Mt. 27, 11-26
Gesù
intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò
dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu
lo dici". E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli
anziani, non rispondeva nulla. Allora Pilato gli disse: "Non
senti quante cose attestano contro di te?". Ma Gesù non gli
rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare
al popolo un prigioniero, a loro scelta.
Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.
Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?". Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua". Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.
Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!". Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".
Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!". Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".
E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli". Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.
Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?". Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua". Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.
Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!". Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".
Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!". Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".
E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli". Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
Notate
che cosa esamina dapprima il governatore? Si tratta dell’accusa che
gli avversari di Cristo continuamente e confusamente presentano.
Costatando che Pilato non fa alcun caso delle questioni legali
ebraiche, essi portano l’accusa sui reati politici. Così faranno
in seguito anche con gli apostoli, accusandoli senza tregua in tal
senso: diranno infatti che essi vanno proclamando ovunque come re un
certo Gesù , e parleranno di lui come di un semplice uomo,
gettando sugli apostoli il sospetto di ambire al potere assoluto.
Questo fatto dimostra chiaramente che anche il gesto del sommo
sacerdote di stracciarsi le vesti e il suo spavento sono stati solo
una finzione. I giudei infatti muovono e orientano tutto al solo
scopo di portare Cristo alla morte. Su tale accusa appunto Pilato
interroga Gesù. Ed egli che risponde? “Tu l’hai detto”. Gesù
confessa di essere re, ma re del cielo. E afferma ciò ancor più
chiaramente – lo riporta un altro Vangelo – rispondendo a Pilato:
“Il mio regno non è di questo mondo”, in modo che né i giudei
né Pilato muovendogli tale accusa non abbiano alcuna
giustificazione. E fornisce una prova che non ammette replica,
dicendo: “Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei avrebbero
combattuto, perché io non fossi consegnato”. Appunto per eliminare
ogni sospetto a tale proposito, Gesù aveva pagato il tributo e aveva
comandato agli altri che lo pagassero; e quando la folla voleva farlo
re, egli s’era sottratto. Perché dunque – voi obietterete –
non espone tutto questo quando lo accusano di aspirare al potere?
Perché negli atti e negli avvenimenti della sua vita, essi hanno
mille prove della sua potenza, della sua mansuetudine, della sua
umiltà e, tuttavia, rimangono volontariamente ciechi. Essi tramano
azioni inique e il tribunale che processa Cristo è corrotto. Perciò
egli non risponde a nessuna accusa, ma tace, e solo brevemente
replica quando il sommo sacerdote lo scongiura di parlare e quando il
governatore lo interroga, in modo da non dare col silenzio assoluto
l’impressione di arroganza. Alle loro accusa non risponde, in
quanto sa perfettamente che non li persuaderà. Il profeta già da
tempo aveva predetto il suo comportamento, dicendo: “Nella sua
umiltà si è compiuto il suo giudizio”. Di fronte a tale
atteggiamento il governatore si meraviglia.
È infatti stupefacente
vedere un uomo dimostrare tanta umiltà e tacere, quando potrebbe
riferire infinite prove della propria innocenza. I giudei infatti non
lo accusano per il fatto che conoscono qualche delitto da lui
commesso, ma esclusivamente per invidia e odio. Dopo aver introdotto
alcuni falsi testimoni che non riescono a formulare nessuna accusa,
perché mai continuano a insistere? Perché vedendo Giuda morire e
Pilato lavarsi le mani, non rimangono impressionati? In realtà il
Signore anche ora compie molti tentativi per farli rientrare in sé
stessi, ma niente di tutto ciò li rende migliori.
Che
fa allora Pilato? Non
senti quante accuse portano contro di te? Egli
rivolge tali parole a Gesù per indurlo a difendersi, dato che vuol
liberarlo; ma poiché Gesù non risponde nulla , compie un altro
tentativo. Quale? Era costume dei giudei liberare un condannato ;
e per questa via Pilato cerca di mettere Gesù in libertà; se non
volete – sembra dir loro – assolverlo come innocente, fategli
grazia come condannato a motivo della festa. Osservate come l’ordine
è qui capovolto? La petizione a favore dei condannati era
generalmente inoltrata dal popolo; la grazia era concessa dal
governatore. Ora invece accade il contrario: è il governatore che
chiede al popolo la grazia; tuttavia neppure così gli avversari di
Gesù diventano più miti; s’infuriano anzi ancor di più e
gridano, dominati come sono da quella passione che è l’invidia.
Essi infatti non hanno modo di dimostrare la colpevolezza di Gesù,
anche quando egli rifiuta di parlare, ma vengono confusi dalle
innumerevoli dimostrazioni della sua vita giusta: tacendo, egli vince
i suoi nemici, che nel loro furore gli lanciano contro mille accuse.
E
stando lui seduto in tribunale, la moglie sua gli mandò a dire: “Non
t’incaricare di quel giusto, perché ho molto sofferto oggi in
sogno per causa sua”.
Considerate come di nuovo accade un fatto che basterebbe a
distoglierli dal loro intento. Non è poco che alla dimostrazione dei
fatti s’aggiunga anche il sogno. Come mai non è Pilato a fare
questo sogno? Forse perché sua moglie è più degna oppure perché
se fosse Pilato a farlo, non sarebbe creduto, oppure egli non ne
parlerebbe. La provvidenza divina dispone che sia la donna ad avere
questo sogno, in modo che a tutti sia manifesto. Ed essa non solo fa
tale sogno, ma soffre anche molto; ciò accade perché il marito,
impressionato dalle sofferenze della moglie, sia più restio a
condannare a morte il Signore. Anche la coincidenza del tempo è
sintomatica. La donna fa il sogno quella notte stessa. Ma si dirà
che non è facile per Pilato salvare Cristo dal momento che i suoi
avversari l’accusano di voler farsi re. Dovrebbe ricercare prove e
argomenti e far produrre testimonianze circa la sua aspirazione al
potere: se ha arruolato truppe, se ha raccolto denaro, se ha fatto
fabbricare armi, se ha fatto altri preparativi del genere. Pilato,
invece, si lascia sorprendere e trascinare senza far opposizione;
ecco perché Gesù non assolve Pilato dalle sue colpe, dicendo: “Chi
mi ha consegnato nelle tue mani è più colpevole di te”. La
condiscendenza di Pilato, e il fatto che consegni Gesù perché sia
flagellato, è un atto di debolezza. Egli è uomo senza coraggio e
debole; i sacerdoti invece sono malvagi e perversi; quando, infatti,
Pilato escogita un mezzo per salvare Gesù, vale a dire la legge
della Pasqua che ordina di rilasciare un condannato, che cosa tramano
essi? Riferisce l’evangelista:Persuasero
la folla a chiedere Barabba .
Osservate
quanta sollecitudine mette in atto il Signore per distogliere i
giudei dalla colpa e quanto impegno essi dimostrano, dal canto loro,
per non lasciare a sé stessi neppure un’ombra di giustificazione.
Che cosa infatti si deve fare: liberare un criminale manifesto o
colui di cui si dubita? Se si deve liberare uno dei rei confessi, a
maggior ragione si deve sottrarre al supplizio un uomo la cui colpa è
incerta. Senza dubbio i giudei non ritengono Gesù più colpevole
degli assassini dichiarati. Ecco perché l’evangelista non
riferisce semplicemente che essi hanno un bandito, ma dice che
èsegnalato vale
a dire famoso per la sua malvagità, per aver commesso numerosi
omicidi. Tuttavia i giudei lo preferiscono al Salvatore del mondo e
non rispettano il tempo che è sacro, né le leggi dell’umanità né
alcun’altra simile cosa; l’odio li rende completamente ciechi.
Ma, non soddisfatti della loro malvagità, essi corrompono anche il
popolo, e anche per questo inganno essi sconteranno l’estremo
supplizio.
Dopo
che essi hanno chiesto la liberazione di Barabba, Pilato dice
loro: Che
farò dunque di Gesù, detto il Cristo? Volendo
nuovamente con questa domanda piegarli, lascia nelle loro mani la
libertà di scegliere affinché, almeno per pudore, chiedano la
liberazione di Gesù e tutto si attribuisca alla loro generosità. Se
dicesse loro: Non ha peccato, li renderebbe ancora più ostinati; ma
il chieder loro di salvarlo per umanità ha una forza di persuasione
e di petizione che non ammette replica.
Tuttavia,
malgrado questo tentativo, essi rispondono:“Crocifiggilo”.
E il governatore disse: “Che male ha fatto?”. Ma quelli gridavano
sempre più: “Sia crocifisso”. E Pilato, visto che non giovava
nulla, si lavò le mani, dicendo: “Io sono innocente” .
Perché allora lo consegni? Perché non lo sottrai alla violenza,
come farà il tribuno con Paolo? Pur sapendo di far cosa
grata ai giudei consegnando loro l’Apostolo – era sorto un
tumulto e una sobillazione a motivo di Paolo – il tribuno si
manterrà fermo di fronte a tutti. Non così si comporta Pilato, che
si dimostra uomo debole e fiacco. Tutti in quest’occasione si
dimostrano corrotti: Pilato non resiste alla folla, né la folla
resiste ai capi giudei; tutti sono privi di qualsiasi
giustificazione. Difatti “Quelli gridavano sempre più”;
gridavano con maggior forza: “Sia crocifisso”. Non volevano
soltanto farlo morire, ma farlo morire come se avesse commesso un
delitto. E, benché il giudice sostenga il contrario, essi si
ostinano a gridare la stessa cosa. Notate quanti tentativi compie
Cristo per ricuperare i giudei? Come ripetutamente ha cercato di
dissuadere Giuda, così si sforza di trattenere anche costoro dal
loro iniquo intento; e lo fa anche nel momento del suo giudizio, non
solo durante la sua predicazione. Quando essi vedono il governatore e
giudice lavarsi le mani e dire: “Sono innocente del sangue di
costui”, dovrebbero restare impressionati sia dalle parole che dai
fatti, così come sarebbe dovuto accadere quando Giuda si impiccò, o
quando Pilato chiese loro di prendere un altro condannato in luogo di
Gesù. Quando infatti colui che ha accusato e tradito condanna da sé
la propria malvagità, quando il giudice assolve l’imputato da ogni
colpa, quando il sogno avviene quella stessa notte, quando infine il
governatore reclama il condannato per salvarlo, quale giustificazione
possono addurre i giudei? Se non vogliono ritenerlo innocente, non
dovrebbero perlomeno anteporlo a un bandito dichiarato e famoso.
Che
fanno i giudei quando vedono il giudice lavarsi le mani, dicendo:
“Sono innocente”? Essi gridano: Ricada
il suo sangue sui di noi e sui nostri figli .
Quando ormai hanno pronunziato la sentenza contro sé stessi, Pilato
consente loro di fare tutto ciò che vogliono. Ma osservate anche qui
l’estrema follia degli avversari di Cristo. Tale è l’impulso
irrazionale, la passione perversa che li domina da non permettere
loro di riconoscere ciò che è giusto e ragionevole. Passi il fatto
che maledite voi stessi; ma, perché attirate la maledizione anche
sui vostri figli? Il Signore misericordioso, tuttavia, benché essi
abbiano agito con tale follia sia contro sé stessi sia contro i
propri figli, annulla la sentenza non solo nei confronti dei figli,
ma anche a loro riguardo; accoglierà infatti chi, di loro e dei loro
figli, farà penitenza e li ricolmerà di infiniti beni. Anche Paolo
è di loro e così pure le migliaia di fedeli che crederanno in
Gerusalemme. “Vedi, fratello, quanti sono fra i giudei le migliaia
di credenti”. E se alcuni si ostinano, a loro soltanto deve
imputarsi il castigo.
Allora
fece rilasciare loro Barabba e, fatto flagellare Gesù, lo consegnò
perché fosse crocifisso .
Perché lo fa flagellare? Forse per trattarlo come un condannato,
oppure per dare qualche parvenza di giustizia al processo, o forse
per ingraziarsi i giudei. Eppure, avrebbe dovuto resistere con
fermezza. Difatti prima di giungere a tanto aveva detto: “Prendetelo
voi e giudicatelo secondo la vostra legge”.
Molte
sono le ragioni che avrebbero potuto distogliere sia Pilato che i
giudei da quel delitto: i miracoli e i prodigi del Signore,
l’infinita pazienza con cui subisce le più atroci ingiurie e,
soprattutto, il suo silenzio: silenzio ineffabile. Come infatti nelle
parole che pronuncia a propria difesa e nelle sue preghiere ha
dimostrato la sua umanità, così ora, nel suo silenzio e nel
disprezzo delle accuse che gli rivolgono, Gesù manifesta la propria
sublimità e grandezza d’animo; in ogni modo induce i suo avversari
a provare ammirazione per lui, ma essi non vogliono cedere a nulla.
Sta
di fatto che quando la mente e i pensieri sono come soffocati da
un’ebbrezza e da un furore assurdo è difficile che un uomo riesca
a sollevarsi, a meno che non abbia un’anima generosa e forte. È
terribile cosa, terribile – lo ripeto – aprire l’accesso a tali
perverse passioni: ecco perché è necessario respingerle con ogni
mezzo e impedir loro di entrare. Una volta infatti che esse hanno
invaso e occupato l’anima, come fuoco caduto in una foresta esse
provocano un incendio. Per questo motivo, vi scongiuro di mettere in
atto ogni mezzo per precludere loro l’entrata; né vogliate
introdurre ogni genere d’iniquità, consolandovi col ripetere
questo freddo ragionamento: Che importa questo? Che importa quello?
Di qui, infatti, hanno origine infiniti mali. Il diavolo, spirito
perverso, usa ogni abilità, perseveranza e condiscendenza per
portare gli uomini alla perdizione, e a tale scopo comincia con le
più lievi tentazioni. Fate attenzione, vi prego. Il diavolo voleva
un tempo indurre Saul a dare ascolto ai vaneggiamenti di una
negromante . Ma se gli avesse proposto questo fin dall’inizio,
egli non si sarebbe lasciato indurre a ciò. Come avrebbe potuto
prestargli attenzione colui che aveva spazzato dal suo regno indovini
e negromanti? Il diavolo, quindi, lo costringe pian piano e
gradualmente a questo: non avendo, infatti, ubbidito a Samuele e
avendo offerto l’olocausto in assenza del profeta, al suo
rimprovero Saul rispose che l’incalzare dei nemici s’era fatto
più grande ; dovendo, poi, essere addolorato, egli al contrario
non si dà pena, come se non avesse commesso nulla. Poi Dio gli diede
un ordine riguardo agli amaleciti , ma Saul fece altrimenti:
Quindi egli passa agli attentati contro David . E così,
lentamente e gradualmente scivolando verso la rovina, non s’arresta
finché non si getta precipitando nell’abisso della perdizione.
Nello
stesso modo il diavolo si comporta nei confronti di Caino . Non
lo spinse subito a uccidere il fratello, poiché non l’avrebbe
convinto. Dapprima lo indusse a presentare a Dio le offerte di minor
valore dicendogli: Questo non è peccato. In seguito accese in lui
avversione e invidia verso il fratello, facendogli credere che non vi
era alcun male in ciò. Infine lo persuase ad uccidere il fratello e
a negare il delitto; e non si ritirò finché non raggiunse il colmo
dei mali.
Per
questo dobbiamo respingere gli attacchi e i peccati iniziali.
Quand’anche i primi peccati non avessero ulteriori conseguenze,
neppure in tal caso si dovrebbero sottovalutare perché, se lo
spirito è negligente, finiscono col diventare sempre più grandi.
Dobbiamo quindi impegnarci con tutte le forze per soffocare gli inizi
del peccato. Non considerare come insignificante un peccato, ma bada
che, se si trascura, diventa radice di grande peccato. Se è lecito
dire una cosa sorprendente, ti dirò che i grandi peccati non
richiedono tanta vigilanza, quanta ne esigono, invece, le colpe lievi
e insignificanti. In realtà la natura stessa della colpa ci fa
evitare i grandi peccati, mentre le piccole mancanze, per il fatto
stesso d’essere tali, ci inducono alla trascuratezza e non ci
permettono d’insorgere coraggiosamente per eliminarle. Così, se
noi dormiamo, rapidamente diventeranno grandi. Lo stesso fenomeno si
constata in ciò che accade nei corpi. Così ebbe origine, in Giuda,
quell’enorme peccato: se egli non avesse ritenuto lieve colpa
appropriarsi del denaro destinato ai poveri, non sarebbe stato
condotto al tradimento e, se i giudei non avessero considerato colpa
senza importanza lasciarsi dominare dalla vanagloria, non sarebbero
poi giunti fino all’eccesso di uccidere Cristo.
Si
potrebbe facilmente rilevare che tutti i grandi mali provengono da
ciò. Nessuno passa rapidamente e di colpo alla malvagità.
Indubbiamente l’anima possiede una certa connaturata vergogna e
pudore di fronte al male, e non è possibile che, all’improvviso,
diventi talmente preda dell’impudenza da rigettare tutto in una
sola volta; ma lentamente, e a poco a poco, col diventar negligente
si corrompe. Così si è introdotta nel mondo l’idolatria; a causa
l’onore smodato ed eccessivo attribuito agli uomini, si giunse ad
adorare le statue di persone vive e defunte. Così cominciò a
imporsi e a dominare la fornicazione; e così altri numerosi mali.
Fate
attenzione a questo esempio: un uomo ride a sproposito; uno lo
riprende, mentre un altro gli toglie ogni scrupolo, asserendo che non
c’è niente di male in ciò. Che è infatti il ridere? Che cosa può
derivare da ciò? Eppure, è da questo ridere inopportuno che
derivano le scurrilità, il turpiloquio, l’azione disonesta. Se poi
si riprende un altro perché calunnia il prossimo, lo ingiuria e lo
maledice, costui non si cura del rimprovero e dice: Maledire non è
nulla. Eppure, da ciò hanno origine odio indicibile, inimicizie
irreconciliabili, ingiurie senza numero; dalle ingiurie provengono le
ferite, dalle ferite, spesso, gli assassinii e la morte.
Così
quello spirito maligno dalle piccole cose fa derivare le grandi; poi
dalle grandi induce alla disperazione, escogitando con ciò un altro
metodo, non inferiore al primo. Difatti non tanto il peccato quanto
la disperazione conduce alla perdizione. Chi ha peccato, se è
vigilante, può rapidamente, con la penitenza, rimediare al male
fatto. Ma se cede e si avvilisce senza correggersi, rende incurabile
il suo stato, perché non applica il rimedio della penitenza. Il
diavolo mette in atto, infine, un terzo insidioso tranello: ed è
quando maschera il peccato con apparenza di virtù. Ma in qual caso –
mi chiederai – il diavolo può avere tanta forza da ingannare fino
a tal punto? Ascolta e guardati dalle suggestioni. Cristo comandò
per mezzo di Paolo che la moglie non deve separarsi dal marito e che
essi non devono privarsi l’un l’altro, se non di comune accordo ;
tuttavia lacune donne, separatesi per amore di continenza dai propri
mariti, credendo di fare un atto pio, li hanno precipitati in
adulterio. Considerate, dunque, il grande male che ne è derivato:
tale che, dopo aver sopportato tanta fatica, esse sono state
rimproverate di aver fatto grandissimo torto e recato sommo danno,
hanno subito l’estrema condanna e hanno spinto i loro mariti in un
abisso di perdizione. Altri ancora, astenendosi dal prendere cibo per
osservare la legge del digiuno, hanno finito col dichiarare
abominevoli gli alimenti: il che merita una grandissima punizione. Ma
ciò accade quando si affermano le proprie idee contrariamente a
quanto insegnano le Scritture. Alcuni abitanti di Corinto ritenevano,
invece, atto di perfezione mangiare tutto senza discriminazione,
compresi i cibi espressamente proibiti. Questa licenza, tuttavia, ben
lungi dal costituire una perfezione, era un atto di gravissima
trasgressione. Per questo Paolo li rimproverò con tanto rigore
dichiarandoli degni dell’estremo supplizio . Altri ancora
credono di compiere un atto pio lasciandosi crescere i capelli. Si
tratta invece di una cosa vietata e indecorosa. Altri ritengono
vantaggiosa la pratica di rattristarsi smodatamente per i propri
peccati: ma anche questo è un inganno diabolico e lo apprendiamo
dall’esempio di Giuda. Paolo, inoltre, temendo che quell’individuo
disonesto di cui parla nella lettera ai Corinti, cada nella
disperazione, li esorta a toglierlo immediatamente da quello stato,
“Perché non soccomba per l’eccessiva tristezza”. In seguito,
per far intendere ai Corinti che questo è un tranello del nemico,
dice: “affinché non siamo sopraffatti da Satana, non ignorando noi
nessuna macchinazione”, dal momento che egli attacca con grande
inganno. Se infatti egli combattesse con franchezza e apertamente, la
vittoria sarebbe facile e senza fatica. Tuttavia, anche ora, se noi
siamo vigilanti, vinceremo senza difficoltà. In realtà ci ha armati
per resistere alle varie tentazioni. Per persuaderci a non trascurare
le piccole cose, ascolta la sua esortazione, quando dichiara: “Chi
dice al proprio fratello sciocco, sarà reo della Geenna”; e di
nuovo, quando afferma che chi guarda con occhio impuro è adultero
perfetto. Chiama infelici coloro che ridono; si sforza sempre di
sradicare i semi e le radici dei mali, e dichiara che si dovrà
rendere conto di ogni parola. In passato anche Giobbe offriva
sacrifici a Dio per espiare anche le colpe commesse dai suoi figli
con i pensieri . D’altra parte, per porre rimedio alla
disperazione, la Scrittura dice: “Chi è caduto, non si rialzerà?
Chi se ne è andato, non ritornerà?”. E altrove: “Non voglio la
morte del peccatore, ma che si converta e viva”, e ancora: “oggi
se voi ascolterete la sua voce…”. Ma numerose altre espressioni
ed esempi si trovano nella Scrittura. Infine, per evitare di peccare
con apparenza di virtù e di pietà, ascolta quanto dice Paolo:
“affinché non soccomba per l’eccessiva tristezza” .
Conoscendo
ciò, dunque, opponiamo, a tutte queste tentazioni che possono
pervertire i pigri e i negligenti, la prudenza che deriva dalle
Scritture. Non dire: Che male c’è, se guardo con interesse una
donna?Perché se tu commetti un adulterio nel tuo cuore, ben presto
lo commetterai nella tua carne. Non dire: Che male faccio se passo al
largo da questo povero? Se tu vai oltre senza badare a costui, farai
la stessa cosa con un altro, e se non ti curerai di quello
disprezzerai un altro ancora. E non dire neppure: Che male c’è se
desidero i beni del prossimo? Fu proprio questo che portò Acab alla
perdizione, sebbene egli offrisse a Nabot il prezzo della vigna; ma
egli lo fece contro la volontà del proprietario . Chi compra,
infatti, non deve costringere, ma persuadere. Ora, se colui che offrì
un prezzo conveniente fu castigato, dato che ottenne quel possesso
contro la volontà del padrone, chi non si comporta così, anzi ruba
a chi non vuole dare, pur vivendo nel tempo della grazia, di quale
supplizio non sarà degno? Ebbene, per non incorrere nel castigo,
manteniamoci puri da ogni violenza e rapina e, guardandoci non solo
dai peccati ma anche dagli inizi del peccato, pratichiamo con grande
impegno la virtù: in tal modo infatti fruiremo anche dei beni
eterni, per la grazia e l’amore di Gesù Cristo, nostro Signore. A
lui la gloria per i secoli dei secoli. Amen.
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