Nel
1905, papa san Pio X designa il vescovo di Belley, mons. Luçon, a
succedere al cardinale Langénieux, arcivescovo di Reims,
recentemente deceduto. Il candidato oppone tutte le possibili
obiezioni e corre a Roma per espone di persona la sua determinazione
a declinare questo grande onore. Ritiene di non essere in grado di
sostenere in modo adeguato l'onere di tale responsabilità. «Caro
Figlio, gli dice con decisione il Santo Padre, non è solo all'onore
che ti invio, ma a una croce, e non solo a una croce, ma a una
moltitudine di croci.» Nulla predestinava Louis Luçon, un bambino
timido, mingherlino, goffo e spesso malato, a una carica
ecclesiastica tanto pesante quanto gloriosa. Eppure egli svolgerà
questo incarico a lungo, facendo onore alla Santa Chiesa...
Louis
Luçon è nato il 28 ottobre 1842, a Maulévrier, borgo del bocage
(1) della Vandea, nei pressi di Cholet.
Suo padre esercita la professione di tessitore. La famiglia vive
poveramente nella fattoria del castello dei Colbert. Bambino pio e
studioso, Louis manifesta un'intelligenza vivace. Dopo avergli fatto
fare la prima Comunione, il suo parroco discerne in lui i segni di
una vocazione. Il bambino viene iscritto al collegio municipale di
Cholet, allora diretto da preti; nonostante la sua salute precaria e
un regime di vita rigoroso, questi anni scolastici sono per lui
proficui. Nel mese di ottobre del 1857, entra nel seminario minore di
Montgazon (vicino ad Angers), dove porta a termine, non senza
difficoltà, i suoi corsi di retorica e di filosofia, interrotti da
frequenti soggiorni in infermeria o nella sua campagna nativa. Nel
1860, entra nel seminario maggiore di Angers. Il suo direttore
spirituale lo sottopone a un regime di pasti, passeggiate e
precauzioni adeguate che rimedia al suo carente stato di salute.
Valido
in ogni tempo
Nel
1864, Louis riceve il suddiaconato e, nominato precettore del figlio
del visconte di Chabot, si dedica con cura al suo compito di
educatore. Ordinato prete dal vescovo di Angers il 23 dicembre 1865,
padre Luçon diventa vicario a Saint-Lambert-du-Lattay. Si sforza di
realizzare l'ideale del sacerdote così come lo concepisce e lo
definirà in seguito dall'alto del pulpito di Notre-Dame di Parigi,
in occasione dei funerali del cardinale Richard: «Certo, il
sacerdote deve appartenere al suo tempo, per conoscerne gli errori e
confutarli, i bisogni e provvedervi, le sofferenze e rimediarvi, le
ingiustizie e prepararne la riparazione. Sì, deve sempre adattare
alle esigenze del tempo in cui vive i mezzi di azione del suo
apostolato..., cerchiamo di essere del nostro tempo. Ma non
dimentichiamo che vi è una cosa che è e deve rimanere di tutti i
tempi: la santità di vita... Solo la santità può conciliare al
prete la fiducia dei popoli: se essa gli manca, se anche solo si
sospetta che egli non sia quello che deve essere, né la scienza, né
gli atteggiamenti moderni, né le opere stesse impediranno alla
fiducia di allontanarsi da lui. Al contrario, dovrà sempre il meglio
del suo prestigio alla santità.»
Nel
1869, viene nominato alla sede di Angers mons. Freppel (1827-1891),
un alsaziano dal temperamento forte. Colpito dall'ampiezza delle
conoscenze e dalla solidità del giudizio di padre Luçon, gli fa
conseguire una laurea in teologia (1873), quindi lo invia a Roma per
ottenere un doppio dottorato in teologia e in diritto canonico.
Troppo modesto, Louis vi si reca senza entusiasmo. A Roma, la sua
salute si rafforza. Mons. Freppel lo destina in seguito
all'insegnamento del diritto canonico presso la Facoltà libera di
Legge che ha appena fondato. Ma l'umile prete gli fa rispettosamente
qualche obiezione. Irritato, il vescovo, che ammette solo
l'obbedienza immediata, lo nomina parroco di La Jubaudière, semplice
succursale rurale di circa 700 anime, situata nella ex "Vandea
militare". La parrocchia comprende molte frazioni difficili da
raggiungere. La spettacolare accoglienza degli abitanti di La
Jubaudière è, per il prete, un incoraggiamento: una folla di
giovani a cavallo gli viene incontro per accompagnarlo al borgo, dove
il sindaco e molti parrocchiani gli danno il benvenuto attorno a un
falò. «Come, scriverà egli in seguito, potrebbe un prete non amare
una parrocchia dove si testimonia tanto rispetto per il suo carattere
e tanta benevolenza per la sua persona?» Divenuto vescovo di Belley,
egli farà l'elogio di questi cristiani, in occasione della
consacrazione a santuario della chiesa di Le Pin-en-Mauges, in onore
dei vandeani martiri della Rivoluzione: «L'abitante della Vandea ama
la sua religione. Se ne è fatto la più forte e, per così dire,
l'unica abitudine della propria vita. Essa ha in lui la serietà,
nonché la solidità del granito sul quale egli abita. Formato alla
rude scuola del padre de Montfort, i dogmi sublimi della fede
cattolica, l'austera morale della Croce; le benefiche consolazioni
della religione di GESÙ CRISTO gli arrivano al cuore... Egli ama i
suoi sacerdoti e il supremo onore che ambisce per i suoi figli è il
sacerdozio; tutta la famiglia si ritiene onorata di annoverare
qualcuno dei suoi membri tra i ministri dell'altare» (13 ottobre
1896).
Nette
strade incavate
Louis
Luçon si dedica con zelo al servizio dei suoi parrocchiani. Lo si
incontra di notte, nelle brutte strade incavate, sotto una pioggia
battente, con la tonaca sollevata, che avanza in mezzo ai solchi per
portare i sacramenti ai morenti. Nel 1883, la cura di Cholet, la
parrocchia più importante della diocesi, è vacante: mons. Freppel
la affida a padre Luçon e, per meglio testimoniargli la sua stima,
viene egli stesso a insediarlo. Il parroco precedente aveva iniziato
a ricostruire la sua chiesa e creato opere importanti. Al suo arrivo,
padre Luçon trova una situazione finanziaria in cattivo stato.— È
tentato di scoraggiarsi e di abbandonare tutto per farsi monaco, ma
la preoccupazione di adempiere degnamente ai suoi obblighi lo porta a
ritrovare la calma. Intraprende con zelo il completamento del
cantiere della chiesa Notre-Dame di Cholet. Disposto ad ascoltare
tutti, partecipa alle riunioni delle numerose opere di quella
parrocchia, discute le decisioni, s'interessa delle cifre. Il suo
atteggiamento sorridente e così dignitoso ispira rispetto al suo
uditorio, che non può fare a meno di ammirare la pazienza e la
cortesia del nuovo parroco. Con la sua squisita sensibilità e la sua
bontà, egli riesce, in pochi mesi, a conquistare i suoi
parrocchiani. Parla in modo semplice, come un padre ai propri figli
e, nei colloqui, la sua anima diventa trasparente: se ne vede fino in
fondo la franchezza e la spontaneità. In occasione degli scioperi
degli stabilimenti tessili della zona di Cholet, nel 1887, si
riuniscono migliaia di operai; il parroco, interpellato, sa trovare
le parole giuste e riesce a conciliare gli interessi in causa per il
miglior vantaggio di tutti, lavoratori e imprenditori.
In
quello stesso anno 1887, per ringraziare mons. Freppel di aver reso
un servizio al governo, il ministro degli Interni, Spuller, gli
chiede di presentare tre candidati a sua scelta per la sede di Belley
allora vacante. Il parroco di Cholet figura in terza posizione, con
questa nota: «Padre Luçon è uno di quei preti eminenti che non
desiderano nulla se non rimanere in seconda fila, benché siano fatti
per la prima, e ai quali la loro modestia fa dire volentieri: "Sono
l'ultimo nella casa di mio padre."» La scelta cade su Luigi
Luçon, che pare al ministro più conciliante. A questa notizia,
l'eletto è sconvolto. Il suo confessore lo esorta alla sottomissione
e gli consiglia di andare a trovare il ministro. Spuller,
repubblicano intriso di principi regaliani, quindi sostenitore della
sovranità dello Stato, vede entrare nel suo studio un giovane prete
intimorito, al quale egli espone una teoria sui diritti dello Stato e
i doveri dei vescovi; per un attimo, crede di aver indotto il prete
ad adottare il suo modo di vedere. «Eccellenza, risponde
quest'ultimo, non ho affatto desiderato l'episcopato, anzi sono
venuto a Parigi solo per sottrarmi a questo onore. Se sarò costretto
ad accettarlo, voglio che sappiate quale sarà la mia linea d'azione.
Finché i diritti dello Stato potranno conciliarsi con quelli della
Chiesa, mi mostrerò, come devo esserlo, un buon cittadino, un buon
francese. Il giorno in cui la Chiesa e lo Stato saranno in
disaccordo, sarò dalla parte della Chiesa e rimarrò inflessibile,
come una sbarra di ferro.» Malcontento, il ministro vuole
allontanarlo, ma mons. Freppel gli risponde: «Così, si dirà che un
piccolo parroco ha trionfato su un grande ministro.» Punto sul vivo,
il ministro firma la sua nomina. L'8 febbraio 1888, il vescovo di
Angers conferisce la pienezza del sacerdozio al figlio di Maulévrier,
nella chiesa Notre-Dame di Cholet. Mons. Luçon adotta come stemma
l'agnello pasquale e come motto: In fide et lenitate (nella
fede e nella dolcezza).
Il
vero significato detta vita
Nel
1901, per sostituire le congregazioni religiose dedite
all'insegnamento soppresse dalla legge, mons. Luçon fonda delle
scuole libere. Si dedica inoltre con zelo alla preparazione del
processo di beatificazione del venerabile Curato d'Ars (la parrocchia
di Ars si trova nella sua diocesi). La beatificazione si svolge 1'8
gennaio 1905. Mons. Luçon farà, a più riprese, il panegirico del
beato; ritornerà persino per questo a Belley, nel 1908, quando sarà
arcivescovo di Reims da due anni: «Riportatevi con il pensiero, egli
dirà, all'epoca in cui il nostro beato esercitò il sacro ministero
in questa parrocchia di Ars. Si continuava a ripetere che tutto si
limita per noi alla vita presente, che la credenza in una vita futura
è una chimera, che il fine dell'uomo è il piacere... che l'uomo di
oggi deve chiedere la felicità alla scienza, che la scienza infine
deve prendere il posto della religione... Che cosa ne è risultato?
Disconoscendo il vero senso della vita, gli uomini del nostro tempo
hanno limitato i loro pensieri alla vita presente e ai beni della
terra... Il Curato d'Ars fa volgere le anime disilluse verso l'unico
vero bene: "Al di fuori di Dio, vedete, nulla è solido, nulla,
nulla! Se è la vita, passa, se è la fortuna, crolla; se è la
salute, viene distrutta, se è la reputazione, viene attaccata. Ah!
mio Dio, mio Dio, quanto sono da compatire coloro che ripongono tutti
i loro affetti in queste cose!" E conclude: "Dedicatevi con
amore a servire Dio, è la sola cosa che abbiamo da fare in questo
mondo; tutto ciò che facciamo al di fuori di questo è tempo
perso!"»
Il
ruolo svolto da mons. Luçon nel processo di beatificazione del
Curato d'Ars ha dato l'opportunità a papa san Pio X di apprezzare il
prelato. Entrambi sono di umile condizione e praticano le stesse
virtù di disinteresse, di amore per il dovere e di semplicità. Il
21 febbraio 1906, il Santo Padre nomina mons. Luçon
all'arcivescovado di Reims e gli chiede di assisterlo, il 25
febbraio, nella cerimonia della consacrazione di quattordici vescovi
francesi che, nel contesto della separazione tra Chiesa e Stato, il
Sovrano Pontefice ha nominati senza consultare il governo. Il 5
aprile, gli abitanti di Reims vedono arrivare il loro nuovo
arcivescovo, con il sorriso sulle labbra. Egli conquista
immediatamente una popolarità che non farà che aumentare. Tuttavia,
le croci annunciate dal Papa non tardano a comparire. A causa della
rottura unilaterale del concordato, la Chiesa di Francia vive le
prove più dolorose: inventario dei beni ecclesiastici da parte di
ufficiali civili, espulsione dei religiosi, lotte politiche. A Reims,
i seminaristi vengono sbattuti in mezzo alla strada e mons. Luçon
viene espulso dal palazzo arcivescovile.
Crocifisso
dagli onori
Il
18 dicembre 1907, l'arcivescovo riceve il cappello cardinalizio.
Quando lo si congratula, egli ricorda le sue origini modeste: «Il
buon Dio mi crocifigge con gli onori per i quali non ho né gusto né
attitudini. I chiodi sono d'oro; ma sono comunque chiodi.» Quando
appare per la prima volta sul pulpito, è agli operai che si rivolge,
assicurandoli che è uno dei loro per la sua nascita e le sue
predilezioni. La sua casa episcopale è aperta a tutti, ai cittadini
più modesti e più indigenti come ai più illustri dei suoi
diocesani. Il nuovo cardinale svolge un'intensa attività, organizza
l'obolo dei fedeli, crea comitati cattolici nelle principali
parrocchie, partecipa alle feste delle corporazioni operaie. Egli
difende la Chiesa: «Veniamo rappresentati come i nemici
dell'insegnante laico, ma era già laico questo insegnante, quando in
passato sacerdoti e maestri di scuola intrattenevano in ciascuna
delle nostre parrocchie relazioni così cordiali.» E, riguardo al
diritto della Chiesa di insegnare: «Questo diritto, non ci viene
affatto dagli uomini, ma da GESÙ CRISTO, che ci ha dato la missione
di insegnare a tutti i popoli.»
Nel
mese di agosto del 1914, viene dichiarata la guerra. L'arcivescovo si
mette a disposizione di tutti, soprattutto delle famiglie povere in
cui il capofamiglia è chiamato alle armi. Dopo la morte del Papa il
20 agosto, egli si reca a Roma per il conclave. Il suo cuore di
pastore è lacerato: avrebbe desiderato non lasciare la sua diocesi
nel momento del pericolo. Reims, infatti, è tutto un simbolo per la
Francia: Clodoveo vi ricevette il battesimo con i suoi Franchi, dando
così vita alla nazione francese; santa Giovanna d'Arco vi guidò
Carlo VII per farlo consacrare re. L'invasore ha capito bene la
portata simbolica della città e prende di mira il suo monumento più
importante: la cattedrale. Il cardinale scriverà: «Succedeva a me
la stessa cosa che al sant'uomo Giobbe; ogni giorno il corriere mi
portava la notizia di una catastrofe peggiore di quella del giorno
prima: Reims è occupata, ricattata; vi sono stati presi cento
ostaggi, tra i quali due dei miei vicari generali; Reims è
bombardata, Reims è incendiata, la cattedrale è in fiamme.»
Dopo
un viaggio irto di pericoli, il cardinale raggiunge finalmente Reims,
liberata in seguito alla vittoria della Marna, il 22 settembre. A
partire da quel giorno, non la lascerà più fino all'ultima grande
offensiva tedesca, nel marzo 1918. Durante questi quattro anni, non
cessa di percorrere la città, di confortare le vittime, di visitare
le scuole rifugiate in sotterranei, le comunità religiose, le
ambulanze e gli ospedali, di benedire feriti e ammalati. Non appena
viene a sapere che un quartiere è bombardato, vi accorre. La sua
presenza porta ovunque il conforto. A volte, è costretto a sdraiarsi
in strada, o a rifugiarsi in una cantina, per evitare le schegge di
granata. Tra una visita e l'altra in città, rimane impassibile. Il
suo coadiutore lo trova spesso che legge la Summa Theologiae di san
Tommaso: «Eminenza, stanno bombardando, bisogna scendere in cantina.
- Aspetti, Monsignore, è solo un temporale, passerà.» Una notte,
sfugge miracolosamente alla morte: una granata cade nel giardino e
alcune schegge penetrano nella sua stanza passando a pochi centimetri
da lui. Ogni settimana, percorre il fronte vicinissimo, visita le
trincee e vi celebra la Messa. Nelle sue allocuzioni ai soldati,
ritorna spesso sul concetto del sacrificio e del sangue versato:
prezzo della redenzione e della salvezza della Francia. Insiste
sempre sull'alleanza tra religione e patria, sull'unica consolazione
efficace che esista di fronte alla morte, quella che può dare la
Provvidenza. «Monsignore ama il soldato e questi lo adora, osserva
un ufficiale. La sua gioia è grande quando si avvicina a un gruppo
di Poilus (2) e conversa familiarmente
con tutti. I soldati si sentono subito a proprio agio con lui.»
Tutto
solo
Ogni
venerdì della guerra, il cardinale dice ai suoi vicari generali:
«Lasciatemi solo, tutto solo.» Nella sua cattedrale in rovina,
aperta a tutti i venti, con il pavimento cosparso di detriti, fa la
sua via crucis per la Francia. «Perdona, Signore, perdona al tuo
popolo. Non essere eternamente irritato contro di lui. Sì, ha avuto
i suoi torti.» Di fronte a ogni stazione, legge in ginocchio una
meditazione da lui composta.
«Se
gli uomini, dirà Benedetto XVI, vivono in pace con Dio e tra di
loro, la Terra assomiglia veramente a un "paradiso". Il
peccato purtroppo rovina sempre di nuovo questo progetto divino,
generando divisioni e facendo entrare nel mondo la morte. Avviene
così che gli uomini cedono alle tentazioni del Maligno e si fanno
guerra gli uni gli altri. La conseguenza è che, in questo stupendo
"giardino" che è il mondo, si aprono anche spazi di
"inferno"... Non posso, in questo momento, non andare col
pensiero a una data significativa: il 1° agosto 1917 - giusto 90
anni or sono - il mio venerato predecessore, papa Benedetto XV,
indirizzò la sua celebre Nota alle potenze belligeranti,
domandando che ponessero fine alla prima guerra mondiale. Mentre
imperversava quell'immane conflitto, il Papa ebbe il coraggio di
affermare che si trattava di un'"inutile strage". Questa
sua espressione si è incisa nella storia. Essa si giustificava nella
situazione concreta di quell'estate 1917» (Angelus del 22 luglio
2007).
Nonostante
le istanze della Santa Sede presso l'imperatore di Germania Guglielmo
II perché venissero risparmiate la cattedrale di Reims e le chiese,
queste vivranno la Passione. A partire dalla domenica delle Palme, l
° aprile 1917, e per diverse settimane, è un diluvio di bombe che
si abbatte sulla città. Il nemico, che persiste nel credere, a
torto, che la cattedrale serva come posto di osservazione, non cessa
di bombardarla. Bisogna attendere fino al 30 aprile perché il
sindaco di Reims si decida a incontrare il cardinale. I due cittadini
di Reims dalle idee opposte si consultano per un'ora. «Oh! ma è un
grand'uomo, dichiara il sindaco, perché non l'ho visto prima?» Il
17 giugno 1917, su richiesta di un deputato, presidente del Libero
Pensiero di Reims, il Presidente della Repubblica, Raymond Poincaré,
decora il cardinale con la croce della Legion d'onore per onorare il
suo patriottismo e la sua abnegazione. Ma un'altra decorazione lo
commuove ancora di più: quella del 152 ° reggimento di fanteria,
uno dei più valorosi, che gli consegna la sua cordellina nonché il
diploma di cappellano onorario. Il 25 marzo 1918, le autorità
militari costringono, non senza difficoltà, il cardinale a lasciare
Reims. «Eminenza, Lei è una delle bandiere della Francia, gli dice
un generale. Dobbiamo salvarLa, non dobbiamo consegnare la nostra
bandiera al nemico in arrivo.» Il cardinale annota nel suo diario di
guerra: «Annunciazione. Lunedì santo. Ultima messa a Reims.»
Quindici
case indenni
Reims
viene liberata nell'agosto del 1918, ma in quale stato... Delle 14
000 case che contava, solo quindici rimangono indenni; le altre sono
distrutte o devono essere oggetto di riparazioni di grossa entità.
Il palazzo arcivescovile è inabitabile. Dopo l'armistizio, il
cardinale Luçon si dedica soprattutto al restauro della cattedrale.
Partecipa alla ricerca di finanziamenti, in particolare presso gli
americani. Il suo zelo non viene meno: negli anni del dopoguerra,
veglia sempre sul suo gregge. Nella sua Lettera pastorale del 15
agosto 1925, denuncia le mode sconvenienti: «Si chiede il
risollevamento morale del paese: non è certo con l'intenzione di
contribuirvi che sono state inventate e lanciate le mode attuali.
Nate dalla corruzione, esse sono uno degli agenti più efficaci della
depravazione dei costumi. Sono, di per se stesse, una provocazione al
male, un fattore eccitante per le passioni. Nessuno può in buona
fede sostenere che siano innocue... Noi diventiamo per la grazia
santificante i templi dello Spirito Santo, attraverso la Santa
Comunione i santuari viventi della divina Eucaristia: forse che
questo non ci impone un contegno sempre rispettoso degli ospiti
divini che si degnano di onorarci con la loro visita e la loro
presenza permanente?... Se c'è un luogo in cui le mode frivole e le
nudità sono particolarmente fuori luogo, non è forse la Casa di
Dio? Non è forse un'imperdonabile mancanza di rispetto, per non dire
una sfida o un insulto alla santità di Dio, entrare nel suo tempio,
e specialmente accostarsi ai sacramenti con un abbigliamento così
manifestatamente immodesto?»
Se
egli ha la grande felicità di restituire al culto la sua cattedrale
nel maggio del 1927, il cardinale non vedrà però la fine del suo
restauro. L'8 maggio 1929, alla presenza del Presidente della
Repubblica e di numerosi vescovi, celebra a Orléans il quinto
centenario della liberazione della città da parte di santa Giovanna
d'Arco, poi a Reims, in luglio, quello dell'incoronazione di Carlo
VII. Nel maggio 1930, si ammala, poi muore piamente il 28 dello
stesso mese. «L'unica consolazione viene da Cristo, diceva papa
Francesco il 21 settembre 2014. Guai a noi se cerchiamo un'altra
consolazione!... Sappiate bene: se voi cercate consolazione altrove,
non sarete felici! Di più: non potrai consolare nessuno, perché il
tuo cuore non è stato aperto alla consolazione del Signore,... Dio
di ogni consolazione!»
La
vita del cardinale Luçon è un'illustrazione di queste parole.
Attingiamo noi pure, nel Cuore di Cristo, la vera consolazione, anche
al culmine delle difficoltà e delle prove; allora saremo in grado,
come lui, di pacificare i cuori che soffrono e di far splendere in
essi la santa Speranza.
Padre
Antoine Marie Beauchef
1.
Tipico paesaggio boscoso della Normandia o della Vandea.
2.
Soprannome dato ai soldati francesi della prima guerra mondiale.
Tratto
da: "Lettera
mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)"
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