sabato 8 ottobre 2016

LA LUSSURIA – Tratto dal libro “ I 7 vizi capitali “ di Dag Tessore



La lussuria è essere schiavi del sesso. Godere dei piaceri della carne non è in sé lussuria, se però si è capaci di farne a meno. Quante persone rovinano se stesse, la propria famiglia e la società a causa di questa passione divenuta irresistibile! Chi commette adulterio in molti casi si rende conto di agire male, confessa di farlo perché “non riesce a resistere”: ecco l’ammissione della propria dipendenza e assuefazione.
Non è difficile mettersi in osservazione di se stessi: se a un uomo si avvicina una donna bella e sensuale, o a una donna un uomo attraente, quali moti si producono nel corpo e nella mente? Come farebbe un etologo con una cavia, così bisogna studiare ciò che avviene in noi stessi, le palpitazioni, la tempesta di sensazioni, l’agitarsi del respiro, l’affluire del sangue al petto e alla testa e ogni altro fenomeno psichico e fisico che si produce in seguito a una stimolazione vagamente erotica. Soltanto così, senza nascondersi nulla, con un contatto reale con il proprio corpo, si comincia a prendere atto di come opera in noi la passione della lussuria, per poi imparare a tenerla sotto controllo. «Indaga dentro di te quali siano gli indizi delle tue passioni, non stancarti di cercare e troverai che ne hai molte, che non conoscevi e non riuscivi a individuare, poiché siamo malati».(6). Soprattutto in questo campo le reazioni automatiche, provocate dall’abitudine di assecondare inconsapevolmente la passione, sono innumerevoli: è sfruttando questi automatismi che la pubblicità, ad esempio, ricorre a immagini, a voci e ad altre più o meno esplicite allusioni erotiche, sapendo che ognuno di noi, se non è addentro alla pratica quotidiana dell’introspezione e della consapevolezza, può essere indotto a comprare qualunque cosa, ad aderire a qualunque offerta, a intraprendere qualsiasi impresa e persino a seguire qualsiasi ideologia se si riesce a far presa sulla sua lussuria con espedienti sufficientemente efficaci ed eccitanti, ma allo stesso tempo non troppo evidenti (pochi forse intraprenderebbero una grande spesa o un grande lavoro se si rendessero conto di farlo solo perché “ammaliati” dal personale femminile della ditta, ad esempio). 

La lussuria è una passione tenace perché promette un piacere particolarmente intenso. Eppure questo piacere è straordinariamente effimero. L'eccitazione del corpo e il fantasticare della mente surriscaldata proiettano e promettono un piacere infinitamente più grande e più straordinario di quel che poi esso si rivela in realtà. La mentalità odierna, che ha fatto della libertà sessuale una delle sue conquiste, ci ha abituati a ridimensionare il pericolo della lussuria: perché mortificare a tutti i costi – si dice – i piaceri della carne? A queste osservazioni, suggerite, oltre che dalla lussuria stessa, dai mezzi di comunicazione e da un’abitudine acritica a seguire le mode sociali, il cristiano sa rispondere facilmente che la dipendenza dal sesso è una schiavitù e ci impedisce quindi di essere persone libere: «Come può dirsi libertà il non sapersi dominare?».(7). Quanto spesso poi questa schiavitù ci porta a compiere azioni che noi stessi disapproviamo, o a fare doppi giochi, o a dire menzogne e a perdere la nostra integrità morale! E ancora: quanto tempo della nostra vita ci ruba questa passione, e quanta dispersione di energie, e quanto ci costringe a spendere, quante preoccupazioni, ansie, liti...! Non è difficile inoltre vedere le conseguenze sociali di questo vizio, che a prima vista può sembrare una “questione personale”. Quando i singoli coltivano nel loro cuore e nel loro corpo la lussuria, le danno il potere di agire non solo su loro stessi, ma anche sull’intera società: per il sesso si litiga, si minaccia, si uccide; la libidine provoca gravidanze non volute, induce gli adulteri, la rovina delle famiglie e i divorzi; provoca un consumismo senza limiti, alimenta uno stile di vita fatuo, nonché la prostituzione, la pornografia, la pedofilia...
Ora, è importante rendersi conto che queste deviazioni sono la naturale conseguenza di una lussuria non tenuta a bada nella normalità del quotidiano. La lussuria del ragazzo che inventa una bugia per incontrare una ragazza o per strapparle un bacio, è la stessa che spinge a mentire al coniuge per commettere adulterio o fare traffici di pornografia. Come con tutti i vizi, non è l’oggetto che conta, ma la passione che cresce e mette radici nel Soggetto.
Non esistono quindi casi in cui la lussuria è innocua: forse nel mio cuore le piante di questo vizio sono piccole e, pur innaffiandole, non destano preoccupazione; ma tutte le piante grandi erano piccole una volta e sono divenute grandi perché sono state innaffiate.
Dopo queste osservazioni, vediamo ora, alla luce degli insegnamenti dei Padri della Chiesa, come lavorare concretamente per togliere a questa passione il potere che ha su di noi.
L’ascesi contro la lussuria consiste sostanzialmente nella normale osservanza dei precetti e divieti della morale cristiana: non avere rapporti prima del matrimonio; evitare tutte le “deviazioni” e “stravaganze” sessuali; evitare la pornografia; se sposati avere rapporti solo con il proprio coniuge; evitare i rapporti con il coniuge nei giorni e periodi penitenziali (per esempio di venerdì, durante la Quaresima, ecc.). Sforzarsi per rispettare queste regole di castità, anche se forse la passione è ancora annidata dentro, porta già a buoni risultati ripulendo la mente dall'«irrequietezza della concupiscenza» (Sap 4, 12). – Anche un’abitudine consolidata alla frequente e sincera confessione sacramentale con un unico confessore e padre spirituale aiuta a vincere il vizio, se non altro, come suggeriscono i Padri e molti santi, per la vergogna di confessarsi. – Visto il potere che questa passione ha sui singoli e sull’intera società, può essere utile attenuarne l’incendio anche con qualche “doccia fredda” un po’ più drastica, come suggerivano i Padri: di un monaco si racconta che, infatuatosi di una donna bellissima, quando un giorno venne a sapere che era morta, si recò a guardarne e toccarne il corpo in decomposizione (8).
Il contatto vivo con la morte è certamente una “panacea” contro i vizi. La lotta contro la lussuria esige molta oculatezza. C’è chi crede di averla sconfitta, ma in lui la concupiscenza e la passione continuano ad operare sotto altre forme: sembra irreprensibile nella sua vita sessuale, ma è schiavo della ricchezza e del benessere materiale; si adira se qualcuno lo critica o lo offende; il suo stesso rigore nella castità lo rende arrogante e sprezzante verso gli altri, facendogli perdere il bene più grande di tutti, che è l’umiltà, insieme alla carità. Chỉ non sa dominare la collera o la gola o l’ambizione, non è padrone di sé e allora certamente la sua presunta castità è solo illusoria o momentanea. Più di qualunque altro vizio, la lussuria può essere vinta solo estirpandone le radici. È inutile affannarsi con secchi a buttare fuori dalla nave che sta affondando l’acqua, mentre essa è piena di buchi: l’unica cosa da fare è tappare i buchi. La nostra vita, soprattutto oggi, è fatta di un continuo assorbire stimoli di lussuria. Inoltre, come dicevano i Padri, il “demone” della lussuria cerca di ottenebrarci la mente in modo tale che non individuiamo le cause — pure tanto palesi! – delle infiltrazioni d’acqua. Non vinceremo il vizio finché ci limiteremo a parlare vagamente di “difesa della castità”. Bisogna scendere nel concreto e vedere nel concreto quali siano i fattori che minano la castità: — Il continuo bombardamento di immagini erotiche nelle riviste, nei cartelloni, nella televisione, negli spettacoli e in molti altri contesti. È necessaria quindi un’attenta “custodia degli occhi”; dobbiamo chiuderli a tali infiltrazioni, distogliendoli volutamente da queste immagini, tenendoli a freno quando si cammina per strada, evitando di guardare la televisione, le riviste e di frequentare spettacoli “a rischio”.
La promiscuità tra uomini e donne negli ambienti di lavoro, di divertimento, ecc. è un’abitudine radicata nel mondo occidentale, ma credere che sia innocua significa ignorare le più elementari dinamiche della libidine. Presumere di essere sufficientemente padroni di sé e casti da non dover temere la vista dell’altro sesso è – secondo i Padri – superbia o, nel migliore dei casi, ingenua sprovvedutezza. «Chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5, 28).
Procrastinare esageratamente il matrimonio. Se si aspettano – diceva già san Giovanni Crisostomo – i 25 o 30 anni per sposarsi, o anche più tardi — per motivi economici, di studio o per paura di prendere un impegno definitivo —, è chiaro che il tormento della lussuria e la probabilità di rapporti prematrimoniali aumentano proporzionalmente. Questo punto, naturalmente, ha la sua radice nell’avidità di denaro e di eccessive comodità materiali e nell’incapacità di vivere poveramente e di fidarsi della Provvidenza. Per chi ha scelto la vita consacrata è importante proteggersi dalle tentazioni e non presumere troppo di sé, con l’aiuto del padre spirituale e della vita in comunità.
«Mai sarà in grado di frenare gli ardenti stimoli della libidine chi non sia riuscito a frenare la concupiscenza della gola», dice Giovanni Cassiano (Istituzioni cenobitiche, V, 11, 1).
Un altro aspetto importante, infine, è l'abbigliamento: partendo dall'idea che soprattutto gli uomini sono stimolati da immagini provocanti, i Padri della Chiesa esortano le donne a vestirsi in modo modesto e pudico.
Come si vede, c’è molto su cui lavorare per vincere questa passione. Ma una volta eliminate dalla propria vita le consuetudini che degradano il sesso banalizzandolo e riducendo l’erotismo a strumento commerciale o ad arma di ricatti affettivi, il cristiano può riscoprire la meraviglia della sessualità riportata alla sua naturale funzione, nella cornice dell’amore coniugale, dell’atmosfera di famiglia e della tenerezza dove il sesso non è profanato e Svenduto, ma torna ad essere qualcosa di sacro e venerabile.

(6) Giovanni Climaco, La scala del paradiso, XXVI (168).
(7) Clemente di Alessandria, Stromati, III, 30, 2.
(8) Detti dei padri (serie sistematica), V, 22.

Tratto dal libro “ I 7 vizi capitali “ di Dag Tessore
 


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