Aprile 6, 2014 - padre Aldo Trento, missionario in Paraguay
Ero stanco e ho
deciso di mettere la testa sul cuscino per un quarto d’ora,
approfittando dell’occasione per recitare il santo Rosario.
Riposare è per me pregare, e pregare è riposare. Stavo meditando i
Misteri gioiosi ma, come spesso mi succede, non riuscivo a rimanere
con lo sguardo fisso sui fatti che caratterizzavano la vita della
Vergine nella sua gioventù, perché una zanzara continuava a
tormentarmi appoggiandosi sul mio viso.
Con la mano
destra mi sono preso a schiaffi cercando di ammazzarla, ma non c’è
stato verso. Alla fine ha vinto lei la battaglia. Perciò mi sono
seduto sul bordo del letto e ho pensato: ora posso utilizzare
entrambe le mani per ucciderla prima che torni a toccarmi, perché in
questa posizione la vedrò ben bene quando arriverà. Un pensiero
inutile perché le mie grandi mani che soffrono di artrite non
riuscivano ad acchiapparla. Alla fine mi sono alzato e sono uscito
dalla stanza scegliendo un altro posto per finire la recita del
Rosario.
L’episodio ha
fatto emergere una considerazione. Ho fatto un paragone tra la
zanzara e la fantasia; quest’ultima infatti è la pazza della casa
(così la definiva santa Teresa d’Avila) e per questo motivo è
difficile da controllare. Fa quello che vuole, sorprendendoti e
distraendoti da quello che sei impegnato a fare in qualunque momento
del giorno. Un vero fastidio per me.
Le fantasie
sono state il tormento della mia vita, perché ostacolavano la mia
attenzione. Spesso infatti mentre pregavo, senza rendermene conto,
invece di fissarmi sui salmi e sui loro contenuti, mi trovavo
“dall’altra parte del mondo”. Ricordo quanto mi disturbavano
perché non riuscivo a frenarle né con la confessione né con la mia
volontà.
A volte
diventavano un tormento persino durante lo studio, tanto che dovevo
riprendere continuamente la materia che stavo studiando. Per grazia
del Signore avevo una memoria eccellente che mi permetteva di
trattenere i contenuti. Avevo, tuttavia, un problema che i professori
sottolineavano così: «Trento, non puoi essere come un pappagallo.
Non basta imparare a memoria una poesia, è necessario capirne il
significato, perché altrimenti nel tempo questa svanirà dalla tua
mente». È come quando copi un problema di matematica dal tuo
compagno di banco: pensi di ingannare il professore, ma quando questo
ti chiede la spiegazione non sai ripetere niente.
Da dove nasce
la mancanza di concentrazione, di attenzione? Dove ha la sua origine?
Sempre partendo
della mia esperienza personale, il germoglio del progressivo dominio
della fantasia rispetto alla ragione sta nella mancanza di
osservazione e attenzione alla realtà. Le idee non sono innate
nell’essere umano, bensì sono frutti (come lo afferma la stessa
parola “idea”, dal verbo greco: oráo) del vedere, del guardare
la realtà. Per questo mi è sempre piaciuta l’affermazione del
giovane premio Nobel per la medicina, Alexis Carrel: «Molta
osservazione e poco ragionamento portano alla verità, molto
ragionamento e poca osservazione portano all’errore».
Per Carrel era
evidente che la parola ragionamento aveva un significato negativo,
frutto del razionalismo dell’epoca. Era uno scienziato ateo che si
convertì grazie all’onestà e alla lealtà con la sua ragione, col
suo cuore. Un giorno è voluto andare con una paziente malata al
Santuario della Vergine di Lourdes, in Francia, per dimostrare che in
quel posto dove la Madonna era apparsa a santa Bernadette e dove
aveva fatto molti miracoli, si celebrava una grande “bugia”, una
colossale menzogna. Grande è stata la sua sorpresa quando, mentre
era a Lourdes, la sua paziente è guarita per grazia della Vergine. È
stata la scintilla della sua conversione alla fede cattolica.
Occorre
uscire dal proprio mondo
Solo chi è stato educato a guardare la realtà impara a non essere nel tempo vittima delle fantasie, cioè del razionalismo, e di quelle forme di nevrosi sintetizzate nella “famosa” diagnosi: soffre di una depressione ossessivo-compulsiva.
Solo chi è stato educato a guardare la realtà impara a non essere nel tempo vittima delle fantasie, cioè del razionalismo, e di quelle forme di nevrosi sintetizzate nella “famosa” diagnosi: soffre di una depressione ossessivo-compulsiva.
Ho imparato,
pagando di persona, che l’origine del dominio delle fantasie nella
vita umana dipende fondamentalmente dalla mancanza di nesso con la
realtà. La fantasia, quando non è educata a incarnarsi nella
realtà, si trasforma progressivamente in fantasie che sono
fastidiose come le zanzare. Per questo, la strada per vincere questi
disturbi è uscire dalla propria “stanza”, dal proprio mondo, per
incontrare la realtà, unica grande amica dell’uomo, a costo di
sbatterci la testa contro. È uscire da quell’immagine narcisistica
che abbiamo di noi e che è come quelle pozzanghere nelle quali si
riproduce il famoso aedes aegypti, origine del Dengue, una malattia
tropicale che ogni anno fa moltissime vittime.
Viviamo in una
cultura dove esiste una forma di razionalismo differente da quello
dell’età moderna; ci troviamo nell’era della “virtualità”,
dell’assenza delle relazioni non solo interpersonali, ma con la
realtà intera. Per questo motivo i nostri ragazzi non vivono più
con i piedi per terra e sono vittime delle peggiori fantasie.
Alcuni giorni
fa David, un bambino che vive nell’opera San Rafael, mi ha detto:
«Padre, il diavolo mi parla e mi dice: comportati male. Ma io gli ho
risposto che non voglio, perché sono di Gesù». Gli ho chiesto
quando sogna quelle stupidate. E lui: «Padre, mentre dormo ascolto
la voce del diavolo che mi obbliga a comportarmi male». Gli ho dato
il santo Rosario invitandolo ad andare a letto e ho chiesto a
Fortunato, di 78 anni, di fargli compagnia. Piu tardi, mentre stavo
cenando con gli altri che vivono in casa con me, sento il ragazzo
parlare per conto suo e colpire il materasso piangendo. Quando sono
entrato era nel pieno di una crisi isterica. L’ho accarezzato,
parlandogli con affetto.
Si è calmato. Era tranquillo, quand’ecco arrivare il vecchio
Fortunato, fischiettando. Il ragazzo sentendolo si è spaventato,
pensando che fosse uno dei miti delle leggende guaraní presenti
nella stanza: l’Ao Ao, una bestia che assomiglia a una pecora con
la testa di cinghiale. Si dice che l’unico modo di salvarsi è
arrampicarsi su una palma pindó, l’albero sacro che ha alimentato
Gesù. Il bambino aveva gli occhi spalancati dallo spavento. Mi sono
arrabbiato con l’anziano: «Per favore Fortunato, basta con queste
stupidate del Pombero» (altro personaggio della mitologia guaraní,
che si presenta fischiettando e pretende dei doni per scongiurare la
sua vendetta). Poco dopo il ragazzo si è finalmente addormentato.
Il giorno dopo
avevo un importante incontro con i dirigenti di un’impresa. Il
ragazzo è venuto con me e, prendendo il microfono, ha detto ai
presenti: «Per favore, non guardate in tv i film dell’orrore,
perché dopo vi appariranno i mostri, il diavolo. Io non voglio più
vedere questi film perché non voglio stare male». Gabriele, l’altro
ragazzo ribelle che vive con me, un giorno mi ha detto: «Padre, io
guardo la tv per distrarmi dalla realtà che è brutta». In quel
momento ho pensato che se don Giussani non ha mai voluto che il
Gruppo Adulto avesse in casa la televisione avrà avuto le sue buone
ragioni.
Adesso David è
molto più tranquillo, sia perché ha una compagnia adulta che lo
accompagna la sera, sia perché finalmente gli abbiamo tolto gli
psicofarmaci che uno psichiatra, a mia insaputa, gli aveva dato. Le
controindicazioni parlavano di allucinazioni. Così finalmente il
diavolo è tornato all’inferno e noi con il Rosario in mano ci
aggrappiamo alla realtà, il cui cuore è il battesimo che David ha
ricevuto domenica 17 novembre.
http://www.tempi.it/blogs/post-apocalypto
- padre Aldo
Trento, missionario in Paraguay
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