Don
Primo Mazzolari (1890-1959): parroco, predicatore, conferenziere,
scrittore, giornalista e polemista. In tutto e soprattutto, sempre:
Sacerdote, uomo di Dio. Non ci sono schemi in cui possa essere
racchiusa la sua opera, perché il suo metodo era l'amore, un amore
senza misura. Nella sua vita don Primo aveva in realtà avvertito il
Cristo e lo aveva fatto avvertire, oltre che nel mistero
dell'Eucaristia, nella stessa presenza dei poveri: il tesoro come
egli diceva della sua parrocchia. Aveva qualcosa del profeta che
parla senza preoccuparsi dei rischi personali che la sua parola gli
può far correre. Autentico scrittore sa interessare, conquistare,
convincere; sa stabilire una giusta sintesi tra il passato e il
nuovo, tra la cultura e la vita, rimanendo ancorato a sicuri principi
che danno il senso esatto della situazione.
I
segni della Pasqua del Signore li possono vedere anche coloro che non
credono: ma i segni della nostra Pasqua dove sono?
Perché essi appaiano e ognuno li veda, è necessario che i cristiani «compiano» in se stessi ciò che manca alla passione di Cristo.
Noi siamo tuttora nella fase del rifiuto: Allontana da me questo calice. Quando avremo la forza da aggiungere: Però, non la mia, ma la tua volontà sia fatta (Lc. 22,42)?
Questa è la prima condizione, convalidata dall'esempio del Maestro, la quale può portare i nel giorno che il Signore ha fatto.
Ogni rifiuto di bere la nostra sorsata di dolore comporta fatalmente la legittimità del soffrire degli altri e l'aggravamento di esso.
La mia croce va a cadere sulle spalle di questi e di quelli; e quando li vedo a terra gravati dal mio carico, ho persino la spudoratezza d'incolparli dell'andar male di ogni cosa. Chi rifiuta il Calvario, non fa la Pasqua. Fa la Pasqua e aiuta a fare la Pasqua chi porta la propria croce e dà mano alle spalle degli altri. Dove vuoi che prepariamo la Pasqua? (Mt. 26, 17) gli chiedono i discepoli il primo giorno degli azzimi. Non c'è più bisogno di chiederglielo. Ora, sappiamo dove si fa la Pasqua, e ne sappiamo anche la strada, che passa at traverso i segni dei chiodi. Non ce n'è un'altra.
Noi cristiani abbiamo fretta di vedere i segni della Pasqua del Signore, e quasi gli muoviamo rimprovero di ogni indugio, che fa parte del mistero della Redenzione. I non-cristiani hanno fretta di vedere i segni della nostra Pasqua, che aiutano a capire i segni della Pasqua del Signore.
Un sepolcro imbiancato, che di fuori appare lucente, ma dentro è pieno di marciume, non è un sepolcro glorioso.
Chi mette insieme pesanti fardelli per caricarli sulle spalle degli altri, senza smuoverli nemmeno con un dito, è fuori della Pasqua.
Chi fa le sue opere per richiamare l'attenzione della gente, invitando stampa e televisione, non vede la Pasqua.
Chi chiude il Regno dei Cieli in faccia agli uomini per mancanza di misericordia, non sente la Pasqua.
Chi paga le piccole decime e trascura la giustizia, la misericordia e la fedeltà, rinnega la Pasqua.
Chi lava il piatto dall'esterno, mentre dentro è pieno di rapina e d'intemperanza, non fa posto alla Pasqua.
Oggi è Pasqua, anche se noi non siamo anime pasquali: il sepolcro si spalanca ugualmente, e l'alleluia della vita esulta perfino nell'aria e nei campi; ma chi sulle strade dell'uomo, questa mattina, sa camminargli accanto e, lungo il cammino, risollevargli il cuore?
Una cristianità che s'incanta dietro memorie e che ripete, senza spasimo, gesti e parole divine, e a cui l'alleluia è soltanto un rito e non ha trasfigurante irradiazione della fede e della gioia nella vita che vince il male e la morte dell'uomo, come può comunicare i segni della Pasqua?
Perché essi appaiano e ognuno li veda, è necessario che i cristiani «compiano» in se stessi ciò che manca alla passione di Cristo.
Noi siamo tuttora nella fase del rifiuto: Allontana da me questo calice. Quando avremo la forza da aggiungere: Però, non la mia, ma la tua volontà sia fatta (Lc. 22,42)?
Questa è la prima condizione, convalidata dall'esempio del Maestro, la quale può portare i nel giorno che il Signore ha fatto.
Ogni rifiuto di bere la nostra sorsata di dolore comporta fatalmente la legittimità del soffrire degli altri e l'aggravamento di esso.
La mia croce va a cadere sulle spalle di questi e di quelli; e quando li vedo a terra gravati dal mio carico, ho persino la spudoratezza d'incolparli dell'andar male di ogni cosa. Chi rifiuta il Calvario, non fa la Pasqua. Fa la Pasqua e aiuta a fare la Pasqua chi porta la propria croce e dà mano alle spalle degli altri. Dove vuoi che prepariamo la Pasqua? (Mt. 26, 17) gli chiedono i discepoli il primo giorno degli azzimi. Non c'è più bisogno di chiederglielo. Ora, sappiamo dove si fa la Pasqua, e ne sappiamo anche la strada, che passa at traverso i segni dei chiodi. Non ce n'è un'altra.
Noi cristiani abbiamo fretta di vedere i segni della Pasqua del Signore, e quasi gli muoviamo rimprovero di ogni indugio, che fa parte del mistero della Redenzione. I non-cristiani hanno fretta di vedere i segni della nostra Pasqua, che aiutano a capire i segni della Pasqua del Signore.
Un sepolcro imbiancato, che di fuori appare lucente, ma dentro è pieno di marciume, non è un sepolcro glorioso.
Chi mette insieme pesanti fardelli per caricarli sulle spalle degli altri, senza smuoverli nemmeno con un dito, è fuori della Pasqua.
Chi fa le sue opere per richiamare l'attenzione della gente, invitando stampa e televisione, non vede la Pasqua.
Chi chiude il Regno dei Cieli in faccia agli uomini per mancanza di misericordia, non sente la Pasqua.
Chi paga le piccole decime e trascura la giustizia, la misericordia e la fedeltà, rinnega la Pasqua.
Chi lava il piatto dall'esterno, mentre dentro è pieno di rapina e d'intemperanza, non fa posto alla Pasqua.
Oggi è Pasqua, anche se noi non siamo anime pasquali: il sepolcro si spalanca ugualmente, e l'alleluia della vita esulta perfino nell'aria e nei campi; ma chi sulle strade dell'uomo, questa mattina, sa camminargli accanto e, lungo il cammino, risollevargli il cuore?
Una cristianità che s'incanta dietro memorie e che ripete, senza spasimo, gesti e parole divine, e a cui l'alleluia è soltanto un rito e non ha trasfigurante irradiazione della fede e della gioia nella vita che vince il male e la morte dell'uomo, come può comunicare i segni della Pasqua?
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