La
Beata Cristina è uno dei personaggi più cari alla popolazione
lucolana e quello per cui tutti nutrono una speciale devozione.
LA
VITA IN CASA
Nacque
nella frazione Colle il 24 febbraio 1480 e ricevette il nome di
Mattia. Sin da bambina manifestò i segni di una serietà superiore
ai suoi interessi religiosi ed era indifferente ai giochi spensierati
tipici della sua età. Suor Giacoma dell'Aquila del monastero della
S.S. Eucarestia, detto poi di S. Chiara, avutane notizia, esclamò:
"Anima
beata, tu sarai tutta di Cristo!".Fu
un augurio profetico che, divenuta monaca agostiniana, si rivelò
nella scelta del nome Cristina (che significa "tutta di
Cristo").
Amava
la ritiratezza, la semplicità, l'umiltà, il servizio; era una
ragazza esemplare ed influiva persino sui buoni genitori perchè
pensassero più al cielo che alla terra. Trascorreva molte ore
dinnanzi all'immagine della Pietà dipinta nella sua casa e,
nonostante le noie della salute, tra cui un dolore ai denti che
l'accompagnò per tutta la vita, si mostrava sempre ben lieta e
pensava più agli altri che a se stessa, dedicando cure ai poveri e
agli infermi. Per la direzione spirituale si affidò a frate
Vincenzo dall'Aquila,
oggi beato, del convento di San Giuliano. Egli si trovava spesso a
passare per il territorio lucolano per la questua e, ospite della
famiglia Ciccarelli, disse ai genitori di Mattia che sarebbe stata
una prediletta di Gesù. Addirittura la futura Beata ebbe la visione
dell'ingresso al cielo dello stesso frate Vincenzo avvenuto in S.
Giuliano la sera del 7 agosto 1504.
Dopo
aver rifiutato una proposta di matrimonio Mattia visse rigidamente la
quaresima del 1505 per ottenere dallo Spirito Santo la scelta del
monastero. Gesù, comparendole due volte in abito, prima bianco e poi
nero, le fece intendere, tramite il suo direttore spirituale, che
doveva seguire la regola di S.
Agostino.
Questo santo proponeva come modello ineguagliabile la S.S. Trinità e
predicava il primato della contemplazione come mezzo per aiutare il
prossimo. La spiritualità agostiniana era così congeniale con la
personalità di Mattia. Quindi, lasciati i genitori, i parenti e
tutti i luoghi a lei più cari come la cappellina mariana, che poi
con il concorso del popolo, divenne l'attuale chiesa della Beata
Cristina, varcò le mura del monastero di S. Lucia. Dell'immagine
della Pietà, dipinta in casa sua, volle una copia su tela che portò
con sè a L'Aquila.
LA
VITA IN MONASTERO
Superato
l'anno di prova fece la solenne professione donandosi a Cristo in
maniera irrevocabile. Immersa nel divino, amava la solitudine
contemplativa e si affacciava alla grata solo se costretta dal dovere
e dall'obbedienza. Eletta e rieletta più volte superiora del
monastero era la prima a comandare a se stessa quanto chiedeva alle
sorelle.
Nel
1529, in tempo di guerre tra Carlo V e Francesco I, una grave
carestia afflisse la città dell'Aquila. La già povera mensa delle
Agostiniane di S. Lucia una sera fu completamente sfornita e le
monache restarono senza cena. La madre, animata da santa fede, invitò
a pregare e pregò ella stessa. Avvisò la portinaia perchè
vigilasse di buon mattino in attesa di una bussata. Alcuni servi dei
mercanti fiorentini Giovandonato e Onofrio Barbadori, residenti
all'Aquila, scaricarono pane bianco in quantità, chiedendo in cambio
solo preghiere. La cosa continuò anche per i giorni a seguire e
persino dopo la morte della beata.
Suor
Cristina diventò centro di attrazione per tante anime bisognose. Un
giovane dissoluto, Silvestro, figlio di Jacopo di Notar Nanni (colui
che aveva curato l'erezione del mausoleo di San Bernardino da Siena),
durante un sofferto colloquio con lei, fu scosso da una forte e
realistica visione dell'inferno proprio sotto i suoi piedi, tanto che
si aggrappò alle sbarre della grata temendo di precipitare nel vuoto
tra le fiamme. Corse a pregare davanti l'altare della chiesa, si
convertì e face lo stesso con la sua famiglia e i suoi amici.
Nel
1534 Isabella Vargas, moglie del vicerè degli Abruzzi, fece visita a
Suor Cristina gravemente malata e le portò alcune vivande di carne
che l'inferma non gustava. Sollecitata dalle consorelle e dal medico,
Cristina pregò e tracciò un segno di croce su quella carne che
assunse sapore e odore di pesce.
LE
APPARIZIONI E LE ESTASI
Nella
festa del Corpus Domini, durante un intimo colloquio con lo Sposo
divino, Cristina rimase a lungo sollevata in aria, mentre le
consorelle vedevano nel suo petto una pisside d'oro, un'ostia
risplendente e raggiante. È per questo che la Beata viene sempre
rappresentata in questo modo.
Durante
la settimana santa, Cristina, dopo la comunione eucaristica del
giovedì, fu vista levarsi in estasi e poi cadere come tramortita,
restando così anche il venerdì di Passione quando una corona di
spine le cinse la testa causandole uno sgocciolio di sangue sulla
faccia. Al Gloria della messa del sabato santo, Cristina, sparito
ogni segno dal suo volto, seguì la liturgia pasquale come se nulla
fosse accaduto.
IN
CIELO
Madre
Cristina si mostrò lieta anche quando fu constatata dai medici la
gravità delle sue condizioni fisiche e volle fare la confessione
generale nella festa mariana della visitazione il 2 luglio 1542. Per
prepararsi meglio all'incontro con Gesù, Cristina chiese di ricevere
gli ultimi sacramenti.
La
sua vita si spense serenamente il 18 gennaio 1543.
La
notizia della sua scomparsa raggiunse Lucoli e fu tutto un affluire
di gente a venerare la salma. Per sua intercessione si verificarono
guarigioni e grazie. Sin da subito le fu attribuito il titolo di
Beata dalla voce popolare, titolo che fu poi confermato il 15 gennaio
1841 da Gregorio XVI.
La
sua memoria si celebra a Lucoli e L'Aquila il 18 gennaio mentre, per
l'ordine, la data è il 12 febbraio. Soppresso il monastero di S.
Lucia (che nel 1932 sarà ceduto ai Salesiani), il 12 ottobre 1908 le
reliquie furono trasferite nel monastero agostiniano di S. Amico a
L'Aquila dove tuttora riposano.
IL
MONASTERO DI S. AMICO
Fu
fondato nel 1375 dal vescovo aquilano Paolo di Bazzano a spese di
Antonio Petroni, oriundo di Paganica e uomo di chiara fama della
città di L'Aquila. In questo monastero vissero molte nobili aquilane
che vi professarono vita monastica ed ebbe anche un fiorente convitto
di ottima educazione per le giovani.
S.
Amico, cui è dedicato il monastero, fu eremita e monaco benedettino
nato a Marte in provincia di Camerino; menò vita austera sui monti
di Ascoli e poi sui nostri, specialmente a Chiarino e andò a morire
nel convento di S. Pietro ad Avellana verso la metà del secolo XI,
il 2 novembre, giorno in cui si celebra la festa con esposizione
della reliquia.
Esiste
in questo monastero un'immagine della "Madonna della Neve",
pregiato lavoro del celebre Giannantonio da Lucoli che rappresenta la
Vergine col bambino lattante in atteggiamento nobile e decoroso; il
fondo del dipinto è fiorito di stelle con due angeli adoranti.
Gli
aquilani venerano con molta devozione questa Madonna della Neve (la
cui festa si celebra con solennità il 5 agosto) per due funesti
ricordi storici nei quali il monastero rimase provvidenzialmente
incolume: la peste del 1656 e il terremoto del 1703.
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