uomo da
Dio, così Dio è stato glorificato dal Figlio dell'uomo. Io ho
glori- ficato Dio in Me stesso. A sua volta, Dio glorificherà il suo
Figlio in Lui. Ben presto lo glorificherà.
20Esulta,
Tu che torni alla tua Sede, o Essenza spirituale della Seconda
Persona! Esulta, o Carne che torni ad ascendere dopo tanto esilio nel
fango! E non già il Paradiso d'Adamo, ma l'eccelso Paradiso del
Padre sta per esserti dato a dimora. Ché, se è stato detto che per
lo stupore di un comando di Dio, dato per bocca di un uomo, si
arrestò il sole, che non avverrà negli astri quando vedranno il
prodigio della Carne dell'Uomo ascendere e sedersi alla destra del
Padre nella sua Perfezione di materia glorificata?
Figliolini
miei, per poco ancora Io resto con voi. E voi, dopo, mi cercherete
come gli orfani cercano il morto genitore. E piangendo andrete
parlando di Lui e picchierete invano al muto sepolcro, e poi ancora
picchierete alle porte azzurre dei Cieli, con l'anima vostra lanciata
in supplice ricerca d'amore, dicendo: "Dove il nostro Gesù? Lo
vogliamo. Senza Lui non è più luce nel mondo, non letizia, né
amore. O ce lo rendete, oppure lasciateci entrare. Noi vogliamo
essere dove Egli è". Ma non potete per ora venire dove Io vado.
L'ho detto anche ai giudei: "Poi mi cercherete, ma dove Io vado
voi non potete venire". Lo dico anche a voi.
21Pensate
alla Madre... Neppure Lei potrà venire dove Io vado. Eppure Io ho
lasciato il Padre per venire a Lei e farmi Gesù nel suo seno senza
macchia. Eppure dall'Inviolata Io sono venuto, nell'estasi luminosa
del mio Natale. E del suo amore, divenuto latte, mi sono nutrito. Io
sono fatto di purità e di amore perché Maria mi ha nutrito della
sua verginità fecondata dall'Amore perfetto che vive in Cielo.
Eppure per Lei Io sono cresciuto, costandole fatiche e lacrime...
Eppure Io le chiedo un eroismo quale mai fu compito, e rispetto al
quale quello di Giudit- ta e Giaele sono eroismi di povere femmine
contrastanti colla rivale presso la fonte del paese. Eppure nessuno
pari a Lei è nell'amarmi. E, ciononostante, Io la lascio e vado dove
Lei non verrà che fra molto tempo. Per Lei non è il comando che do
a voi: "Santificatevi anno per an- no, mese per mese, giorno per
giorno, ora per ora, per potere venire a Me quando sarà la vostra
ora". In Lei è ogni grazia e santità. È la creatura che ha
tutto avuto e che tutto ha dato. Nulla vi è da aggiungere o da
levare. È la santissima testimonianza di ciò che può Iddio.
22Ma
per essere certo che in voi sia capacità di potermi raggiungere e di
dimenticare il dolore del lutto della separazione dal vostro Gesù,
Io vi do un comandamento nuovo. Ed è che vi amiate gli uni con gli
altri. Così come Io ho amato voi, ugualmente voi amatevi l'uno con
l'altro. Da questo si conoscerà che siete miei discepoli. Quando un
padre ha molti figli, da che si conosce che tali sono? Non tanto per
l'aspetto fisico perché vi sono uomini che sono in tutto simili ad
un altro uomo, col quale non vi è nessun rapporto di sangue e
neppure di nazione quanto per il comune amore alla famiglia, al
padre loro, e fra loro. Ed anche morto il padre non si disgrega la
buona famiglia, perché il sangue è uno ed è sempre quello avuto
dal seme del padre, e annoda legami che neppure la morte scioglie,
perché più forte della morte è l'amore. Ora, se voi vi amerete
anche dopo che Io vi avrò lasciati, tutti riconosceranno che voi
siete miei figli, e perciò miei discepoli, e fra voi fratelli avendo
avuto un unico padre.»
23«Signore
Gesù, ma dove vai?», chiede Pietro. «Vado dove tu per ora non mi
puoi seguire. Ma più tardi mi seguirai». «E perché non adesso? Ti
ho seguito sempre da quando Tu mi hai detto: "Seguimi". Ho
tutto lasciato senza rimpianto... Ora, andartene senza il tuo povero
Simone, lasciandomi privo di Te, mio Tutto, dopo che per Te ho
lasciato il mio poco bene di prima, non è giusto né bello da parte
tua. Vai alla morte? Sta bene. Ma io pure vengo. Andremo insieme
nell'altro mondo. Ma prima ti avrò difeso. Io sono pronto a dare la
vita per Te».
«Tu
darai la tua vita per Me? Ora? Ora no. In verità -oh! che in verità
te lo dico non avrà ancora cantato il gallo che tu mi avrai
rinnegato tre volte. Ora è ancora la prima vigilia. Poi verrà la
seconda... e poi la terza. Prima che scocchi il gallicinio, tu avrai
per tre volte rinnegato il tuo Signore».
«Impossibile,
Maestro! Credo a tutto ciò che dici. Ma non a questo. Sono sicuro di
me». «Ora, per ora sei sicuro. Ma perché ora hai ancora Me. Hai
con te Iddio. Fra poco l'incarna- to Iddio sarà preso e non l'avrete
più. E Satana, dopo avervi già appesantiti la tua stessa si-
curezza è una astuzia di Satana, zavorra per appesantirti vi
spaurirà. Vi insinuerà: "Dio non è. Io sono". E siccome,
per quanto ottusi dallo spavento, ancora ragionerete, voi capirete
che quando è Satana il padrone dell'ora è morto il Bene ed è
operante il Male, abbattuto lo spirito e trionfante l'umano. Allora
resterete come guerrieri senza duce, inseguiti dal nemico, e nello
sbigottimento dei vinti curverete le schiene al vincitore, e per non
essere uccisi rinnegherete il caduto eroe.
24Ma,
ve ne prego. Il vostro cuore non si turbi. Credete in Dio. E credete
anche in Me. Contro tutte le apparenze, credete in Me. Creda nella
mia misericordia e in quella del Padre tanto colui che resta come
colui che fugge. Tanto colui che tace come colui che aprirà la bocca
per dire: "Io non lo conosco". Ugualmente credete nel mio
perdono. E credete che, quali che siano in futuro le vostre azioni,
nel Bene e nella mia Dottrina, nella mia Chiesa perciò, esse vi
daranno un uguale posto in Cielo.
Nella
casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se così non fosse, Io ve lo
avrei detto. Perché Io vado avanti. A preparare un posto per voi.
Non fanno forse così i buoni padri quando devono portare altrove la
loro piccola prole? Vanno avanti, preparano la casa, le
suppellettili, le provviste. E poi tornano a prendere le loro
creature più care. Così fanno per amore. Perché ai piccoli nulla
manchi, e non provino disagio nel nuovo paese. Ugualmente così Io
faccio. E per lo stesso motivo. Ora vado. E quando avrò preparato ad
ognuno il posto nella Gerusalemme celeste, verrò di nuovo, vi
prenderò con Me perché siate con Me dove Io sono, dove non ci sarà
più né morte, né lutti, né lacrime, né grida, né fame, né
dolore, né tenebre, né arsione, ma solo luce, pace, beatitudine e
canto.
Oh!
canto dei Cieli altissimi quando i dodici eletti saranno sui troni
coi dodici patriarchi delle tribù d'Israele, e nell'ardenza del
fuoco dell'amore spirituale canteranno, eretti sul mare della
beatitudine, il cantico eterno che avrà ad arpeggio l'eterno
alleluia dell'esercito angelico...
25Io
voglio che dove Io sarò voi siate. E voi sapete dove Io vado e ne
conoscete la via». «Ma Signore! Noi non sappiamo nulla. Tu non ci
dici dove vai. Come possiamo noi sapere la via da prendere per venire
verso Te e abbreviare l'attesa?», chiede Tommaso.
«Io
sono la Via, la Verità, la Vita. Me lo avete sentito dire e spiegare
più volte, ed in verità alcuni, che neppure sapevano esservi un
Dio, si sono incamminati avanti, per la mia via, e sono già avanti
di voi. Oh! dove sei tu, pecora spersa di Dio che Io ho ricondotta
all'ovile? E dove tu, risorta d'anima?».
«Chi?
Di chi parli? Di Maria di Lazzaro? È di là, con tua Madre. La vuoi?
O vuoi Giovanna? Certo è nel suo palazzo. Ma, se vuoi, te l'andiamo
a chiamare...».
«No.
Non loro... Penso a quella che sarà disvelata solo in Cielo... e a
Fotinai... Esse mi hanno trovato. E non hanno più lasciato la mia
via. Ad una ho indicato il Padre come Dio vero e lo spirito come
levita in questa individuale adorazione. All'altra, che neppur sapeva
di avere uno spirito, ho detto: "Il mio nome è Salvatore, salvo
chi ha buona volontà di salvarsi. Io sono Colui che cerca i perduti,
che dà la Vita, la Verità e la Purezza. Chi mi cerca mi trova".
E ambedue hanno trovato Iddio... Vi benedico, deboli Ève divenute
più forti di Giuditta... Vengo, dove voi siete vengo... Voi mi
consolate... Siate benedette!...».
26«Mostraci
il Padre, Signore, e saremo pari a queste», dice Filippo. «Da tanto
tempo Io sono con voi, e tu, Filippo, non mi hai ancora conosciuto?
Chi vede Me vede il Padre mio. Come puoi dunque dire: "Mostraci
il Padre"? Non riesci a credere che Io so- no nel Padre e il
Padre è in Me? Le parole che Io vi dico non le dico da Me. Ma il
Padre che di- mora in Me compie ogni mia opera. E voi non credete che
Io sono nel Padre e Lui è in Me? Che devo dire per farvi credere? Ma
se non credete alle parole, credete almeno alle opere. Io vi dico, e
ve lo dico con verità: chi crede in Me farà le opere che Io faccio,
e ancor di maggiori ne farà, perché Io vado al Padre. E tutto
quanto domanderete al Padre in mio nome Io lo farò, perché il Padre
sia glorificato nel suo Figlio. E farò quanto mi domanderete in nome
del mio Nome. Il mio Nome è noto, per quello che realmente è, a Me
solo, al Padre che mi ha generato e allo Spirito che dal nostro amore
procede. E per quel Nome tutto è possibile. Chi pensa al mio Nome
con amore mi ama e ottiene.
Ma
non basta amare Me, occorre osservare i miei comandamenti per avere
il vero amore. Sono le opere quelle che testificano dei sentimenti. E
per questo amore Io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro
Consolatore che resti per sempre con voi, Uno su cui Satana e il
mondo non può infierire, lo Spirito di Verità che il mondo non può
ricevere e non può colpire, perché non lo vede e non lo conosce. Lo
deriderà. Ma Egli è tanto eccelso che lo scherno non lo potrà
ferire, mentre, pietosissimo sopra ogni misura, sarà sempre con chi
lo ama, anche se povero e debole. Voi lo conoscerete, perché già
dimora con voi e presto sarà in voi.
27Io
non vi lascerò orfani. Già ve l'ho detto: "Ritornerò a voi".
Ma, prima che sia l'ora di venirvi a prendere per andare nel mio
Regno, Io verrò. A voi verrò. Fra poco il mondo non mi vedrà più.
Ma voi mi vedete e mi vedrete. Perché Io vivo e voi vivete. Perché
Io vivrò e voi pure vivrete. In quel giorno voi conoscerete che Io
sono nel Padre mio, e voi in Me ed Io in voi. Perché chi accoglie
i miei precetti e li osserva, quello è colui che mi ama, e colui che
mi ama sarà amato dal Padre mio e possederà Iddio, perché Dio è
carità e chi ama ha in sé Dio. Ed Io lo amerò, perché in lui
vedrò Iddio, e mi manifesterò a lui facendomi conoscere nei segreti
del mio amore, della mia sapienza, della mia Divinità incarnata.
Saranno i miei ritorni fra i figli dell'uomo, che Io amo nonostante
siano deboli e anche nemici. Ma costoro saranno solo deboli. Ed Io li
fortificherò; dirò loro: "Sorgi!", dirò: "Vieni
fuori!", dirò: "Seguimi", dirò: "Odi",
dirò: "Scrivi"... e voi siete fra questi».
«Perché,
Signore, Tu ti manifesti a noi e non al mondo?», chiede Giuda
Taddeo. «Perché mi amate e osservate le mie parole. Chi così farà,
sarà amato dal Padre e Noi verremo a lui e faremo dimora presso di
lui, in lui. Mentre chi non mi ama non osserva le mie pa- role e fa
secondo la carne e il mondo. Ora sappiate che ciò che Io vi ho detto
non è parola di Gesù Nazareno ma parola del Padre, perché Io sono
il Verbo del Padre che mi ha mandato. Io vi ho detto queste cose
parlando così, con voi, perché voglio Io stesso prepararvi al
possesso completo della Verità e Sapienza. Ma ancora non potete
capire né ricordare. Però, quando verrà a voi il Consolatore, lo
Spirito Santo che il Padre manderà in mio Nome, allora voi potrete
capire, ed Egli tutto vi insegnerà, e vi ricorderà quanto Io vi ho
detto.
28Io
vi lascio la mia pace. Io vi do la mia pace. Ve la do non come la dà
il mondo. E neppure come fino ad ora ve l'ho data: saluto benedetto
del Benedetto ai benedetti. Più profonda è la pace che ora vi do.
In questo addio. Io vi comunico Me stesso, il mio Spirito di pace,
così come vi ho comunicato il mio Corpo e il mio Sangue, perché in
voi resti una forza nella immi- nente battaglia. Satana e il mondo
sferrano guerra al vostro Gesù. È la loro ora. Abbiate in voi la
Pace, il mio Spirito che è spirito di pace, perché Io sono il Re
della pace. Abbiatela per non essere troppo derelitti. Chi soffre con
la pace di Dio in sé soffre, ma non bestemmia e dispera.
Non
piangete. Avete pure sentito che ho detto: "Vado al Padre e poi
tornerò". Se mi amaste sopra la carne, vi rallegrereste, perché
Io vado dal Padre dopo tanto esilio... Vado da Colui che è maggiore
di Me e che mi ama. Io ve l'ho detto ora, prima che ciò si compia,
così come vi ho detto tutte le sofferenze del Redentore prima di
andare ad esse, affinché, quando tutto si compia, voi crediate
sempre più in Me. Non turbatevi così! Non sgomentatevi. Il vostro
cuore ha bisogno di equilibrio...
29Poco
più ho da parlarvi... e ancora tanto ho da dire! Giunto al termine
di questa mia evangelizzazione, mi pare di non avere ancora nulla
detto e che tanto, tanto, tanto ancora resti da fare. Il vostro stato
aumenta questa mia sensazione. E che dirò allora? Che Io ho mancato
al mio ufficio? O che voi siete così duri di cuore che a nulla esso
è valso? Dubiterò? No. Mi affi- do a Dio, e a Lui affido voi, miei
diletti. Egli compirà l'opera del suo Verbo. Non sono come un padre
che muore e non ha altra luce che l'umana. Io spero in Dio. E pure
sentendo in Me urgere tutti i consigli di cui vi vedo bisognosi e
sentendo fuggire il tempo, vado tranquillo alla mia sorte. So che sui
semi caduti in voi sta per scendere una rugiada che li farà tutti
germogliare, e poi verrà il sole del Paraclito, ed essi diverranno
albero potente. Sta per venire il principe di questo mondo, colui col
quale Io non ho nulla a che fare. E, se non fosse per fine di
redenzione, non avrebbe potuto nulla su Me. Ma ciò avviene affinché
il mondo conosca che Io amo il Padre e lo amo fino alla ubbidienza di
morte, e perciò faccio ciò che mi ha ordinato.
30È
l'ora di andare. Alzatevi. E udite le ultime parole. Io sono la vera
Vite. Il Padre ne è il Coltivatore. Ogni tralcio che non porta
frutto Egli lo re- cide e quello che porta frutto lo pota perché ne
porti più ancora. Voi siete già purificati per la mia parola.
Rimanete in Me ed Io in voi per continuare ad essere tali. Il tralcio
staccato dalla vite non può fare frutto. Così voi se non rimanete
in Me. Io sono la Vite e voi i tralci. Colui che resta unito a Me
porta abbondanti frutti. Ma se uno si stacca diviene ramo secco e
viene butta- to nel fuoco e là brucia. Perché, senza l'unione con
Me, voi nulla potete fare. Rimanete dunque in Me e le mie parole
restino in voi, poi domandate quanto volete e vi sarà fatto. Il
Padre mio sarà sempre più glorificato quanto più voi porterete
frutto e sarete miei discepoli.
31Come
il Padre mi ha amato, così Io con voi. Rimanete nel mio amore che
salva. Amandomi sarete ubbidienti, e l'ubbidienza aumenta il
reciproco amore. Non dite che Io mi ripeto. So la vostra debolezza. E
voglio che vi salviate. Io vi dico queste cose perché la gioia che
vi ho voluto dare sia in voi e sia completa. Amatevi, amatevi! Questo
è il mio comandamento nuovo. Amatevi scambievolmente più di quanto
ognuno ami se stesso. Non vi è maggior amore di quello di colui che
dà la sua vita per i suoi amici. Voi siete i miei amici ed Io do la
vita per voi. Fate ciò che Io vi insegno e comando. Non vi chiamo
più servi. Perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone,
mentre voi sapete ciò che Io faccio. Tutto di Me sapete. Vi ho
manifestato non solo Me stesso, ma anche il Padre ed il Paraclito e
tutto quanto ho sentito da Dio. Non siete stati voi che vi siete
scelti. Ma Io vi ho scelti e vi ho eletti, perché andiate fra i
popoli, e facciate frutto in voi e nei cuori degli evangelizzati, e
il vostro frutto rimanga e il Padre vi dia tutto ciò che gli
chiederete in mio Nome.
32Non
dite: "E allora, se Tu ci hai scelti, perché hai scelto un
traditore? Se tutto Tu sai, perché hai fatto questo?". Non
chiedetevi neppure chi è costui. Non è un uomo. È Satana. L'ho
detto all'amico fedele e l'ho lasciato dire dal figlio diletto. È
Satana. Se Satana non si fosse incarnato, l'eterno scimmiottatore di
Dio, in una carne mortale, questo posseduto non avrebbe potuto
sfuggire al mio potere di Gesù. Ho detto: "posseduto". No.
È molto di più: è un annullato in Satana».
«Perché,
Tu che hai cacciato i demoni, non lo hai liberato?», chiede Giacomo
d'Alfeo. «Lo chiedi per amore di te, temendo essere tu quello? Non
lo temere». «Io, allora?». «Io?».
232
«Io?».
«Tacete. Non dico quel nome. Uso misericordia e voi fate
ugualmente». «Ma perché non lo hai vinto? Non potevi?». «Potevo.
Ma, per impedire a Satana di incarnarsi per uccidermi, avrei dovuto
sterminare la razza dell'uomo avanti la Redenzione. Che avrei allora
redento?».
«Dimmelo,
Signore, dimmelo!». Pietro è scivolato in ginocchio e scuote
freneticamente Gesù come fosse in preda a delirio. «Sono io? Sono
io? Mi esamino? Non mi pare. Ma Tu... Tu hai detto che ti
rinnegherò... Ed io tremo... Oh! che orrore essere io!...».
«No,
Simone di Giona. Non tu». «Perché mi hai levato il mio nome di
"Pietra"? Sono dunque tornato Simone? Lo vedi? Tu lo
dici!... Sono io! Ma come ho potuto? Ditelo... ditelo voi... Quando è
che ho potuto divenire traditore?... Simone?... Giovanni?... Ma
parlate!...».
«Pietro,
Pietro, Pietro! Ti chiamo Simone perché penso al primo incontro,
quando eri Simone. E penso come sei sempre stato leale dal primo
momento. Non sei tu. Lo dico Io: Verità».
«Chi,
allora?». «Ma è Giuda di Keriot! Non lo hai ancora capito?», urla
il Taddeo che non riesce più a contenersi.
«Perché
non me lo hai detto prima? Perché?», urla anche Pietro. «Silenzio.
È Satana. Non ha altro nome. Dove vai, Pietro?». «A cercarlo».
«Posa subito quel mantello e quell'arma. O ti devo scacciare e
maledire?». «No, no! Oh! Signor mio! Ma io... ma io... Sono forse
malato di delirio, io? Oh! Oh!». Pietro piange, gettato per terra ai
piedi di Gesù.
33«Io
vi do comando di amarvi. E di perdonare. Avete capito? Se anche nel
mondo è l'odio, in voi sia solo l'amore. Per tutti. Quanti traditori
troverete sulla vostra via! Ma non li dovete odiare e rendere loro
male per male. Altrimenti il Padre odierà voi. Prima di voi fui
odiato e tradito Io. Eppure, voi lo vedete, Io non odio. Il mondo non
può amare ciò che non è come es- so. Perciò non vi amerà. Se
foste suoi, vi amerebbe; ma non siete del mondo, avendovi Io pre- si
da mezzo al mondo. E per questo siete odiati.
Vi
ho detto: il servo non è da più del padrone. Se hanno perseguitato
Me, perseguiteranno voi pure. Se avranno ascoltato Me, ascolteranno
pure voi. Ma tutto faranno per causa del mio Nome, perché non
conoscono, non vogliono conoscere Colui che mi ha mandato. Se non
fossi venuto e non avessi parlato, non sarebbero colpevoli. Ma ora il
loro peccato è senza scusa. Hanno visto le mie opere, udito le mie
parole, eppure mi hanno odiato, e con Me il Padre. Perché Io e il
Padre siamo una sola Unità con l'Amore. Ma era scritto: "Mi
odiasti senza ragione". Però, quando sarà venuto il
Consolatore, lo Spirito di verità che dal Padre procede, sarà da
Lui resa testimonianza di Me, e voi pure mi testimonierete, perché
dal principio foste con Me.
Questo
vi dico perché, quando sarà l'ora, non rimaniate accasciati e
scandalizzati. Sta per venire il tempo in cui vi cacceranno dalle
sinagoghe e in cui chi vi ucciderà penserà di fare culto a Dio con
ciò. Non hanno conosciuto né il Padre né Me. In ciò è la loro
scusante. Non ve le ho dette così ampie prima di ora, queste cose,
perché eravate come bambini pur mo' nati. Ma ora la madre vi lascia.
Io vado. Dovete assuefarvi ad altro cibo. Voglio lo conosciate.
34Nessuno
più mi chiede: "Dove vai?". La tristezza vi fa muti.
Eppure è bene anche per voi che Io me ne vada. Altrimenti non verrà
il Consolatore. Io ve lo manderò. E quando sarà venuto, attraverso
la sapienza e la parola, le opere e l'eroismo che infonderà in voi,
convincerà il mondo del suo peccato deicida e di giustizia sulla mia
santità. E il mondo sarà nettamente divi- so nei reprobi, nemici di
Dio, e nei credenti. Questi saranno più o meno santi, a seconda del
lo- ro volere. Ma il giudizio del principe del mondo e dei suoi servi
sarà fatto. Di più non posso dir- vi, perché ancora non potete
intendere. Ma Egli, il divino Paraclito, vi darà la Verità intera,
perché non parlerà di Se stesso. Ma dirà tutto quello che avrà
udito dalla Mente di Dio e vi annun- zierà il futuro. Prenderà ciò
che da Me viene, ossia ciò che ancora è del Padre, e ve lo dirà.
Ancora
un poco da vedersi. Poi non mi vedrete più. E poi ancora un poco, e
poi mi vedrete. 35Voi mormorate fra voi ed in cuor vostro. Udite una
parabola. L'ultima del vostro Maestro. Quando una donna ha concepito
e giunge all'ora del parto, è in grande afflizione perché soffre e
geme. Ma quando il piccolo figlio è dato alla luce ed ella lo
stringe sul cuore, ogni pena cessa e la tristezza si muta in gioia,
perché un uomo è venuto al mondo.
Così
voi. Voi piangerete e il mondo riderà di voi. Ma poi la vostra
tristezza si muterà in gioia. Una gioia che il mondo mai conoscerà.
Voi ora siete tristi. Ma, quando mi rivedrete, il vostro cuore
diverrà pieno di un gaudio che nessuno avrà più potere di rapirvi.
Una gioia così piena che vi offuscherà ogni bisogno di chiedere e
per la mente e per il cuore e per la carne. Solo vi pascerete di
rivedermi, dimenticando ogni altra cosa. Ma proprio da allora potrete
tutto chiedere in mio Nome, e vi sarà dato dal Padre perché abbiate
sempre più gioia. Domandate, domandate. E riceverete.
Viene
l'ora in cui potrò parlarvi apertamente del Padre. Sarà perché
sarete stati fedeli nella prova e tutto sarà superato. Perfetto
quindi il vostro amore, perché vi avrà dato forza nella prova. E
quanto a voi mancherà Io ve lo aggiungerò prendendolo dal mio
immenso tesoro e di- cendo: "Padre, lo vedi. Essi mi hanno amato
credendo che Io venni da Te". Sceso nel mondo, ora lo lascio e
vado al Padre, e pregherò per voi».
36«Oh!
ora Tu ti spieghi. Ora sappiamo ciò che vuoi dire e che Tu sai tutto
e rispondi senza che nessuno ti interroghi. Veramente Tu vieni da
Dio!».
«Adesso
credete? All'ultima ora? È tre anni che vi parlo! Ma già in voi
opera il Pane che è Dio e il Vino che è Sangue non venuto da uomo,
e vi dà il primo brivido di deificazione. Voi di- verrete dèi se
sarete perseveranti nel mio amore e nel mio possesso. Non come lo
disse Sata- na ad Adamo ed Eva, ma come Io ve lo dico. È il vero
frutto dell'albero del Bene e della Vita. Il Male è vinto in chi se
ne pasce, ed è morta la Morte. Chi ne mangia vivrà in eterno e
diverrà "dio" nel Regno di Dio. Voi sarete dèi se
permarrete in Me. Eppure ecco... pur avendo in voi questo Pane e
questo Sangue, poiché sta venendo l'ora in cui sarete dispersi, voi
ve ne andre- te per vostro conto e mi lascerete solo... Ma non sono
solo. Ho il Padre con Me. Padre, Padre! Non mi abbandonare! Tutto vi
ho detto... Per darvi pace. La mia pace. Ancora sarete oppressi. Ma
abbiate fede. Io ho vinto il mondo».
37Gesù
si alza, apre le braccia in croce e dice con volto luminoso la
sublime preghiera al Padre. Giovanni la riporta integralmente.
Gli
apostoli lacrimano più o meno palesemente e rumorosamente. Per
ultimo cantano un inno.
38Gesù
li benedice. Poi ordina: «Mettiamoci i mantelli, ora. E andiamo.
Andrea, di' al capo di casa di lasciare tutto così, per mio volere.
Domani... vi farà piacere rivedere questo luogo». Gesù lo guarda.
Pare benedire le pareti, i mobili, tutto. Poi si ammantella e si
avvia, seguito dai discepoli. Al suo fianco è Giovanni, al quale si
appoggia. «Non saluti la Madre?», gli chiede il figlio di Zebedeo.
«No.
È tutto già fatto. Fate, anzi, piano». Simone, che ha acceso una
torcia alla lumiera, illumina l'ampio corridoio che va alla porta.
Pietro apre cauto il portone ed escono tutti nella via e poi, facendo
giocare un ordigno, chiudono dal di fuori. E si pongono in cammino.
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