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ottobre 1944. (...)
Vedo
Gesù che entra con Pietro, Andrea, Giovanni e Giacomo, Filippo e
Bartolomeo, nel recinto del Tempio. Vi è grandissima folla entro e
fuori di esso. Pellegrini che giungono a frotte da ogni parte della
città. Dall'alto del colle, su cui il Tempio è costruito, si
vedono le vie cittadine, strette e contorte, formicolare di gente.
Pare che fra il bianco crudo delle case si sia steso un nastro
semovente dai mille colori. Sì, la città ha l'aspetto di un
bizzarro giocattolo, fatto di nastri variopinti fra due fili bianchi
e tutti convergenti al punto dove splendono le cupole della Casa del
Signore. Nell'interno poi è... una vera fiera. Ogni raccoglimento
di luogo sacro è annullato. Chi corre
e chi chiama, chi contratta
gli agnelli e urla e maledice per il prezzo esoso, chi spinge le
povere bestie belanti nei recinti (sono rudimentali divisioni di
corde o di pioli, al cui ingresso sta il mercante, o proprietario che
sia, in attesa dei compratori). Legnate, belati, bestemmie, richiami,
insulti ai garzoni non solleciti nelle operazioni di adunata e di
cernita delle bestie e ai compratori che lesinano sul prezzo o che se
ne vanno, maggiori insulti a quelli che, previdenti, hanno portato,
di loro, l'agnello. Intorno ai banchi dei cambiavalute, altro vocìo.
Si capisce che, non so se in ogni momento o in questo pasquale, si
capisce che il Tempio funzionava da... Borsa, e borsa nera. Il valore
delle monete non era fisso. Vi era quello legale, di certo vi sarà
stato, ma i cambiavalute ne imponevano un altro, appropriandosi di un
tanto, messo a capriccio, per il cambio delle monete.
E
le assicuro che non scherzavano nelle operazioni di strozzinaggio!...
Più uno era povero e veniva da lontano, e più era pelato. I
vecchi più dei giovani, quelli provenienti da oltre Palestina più
dei vecchi. Dei poveri vecchierelli guardavano e riguardavano il loro
peculio, messo da parte con chissà che fatica in tutta l'annata, se
lo levavano e se lo rimettevano in seno cento volte, girando dall'uno
all'altro cambiavalute, e finivano magari per tornare dal primo, che
si vendicava della loro iniziale diserzione aumentando l'aggio del
cambio... e le grosse monete lasciavano, tra dei sospiri, le mani del
proprietario e passavano fra le grinfie dell'usuraio e venivano
mutate in monete più spicciole. Poi altra tragedia di scelte, di
conti e di sospiri davanti ai venditori di agnelli, i quali, ai
vecchietti mezzi ciechi, appioppavano gli agnelli più grami.
Vedo
tornare due vecchietti, lui e lei, spingendo un povero agnelletto che
deve esser stato trovato difettoso dai sacrificatori. Pianti,
suppliche, mali garbi, parolacce si incrociano senza che il venditore
si commuova. «Per quello che volete spendere, galilei, è fin
troppo bello quanto vi ho dato. Andatevene! O aggiungete altri cinque
denari per averne uno più bello». «In nome di Dio! Siamo poveri e
vecchi! Vuoi impedirci di fare la Pasqua, che è l'ultima forse? Non
ti basta quello che hai voluto per una piccola bestia?». «Fate
largo, lerciosi. Viene a me Giuseppe l'Anziano. Mi onora della sua
preferenza. Dio sia con te! Vieni, scegli!» Entra nel recinto, e
prende un magnifico agnello, quello che è chiamato Giuseppe
l'Anziano, ossia il d'Arimatea. Passa pomposo nelle vesti e superbo,
senza guardare i poverelli gementi alla porta, anzi all'apertura del
recinto. Li urta quasi, specie quando esce coll'agnello grasso e
belante.
Ma
anche Gesù è ormai vicino. Anche Lui ha fatto il suo acquisto, e
Pietro, che probabilmente ha contrattato per Lui, si tira dietro un
agnello discreto. Pietro vorrebbe andare subito verso il luogo dove
si sacrifica. Ma Gesù piega a destra, verso i due vecchietti
sgomenti, piangenti, indecisi, che la folla urta
e
il venditore insulta. Gesù, tanto alto da avere il capo dei due
nonnetti all'altezza del cuore, pone una mano sulla spalla della
donna e chiede: «Perché piangi, donna?». La vecchietta si volge e
vede questo giovane alto, solenne nel suo bell'abito bianco e nel
mantello pure di neve, tutto nuovo e mondo. Lo deve scambiare per un
dottore sia per la veste che per l'aspetto e, stupita perché
dottori e sacerdoti non fanno caso alla gente né tutelano i poveri
contro l'esosità dei mercanti, dice le ragioni del loro pianto.
Gesù si rivolge all'uomo degli agnelli: «Cambia questo anello a
questi fedeli. Non è degno dell'altare, come non è degno che tu
ti approfitti di due vecchierelli perché deboli e indifesi». «E
Tu chi sei?». «Un giusto». «La tua parlata e quella dei compagni
ti dicono galileo. Può esser mai in Galilea un giusto?». «Fa'
quello che ti dico e sii giusto tu». «Udite! Udite il galileo
difensore dei suoi pari! Egli vuole insegnare a noi del Tempio!».
L'uomo ride e beffeggia, contraffacendo la cadenza galilea, che è
più cantante e più ricca di dolcezza della giudaica, almeno così
mi pare. Della gente si fa intorno, e altri mercanti e cambiavalute
prendono le difese del consocio contro Gesù. Fra i presenti vi sono
due o tre rabbini ironici. Uno di questi chiede: «Sei Tu dottore?»
in un modo tale da far perdere la pazienza a Giobbe. «Lo hai detto».
«Che insegni?». «Questo insegno: a rendere la Casa di Dio casa di
orazione e non un posto d'usura e di mercato. Questo insegno».
Gesù
è terribile. Pare l'arcangelo posto sulla soglia del Paradiso
perduto. Non ha spada fiammeggiante fra le mani, ma ha i raggi negli
occhi, e fulmina derisori e sacrileghi. In mano non ha nulla. Solo la
sua santa ira. E con questa, camminando veloce e imponente fra banco
e banco, sparpaglia le monete così meticolosamente allineate per
qualità, ribalta tavoli e tavolini,
e tutto cade con fracasso al
suolo fra un gran rumore di metalli rimbalzanti e di legni percossi e
grida di ira, di sgomento e di approvazione. Poi, strappate di mano,
a dei garzoni dei bestiai, delle funi con cui essi tenevano a posto
bovi, pecore e agnelli, ne fa una sferza ben dura, in cui
i nodi per
formare i lacci scorsoi divengono flagelli, e l'alza e la rotea e
l'abbassa, senza pietà. Sì, le assicuro: senza pietà. La
impensata grandine percuote teste e schiene. I fedeli si scansano
ammirando la scena; i colpevoli, inseguiti fino alla cinta esterna,
se la danno a gambe lasciando per terra denaro e indietro bestie e
bestiole in un grande arruffio di gambe, di corna, di ali; chi corre,
chi vola via;
e
muggiti, belati, scruccolii di colombe e tortore, insieme a risate e
urla di fedeli dietro agli strozzini in fuga, soverchiano persino il
lamentoso coro degli agnelli, sgozzati in un altro cortile di certo.
Accorrono
sacerdoti insieme a rabbini e farisei. Gesù è ancora in mezzo al
cortile, di ritorno dal suo inseguimento. La sferza è ancora nella
sua mano. «Chi sei? Come ti permetti fare questo, turbando le
cerimonie prescritte? Da quale scuola provieni? Noi non ti
conosciamo, né sappiamo chi sei». «Io sono Colui che posso. Tutto
Io posso. Disfate pure questo Tempio vero ed Io lo risorgerò per
dar lode a Dio. Non Io turbo la santità della Casa di Dio e delle
cerimonie, ma voi la turbate permettendo che la sua dimora divenga
sede agli usurai e ai mercanti. La mia scuola è la scuola di Dio.
La stessa che ebbe tutto Israele per bocca dell'Eterno parlante a
Mosè. Non mi conoscete? Mi conoscerete. Non sapete da dove Io
vengo? Lo saprete».
E,
volgendosi al popolo senza più curarsi dei sacerdoti, alto
nell'abito bianco, col mantello aperto e fluente dietro le spalle, a
braccia aperte come un oratore nel più vivo della sua orazione,
dice: «Udite, voi di Israele! Nel Deuteronomio è detto: "Tu
costituirai dei giudici e dei magistrati a tutte le porte... ed essi
giudicheranno il popolo con giustizia, senza propendere da nessuna
parte. Tu non avrai riguardi personali, non accetterai donativi,
perché i donativi accecano gli occhi dei savi ed alterano le parole
dei giusti. Con giustizia seguirai ciò che è giusto per vivere e
possedere la terra che il Signore Iddio tuo ti avrà data".
Udite, o voi di Israele! Nel Deuteronomio è detto: "I
sacerdoti e i leviti e tutti quelli della tribù di Levi non avranno
parte né eredità col resto di Israele, perché devono vivere coi
sacrifizi del Signore e colle offerte che a Lui sono fatte; nulla
avranno tra i possessi dei loro fratelli, perché il Signore è la
loro eredità". Udite, o voi di Israele! Nel Deuteronomio è
detto: "Non presterai ad interesse al tuo fratello né denaro,
né grano, né qualsiasi altra cosa. Potrai prestare ad interesse
allo straniero; al tuo fratello, invece, presterai senza interesse
quello che gli bisogna". Questo ha detto il Signore. Ora voi
vedete che senza giustizia verso il povero si siede in Israele. Non
nel giusto, ma nel forte si propende, ed esser povero, esser popolo,
vuol dire esser oppresso. Come può il popolo dire: "Chi ci
giudica è giusto" se vede che solo i potenti sono rispettati e
ascoltati, mentre il povero non ha chi lo ascolti? Come può il
popolo rispettare il Signore, se vede che non lo rispettano coloro
che più dovrebbero farlo? E' rispetto al Signore la violazione del
suo comando?
E
perché allora i sacerdoti in Israele hanno possessi e accettano
donativi da pubblicani e peccatori, i quali così fanno per aver
benigni i sacerdoti, così come questi fanno per aver ricco scrigno?
Dio è l'eredità dei suoi sacerdoti. Per essi, Egli, il Padre di
Israele, è più che mai Padre e provvede al cibo come è giusto.
Ma non più di quanto sia giusto. Non ha promesso ai suoi servi del
Santuario borsa e possessi. Nell'eternità avranno il Cielo per la
loro giustizia, come lo avranno Mosè e Elia e Giacobbe e Abramo, ma
su questa terra non devono avere che veste di lino e diadema di
incorruttibile oro: purezza e carità; e che il corpo sia servo allo
spirito che è servo del Dio vero, e non sia il corpo colui che è
signore sullo spirito e contro Dio. M'è stato chiesto con quale
autorità Io faccio questo. Ed essi con quale autorità profanano
il comando di Dio e all'ombra delle sacre mura permettono usura
contro i fratelli di Israele, venuti per ubbidire al comando divino?
M'è stato chiesto da quale scuola Io provengo, ed ho risposto:
"Dalla scuola di Dio". Sì, Israele. Io vengo e ti riporto
a questa scuola santa e immutabile.
Chi
vuol conoscere la Luce, la Verità, la Vita, chi vuole risentire la
Voce di Dio parlante al suo popolo, a Me venga. Avete seguito Mosè
attraverso i deserti, o voi di Israele. Seguitemi, ché Io vi porto,
attraverso a ben più tristo deserto, incontro alla vera Terra
beata. Per mare aperto al comando di Dio, ad essa vi traggo. Alzando
il mio Segno, da ogni male vi guarisco. L'ora della Grazia è
venuta. L'hanno attesa i Patriarchi e sono morti nell'attenderla.
L'hanno predetta i Profeti e sono morti con questa speranza. L'hanno
sognata i giusti e sono morti confortati da questo sogno. Ora è
sorta. Venite. "Il Signore sta per giudicare il suo popolo e per
fare misericordia ai suoi servi", come ha promesso per bocca di
Mosè». La gente, assiepata intorno a Gesù, è rimasta a bocca
aperta ad ascoltarlo. Poi commenta le parole del nuovo Rabbi e
interroga i suoi compagni. Gesù si avvia verso un altro cortile,
separato da questo da un porticato. Gli amici lo seguono e la visione
ha fine.
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