PENSIERI
1
Io
vorrei tanto per me, e di conseguenza vorrei per voi, – perché mi
sembra davvero una buona cosa – un po’ di solitudine e di
silenzio. Da una parte sono molto solitario, perché non ho qui una
sola persona che abbia verso di me il minimo attaccamento (se non,
forse, un povero, fantaccino, Miloud; pregate per la sua conversione!
è un’anima semplice e un buon cuore)… C’è anche un furiere
maggiore di fanteria, un francese, che mi dimostra vera amicizia.
Ma
dall’altra parte, dalle quattro e mezzo del mattino alle sei e
mezzo della sera, non smetto mai di parlare e di veder persone:
schiavi, poveri, malati, soldati, viaggiatori, curiosi. Questi, i
curiosi, ormai li ho solo raramente, ma gli schiavi, i malati, i
poveri aumentano anziché diminuire… Celebro la santa Messa prima
del giorno, per non essere troppo disturbato dal rumore e per fare il
ringraziamento un po’ tranquillo; è però inutile che lo faccia di
buon’ora, durante il ringraziamento vengo sempre chiamato tre o
quattro volte…
2
Ecco
come fr. Charles esamina la sua vita a Béni-Abbés. Egli si domanda:
«In che modo fare l’elemosina meglio che per il passato?» e
risponde: «Facendola come la faceva Gesù, in un’imitazione più
fedele del Modello Divino. Preoccupandosi meno di dare denaro e dando
di più quello che dava Gesù: la nostra fraterna tenerezza il nostro
tempo, la nostra pena».
Ancora
si domanda: «In che modo praticare l’eguaglianza e la fraternità
con gli indigeni?» e risponde: «Lasciandoli avvicinare a me,
parlarmi, soprattutto non impiegando i soldati per allontanarli da
me, non avendo paura di dedicare loro il mio tempo; anziché evitare
le loro lunghe conversazioni, desiderarle, ma spostarle sempre verso
Dio: riuscire a guidare io queste chiacchierate, distaccarle dalla
terra e farle sempre salire alle cose spirituali. Non temere il
contatto degli indigeni, né quello dei loro vestiti, coperte, ecc…
Non
avere paura né della loro sporcizia né delle loro pulci… Vivere
insieme agli indigeni con la familiarità che aveva Gesù verso i
suoi apostoli, i quali erano simili ad essi… Soprattutto, vedere
sempre Gesù in loro e, di conseguenza, trattarli non soltanto con
senso di eguaglianza e di fraternità, ma anche con l’umiltà, col
rispetto, con l’amore, con la dedizione comandate da questa fede».
3
Ecco
il programma: amore, amore, bontà, bontà.
4
Diventare
i loro amici, amarli e farsi amare, portarli alla virtù, e dalla
virtù e dalla buona volontà ad ogni verità, vivere per salvarli.
Ecco il programma: amore, amore, bontà, bontà.
5
Ci
vorrebbero molti buoni preti, non per predicare (li accoglierebbero
come nei villaggi bretoni accoglierebbero dei turchi che andassero a
predicare Maometto, e anche peggio), ma per prendere contatto, farsi
amare, ispirare stima, fiducia, amicizia, rendere possibile un
avvicinamento, dissodare la terra prima di seminare.
6
Per
gli schiavi ho una piccola camera nella quale li riunisco e in cui
trovano sempre alloggio, accoglienza, pane quotidiano, amicizia; a
poco a poco insegno loro a pregare Gesù. Dal 5 gennaio, giorno in
cui la loro cameretta fu terminata, ne ho avuti tutte le notti qui
alla Fraternità, grazie a Dio… Con più virtù da parte mia, più
intelligenza e maggiori risorse, si potrebbe raggrupparli ancora
meglio! Talvolta, vedo anche venti schiavi al giorno.
I
viaggiatori poveri trovano anch’essi nella Fraternità un umile
asilo e un po’ da mangiare… Ma il locale è stretto, la virtù
del monaco e il suo savoir-faire
sono ancor più scarsi… Adesso posso ricevere appena una quindicina
d’ospiti: fra un po’ di tempo, una trentina, perché continuo a
costruire. Ma bisognerebbe potere accoglierne ancor di più: spesso
capitan qui dai trenta ai quaranta viaggiatori al giorno.
Gl’infermi
e i vecchi abbandonati trovano qui un rifugio, un tetto, cibo e cure.
Ma le cure son così insufficienti, e il cibo così scarso!… Tre o
quattro vecchi m’han già chiesto di essere ospiti fissi della
Fraternità…
7
Più
si dà al Signore e più egli rende. Ho creduto di dar tutto
lasciando il mondo ed entrando nella trappa: ho ricevuto più che non
avessi donato… Ho creduto ancora di dare tutto lasciando la trappa:
sono stato colmato senza misura… Godo infinitamente d’essere
povero, vestito come un operaio, come un domestico, in questo umile
stato che fu quello di Nostro Signore, e, per un eccesso eccezionale
di grazia, d’esserlo così a Nazareth.
8
Per
me, per mostrarmi il tuo amore, per mostrarmi l’orrore del peccato
che vuoi espiare con tali supplizi, per indurmi a non commettere più
peccati che ti son costati così cari, per insegnarmi il coraggio e
per additarmi il cammino del martirio, per darmi l’esempio di
questa sofferenza che è la dimostrazione della virtù, dell’amore
e del coraggio, e senza la quale non si entra in cielo; per me, per
farti amare da me nel vedere ciò che soffri per amor mio; per me,
per trascinarmi al tuo seguito, su questa via del dolore che
distaccandomi dal mondo m’attacca a Dio; per me, per mostrarmi il
disprezzo che bisogna avere verso tutti i documenti terreni, dal
momento che un Dio, il quale ha scelto per parte sua ciò che sulla
terra è il più perfetto, ha scelto tali dolori; per me, per farmi
vedere che cosa sono gli uomini e che cosa è Dio, quanto quelli sono
ingiusti e crudeli, quanto questo è buono e amoroso; per me, per
distaccarmi dagli uomini che fanno soffrire e per attaccarmi a Dio
che soffre per me; per me, per ispirarmi un profondissimo dolore per
le mie colpe, che costano al mio Beneamato tanti tormenti; per me,
per intenerire il mio cuore e far scorrer dai miei occhi torrenti di
lacrime, nel vedere il mio Beneamato, infinitamente amabile,
divinamente vero, bello e buono, che mi ama infinitamente e che
aguzzini vociferanti e imprecanti, con la bestemmia e l’ingiuria
sulla bocca, battono e battono con colpi sempre più fitti, coprendo
di contusioni il suo dorso, le spalle, le reni, i fianchi, le
braccia, il petto, rendendolo in un istante tutto livido e, poi un
minuto dopo, facendone sgorgare il sangue.
9
«Amiamo
Dio, perché ci ha amati per primo». La Passione, il Calvario, è
una suprema dichiarazione d’amore.
Non
è per redimerci che tu hai sofferto tanto, Gesù! Il più piccolo
dei tuoi atti ha un valore infinito, poiché è l’atto d’un Dio,
e sarebbe stato sufficiente, anzi sovrabbondante, per redimere mille
mondi, tutti i mondi possibili.
È
per santificarci, per portarci, per spingerci ad amarti liberamente,
poiché l’amore è il mezzo potente per attirare l’amore, poiché
amare è il mezzo più potente per farsi amare… e poiché soffrire
per chi si ama è il mezzo più invincibile per dimostrare che si
ama… e più le sofferenze sono grandi, più la prova è
convincente, più l’amore di cui si dà dimostrazione è profondo.
Mio
Dio, quanto ci ami, tu che per noi hai voluto essere sprofondato in
quest’abisso di sofferenze e di disprezzo, tu che in tal modo hai
voluto darci tante lezioni, ma innanzitutto, soprattutto, hai voluto
dimostrarci il tuo amore, quest’amore inaudito grazie al quale il
padre ha dato il suo unico Figlio, e l’ha dato in mezzo a tali
sofferenze e tali umiliazioni allo scopo di indurci, con la vista,
con la certezza di un sì immenso amore, dimostrato e dichiarato in
maniera così toccante e commovente, allo scopo d’indurci con ciò
ad amare Dio a nostra volta, ad amare l’Essere così amabile che ci
ama tanto. Amiamo Dio, poiché egli ci ha amati per primo.
10
Il
santo Vangelo ci dice: «Gli diede nome Gesù». Gesù vuol dire
Salvatore: il salvatore è colui che dona la salute, il Cielo, il
possesso di Dio attraverso la conoscenza e l’amore. Nostro Signore
ha voluto che il suo stesso nome gridasse, cantasse il suo immenso
amore per noi: perché amare vuol dire volere il bene; volere un bene
immenso è amare immensamente; il nome di Salvatore grida che Dio ci
vuole un bene immenso, infinito; l’eterno possesso di lui stesso ci
ripete ad ogni momento che Dio ci ama infinitamente, immensamente.
Attraverso
il suo nome, Gesù ci lascia intravedere che egli, divin Salvatore,
verserà tutto il suo sangue per dare il paradiso agli uomini; ci
chiede zelo per le anime e sacrificio fino al martirio; ci dice che
lui, il nostro Amato, è venuto sulla terra «per servire le anime
lavorando per la loro salute e dare la sua vita per la salvezza di
molti», e ci invita a imitarlo consacrando la nostra vita alla
stessa opera ed offrendo per essa il nostro sangue.
11
Egli
ci ha dato l’esempio: vita nascosta (Nazareth), vita solitaria (i
quaranta giorni di deserto), vita pubblica (i tre anni di
predicazione). Queste tre vite sono ugualmente perfette, poiché
Gesù, sempre ugualmente perfetto in ogni periodo della sua vita,
sempre Dio, le ha condotte tutte e tre. Esse sono ugualmente perfette
in se stesse, ma per noi non è ugualmente perfetto l’abbracciare
l’una o l’altra; è indispensabile abbracciare quella in cui Dio
ci vuole.
12
Gesù
si offre per essere il compagno di tutte le ore. E questo non ci
basta? Lasceremo il Creatore per andare alle creature?
Si,
Gesù basta: là dove Egli è, niente manca.
Adoriamo,
baciamo, amiamo, lodiamo ogni parola del nostro Diletto.
Sarebbe
troppo dolce sentire che amiamo Gesù, che siamo amati da lui e che
siamo contenti della sua felicità: se sentissimo ciò, la terra
sarebbe un paradiso. Contentiamoci di volere e di sapere con più
merito e meno dolcezza.
La
volontà dell’Amato, qualunque essa sia, deve essere non solo
preferita, ma adorata, amata e benedetta senza limiti: bisogna
adorarla come il Diletto stesso, ed amarla come lui smisuratamente.
Teniamo,
senza tregua, lo sguardo rivolto all’immenso amore di Dio per noi,
questo amore che egli ha fatto sopportare per ognuno di noi tante
sofferenze, e che gli rende così dolce, piacevole e naturale farci
le grazie più grandi.
Si
può compiangere colui che fa la volontà di Nostro Signore? Vi è
forse qualcosa di più dolce al mondo che fare la volontà di colui
che si ama? E se, nell’eseguirla, si trova qualche sofferenza,
allora la dolcezza è raddoppiata!…
13
Il
1 dicembre 1916, giorno della sua morte Charles de Foucauld scrisse a
sua cugina Maria de Bondy: «Come è vero, non ameremo mai
abbastanza; ma il buon Dio che sa con che fango ci ha impastati, e
che ci ama più di quanto una mamma può amare suo figlio, il buon
Dio che non può morire, ci ha detto che non respingerà chi andrà
da Lui…»
14
L’amore
consiste nel permutare tutti i beni con tutti i dolori, per amore del
Signore.
15
L’amore
consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si
vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama
sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è
perché l’amore è troppo debole, non perché esso non c’è:
bisogna piangere, come san Pietro, pentirsi, come san Pietro,
umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: «Io ti amo,
io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io
ti amo».
L’amore
che Gesù ha per noi, egli ce l’ha dimostrato abbastanza perché
noi possiamo crederci senza sentirlo; sentire che noi l’amiamo e
ch’egli ci ama, sarebbe il paradiso; il paradiso, salvo rari
momenti e rare eccezioni, non è per quaggiù.
Narriamoci
spesso la duplice storia delle grazie che Dio ci ha fatto
personalmente dopo la nostra nascita, e delle nostre infedeltà; vi
troveremo – soprattutto noi che abbiamo vissuto per molto tempo
lontani da Dio – le prove più sicure e più commoventi del suo
amore per noi, come anche, purtroppo, le prove sì numerose della
nostra miseria. C’è motivo per immergerci in una fiducia senza
limiti del suo amore (egli ci ama perché è buono, non perché noi
siamo buoni, le madri non amano forse i loro figli traviati?) e
motivo per sprofondarci nell’umiltà e nella diffidenza verso di
noi.
16
L’ora
meglio impiegata della nostra vita è quella in qui maggiormente
amiamo Gesù. Ricordarsi soltanto di Gesù, pensare soltanto a Gesù,
considerando un guadagno qualsiasi perdita con la quale riusciamo a
dare in noi maggior posto al pensiero e alla conoscenza di Gesù, al
cui confronto tutto il resto è nulla.
17
Com’è
divinamente buono a permettere che delle formiche come noi lo amino.
Di
che parleremmo noi, non di colui che è la nostra vita, per il quale
respiriamo, per il quale solo noi vogliamo vivere, al quale
apparteniamo senza limiti e senza riserve, corpo, anima, mente,
cuore…
Tutto
è di lui, tutto è per lui! È com’egli è divinamente buono a
permettere che delle formiche come noi lo amino!
18
Avere
la purezza e l’innocenza di un bambino per essere degni del Regno
dei Cieli e di Gesù.
Non
temere che una cosa al mondo: non amare abbastanza Gesù.
Niente
è più perfetto e migliore dell’amore, perché l’amore è nato
da Dio e non può riposarsi che in Dio.
L’amore
è pronto, sincero, pio, dolce, prudente, forte, paziente, fedele,
costante, magnanimo, non cerca mai se stesso.
Considerando
tutto alla stessa stregua, preferisce però l’abiezione all’onore,
essere trascurato ad essere circondato di premure, la penuria
all’abbondanza, per essere più simile a Gesù.
Se,
sia pur per un attimo, si comincia a ricercare se stessi, si cessa di
amare.
Chi
non è pronto a soffrire ogni cosa e ad abbandonarsi interamente alla
volontà del Diletto, non sa che significhi amare.
19
Il
1 dicembre 1916, il giorno della sua morte, fr. Charles scrive:
Cancellarci, annullarci, ecco il mezzo più potente che possediamo
per unirci a Gesù e far del bene alle anime; san Giovanni della
Croce lo ripete ad ogni riga. Quando si vuol soffrire e amare, si può
molto, si può molto, si può il massimo che si possa al mondo. Si
sente che si soffre; non sempre si sente che si ama ed è una grande
sofferenza in più; ma si sa che si vorrebbe amare e voler amare
significa amare. Si trova che non si ama abbastanza ed è verissimo:
ma si amerà abbastanza; ma il Signore, che sa con che fango ci ha
impastati e che ci ama più di quanto una madre possa amare il suo
figliuolo, ci ha detto, Lui che non mente, che non avrebbe respinto
chi a Lui venisse.
Lo
stesso giorno scrive anche all’amico Luigi Massignon che è al
fronte:
Non
bisogna mai esitare a domandare i posti dove maggiori siano pericolo,
sacrificio, possibilità di dedizione: lasciamo l’onore a chi lo
vuole, ma rischio e pena reclamiamoli sempre.
Come
cristiani siamo tenuti a dare l’esempio del sacrificio e della
dedizione. È un principio al quale bisogna essere fedeli sempre, con
semplicità, senza domandarci se in una simile condotta s’insinui
l’orgoglio. È il nostro dovere; quindi compiamolo e preghiamo il
nostro Diletto, lo Sposo della nostra anima, che ci conceda di
compierlo in totale umiltà e con pienezza d’amore per Dio e per il
prossimo.
20
Solo
guardando al di là di questo mondo in cui tutto passa e muore, si
trova la vera gioia nella speranza di un’altra vita di cui questa è
solo il preludio; vita in cui il bene fatto, l’amore di cui sono
assetati i nostri spiriti e i nostri cuori, saranno pienamente ed
eternamente soddisfatti.
In
questa speranza e nella fede nelle verità che Dio ci ha rivelate e
che sono belle come un poema, come il più bello dei poemi non v’è
poema più bello d’un semplice trattato di teologia dogmatica, è
il poema dell’amore divino, ben più meraviglioso e avvincente dei
nostri poemi pieni dei nostri poveri amori terrestri – in questa
fede, in questa speranza, nella contemplazione di queste bellezze e
nel compimento della legge di carità – «ama gli uomini come Dio
li ama» – che è la base della morale cristiana, sono felice,
molto felice, e i miei giorni trascorrono in una pace profonda.
21
Il
mio più grande sacrificio è stata la separazione dalla mia
famiglia. Una volta alla trappa, ho sofferto molto. Non per via della
comunità, dove tutti erano molto buoni con me. Ma il pensiero della
mia famiglia mi torturava. Talvolta dicevo tra me e me: sempre,
sempre; mai, mai, mai. Sempre vivere qui, mai più rivederli.
22
Ho
un grande fondo di orgoglio. Non tengo conto a sufficienza della
presenza di Dio. Mi lascio assorbire da ciò che faccio o dalle
distrazioni, dalle fantasie. Non ho sufficientemente lo sguardo
rivolto a Gesù, che è qui. Non lo vedo a sufficienza in ogni uomo.
Non sono sufficientemente sovrannaturale con loro. Né
sufficientemente dolce né sufficientemente umile, e neppure accurato
come si dovrebbe nel fare loro del bene ogni volta che lo potrei.
Gli esercizi di pietà lasciano a desiderare. Li faccio tiepidamente,
talvolta in modo breve oppure troppo rapido, pieno di distrazioni. Mi
capita in certi casi di essere vinto dal sonno o di rinviare di ora
in ora le cose da fare. Una così grande tiepidezza che mi fa
soffrire fino ad umiliarmi. Ometto le piccole penitenze, curo troppo
il mio corpo. Invece di amare il disprezzo, mi compiaccio degli atti
buoni.
23
Se
una parte di me è nel cielo purissimo che sovrasta le nubi, se io
resto in una terra sempre illuminata dal sole e al di sopra delle
nubi, però con l’altra parte io amo, io devo amare, ho l’imperioso
dovere di amare appassionatamente gli uomini.
24
Mio
Dio, quanto siete divinamente tenero! Quanto siete amante, quanto
siete buono!… Risorto, le vostre prime apparizioni sono due
apparizioni di consolazione alle due anime più afflitte dalla vostra
Passione e Morte. A vostra Madre dapprima, «alla quale appariste per
primo e presso la quale rimaneste lungo tempo», come avete detto a
santa Teresa; a Maria Maddalena in seguito… Con quale dolcezza
apparivate a questa cara santa, a questa vostra «appassionata
adoratrice», come vien chiamata! Quale dolcezza in quel «Maria»!…
Con quale voce dovette essere detto!… E infine, mio Dio, quale
divina tenerezza per tutti noi, per tutti gli uomini di tutte le età,
nelle parole che pronunciate: «Va’ a dire ai miei fratelli». Voi
ci chiamate tutti «vostri fratelli»! Quanto è dolce ciò, quanto
siete buono!
Siamo
teneri come Gesù, amanti come lui… Consoliamo gli afflitti come
lui, e dapprima coloro ch’egli stesso ci ha messo più vicino nella
vita, una madre, un’anima cara; e coloro che hanno più bisogno di
consolazione, coloro che, più deboli, stanno per piegare sotto un
dolore pungente…
Consoliamo,
consoliamo come lui e i suoi fratelli, che sono anche i nostri,
consoliamo le sue membra, le parti del suo corpo, quelle membra delle
quali egli dice: «Ciò che farete a uno di questi piccoli, lo farete
a me». Siamo, come lui, dei teneri consolatori, dei fratelli amanti
di tutti gli uomini afflitti, di tutti gli uomini, ma di tutti,
perché di tutti ha detto: «Ciò che voi farete a uno di questi
piccoli, lo farete a me».
25
La
mia vita continua, sempre la stessa: occupatissima esteriormente
benché molto calma: ogni giorno la stessa cosa: poveri e malati che
si succedono; interiormente, mi rimprovero di non dare abbastanza
tempo alla preghiera, alle cose puramente spirituali: di giorno, non
smettono mai di bussarmi alla porta e la notte, che sarebbe il tempo
propizio, m’addormento meschinamente: è per me una vergogna e una
sofferenza, questo sonno che prende più posto di quanto vorrei; io
non ho tempo per esso, ed esso se lo prende… Il mio esame di
coscienza mi rimprovera soprattutto tre cose: tiepidezza verso Gesù;
non Lo prego né tanto né così teneramente come potrei o dovrei;
tiepidezza verso il prossimo: non vedo abbastanza, nel prossimo,
Gesù, non lo amo come me stesso; tiepidezza dinanzi alla croce: non
cerco di soffrire, sono pigro e ingordo…
26
«Venite
e vedete come è buono il Signore…». Quando si è intravisto come
è buono il Signore, come si può fare diversamente dal desiderare
appassionatamente di passare la propria vita a contemplarlo, ad
onorarlo, nel fare ogni sua volontà, lontano dalla vanità del
mondo? No, ogni nostro tempo è preso, abbiamo intravisto il Re dei
re che ha sedotto per sempre i nostri cuori. Noi l’amiamo, non
volgiamo più alcun amore terrestre perché abbiamo un Bene da amare
e non c’è in noi posto per due… Abbiamo intravisto il cielo,
siamo morti al mondo… Vogliamo essere di Dio solo; è sufficiente
ai nostri cuori; non sono i nostri cuori sufficienti per rendergli
tutto l’amore e l’adorazione che lui merita… Non vogliamo
essere divisi; vogliamo essere tutti di lui, ai suoi piedi, come dei
fratelli, ma saremo di lui solo, tutti a lui, tutti a lui… – Noi
siamo spose, veramente sposate… spose per il fatto stesso che
desideriamo esserlo e che gli promettiamo di essere sempre
completamente di lui… come è umile e dolce lui, il Re del Cielo,
ad accettare così per sue spose tutte queste povere piccole anime
che si offrono a lui… Qualche volta è difficile trovare un
fidanzato sulla terra, e, tuttavia, è così poca cosa, è cosa così
infima, così cenere e polvere, un fidanzato terrestre; è così un
niente, così niente di niente!… Ma Lui, il Re del Cielo, lo si può
avere per fidanzato quando si vuole… Accetta ogni anima… la più
povera, la più indegna, la più colpevole, la più infangata, che si
offre a lui con un cuore sincero… Lui le accetta tutte… Mio Dio,
come sei buono!…
È
la fede che fa la vita della sposa del Cristo… essa è nella luce;
essa sa, essa vede… Vede che è la sposa di Gesù, che la sua sorte
è divina; vede che è felice, che la sua vita deve essere un
perpetuo «Magnificat» e che la sua felicità è incomprensibile…
27
Appena
credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo fare altrimenti
che vivere solo per lui: Dio è così grande, c’è una tale
differenza tra Dio e tutto ciò che non è lui…
28
Più
tutto ci manca, più siamo simili a Gesù crocifisso.
Più
siamo attaccati alla croce, più stringiamo Gesù che vi è
inchiodato.
Ogni
croce è un guadagno, perché ogni croce ci unisce a Gesù.
29
Più
vado avanti e più sono convinto che per il momento non c’è
possibilità di realizzare delle conversioni isolate…
Non
sono qui per convertire in un colpo solo i Tuareg, ma per provare a
capirli e a migliorarli. Sono certo che il buon Dio accoglierà in
cielo quelli che furono buoni e onesti, senza bisogno che essi siano
cattolici romani.
30
Dio
si serve dei venti contrari per condurci in porto.
31
Più
noi abbracciamo la Croce
più
stringiamo strettamente Gesù
che
vi è attaccato.
Quanto
più tutto ci manca sulla terra,
tanto
più noi troviamo
ciò
che può darci di meglio la terra:
la
Croce
Vivere
come se io dovessi morire oggi Martire.
È
grazie alle croci che Gesù ci manda, più che alle mortificazioni
che noi stessi scegliamo, che berremo nel calice dello Sposo e saremo
battezzati nel suo battesimo, perché meglio di noi stessi egli sa
crocifiggerci.
32
Mi
chiederete qual è la mia vita. È la vita di un monaco missionario
fondata su tre principi: Imitazione della vita nascosta di Gesù a
Nazareth. Adorazione del Santissimo Sacramento esposto. Residenza tra
i popoli infedeli più trascurati da tutti, facendo tutto il
possibile in vista della loro conversione. Vita d’austerità uguale
a quella della Trappa, ma molto più dura per la sua maggiore povertà
e perché il clima è duro e snervante e l’alimentazione ben
diversa da quella europea, né si può pensare ad introdurre qui
quella dei nostri paesi perché ciò sarebbe un lusso costoso. Si
deve vivere di ciò che la regione offre: grano, datteri e latticini.
Come vesti ed abitazione non troverete che quanto v’è di più
povero e di più rustico, nulla che assomigli alle tonache curate e
ai conventi di Francia, ma qualcosa di molto simile probabilmente a
ciò che dovettero essere il vestito e l’umile casa di Gesù di
Nazareth. Avrete una vita diversa da quella della Trappa in questo
che, benché tutto vi si faccia secondo un orario e nella più
stretta ubbidienza, non vi esistono quelle piccole prescrizioni
esteriori la cui minuzia è una caratteristica della Trappa; si
tratta di una semplicissima vita di famiglia. Diversa, anche perché
non avrete alcun ufficio cantato, né altra preghiera vocale
all’infuori del breviario, ma molta orazione e adorazione, molta
preghiera o lettura silenziosa ai piedi dell’altare. Sono e sono
sempre stato solo da dieci anni. Se Dio m concederà ora dei Fratelli
da convertire, dividersi per la salvezza delle anime in piccoli
gruppi di tre o quattro, moltiplicando tali gruppi al massimo; ciò
riuscirà più efficace per la salvezza delle anime che la fondazione
di monasteri con maggior numero di frati… Vedo questi
distaccamenti, questi romitaggi di tre o quattro monaci missionari,
come delle avanguardie, votate a preparare la via per cedere il posto
agli altri religiosi organizzati e al clero secolare, quando il
terreno sarà stato dissodato.
33
Quando
abbiamo da sopportare una grave prova, da affrontare un pericolo od
una sofferenza, passiamo nella preghiera solitaria gli ultimi
momenti, l’ultima ora che ce ne separa.
Amiamo
e pratichiamo ogni giorno la preghiera solitaria e segreta, quella
preghiera che solo il Padre celeste vede, in cui siamo assolutamente
soli con lui e nessuno sa che preghiamo, colloquio a due, segreto
delizioso, in cui apriamo il nostro cuore in libertà, lontano da
ogni sguardo ai piedi del Padre.
34
Bisogna
passare attraverso il deserto e dimorarvi, per ricevere la grazia di
Dio; è là che ci si svuota, che si scaccia da noi tutto ciò che
non è Dio e che si svuota completamente questa piccola casa della
nostra anima per lasciare tutto il posto a Dio solo… Gli ebrei
passarono per il deserto; Mosè ci visse prima di ricevere la sua
missione; san Paolo, uscito da Damasco, andò a passare tre anni in
Arabia; anche il vostro patrono san Girolamo e san Giovanni
Crisostomo si prepararono nel deserto… È indispensabile. È un
tempo di grazia. È un periodo attraverso il quale ogni anima che
vuol portare frutti deve necessariamente passare. Le sono necessari
questo silenzio, questo raccoglimento,
quest’oblìo
di tutto il creato in mezzo ai quali Dio pone in essa il suo regno e
forma in essa lo spirito interiore… La vita intima con Dio… La
conversazione dell’anima con Dio nella fede, nella speranza e nella
carità… Più tardi, l’anima produrrà frutti esattamente nella
misura in cui si sarà formato in essa l’uomo interiore.
35
Mi
auguro e spero sempre di avere un compagno; ho in vista un ottimo
sacerdote. Ma il suo direttore non gli permette ancora dì
raggiungermi, esigendo dei segni più chiari della volontà di Dio a
suo riguardo. Non rimane che attendere, confidando nel divin Maestro.
Conosco tanto il sacerdote quanto il suo direttore, un uomo assai
illuminato e virtuoso; entrambi sono la buona volontà in persona.
Raccomando tutto questo a Gesù. Personalmente, trovandomi solo ai
piedi del santo Tabernacolo, avendo Gesù così vicino notte e
giorno, e potendo ormai celebrare la messa osi mattina, non mi manca
nulla. Non provo alcun bisogno di compagnia, ne ho anzi paura,
gustando infinitamente la solitudine con Gesù e temendo la
responsabilità. Ma dovrei amare Gesù ben poco per badare ai miei
gusti: e considerando unicamente la sua
gloria,
che è il solo fine da tener presente, sarebbe molto meglio se avessi
con me un santo e buon sacerdote; ciò significherebbe adorare e
recitare l’ufficio divino in due; ma significherebbe soprattutto
avere alla mia morte un sostituto, cosicché il paese conserverebbe
il suo Tabernacolo, le sue preghiere, i suoi sacrifici e il suo
sacerdote di Gesù…
36
Entro
in ritiro la domenica di Passione e vi rimarrò fino alla pentecoste…
Ho un bisogno estremo di solitudine…
Sono
felice, sempre più felice, nell’amore del nostro amatissimo Gesù…
Sono sempre in ritiro, fino alla Pentecoste; ciò mi fa bene; ritorno
alla mia vita di «operaio figlio di Maria», sotterrandomi,
facendomi piccolo, pregando più che leggendo,
rimettendomi
con tutte le mie forze al caro «ultimo posto», nella condizione di
Cenerentola, nella condizione del nostro amatissimo Gesù lavoratore,
servo, povero e oscuro.
Il
mio piccolo ritiro è finito… esso si conclude in una pace
profonda, più grande, più dolce di quanto mai abbia provato… è
come un’inondazione di pace… quanto è buono il buon Dio!… Sono
più che mai deciso a restare qui nella vita di «operaio figlio di
Maria», cercando di imitare la vita nascosta del nostro amato Gesù,
in un umile lavoro, nell’oscurità, nella preghiera, nell’umiltà
interiore ed esteriore, «nascosto in Dio con Gesù»…
37
Il
sacerdote imita più perfettamente Nostro Signore, Sommo Sacerdote,
che ogni giorno offriva se stesso.
Io
debbo collocare l’umiltà dove l’ha collocata nostro Signore,
praticarla come l’ha praticata lui e perciò praticarla nel
sacerdozio, secondo il suo esempio.
I
fratelli sacerdoti, al pari di Maria e Giuseppe, hanno ogni giorno
Gesù tra le loro mani… siano sale della terra, facciano
risplendere dinanzi agli uomini le loro buone opere affinché questi
glorifichino Dio, muoiano a tutto ciò che non è Gesù, poiché «se
il chicco di grano non muore resta solo; se viceversa muore produce
molto frutto».
Ricordino
i fratelli sacerdoti che si fa bene agli altri nella misura di ciò
che si ha dentro di sé, quanto a spirito interiore ed a virtù.
Il
prete è un ostensorio, suo compito è di mostrare Gesù. Egli deve
sparire e lasciare che si veda solo Gesù…
Mai
un uomo può imitare più compiutamente Nostro Signore come quando
offre il Sacrificio o amministra i Sacramenti. Una ricerca d’umiltà
che si staccasse dal sacerdozio non sarebbe buona perché si
staccherebbe da nostro Signore il quale è «la sola via».
Chiedo
di ricevere l’Ordine sacro per glorificare, per quanto sta in me,
con l’offerta del divino Sacrificio, il nostro amato Signore Gesù
Cristo.
Predicare
il Vangelo, salvare i figli di Dio, distribuir loro con le proprie
mani il Corpo di Cristo, quale vocazione.
38
Sono
sempre solo; ora, anzi, non ho più nemmeno un chierico per la messa:
il giovane negro che me la serviva non è più con me. Qualche giorno
dopo la sua partenza il Buon Dio mi ha mandato un mio vecchio e buon
amico, un orientalista che è venuto qui per studiare la lingua
tuareg e che per questo rimarrà con me cinque o sei mesi. Grazie
alla sua presenza posso celebrare la santa messa. Gesù è buono e mi
colma di grazie nonostante la mia miseria. Mi abbandono a Lui per
questo e per tutto. L’unica cosa che mi manca, lo sento, è la mia
conversione. Preghi per me, padre amatissimo, affinché io sia
finalmente ciò che devo essere, affinché mi decida a corrispondere
a tante grazie ed incomincia ad amare Gesù.
Alla
fine di ottobre saranno vent’anni che lei mi ha ricondotto a Gesù,
vent’anni che è mio padre. Quante grazie ottenute da Dio in questo
tempo e quanti benedici ricevuti da lei! Ed io rimango miserabile,
insignificante, indolente e freddo!
Preghi
per il suo figliolo, che prega pure fervorosamente per lei e che si
mette ai suoi piedi chiedendole di benedirlo…
39
Ho
chiesto al Signore, come mia sorte, di condividere tutte le sue
tristezze… di essere seppellito in Nostro Signore.
Stiamo
attenti, stiamo attenti a non attaccare il nostro cuore ad una cosa
creata, qualunque essa sia, bene materiale, bene spirituale, corpo,
anima. Vuotiamo, vuotiamo il nostro cuore di tutto ciò che non è la
cosa unica. Nient’altro sia il nostro tesoro che Dio. Né il
prossimo, né noi stessi, né i santi, né gli angeli, ne i
principati, né le potenze; non attacchiamoci a nulla. A nulla diamo
il nostro amore, di nulla facciamo il nostro tesoro. Il nostro unico
tesoro sia Dio, il nostro cuore sia tutto di Dio, tutto in Dio, tutto
per Iddio. Lui solo; siamo vuoti di tutto, tutto il
creato,
distaccati anche dai beni spirituali, anche dalle grazie di Dio,
vuoti di tutto per poter essere completamente pieni di Dio… Noi non
vogliamo, non accettiamo altro tesoro che lui, perché non
sopportiamo che ci sia nel nostro cuore altra cosa che lui. Egli ha
diritto a tutto, tutto il nostro cuore; noi lo conserviamo tutto,
tutto intero per lui solo.
Svuotiamoci
dunque di tutto e stiamo bene attenti perché nulla
vi
rientri e perché questo cuore dato a Dio e svuotato per lui resti
sempre perfettamente vuoto e puro, e appartenga veramente a lui solo.
40
Sono
felice di essere e di fare quel che vuole Gesù. Felice della
felicità infinita di Dio. Se non ci fosse questa sorgente
inesauribile di felicità e di pace, il male che si vede attorno
condurrebbe alla tristezza.
41
Silenziosamente,
nascostamente come Gesù a Nazareth, oscuramente, come lui, «passare
sconosciuto sulla terra, come un viaggiatore nella notte»,
poveramente, laboriosamente, umilmente, dolcemente, facendo il bene
come lui disarmato e muto dinanzi all’ingiustizia come lui;
lasciandomi, come l’agnello divino, tosare ed immolare senza far
resistenza né parlare; imitando in tutto Gesù a Nazareth e Gesù
sulla Croce, conformiamo sempre alla condotta di Gesù a Nazareth e
di Gesù sulla Croce, imitare Gesù nella sua vita a Nazareth e,
giunta l’ora, imitarlo nella sua Via Crucis e nella sua morte.
42
Rendersi
estranei ai modi di pensare, di parlare, di agire delle persone del
mondo; non occuparsi di quel che pensano, dicono, fanno; fare ciò
che è più perfetto, imitare Gesù, non cercare di essere
eccentrico, originale – Gesù non lo era – ma nemmeno aver paura
di sembrarlo, se le persone del mondo giudicano tale quel che
facciamo perché è il più perfetto, perché Gesù l’avrebbe
fatto… Se il mondo ci giudica male e ci trova pazzi, tanto meglio,
saremo più simili a Gesù!
43
Si
può sempre far molto con l’esempio, la bontà, la preghiera,
stringendo più strette relazioni con anime tiepide o lontane dalla
fede, per ricondurle, a poco a poco, a forza di pazienza, di
dolcezza, di bontà, per effetto della virtù più che dei consigli
ad una vita cristiana oppure, ancora, entrando in relazioni
d’amicizia con persone del tutto contrarie alla religione, per far
cadere, con bontà e virtù, le prevenzioni che nutrono e per
ricondurle a Dio…
Bisogna
estendere le nostre relazioni con i buoni cristiani per sostenerci
nell’ardente amore di Dio e con i non praticanti, cercando di avere
con loro, non solo rapporti mondani, ma legami
di
affetto cordiale, conducendoli ad aver per noi stima e confidenza e,
per questo tramite, a riconciliarsi con la nostra fede. Bisogna
essere missionari in Francia come nei paesi infedeli, e questo è
compito di tutti i cristiani: sacerdoti e laici, uomini e donne.
44
Ciò
che va a fare la Santa Vergine nella Visitazione non è una visita a
una cugina per consolarsi ed edificarsi a vicenda col racconto delle
meraviglie di Dio in loro; è ancora meno una visita di carità
materiale per aiutare sua cugina negli ultimi mesi della sua
gravidanza e nel parto; è assai più di tutto questo. Essa parte per
santificare san Giovanni, per annunciare la buona novella, per
evangelizzarlo e santificarlo, non con le sue parole, ma portando in
silenzio Gesù presso di lui, nella sua casa.
Così
fanno i religiosi e le religiose votate alla contemplazione nei paesi
di missione. Essi vi vengono per evangelizzare e santificare i popoli
infedeli, senza parole, portando Gesù in mezzo a loro nella santa
Eucaristia, e portandolo nella loro vita, la vita evangelica di cui
danno l’esempio e di cui sono le immagini viventi.
45
Lavorare:
come? supplicando, sacrificandomi, morendo, santificandomi, amandolo!
Avendo
un gran bisogno di preghiere, ne cerco e ne chiedo nella mia
famiglia, l’intima famiglia di Gesù. Vi scrivo dunque,
sentendo
la necessità e il dovere di riunire tutto ciò che può darmi forza
per l’opera di Gesù. Indirizzandomi a voi, chiedo non soltanto il
vostro aiuto personale, ma vi domando di riunire a vostra volta tutto
ciò che può darvi forza per l’opera di Gesù, che io vedo così
necessaria, e intorno alla quale credo fermamente di dover lavorare.
Vi prego quindi di chiedere per l’opera di Gesù, alla quale
attendo, aiuto, suppliche, sacrificio per i fratelli e le sorelle che
Gesù invierà.
L’opera
a cui da lungo tempo mi sento portato a dedicarmi è la formazione di
due piccole comunità chiamate «Piccoli Fratelli del Sacro Cuore di
Gesù» e «Piccole Sorelle del Sacro Cuore di Gesù»… Fra qualche
giorno ritorno nella mia cella accanto al Tabernacolo solitario, e
sentirò profondamente più che mai che Gesù vuole ch’io lavori
all’istituzione di questa doppia famiglia. Lavorare come?
Supplicando, sacrificandomi, morendo, santificandomi, amandolo!
Per
questo appunto io, peccatore indegno di far parte della famiglia
intima, vi prego e vi supplico di aiutarmi.
Nostro
Signore ha fretta. La sua vita nascosta di Nazareth, così povera,
meschina e raccolta, non é imitata. Lo scopo di ogni vita umana,
dovrebbe essere l’adorazione della Santa Ostia. Il Sahara, otto o
dieci volte più esteso della Francia, è più popolato di quel che
si creda, e possiede tredici sacerdoti. Nell’interno del Marocco,
grande come la Francia è popolato da circa otto o dieci milioni di
uomini, non c’è nemmeno un sacerdote, non c’è un solo
Tabernacolo né un altare.
Nostro
Signore ha fretta. I giorni assegnatici per amarlo, imitarlo, salvare
con lui le anime, scorrono e nessuno lo ama, nessuno lo imita,
nessuno salva le anime.
Voglia
lo sposo, il Fratello Gesù ispirarvi, dirigervi… Vi insegni ad
aiutarmi secondo la sua volontà!…
46
Ho
chiesto dove dovrò andare partendo di qui fra qualche giorno. In
Oriente, ma in quale casa? Lo ignoro completamente. Dio me lo dirà
attraverso la voce del mio direttore… Vedete bene che ho bisogno
delle preghiere del mio fratello… Degrado anche voi, mio caro
fratello: essere fratello di un domestico, di un servo, di un
garzone, non è una cosa brillante agli occhi del mondo… Ma voi
siete morto al mondo e nulla può farvi arrossire!… L’avvenire è
così misterioso!… Dio ci accompagna per vie così inattese! Se mai
l’obbedienza vi portasse verso queste terre lontane, dove tante
anime si perdono per mancanza di sacerdoti, dove la messe abbonda e
perisce per mancanza di operai, beneditela senza riserve! Là dove
possiamo far maggiore bene agli altri, noi stiamo bene. L’oblìo di
sé e la devozione completa ai figli del nostro Padre celeste sono la
vita di Nostro Signore, la vita di ogni cristiano e soprattutto
quella dei prete…
E
se mai voi foste chiamato verso questi paesi dove i popoli siedono
all’ombra della morte, benedite Dio senza riserve e donate il corpo
e l’anima nel fare splendere la luce di Cristo fra le anime bagnate
del suo sangue!
47
Sì,
Gesù basta: dove c’è lui non manca nulla. Per quanto cari siano
coloro nei quali brilla un suo riflesso, lui solo è il Tutto nel
tempo e nell’eternità. Siamo ben fortunati ad avere un Tutto che
nulla ci può togliere e che sarà sempre nostro, purché non lo
abbandoniamo noi stessi.
48
Chiedere,
desiderare e, se Dio lo vuole, soffrire il martirio per amare Gesù
di grande amore… Zelo delle anime, amore ardente per la salvezza
delle anime che tutte sono state riscattate per un prezzo inusitato.
Non disprezzare nessuno ma desiderare il maggior bene per tutti gli
uomini, perché tutti sono ricoperti dal sangue di Gesù come da un
ampio mantello… Fare tutto ciò che posso per la salvezza di tutte
le anime, perché tutte sono costate così care a Gesù e sono state
e sono ancora tanto amate da lui! Essere perfetti, essere santi,
anch’io, perché Gesù ha voluto tanta stima per me da dare, per
me, tutto il suo sangue.
Avere
dei gran desideri di perfezione, credere possibile ogni cosa per la
gloria di Dio, quando il mio confessore mi dà una prescrizione; come
si può, pensare che Dio mi rifiuti una grazia, dopo aver dato per me
tutto il suo sangue? Orrore infinito del peccato e dell’imperfezione
che vi conduce, perché è stata tanto cara a Gesù… Dolore per i
peccati degli altri e per vedere Dio offeso, perché il peccato gli
causa un tale orrore, che l’ha voluto espiare tra tanti tormenti…
Fiducia assoluta nell’amor di Dio, fede incrollabile in questo
amore di cui m’ha dato prova volendo soffrire per me tali dolori…
Umiltà vedendo tutto ciò che ha fatto per me, e il poco che ho
fatto per Lui…
49
La
mia vita scorre in una calma incomparabile. È così dolce sentirsi
nelle mani di Dio, sorretti da questo Creatore che è bontà suprema,
amore – Deus caritas est
– che è l’amore, l’amante, lo Sposo delle nostre anime nel
tempo e nell’eternità – è così dolce sentirsi sorretti da
quella mano attraverso questa breve vita, verso l’eternità di luce
e d’amore per la quale ci ha creati…
50
Il
buon Dio vi sosterrà e vi consolerà con i sacramenti, dopo avervi
sostenuto senza di essi. Lui solo è necessario. Egli sa quel che ci
occorre, e ce lo dà al momento giusto: il Buon Pastore dà alle sue
pecorelle tanto povere il pascolo di cui hanno bisogno nei diversi
momenti: ora consola per impedire lo scoraggiamento, ora permette che
si avverta lo smarrimento dell’anima per dar luogo all’umiltà,
che è la verità. Siamo in buone mani; il Cuore che mi avete fatto
conoscere non cessa di vegliare su di noi; il nostro Sposo ci ama
infinitamente, ci osserva senza posa ed è onnipotente; prepara la
nostra felice eternità attraverso i mezzi che egli conosce,
facendoci lavorare faticosamente allorquando noi, come i ragazzini,
vorremmo riposarci…
51
Avere
veramente la fede. la fede che ispira tutte le azioni. questa fede
nel soprannaturale che dappertutto ci fa vedere soltanto lui, che
toglie al mondo la maschera e mostra Dio in tutte le cose, che fa
scomparire ogni impossibilità, che rende prive di senso parole come
inquietudine, pericolo, timore, che fa camminare nella vita come un
bambino attaccato alla mano della mamma, con una calma, una pace, una
gioia profonde che pongono l’anima in uno stato di distacco
assoluto da ogni cosa sensibile di cui essa vede chiaramente il nulla
e la puerilità, che dà un’immensa fiducia nella preghiera, la
fiducia del bambino quando chiede una cosa giusta al babbo, che dà
lo spirito di preghiera mettendo l’anima in comunione continua con
Dio che vede sempre presente; questa fede la quale, come dice il
Signore a santa Teresa, ci mostra che «al di fuori delle azioni
gradite a Dio tutto è menzogna»; questa fede, la quale ci fa vedere
tutto sotto un’altra luce: gli uomini come immagini di Dio, che
bisogna amare e venerare come ritratti del Beneamato e ai quali
bisogna fare tutto il bene possibile, e le altre creature come cose
che devono tutte quante, senza eccezione, aiutarci a procurarci il
cielo, lodando Dio per esse, servendoci di esse o privandoci di esse;
questa fede che, lasciandoci intravedere la grandezza di Dio, ci
rende percettibile la nostra piccolezza; questa fede che ci fa
intraprendere senza esitare, senza vergognarci, senza temere, senza
mai indietreggiare, tutto ciò che è gradito a Dio. Purtroppo questa
fede è così rara! Mio Dio, concedimela! «Mio Dio, io credo, ma
aumenta la mia fede!»
52
Torniamo
al Vangelo: se non viviamo il Vangelo, Gesù non vive in noi.
Torniamo alla povertà, alla semplicità cristiana. Nei diciannove
anni passati fuori di Francia, un progresso spaventoso ha provocato
in tulle le classi della società, e soprattutto nella classe meno
ricca, anche nelle famiglie molto cristiane, il gusto e l’abitudine
alle cose inutili e costose, insieme ad una grande leggerezza ed al
vezzo per le distrazioni mondane e frivole, tanto fuori posto in
tempi così gravi, in tempi di persecuzione, e nient’affatto in
accordo con una vita cristiana.
Il
pericolo sta in noi, e non nei nostri nemici. I nostri nemici possono
soltanto farci riportare vittorie. Il male, noi non possiamo
riceverlo che da noi stessi. Tornare al Vangelo è il rimedio: è ciò
di cui abbiamo tutti bisogno.
53
Amare,
non significa convertire, ma per prima cosa ascoltare, scoprire
questo uomo, questa donna, che appartengano a una civiltà e ad una
religione diversa.
54
Io
voglio abituare tutti gli abitanti cristiani, musulmani, ebrei e
idolatri a considerarmi come loro fratello, il fratello universale.
Essi cominciano a chiamare la casa «la Fraternità», e ciò mi è
dolce.
55
La
mia vita si divide tra la preghiera (Messa, breviario recitato ad
alta voce perché anche il mio povero corpo lodi il Signore per quel
che può; orazione; meditazione del Santo Vangelo, ordinariamente per
iscritto; Via Crucis; alcune preghiere vocali, rosario, letture;
teologia), lavoro manuale (innanzitutto la sacrestia e poi il
giardino); quindi (il che porta via parecchio tempo) ricevo i
visitatori, ai quali do orzo e datteri nella misura che mi riesce
possibile)… Ecco come si divide la mia giornata: levata alle tre,
preghiera fino alle otto (Messa al levar del sole); dalle otto alle
dieci lavoro manuale; dalle dieci a mezzogiorno e mezzo preghiera,
lettura, pranzo. Da mezzogiorno e mezzo alle sedici e trenta lavoro
manuale; dalle sedici e trenta alle venti preghiera; dalle venti alle
ventitre riposo; dalle ventitre all’una preghiera; dall’una alle
tre riposo.
56
O
mio Dio, quanto siete divinamente buono! Voi ci rendete felici fin da
questo mondo dal momento in cui dimentichiamo noi stessi per voi.
57
O
mio Dio, vi amo: la cosa che desidero di più al mondo è la vostra
felicità: or ecco che voi siete infinitamente felice per l’eternità,
ed io godo pienamente per questa che è la cosa che desidero di più
al mondo: qualunque cosa accada agli altri o a me, io ho nella vostra
risurrezione, nella vostra beatitudine infinita ed eterna, una
sorgente di felicità inesauribile, un fondo di felicità che nulla
può togliermi: qualunque cosa possa accadermi, il mio desiderio più
ardente, il bisogno della mia anima, il più profondo di tutti, è
pienamente appagato; qualunque cosa mi accada o accada agli altri, io
ho, possiedo per l’eternità l’essenziale di ciò che possa
desiderare, il bene che è di gran lunga il più caro, il più dolce
al mio cuore, un bene che sorpassa tutti gli altri beni, il più
ambito dei miei desideri, ciò che costituisce l’essenza della
beatitudine degli Angeli e dei Santi, ciò che qualunque cosa accada
a me o a tutti gli altri uomini farà della mia vita un cielo, della
mia vita un paradiso, alla sola ed unica condizione, ch’io vi ami;
ciò che mi trasformerà in cielo tanto più quanto più vi amerò:
il bene dei beni, il bene desiderato soprattutto, è la certezza
della vostra felicità. Io vi amo: voi siete felice; io sono felice,
o mio amato Bene! Alleluia, alleluia, alleluia!
58
Il
mio soggiorno si è prolungato oltre le previsioni e si prolungherà
ancora. Il mio piccolo lavoro sta per giungere alla fine; ma per la
revisione finale mi occorre un esperto conoscitore di targui: ne ho
trovato qui uno ottimo… È utile la mia presenza in questo luogo?
Se non lo è, certamente la presenza del Santissimo fa molto bene.
Gesù non può essere in un luogo senza risplendere. E inoltre, le
relazioni con gli indigeni li familiarizzano, li tranquillizzano,
fanno dissipare gradatamente i loro pregiudizi e le loro prevenzioni.
È una cosa assai lenta, esigua… Si fa fatica a non demoralizzarsi
vedendo il male che regna dovunque in questi luoghi, la scarsità del
bene, i nemici di Dio così audaci, i suoi amici così fiacchi, e
anche noi stessi così miserabili, dopo tante grazie. Tuttavia io non
devo rattristarmi, ma guardare ben più in alto, verso 1’Amato;
poiché è lui, e non noi stessi, che dobbiamo amare, ed è il suo
bene che ci sta a cuore. Se egli è felice, lo siamo anche noi; se è
tranquillo, lo siamo anche noi.
59
Quanto
è misero il nostro corpo che soffre nonostante la Santa Eucaristia e
trova sollievo per un po’ di vigore fisico! Quanto siamo meschini!
E quando saremo liberati da questo corpo mortale?… Io sono felice,
sempre più felice. Sento scendere nel mio cuore una pace profonda.
Sento che cammino verso Dio. Penso alla sua immensa felicità e
gioisco senza fine al pensiero della felicità perfetta, infinita,
inalterabile di un Dio così amabile. Sono felice della felicità di
colui che amo ed il pensiero della sua immutabile pace calma la mia
anima. La vista stessa del mio nulla, anziché affliggermi, mi aiuta
a dimenticarmi e a pensare soltanto a Colui che è tutto.
60
Poiché
il nostro beneamato è felice, siamo felici della sua felicità.
…Rallegratevi! Rallegratevi per amore. Il Beneamato è felice,
siamo felici della sua felicità. Il nostro cuore lotti nella gioia e
nella pace, perché Colui che amiamo più di noi stessi è in una
felicità e in una pace infinite, perfette, immutabili… Non
ripiegatevi troppo su questo fango che siamo noi stessi: bisogna
fare, ogni giorno, il nostro esame di coscienza, chiedere perdono,
soffrire per la nostra infedeltà, per la meschinità del nostro
amore, e umiliarci… L’amore guarda ciò che ama, guarda
incessantemente il Beneamato, non può staccare gli occhi da Lui e
sta a contemplarlo senza fine. Poiché il nostro Beneamato è felice,
siamo felici della sua felicità.
62
….La
mia anima è sempre la stessa… sempre nella gioia, in questo
giubilo ai piedi di Gesù… Gusto profondamente questa semplicità
di vita… le lunghe ore di preghiera e di letture così semplici,
così solitarie… Mi confondo e mi meraviglio della condotta di Dio
nella mia anima… mi affondo e mi annego in questa pace… e sono
profondamente stupito di accorgermi che le letture, la teologia,
lungi dal distrarmi dall’unione con Gesù, mi ci fanno penetrare
più profondamente…
Cerco
di approfittare di queste grazie, di queste dolcezze, di questa pace,
dell’aria buona che respiro, di questa solitudine che fa così
bene, di questa atmosfera sana dove mi sembra essere, per meditare,
leggere, lasciare che il buon Dio mi formi…
62
Quando
si ama, si imita, quando si ama, si guarda il Beneamato e si fa come
fa lui; quando si ama, si trova tanta bellezza in tutti gli atti del
Beneamato, in tutti i suoi gesti, in tutti i suoi passi, in tutti i
suoi modi di essere, che si imita, si segue tutto, ci si conforma a
tutto. È una cosa istintiva, quasi necessaria.
63
I
mezzi di cui egli si è servito nel Presepio, a Nazareth, sulla Croce
sono: Povertà, Abiezione, Umiliazione, Abbandono, Persecuzione,
Sofferenza, Croce. Eccole, le nostre armi, quelle del nostro Sposo
divino, il quale ci chiede di lasciargli continuare in noi la sua
vita…
Seguiamo
questo Modello unico; saremo allora sicuri di trovarci nel giusto
perché non siamo più noi che viviamo, ma lui che vive in noi, e i
nostri atti non sono più i nostri umani e miserabili atti, ma i
suoi, divinamente efficaci.
64
Ama,
obbedisci, imita… Ama Gesù, obbediscilo, imitalo. L’obbedienza
ti metterà in quegli stati in cui egli ti vuole: in essi, imitalo.
In tutti i casi, imitalo. Fuori della sua imitazione non c’è
perfezione. E per te, in modo particolarissimo, la sua imitazione è
la tua vocazione, il tuo dovere, il tuo obbligo di tutti gli istanti
della tua vita. La sua imitazione presiede a tutta la tua vita, è la
direzione della tua vita.
65
Se
dobbiamo imitare amorosamente, mettendoci tutto il cuore, la vita
esterna di Nostro Signore, quanto più ancora dobbiamo conformare le
nostre anime alla sua, pensare tutti i suoi pensieri, condividere
tutti i suoi desideri, avere tutti i suoi sentimenti, formare insomma
un so1 cuore ed un’anima sola con lui…
66
La
mia vocazione ordinaria è la solitudine, la stabilità, il silenzio.
Ma se credo di essere chiamato ad altro, obbedisco. L’amore, quando
ha Dio per oggetto obbedisce sempre. Non si tratta di mettere in atto
un’evangelizzazione Non ne sono degno né capace, e l’ora non è
ancora arrivata, Si tratta di un lavoro preparatorio: entrare in
confidenza e diventare amici di questa gente.
67
Sono
molto freddo. Tiepidezza estrema nelle mie preghiere, niente
mortificazioni. La mia vita è terra terra, tiepida e vuota. Faccio
fatica a pregare. Appena comincio, ecco che subito il sonno e
insopportabili pensieri mi fanno la guerra. Questa difficoltà è
presente in ogni ora. Vedo bene che una cosa sola mi manca: la mia
conversione. Pregate per me, abbé Huvelin carissimo, affinché io
sia finalmente quel che devo essere.
68
Assomigliare
a te, condividere le tue opere, è questa la gioia più grande per il
cuore che ti ama. Assomigliare, imitare è un bisogno violento
dell’amore; è uno dei gradi di quell’unione cui mira di natura
sua l’amore. La somiglianza è la misura dell’amore.
69
Tu,
Gesù, sei andato a vivere la loro vita, la vita dei poveri operai
che vivono del loro lavoro. La tua vita fu, come la loro, povertà e
lavoro. Ispirami, o mio Dio, ciò che vuoi da me a riguardo del
lavoro manuale.
70
Si
può fare a meno di tutto tranne che di una buona morte. Una delle
anime più belle ch’io abbia conosciuto, un vecchio padre
domenicano morto a Gerusalemme durante il sonno la notte di Natale,
dopo aver cantato la messa di mezzanotte e prima di celebrare quella
dell’aurora, mi diceva: «Si può fare a meno di tutto, anche della
virtù, tranne che di una buona morte». Dandovi il dolore di veder
partire tanti dei vostri cari, il buon Dio vi ha fatto la grazia di
vederli partire tutti con l’unico necessario. La morte, punizione
del nostro primo peccato, resta un castigo; ma quando essa è
cristiana, tutto ciò che di doloroso per coloro che restano è la
separazione, il vuoto, il crudele ricordo degli ultimi istanti; ma
per colui che se n’è andato è la pace, la certezza di un’eternità
felice, la sicurezza immutabile, anche se egli non entra subito in
cielo, ha la certezza di entrarvi presto, e ormai la sua vita è
tutta amore e perfezione. Vede quelli che ha lasciato, li ama meglio
di quanto non facesse quaggiù, li soccorre con le sue preghiere e
con tutti i mezzi che Dio gli dà.
71
Non
posso dire di desiderare la morte, una volta la desideravo, ma adesso
vedo che c’è tanto bene da fare, tante anime senza pastore, che
vorrei soprattutto fare un po’ di bene e lavorare un poco per la
salvezza di queste povere anime. Ma il buon Dio le ama più di me e
non ha bisogno di me. Sia fatta la sua volontà…
72
Compi
ogni atto come vorresti averlo compiuto al momento della morte.
Ama
Dio sopra ogni cosa, con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze e
il tuo spirito.
Ama
tutti gli uomini come te stesso per amore di Dio. Fai a tutti gli
uomini quello che vorresti venisse fatto a te.
Umiliati
in te stesso. Dio solo è grande, tutti gli uomini sono piccoli;
l’uomo che si inorgoglisce è insensato, perché ignora se andrà
in cielo o all’inferno.
Dio
vede tutti i tuoi pensieri, le tue parole ed azioni; ricordatelo e
fai tutto pensando che egli ti vede.
Compi
ogni atto come vorresti averlo compiuto al momento della morte. L’ora
della morte è ignota, fa’ che la tua anima sia continuamente come
tu la vorrai in quell’ora.
Ogni
sera rifletti ai tuoi pensieri, parole, azioni della giornata,
domanda perdono a Dio di quelle cattive e di tutti i peccati della
tua vita, come se tu dovessi morire in quella notte, e dirgli dal
fondo del tuo cuore: Mio Dio, io ti amo con tutto il mio cuore sopra
tutte le cose. Mio Dio, tutto quello che tu vuoi anch’io lo voglio.
Mio Dio, tutto quello che tu vorrai ch’io faccia, io voglio farlo.
73
Il
Signore si prostra per pregare. Imitiamolo: vi sia caro pregare
prostrati, in ginocchio, nelle posizioni più penitenziali, più
umili, più supplici. Sono, comunque, quelle che meglio si addicono a
noi, e sono anche le più dolci per noi, perché le più ricche
d’amore. Qual è la posizione più ricca di amore se non quella di
stare in ginocchio ai piedi di colui che si ama? Stiamo dunque ai
piedi del nostro Beneamato. Non facciamoci scrupoli a stare seduti
alla sua presenza, come santa Maddalena, o in piedi, ma preferiamo
stare in ginocchio, e ogni volta che ci è possibile, sia in
ginocchio o prostrati, come egli ce ne dà qui l’esempio e come
vediamo fare anche a santa Maddalena, come esigono l’umiltà, la
penitenza e soprattutto l’amore, facciamo le nostre preghiere.
74
Non
ho denaro, ma posso propormi, offrirmi, vendermi in qualche modo…
Offrirmi così per far vivere una povera vecchia e permettere a suo
figlio di entrare in convento mi seduce irresistibilmente… Penso
non senza rimpianto di dover lasciare questo dolce nido, così
silenzioso e raccolto, in cui trascorro giornate intere ai piedi del
Tabernacolo, ma la fede m’insegna che Dio si dona ovunque e che
infine se Dio si dona qui a me con tanta liberalità, è proprio
perché impari a mia volta ad offrirmi adesso a lui e per lui.
Poiché
non a questa povera donna, né per lei, né per suo figlio penso di
darmi, di vendermi, oh! no, ma bensì a Gesù e per Gesù. «Ciò che
fate ad uno di questi piccoli lo fate a me». Quando interrogo Nostro
Signore su questo, mi sembra di udire tre massime: «Fate agli altri
ciò che volete sia fatto a voi… Ciò che fate ad uno di questi
piccoli lo fate a me… Chi ascolta voi ascolta me». Di qui traggo
la conclusione che il mio proposito è buono e conforme alla sua
volontà e che egli mi chiama a fare questo per gli altri, a darmi, a
vendermi, a perdermi totalmente per uno di questi piccoli, per
potermi in tal modo donare, vendere e perdere totalmente per lui…
75
Abbracciare
l’umiltà, la povertà, la rinunzia, l’abiezione, la solitudine,
la sofferenza con Gesù nel suo presepio; non tenere in nessun conto
la grandezza umana, l’elevatezza, la stima degli uomini, ma stimare
tanto i più poveri quanto i più ricchi. Per me, cercare sempre
l’ultimo degli ultimi posti, disporre la mia vita in modo da essere
l’ultimo, il più disprezzato degli uomini.
76
Pensate
molto agli altri, pregate molto per gli altri. Consacratevi alla
salvezza del prossimo con tutti i mezzi in vostro potere, preghiera,
bontà, esempio ecc. È il modo migliore di provare allo Sposo divino
che Lo amate; «Tutto ciò che farete ad uno di questi piccoli sarà
fatto a me». L’elemosina materiale che si fa ad un povero la si fa
al Creatore dell’universo.
Il
bene che si procura all’anima di un peccatore va alla Purezza
increata. Dio ha voluto che così fosse per conferire alla carità
verso il prossimo, di cui ha fatto il secondo comandamento simile al
primo, una vera somiglianza col primo, quello dell’amore di Dio.
Credo non ci sia parola del Vangelo che abbia fatto su di me più
profonda impressione di questa, un’impressione tale da trasformare
la mia vita: «Tutto ciò che farete ad uno di questi piccoli sarà
fatto a me». Se si riflette che queste sono parole della Verità
increata, quella della stessa bocca che ha detto: «Questo è il mio
Corpo, questo è il mio Sangue», con che forza si è sospinti a
cercare ed amare Gesù nei piccoli, nei peccatori, nei poveri,
concentrando ogni nostra aspirazione nella conversione delle anime e
offrendo tutto quanto sta in noi di materiale per il sollievo delle
miserie temporali.
77
La
mia vocazione tante volte riconosciuta è la vita di Nazareth, la
vita di piccolo fratello del Sacro Cuore di Gesù. Sono convinto di
non poter fare di più per il servizio dell’unico Adorato, che
seguendo perfettamente tale vita ed il regolamento preparato per me e
per altri…
Seppellirmi
fin d’ora nella vita di Nazareth, come vi si seppellì Egli stesso
per trent’anni, come vorrei che vi si seppellissero i miei
fratelli, realizzandovi per quanto possibile il bene che Egli vi
realizzava, senza voler fare il bene che Egli non faceva… e
considerare tutto il resto, per quanto seducente, come una tentazione
di colui che si trasforma in angelo di luce. Questa, mi pare, è la
regola che devo seguire per il resto della mia vita, che non durerà
più dei trent’anni passati da Gesù a Nazareth.
Se
sbaglio me lo dica.
78
Ho
taciuto per Dio e per Dio oggi rompo il silenzio. C’è un gruppetto
di monaci che non può recitare il Padre Nostro senza pensare con
dolore a quel vasto Marocco dove tante anime vivono senza santificare
Dio, far parte del suo Regno, compiere la sua volontà né conoscere
il divino Pane della Santa Eucaristia.
Sapendo
che bisogna amare quelle povere anime come noi stessi, vorremmo fare,
con l’aiuto di Dio tutto ciò che dipende dalla nostra piccolezza
per portare verso di esse la luce del Cristo. Con questo scopo, per
fare in favore di quegli infelici quanto vorremmo fosse fatto per noi
se ci trovassimo al loro posto, ci proponiamo di fondare alla
frontiera marocchina, non una Trappa, non un grande e ricco
monastero, non un’azienda agricola, ma una specie di umile piccolo
romitaggio, dove alcuni poveri monaci vivrebbero di qualche frutto e
di un po’ d’orzo raccolti con le loro mani, in stretta clausura,
in penitenza e nell’adorazione del Santissimo Sacramento, senza
uscire dal loro recinto, senza predicare, ma pronti ad ospitare
chiunque capiti nei loro paraggi, buono o cattivo, amico o nemico,
musulmano o cristiano. Sarebbe l’evangelizzazione non attraverso la
parola, bensì attraverso la presenza del Santissimo Sacramento,
l’offerta del divino Sacrificio, la preghiera, la penitenza, la
pratica delle virtù evangeliche, la carità, una carità fraterna ed
universale che divida fin l’ultimo boccone di pane con qualsiasi
sconosciuto che si presenti, e che riceva chiunque come fratello
amatissimo…
79
Il
Signore adopera, per parlare al Padre, alcune parole della Scrittura.
Facciamo lo stesso: preghiamo spesso Iddio con le parole della
Scrittura. Serviamoci di queste parole infinitamente sante, parole
dello Spirito Santo, e adoperiamole per le nostre preghiere d’una
certa lunghezza, come facevano gli antichi ebrei, come fa la sposa di
Cristo, la santa Chiesa. Serviamocene anche nelle nostre
giaculatorie, come fa qui il Signore. In molti altri passi egli ci dà
lo stesso esempio, per meglio inculcarcelo e per insegnarci che
quella era in lui un’abitudine e che di conseguenza deve diventare
un’abitudine anche per noi. E non soltanto egli si serve delle
parole della Scrittura per esprimere i gridi della sua anima, ma se
ne serve nei momenti più solenni, durante le tentazioni nel deserto
e sulla croce: queste parole d’un salmo son le ultime parole che
dice prima di morire. Dobbiamo seguirlo, quest’esempio ch’egli ci
dà in modo tanto inequivocabile.
D’altra
parte non è forse evidente che le parole della Scrittura ispirata da
Dio valgono più delle parole nostre, e che a Dio non possiamo
offrire nulla di più gradito, dopo il corpo di suo Figlio, che le
parole che il suo cuore ha effuso dal cielo sulla terra, le parole
giunte a noi dalle sue stesse labbra?
80
Si
compia la volontà di nostro Signore; io preferirei andare molto
presto da lui, ma non c’è nulla che me lo faccia sperare… Si
compia completamente la sua volontà benedetta, che io resti qui
ancora per poco o per molto, ma ch’egli tragga dalle nostre vite,
lunghe o brevi, il maggior conforto possibile per il suo Cuore… Non
ci abbandoniamo e non vogliamo vivere altro che per lui… Questo non
impedisce, al contrario, che il giorno in cui egli ci chiamerà sia
benedetto; noi l’ameremmo assai poco se non desiderassimo con gran
desiderio di vederlo. Egli stesso, la sera di Pasqua, desiderava con
gran desiderio di vedere il Padre.
81
Il
Signore approva i fanciulli che cantano: «Osanna al Figlio di
David!». Approva, vuole che gli uomini lo lodino. Non gli basta che
lo ringrazino, che gli chiedano perdono, che lo preghino di concedere
grazie: queste tre parole «misericordia, perdono, aiutaci»…
Bisogna anche lodarlo. Lodare significa esprimere la propria
ammirazione e insieme il proprio amore, perché l’amore è
inseparabilmente unito ad un’ammirazione senza riserve. Perciò
lodare Dio è effondersi ai suoi piedi in parole di ammirazione e di
amore, è ripetergli in tutti i modi, infinitamente amato, che la sua
bontà, la nostra ammirazione e il nostro amore sono senza misura; e
dirgli senza fine, dirgli senza riuscire a porre termine a sì dolce
dichiarazione, ch’egli é bello e che noi l’amiamo.
La
lode è parte essenziale dell’amore; di conseguenza, è parte
indispensabile dei nostri doveri verso Dio: cosa facile, questa, a
capirsi. Ma c’è un secondo motivo per il quale dobbiamo innalzare
a Dio la lode: è il fatto che permetterci di rivolgerglielo è da
parte sua un incomparabile favore: permettere a qualcuno di dirci, di
ripeterci in tutti i modi che ci ama non è forse il favore più
grande che possiamo fargli? Non significa forse dirgli che il suo
amore ci fa piacere, ci è gradito, non equivale forse a dichiarargli
che anche noi lo amiamo? Dio ci permette di stare ai suoi piedi
mormorando senza fine parole di ammirazione e di amore. Quale grazia!
Quale bontà! Quale felicità! Ma, anche, quale ingratitudine se
disprezzassimo simile favori! E non approfittarne è già
disprezzarlo. Ora, Dio non solo ci permette quest’altissima
felicità, ma ce la comanda: ci comanda di dirgli che lo ammiriamo e
che lo amiamo. Come non rispondere a un invito così prezioso e così
dolce? Quale ingratitudine! Quale indegnità! Quale grossolanità!
Quale mostruosità!
Mio
Signore e mio Dio, insegnami a trovare tutta la mia gioia nel
lodarti, cioè nel ripeterti senza fine che sei infinitamente
perfetto e che infinitamente ti amo.
82
Con
la preghiera noi possiamo tutto: se non riceviamo è perché ci
mancava la fede o perché abbiamo pregato troppo poco o perché
sarebbe per noi male se la nostra richiesta venisse esaudita o perché
Dio ci dà qualcosa di meglio di ciò che chiediamo. Mai, però,
accada che non riceviamo quel che domandiamo perché la cosa è
troppo difficile da ottenersi. Non esitiamo a domandare a Dio anche
le cose più difficili, come la conversione di grandi peccatori o di
popoli interi: tanto più, anzi, domandiamogliele quanto più sono
difficili, con la fede che Dio ci ama appassionatamente e che più un
dono é grande più colui che ci ama appassionatamente ama farcelo;
ma domandiamo con fede, con insistenza, con costanza, con amore, con
buona volontà. Ed abbiamo la certezza che domandando così, con
molta costanza, noi verremo esauditi ricevendo la grazia richiesta o
una migliore.
Domandiamo
dunque arditamente al Signore le cose più impossibili ad ottenersi,
quando esse servono alla sua gloria, convinti che il suo cuore ce le
concederà tanto più facilmente quanto più sembrano umanamente
impossibili: dare l’impossibile a colui che egli ama è cosa dolce
al suo cuore, e quanto mai egli ci ama?
83
Una
settimana fa sono stato mandato a pregare un poco accanto a un povero
operaio nativo del posto, cattolico, morto nella frazione vicina:
quale differenza fra questa casa e le nostre abitazioni! Io agogno
Nazareth
84
Davanti
al SS. Sacramento non riesco a fare un’azione prolungata: la mia
situazione è strana: tutto mi sembra vuoto, fondo, smisurato, vano,
eccetto il tempo che trascorro ai piedi di Gesù a contemplarlo… ma
poi, quando sono davanti a Lui, mi sento arido, secco, senza una
parola o un pensiero e spesso, ahimè, finisco con l’addormentarmi.
Leggo con la ragione ma tutto mi appare vuoto…
85
Non
meravigliatevi delle tentazioni, delle aridità, delle miserie; è la
parte migliore. Quanto più la tentazione è forte, profonda
l’aridità, umiliante la miseria, tanto più lo sposo divino chiede
alla nostra anima di combattere, di resistere, di sperare nel suo
amore. Sottoporre a questa prova i nostri poveri cuori… non è
forse una grazia? Che cosa può fare per noi di più che unirci
sempre più a sé, rendendoci spiritualmente simili a lui!
E
tra i mezzi per elevare la nostra anima, non potremmo immaginarne uno
più dolce e più delicato di ogni nostra ora una dichiarazione
d’amore… Una prova di puro amore, un atto d’amore
nell’oscurità, le apparenze dell’abbandono, il dubbio in se
stessi con le amarezze dell’Amore e nessuna delle sue dolcezze…
Perduto,
Annegato, Inabissato in voi.
Mio
Dio, come siete buono! Che giornata felice! Nient’altro da fare in
tutto questo giorno di domenica che trattenermi ai vostri piedi con i
vostri santi Genitori. Guardandovi e adorandovi, perduto in voi! E
questa notte che comincia passerà nello stesso modo se sono fedele.
Che
delizia o divino Gesù Bambino, e che dolcezza stare ai vostri piedi!
Che cosa dolce tenervi tra queste braccia! Indegno qual sono, come
sono felice! Ma quando penso, o mio Dio, che non dipende che da me
che tutti i miei giorni e tutte le mie notti passino così fino a che
io entri nell’eternità, che gioia profonda e che ricchezza di
godimento e di pace, di gratitudine, di meraviglia!… Sì, questo
non dipende che da me. Questa è stata la vita dei vostri santi
Genitori: questa è la vita cui mi chiamate: guardare, le cose
esteriori come apparenze, fantasmi, miraggi, immagini che passano
come quelle delle lanterne magiche, e lasciarle passare nel loro
svolgersi, chiudendo gli occhi su di esse e non aprendoli che su di
voi, o Gesù, restando sempre, sempre. qualunque cosa si faccia e
dove si sia, perduto, annegato, inabissato, in voi, solo «essere»
ed unico «necessario», in voi, nostro Dio, in voi, nostro Tutto,
diletto e soave, o amato, o tanto dolce Bambino Gesù!… Questo
dipende da me, con la vostra grazia… Oh! datemi questa grazia.
86
Io
sono felice, felice di essere ai piedi del SS. Sacramento a tutte le
ore, felice di essere e di fare, salvo i miei peccati e le mie
miserie, ciò che vuole Gesù; felice soprattutto della felicità
infinita di Dio. Se non ci fosse questa fonte inesauribile di
felicità e di pace, la felicità e la pace infinita, eterna,
immutabile del Diletto, il male che si vede intorno a sé da ogni
parte, e pure le miserie che si vedono in se stessi condurrebbero
presto alla tristezza. Se nei paesi cristiani c’è tanto bene e
tanto male, pensate a ciò che possono essere questi paesi, dove, per
così dire, non c’è che male, da cui il bene è quasi del tutto
assente, tutto è menzogna, doppiezza, astuzia, cupidigia d’ogni
specie, violenza; e quanta ignoranza, quante barbarie! La grazia di
Dio può tutto, ma di fronte a tante miserie morali…, si vede che i
mezzi umani sono impotenti e che Dio solo può operare una così
grande trasformazione. Preghiera e penitenza! Più vado innanzi, più
vedo in ciò il mezzo principale d’azione su queste povere anime.
Che faccio in mezzo a loro? Il gran bene che faccio è che la mia
presenza procura quella del SS. Sacramento. Sì: c’è almeno
un’anima tra Timbuctu e El Goléa che onora e prega Gesù. Infine
la mia presenza fra questi indigeni li familiarizza con i cristiani e
specialmente con i sacerdoti. Quelli che mi succederanno troveranno
spiriti meno diffidenti e meglio disposti. È ben poco: è tutto
quello che si può per ora; voler fare di più comprometterebbe tutto
per l’avvenire.
87
Leggiamo
sempre il Vangelo amorosamente, come se fossimo seduti ai piedi
dell’Amato, ascoltando mentre ci parla di se stesso. Dobbiamo
cercare di capirla, questa Parola amata: colui che ama non
s’accontenta d’ascoltare le parole dell’essere amato come una
gradevole melodia, ma cerca di afferrare, di capire le minime
sfumature; lo desidera tanto più quanto più ama, perché tutto ciò
che viene dall’essere amato ha tanto valore, soprattutto le sue
parole che sono come qualche cosa della sua anima.
Quale
dolcezza ineffabile in questo colloquio del nostro Dio! Quale
incomparabile grazia, dal canto suo, di aprirsi, di mostrarsi così a
noi, di darci di sé quanto mai avremmo potuto intuire, e
rivelandocene con le sue stesse labbra tanti particolari! Quale bontà
si riserva abbondante su di noi! Come, o Dio, ci troviamo sommersi
nelle onde del tuo amore! Ogni parola della sacra Scrittura è una
grazia delicatissima e amorosissima del nostro Beneamato che ci parla
e ci parla di sé.
Ascoltiamo,
leggiamo, accogliamo amorosamente ogni parola del nostro Beneamato.
Nel fondo dei nostri cuori facciamo ad ogni parola dei Libri santi
l’accoglienza amorosa della sposa che sente la voce dello sposo:
«La mia anima s’è disciolta dentro di me, quand’egli ha
parlato…».
…Amorosamente,
seduti ai piedi di Dio.
88
Non
tormentatevi nel vedermi solo, senza amici, senza aiuti spirituali;
non soffro affatto di questa solitudine, la trovo dolcissima; ho il
Santo Sacramento, il migliore degli amici, a cui parlare giorno e
notte. Sono felice e non mi manca niente.
89
Quanto
sarebbe auspicabile che dei buoni cristiani, o almeno delle buone
persone non musulmane, si dedicassero a quest’opera e prendessero
questo posto: sarebbe anche molto facile, ma dove sono le anime?
Vendere cotonina e tela blu a buon prezzo è un sistema molto
semplice per avvicinare la gente, per trovare tutte le porte aperte,
per rompere il ghiaccio dappertutto… Così facendo, se colui che
vende è un’anima buona, si farà buona impressione, si avranno
amici in tutto il paese e in tal modo si potrà cominciare. Se, in
mancanza di meglio, voi poteste trovare qualche anima buona disposta
a dedicarsi a questo commercio, sacrificandosi silenziosamente per
amore di Dio, che bella cosa sarebbe! Degli onesti piccoli
commercianti francesi verrebbero accolti con gioia dalle autorità,
le quali arrossiscono dei loro compatrioti stabilitisi nel sud:
nessun francese viene a vivere nelle oasi se non per vendere alcool:
è una vergogna.
Ci
vorrebbero dei cristiani come Priscilla e Aquila, che facessero del
bene in silenzio vivendo come poveri commercianti. Entrando in
relazione con tutti, si farebbero da tutti stimare e amare e
potrebbero far del bene a tutti.
90
Se
non credessi con tutte le mie forze che le parole «dolce, penoso,
gioia, sacrificio», ecc. debbono scomparire dal nostro vocabolario,
direi che sono un po’ triste per il fatto di dovermi assentare da
Beni Abbès: triste per dover lasciare per qualche tempo il divino
Tabernacolo, triste per sentirmi meno solo ai piedi di Gesù,
preoccupato della mia miseria e della mia insufficienza, oppresso
dalla mia fiacchezza e dalla mia incapacità.
92
Gli
indigeni mi danno anche delle consolazioni; settantacinque in media
vengono ogni giorno a chiedermi l’elemosina: un po’ d’orzo; la
difficoltà è d’avere un po’ d’orzo; altri vengono a farmi
visita. Tutti sembrano ben disposti.
Farò
del bene – o piuttosto Dio si servirà di me per farne – nella
misura in cui sarò santo; e io sono un peccatore; pregate Dio perché
mi converta e domandate a tutta la vostra comunità che porto nel
cuore di pregare per la conversione del suo indegno fratello in Gesù.
92
Per
quanto mi riguarda, nulla di nuovo: calma, pace, silenzio, ringrazio
Dio di questa vita nascosta, così perduta, così simile a quella di
Nazareth. Da parte di Dio nulla mi manca: ho tutto ciò che
desideravo, anzi di più.
Continuo
a benedire Dio, a sentirmi felice, infinitamente felice, in questa
vita di Nazareth che egli mi ha fatto tanto desiderare e che mi ha
donato così perfettamente.
Sto
bene in salute, ma vado declinando; non faccio più ciò che facevo
in passato; la mia vita si indebolisce; sento anche che il corpo a
poco a poco si va dissolvendo, e confesso che, nonostante tutto,
nonostante i miei pochi meriti ed i miei tanti peccati, nonostante il
lungo purgatorio che mi attende, provo una gioia grande ed immensa.
Non merito certo che castighi, ma Gesù ci comanda di sperare;
dunque, spero e mi abbandono alla speranza nella sua misericordia.
93
In
primo luogo, preparare il terreno in silenzio, con la bontà, con il
contatto, con il buon esempio: stabilire il contatto, farsi conoscere
da loro e conoscerli; amarli, dal profondo del cuore, farsi stimare e
amare da loro; con ciò, far cadere i pregiudizi, ottenere fiducia,
acquistare autorità – e questo richiede tempo –, poi parlare in
privato ai meglio disposti, con molta prudenza, a poco a poco, a
ognuno in maniera diversa, in modo da dare a ciascuno quello che è
capace di ricevere.
I
musulmani sono incapaci di discussione. La fede può nascere in loro,
con l’aiuto della grazia, soltanto quando ci saremo imposti alla
loro ammirazione e alla loro stima, vivendo in mezzo a loro le virtù
cristiane.
Prima
di parlar loro del dogma cristiano, bisogna parlare di religione
naturale, condurli all’amore di Dio, all’atto d’amore perfetto.
Quando saranno arrivati a compiere atti d’amore perfetto e a
chiedere con tutto il cuore la luce a Dio, saranno vicini alla
conversione. Allorché vedranno uomini più virtuosi di loro, più
sapienti di loro, che parlano di Dio meglio di loro, e che sono
cristiani, allora essi saranno disposti ad ammettere che forse quegli
uomini non sono nell’errore, e saranno pronti a chiedere a Dio la
luce.
94
Più
vado avanti e più sono convinto che per il momento non c’è
possibilità di realizzare conversioni isolate. Non sono qui per
convertire in un solo colpo i Tuareg, ma per provare a capirli e a
migliorarli. Sono certo che il buon Dio accoglierà in cielo quelli
che furono buoni e onesti senza bisogno che essi siano cattolici
romani.
95
Chiunque
ama vuole imitare: è il segreto della mia vita
96
L’obbedienza
è l’ultimo, il più alto e il perfetto dei gradi dell’amore.
Quello dove si cessa di esistere per se stessi, dove ci si annulla,
dove si muore come Gesù sulla croce.
97
In
nessun caso sarà permesso dire di no a chi ci domanda qualcosa, si
deve donare l’ultimo soldo, l’ultimo pezzo di pane della casa. E
se non abbiamo nulla, si farà entrare l’ospite e il povero e si
andrà a mendicare per lui.
98
Tutta
la nostra vita, per quanto muta essa sia, la vita di Nazareth, la
vita del deserto, la stessa vita pubblica devono essere una
predicazione del Vangelo fatta con l’esempio.
Tutta
la nostra esistenza, tutto il nostro essere deve gridare che noi
apparteniamo a Gesù, deve presentare l’immagine della vita
evangelica. Tutto il nostro essere deve diventare una predicazione
viva, un riflesso di Gesù, un profumo di Gesù, qualcosa che gridi
Gesù, che faccia vedere Gesù, che risplenda come un’immagine di
Gesù.
99
Come
bisogna fare per avvicinare i Tuareg?
Atteggiatevi
con semplicità, in modo gradevole e con bontà. È meglio amarli per
essere riamati. Siate umani, caritatevoli e sempre lieti. Con loro
bisogna sempre ridere. Io rido sempre, mostrando i miei brutti denti.
Fatevi conoscere. Si racconta che noi mangiamo i bambini e che di
notte ci trasformiamo in bestie. Fate loro capire che la vita dei
Francesi è fatta di pacifica onestà, di fatica, di laboriosità.
Fate loro vedere che i nostri contadini conducono una vita simile
alla loro, che noi gli assomigliamo.
100
Vedermi
alla sera di questa vita così miserabile, dopo aver prodotto così
pochi frutti, come il chicco di grano che non muore.
È
la solitudine che cresce. Ci si sente sempre più soli al mondo. Gli
uni sono partiti per la loro patria, gli altri vivono la loro vita
sempre più lontano dalla nostra. Ci si sente come l’oliva rimasta
sola attaccata al ramo, dimenticata dopo la raccolta.
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