Queste parole,
che avete sentito leggere nel Vangelo della messa odierna, sono
pronunciate prima da Marta, poi da Maria, le due sorelle di Lazzaro,
e sono rivolte a Gesù di Nazaret, che era amico loro e del fratello.
L’odierna
liturgia presenta alla nostra attenzione il tema della morte.
Questa è ormai la quinta domenica di Quaresima e si avvicina il
tempo della passione di Cristo. Il tempo della morte e della
risurrezione. Oggi guardiamo a questo fatto attraverso la morte e
la risurrezione di Lazzaro. Nella missione messianica di Cristo
questo evento sconvolgente serve di preparazione alla Settimana santa
e alla Pasqua.
2. “. . . mio
fratello non sarebbe morto”.
Risuona in
queste parole la voce del cuore umano, la voce di un cuore che
ama e che dà testimonianza di ciò che è la morte.
Continuamente sentiamo parlare di morte e leggiamo notizie circa la
morte di diverse persone. Esiste una sistematica informazione su
questo tema. Esiste anche la statistica della morte. Sappiamo che la
morte è un fenomeno comune e incessante. Se ogni giorno muoiono sul
globo terrestre circa 145.000 persone, si può dire che ad ogni
istante muoiono delle persone. La morte è un fenomeno universale e
un fatto ordinario. L’universalità e la normalità del fatto
confermano la realtà della morte, l’inevitabilità della
morte, ma, al tempo stesso, cancellano in un certo senso la
verità sulla morte, la sua penetrante eloquenza.
Non basta qui
il linguaggio delle statistiche. È necessaria la voce del cuore
umano: la voce di una sorella, come nell’odierno Vangelo, la voce
di una persona che ama. La realtà della morte può essere
espressa in tutta la sua verità solo col linguaggio dell’amore.
L’amore
infatti resiste alla morte, e desidera la vita . . .
Ognuna delle
due sorelle di Lazzaro non dice “mio fratello è morto”, ma dice:
“Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”.
La verità
sulla morte può essere espressa solamente a partire da una
prospettiva di vita, da un desiderio di vita: cioè dalla
permanenza nella comunione amorosa di una persona.
La verità
sulla morte viene espressa nell’odierna liturgia in rapporto
con la voce del cuore umano.
3.
Contemporaneamente essa viene espressa in rapporto con la missione
di Cristo, il redentore del mondo.
Gesù di
Nazaret era amico di Lazzaro e delle sue sorelle. La morte dell’amico
si è fatta sentire anche nel suo cuore con un’eco particolare.
Quando giunse a Betania, quando udì il pianto delle sorelle e di
altre persone affezionate al defunto, Gesù “si commosse
profondamente, si turbò”, e in questa disposizione interiore
chiese: “Dove l’avete posto?” (Gv 11, 33).
Gesù di
Nazaret è al tempo stesso il Cristo, colui che il Padre ha mandato
al mondo: è l’eterno testimone dell’amore del Padre. È
il definitivo Portavoce di questo amore di fronte agli uomini.
È in un certo senso l’Ostaggio di esso riguardo a ciascuno
e a tutti. In lui e per lui l’eterno amore del Padre si conferma e
compie nella storia dell’uomo, si conferma e compie in modo
sovrabbondante.
E l’amore si
oppone alla morte e vuole la vita.
La morte
dell’uomo, fin da Adamo, si oppone all’amore: si oppone
all’amore del Padre, il Dio della vita.
La radice della
morte è il peccato, il quale pure si oppone all’amore del Padre.
Nella storia dell’uomo la morte è unita al peccato e come
il peccato si oppone all’amore.
4. Gesù Cristo
è venuto nel mondo per redimere il peccato dell’uomo; ogni
peccato che è radicato nell’uomo. Per questo egli si è posto
di fronte alla realtà della morte; la morte infatti è unita al
peccato nella storia dell’uomo: è frutto del peccato. Gesù Cristo
divenne il redentore dell’uomo mediante la sua morte
in croce, la quale è stata il sacrificio che ha riparato ogni
peccato.
In questa sua
morte Gesù Cristo ha confermato la testimonianza dell’amore del
Padre. L’amore che resiste alla morte, e desidera la vita,
si è espresso nella risurrezione di Cristo, di colui che, per
redimere i peccati del mondo, liberamente accettò la morte sulla
croce.
Questo evento
si chiama Pasqua: il mistero pasquale. Ogni anno ci prepariamo ad
essa mediante la Quaresima, e l’odierna domenica ci mostra ormai da
vicino questo mistero, nel quale si sono rivelati l’amore e la
potenza di Dio, poiché la vita ha riportato la vittoria sulla
morte.
5. Ciò che è
avvenuto a Betania presso il sepolcro di Lazzaro, fu quasi l’ultimo
annuncio del mistero pasquale.
Gesù di
Nazaret si fermò accanto al sepolcro del suo amico Lazzaro, e disse:
“Lazzaro, vieni fuori!” (Gv 11, 43). Con queste
parole, piene di potenza, Gesù lo risuscitò alla vita e lo fece
uscire dalla tomba.
Prima di
compiere questo miracolo, Cristo “alzò gli occhi e disse: "Padre,
ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai
ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché
credano che tu mi hai mandato"” (Gv 11, 41-42).
Presso il
sepolcro di Lazzaro avvenne un particolare confronto della morte
con la missione redentrice di Cristo. Cristo era il testimone
dell’eterno amore del Padre, di quell’amore che resiste alla
morte e desidera la vita. Risuscitando Lazzaro, rese testimonianza a
quest’amore. Rese anche testimonianza all’esclusiva potenza di
Dio sulla vita e sulla morte.
Al tempo
stesso, presso la tomba di Lazzaro, Cristo fu il profeta del suo
proprio mistero: del mistero pasquale, nel quale la morte
redentrice sulla croce divenne la sorgente della nuova vita nella
risurrezione.
GIOVANNI
PAOLO II
Domenica,
8 aprile 1984
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