Mt. 26, 26-35
Ora,
mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la
benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete
e mangiate; questo è il mio corpo". Poi prese il calice e, dopo
aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti,
perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in
remissione dei peccati.
Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".
E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge, ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".
E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".
Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".
E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".
E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge, ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".
E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".
Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".
E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
Ahimè,
quant’è grande l’accecamento del traditore! Pur partecipando ai
misteri, rimane tale e non cambia neppure dopo aver fruito di quella
sublime cena. Appunto questo vuol sottolineare Luca dicendo che, dopo
di ciò, “entrò in lui Satana”, non certo per disprezzare il
corpo del Signore, bensì per stigmatizzare la vergogna del
traditore. In realtà il suo peccato è doppiamente grave: sia perché
si è accostato ai misteri con tale disposizione d’animo, sia
perché, dopo, né il timore né il beneficio né l’onore lo
rendono migliore. Tuttavia Cristo, pur sapendo ogni cosa, non glielo
impedisce, per dimostrare che non trascura niente di quanto può
servire a correggere. E, sia prima di questo momento che in seguito,
ricorda continuamente a Giuda il suo delitto, cercando di
distoglierlo con le parole e con gli atti, con il timore e con le
minacce, manifestandogli le sue attenzioni e rendendogli onore. Ma
niente riesce ad allontanare Giuda da quell’ostinata e terribile
infermità. Ecco perché alla fine, abbandonatolo a se stesso, per
mezzo dei misteri che celebra ricorda ai suoi discepoli la sua morte
e, durante la cena, parla della croce ripetendone la predizione, per
rendere più accettabile la sua passione. Se, dopo tutto quanto ha
fatto e detto, i discepoli si turbano, quale sarebbe stato il loro
turbamento se non fossero stati preavvertiti.
“Or,
mentre mangiavano, Gesù prese del pane e lo spezzò”. Perché
istituisce questo mistero nel tempo della Pasqua? Lo fa per mostrarci
con ogni suo atto che egli è il legislatore dell’antica alleanza e
che tutto quanto è contenuto in essa è stato adombrato in vista
della nuova. Dov'è la figura, Cristo sovrappone la verità. Qui, la
sera è come il simbolo della pienezza dei tempi e indica che gli
avvenimenti stanno per avere ormai la loro conclusione. Gesù,
inoltre, rende grazie per insegnarci come dobbiamo celebrare questo
mistero e per farci intendere che egli va volontariamente alla sua
passione. Vuole che noi sappiamo soffrire i nostri dolori
ringraziando, e ci offre infine le migliori speranze. Se la figura fu
la liberazione da una grande schiavitù, tanto più la realtà
libererà tutta la terra e beneficherà la nostra natura. Per questo
motivo Gesù non istituisce prima questo mistero, ma lo realizza nel
momento in cui devono cessare le prescrizioni legali. E così
abolisce la più importante delle feste giudaiche, trasferendo i suoi
discepoli a un’altra mensa, molto più sacra e che ispira un
grandissimo timor di Dio. “Prendete e mangiate – egli dice –
questo è il mio corpo, che per molti si spezza”. Come mai non si
turbano udendo queste parole? Perché, già prima Cristo aveva detto
loro molte e grandi cose di questo sacramento. Perciò, ora, non sta
più a prepararlo e a farlo accettare, dato che ne hanno sentito
parlare sufficientemente. Dichiara invece la causa della passione,
cioè la remissione dei peccati. Chiama il suo sangue sangue del
Nuovo Testamento, vale a dire della promessa, dell’annuncio, della
nuova legge. L’aveva infatti già promesso in antico ed è appunto
questo sangue che stipula la Nuova Alleanza. Come il vecchio
Testamento offriva pecore e vitelli, così il Nuovo offre il sangue
del Signore.
Con
tali parole, inoltre, il Signore manifesta che la sua fine è
prossima; per questo parla di Testamento e ricorda anche l’Antico;
pure quello, infatti, era stato inaugurato per mezzo del sangue. E
indica la causa della sua morte dichiarando che il suo sangue sarà
“sparso per molti in remissione dei peccati”. Aggiunge infine:
“Fate questo in mia memoria”. Osservate come ritrae e allontana
gli apostoli dalle osservanze giudaiche. È come se dicesse: Nello
stesso modo in cui celebravate la Pasqua a ricordo dei miracoli
operati da Dio in Egitto, così fate questo in mia memoria. Quel
sangue fu sparso per la salvezza dei primogeniti; questo sarà
versato per la remissione dei peccati dell’umanità intera. “Questo
infatti – egli dichiara – è il mio sangue, che sarà sparso in
remissione dei peccati”. E afferma ciò per dimostrare che la
passione e la croce sono un mistero e per confortare in tal modo
nuovamente i suoi discepoli. Come un tempo Mosè disse: “Questo sia
per voi un memoriale eterno”0, così il Signore ora dichiara: “Fate
questo in mia memoria” finché io venga. E afferma anche: “Con
desiderio ho desiderato mangiare questa Pasqua con voi”, cioè ho
desiderato donarvi queste nuove realtà e darvi una Pasqua con cui vi
renderò uomini spirituali.
Ed
egli stesso beve del suo sangue. Per evitare che, udendo tali parole,
dicano: Che cosa? Beviamo sangue e mangiamo carne? E perché non si
turbino, - come era accaduto quando tempo prima aveva parlato di
questi misteri e molti s’erano scandalizzati a quelle stesse
parole, - egli stesso per primo ne dà l’esempio inducendoli a
partecipare con animo sereno a questi misteri. Per questo beve egli
stesso il proprio sangue. Ma allora – voi mi chiederete – è
necessario celebrare anche l’antica Pasqua? No, assolutamente. Se
il Signore ha detto “Fate questo”, è stato per eliminare
quell’altra. Se la nuova Pasqua opera – come è vero che opera –
la remissione dei peccati, l’altra è ormai superflua. Come un
tempo presso i giudei, così anche qui il Signore collega il ricordo
del beneficio alla celebrazione del mistero, chiudendo anche in tal
modo la bocca degli eretici. Quando essi chiedono: Come si dimostra
che Cristo fu immolato?, noi possiamo ridurli al silenzio adducendo,
insieme alle altre prove, anche questi misteri. Se Gesù non fosse
morto, di che cosa sarebbe simbolo la celebrazione che noi compiamo?
Notate
con quanto impegno il Signore ha voluto che avessimo sempre presente
che lui è morto per noi? Dato che sarebbero sorti Marcione,
Valentino e Manes a negare l’economia della redenzione. Cristo
ricorda continuamente la sua passione anche per mezzo dei misteri, in
modo che nessuno possa essere tratto in inganno; così, con questa
sacra mensa, il Signore contemporaneamente ci salva e istruisce: è
infatti il più grande di tutti i beni questo mistero! Perciò anche
Paolo ne parla ad ogni momento.
Dopo
aver dato quel mistero, Gesù dice: Non
berrò del frutto di questa vite fino a quel giorno in cui lo berrò
nuovo con voi nel regno del Padre mio .
Poiché ha parlato agli apostoli della passione e della croce, fa ora
un accenno anche alla risurrezione richiamandola col nome di regno.
Per qual motivo Cristo berrà dopo la sua risurrezione? Perché gli
spiriti più grossolani non pensino che la risurrezione sia una
fantasia. Molti, infatti, considerano questo fatto come prova della
sua risurrezione. Ecco perché gli apostoli stessi per persuadere la
folla dell’avvenuta risurrezione diranno: “Abbiamo mangiato e
bevuto con lui”. Per dimostrare dunque agli apostoli che lo
vedranno gloriosamente risorto, che starà di nuovo con loro e che
essi stessi renderanno testimonianza dei fatti che avranno visto e ai
quali avranno partecipato, dice: “fino a quel giorno in cui lo
berrò nuovo con voi”, con voi che ne sarete testimoni. Voi,
infatti, mi vedrete risorto. E che significa “nuovo”? Vuol dire
in modo nuovo, cioè insolito, avendo il Signore non più un corpo
passibile, ma un corpo immortale, incorruttibile, che non ha più
alcun bisogno di nutrimento. Dopo la risurrezione, infatti, Gesù non
mangia né beve per necessità – ormai il suo corpo non ha più
bisogno di queste cose, - ma per confermare pienamente la sua
risurrezione. E perché dopo esser risuscitato, Cristo beve vino e
non acqua? Perché vuol eliminare radicalmente un’altra pericolosa
eresia. Dato che alcuni usano l’acqua nella celebrazione dei
misteri, volendo far vedere che quando istituì questo sacramento
egli offrì il vino e che dopo la risurrezione, consumando un pasto
comune, che non comporta la celebrazione del mistero, usò vino, qui
precisa: “non berrò del frutto della vite…”, e la vite produce
vino e non acqua.
E
dopo aver cantato l’inno, s’incamminarono verso il monte degli
Ulivi .
Ascoltino con attenzione coloro che, dopo aver mangiato come porci,
prendno a calci la tavola e si alzano ubriachi, anziché render
grazie e terminare con un canto di lode. Ascoltate tutti voi, che ve
ne andate senza aspettare l’ultima preghiera dei misteri, simbolo
di questa preghiera del Signore. Egli infatti rende grazie e lode
insieme all’offerta del pane, perché facciamo la stessa cosa anche
noi. Ma perché, ora, Gesù si dirige verso il monte degli Ulivi? È
evidente che lo fa per essere preso e per mostrare che non vuole
nascondersi. S’affretta infatti a raggiungere quel luogo, che Giuda
ben conosce.
Allora
Gesù disse loro: “Voi tutti resterete scandalizzati per causa
mia”,
e menziona successivamente anche la profezia: Sta
infatti scritto: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le
pecore del gregge”,
per persuaderli a prestar sempre ascolto alle Scritture, e chiarir
loro che, per volontà di Dio, sta per essere crocifisso. Vuole
inoltre dimostrare, in ogni modo, che non si oppone alla legge
antica, né a Dio che l’ha istituita, che ciò che sta accadendo è
nell’economia della redenzione e che tutti quegli avvenimenti che i
profeti hanno da tempo predetto stanno per realizzarsi: così
incoraggia gli apostoli anche riguardo agli avvenimenti più lieti
del futuro. E ci fa conoscere come sono gli apostoli prima della
crocifissione e come saranno dopo. Essi, infatti, che non sono capaci
neppure di stare in piedi quando egli è crocifisso, dopo la sua
morte divennero coraggiosi e più forti del diamante. D’altra
parte, la stessa fuga e la viltà degli apostoli sono un’ulteriore
prova della morte del Salvatore. Se dopo tutto quanto è accaduto ed
è stato detto, alcuni sono ancora tanto impudenti da dire che il
Signore non è stato crocifisso, in quale abisso d’iniquità
cadrebbero, se non si fosse verificata nessuna di queste circostanze?
Gesù, pertanto, conferma la realtà della sua morte non solo con la
sua passione, ma anche con il comportamento dei discepoli e mediante
i misteri, confutando con ogni mezzo i seguaci di Marcione. Per
questo egli permette che il corifeo degli apostoli lo rinneghi. Se
Cristo non fosse stato realmente legato e crocifisso, perché mai
Pietro e gli altri apostoli sarebbero stati colti da tanto spavento?
Ma
Gesù non permette che essi rimangano nell’afflizione. Che dice
allora? Dopo
che sarò risorto, vi precederò in Galilea .
Egli non apparirà d’improvviso ai discepoli discendendo dal cielo
e neppure se ne andrà in una regione lontana, ma rimarrà in mezzo
al popolo presso cui sarà crocifisso e quasi negli stessi luoghi,
onde rassicurarli che colui che è risorto è lo stesso che è stato
crocifisso, e confortare nel miglior modo gli apostoli in afflizione.
Perciò dichiara che li precederà “in Galilea”, affinché essi,
liberi finalmente dal timore dei giudei, prestino fede alle sue
parole. Proprio per questo motivo apparirà anche là.
Ma
Pietro rispondendo disse: “Quand’anche tutti restassero
scandalizzati per causa tua, io non mi scandalizzerò mai” .
Che
dici, o Pietro? Il profeta ha predetto che le pecore saranno
disperse, Cristo ha confermato questa profezia, e tu sostieni il
contrario? Non ti bastano i rimproveri di prima, quando dicesti “Non
sia mai”0 e fosti ridotto al silenzio? Cristo permette che
Pietro cada per far apprendere all’apostolo con questa lezione a
obbedirgli in tutto e a ritenere la sua parola più degna di fede
della sua stessa coscienza. Ma gli altri trarranno un vantaggio non
piccolo dal rinnegamento di Pietro, in quanto riconosceranno in esso
la debolezza umana e la verità di Dio. Quando infatti egli
preannunzia il verificarsi di qualcosa, non si deve discutere oltre e
neppure innalzarsi sopra gli altri. Dirà infatti Paolo: “Avrai il
tuo vanto in te stesso e non a confronto degli altri”. Pietro,
anziché pregare e chiedere a Gesù: Aiutaci, affinché non siamo
separati da te, fidando in se stesso, dice: “Quand’anche tutti
restassero scandalizzati per causa tua, io non mi scandalizzerò
mai”; anche se tutti patiranno questo scandalo, io non lo patirò.
Il che lo spinge a rasentare l’arroganza. Cristo volendo quindi
reprimerla, permette il suo rinnegamento. E poiché Pietro non si è
lasciato convincere né dal Maestro, né dal profeta – Cristo
infatti aveva deliberatamente citato il profeta, perché non lo
contraddicessero – Gesù, vedendo che non ha potuto persuaderlo a
parole, lo ammaestra a fatti.
Ma
ora ascoltate le parole di Cristo e costaterete che solo per
correggere l’apostolo ha permesso il rinnegamento: “Ho pregato
per te, perché la tua fede non venga meno”. Gesù dice questo per
toccarlo fortemente e per dimostrare che la sua caduta è più grave
di quella degli altri e ha bisogno di un aiuto maggiore. Pietro ha
infatti commesso due colpe: ha contraddetto il Maestro e si è
anteposto agli altri apostoli. Anzi ha commesso una terza colpa,
attribuendo a sé la capacità di resistere allo scandalo. Ebbene,
volendo risanare queste colpe, Gesù permette la sua caduta; e, in
vista di questo, trascurando gli altri, si rivolge a lui
personalmente dicendo: “Simone, Simone, ecco Satana ha chiesto che
gli foste consegnati per vagliarvi come il grano”, cioè per
turbarvi, per spaventarvi, per tentarvi: ma “io ho pregato per te,
perché la tua fede non venga meno”. Come mai, se il diavolo ha
chiesto di tentare tutti gli apostoli, Gesù non dice che ha pregato
per tutti? Non è evidente che è per il motivo già detto? Che,
cioè, si rivolge a Pietro personalmente perché vuole toccarlo
profondamente e fargli intendere che la sua colpa è più grande di
quella degli altri apostoli? E perché Cristo non dice: Io ho
permesso, ma “io ho pregato”? Ormai, andando alla passione, Gesù
parla in maniera umile e dimessa, per manifestare la sua umanità.
Colui, infatti, che ha edificato la Chiesa sulla confessione di
fede di Pietro e l’ha così fortificata da renderla invincibile,
nonostante infiniti pericoli e morti, colui che ha dato a questo
apostolo le chiavi e così grande autorità, senza aver bisogno per
questo di nessuna preghiera, - allora infatti non disse: “io ho
pregato”, ma con autorità affermò: “Io edificherò la mia
Chiesa e a te darò le chiavi dei cieli”, - come è possibile che
abbia ora necessità di pregare per fortificare l’anima vacillante
di un solo uomo? Perché Gesù dice queste parole? Per il motivo che
già vi ho indicato e per accondiscendere alla debolezza degli
apostoli, che ancora non hanno di lui l’opinione che debbono avere.
Come mai allora Pietro rinnega il Maestro? Sta di fatto che Gesù non
ha pregato per impedire che Pietro lo rinneghi, ma perché la sua
fede non venga meno e non si estingua del tutto. Questo infatti è
opera della sua misericordia. La paura aveva eliminato tutto: era
infatti una paura smisurata, divenuta tale perché Dio l’aveva
completamente spogliato della sua protezione; e con veemenza l’aveva
spogliato perché violenta era in lui la passione dell’arroganza e
della contraddizione. Per distruggere, quindi, dalle radici tale
passione, il Signore permette che l’angoscia lo invada.
In
Pietro questa passione è tanto grande, che egli non solo contraddice
il profeta e Cristo, ma dopo che Gesù gli preannunzia: In
verità ti dico: “Questa stessa notte, prima che canti il gallo, mi
rinnegherai tre volte”,
egli ancora ribatte:Dovessi
morire con te, io non ti rinnegherò .
Luca precisa che quanto più Cristo lo dissuade, tanto più Pietro lo
contraddice. Ma che è questo, o Pietro? Quando Gesù disse: “uno
di voi mi tradirà”, hai avuto il timore di essere tu il traditore
e hai costretto un altro discepolo ad interrogare il Maestro,
sebbene non ti sentissi colpevole. Ed ora che il Signore dichiara
esplicitamente: “Voi tutti resterete scandalizzati”, tu lo
contraddici non una sola volta, ma due e più volte. Questo riferisce
Luca. Ma donde deriva tale ostinazione? Dal grande amore e dalla
grande gioia. Quando finalmente si è liberato dall’angoscia per il
tradimento e conosce il traditore, allora parla con grande fiducia e
si leva sopra tutti, affermando arditamente: “Quand’anche tutti
restassero scandalizzati per causa tua, io non mi scandalizzerò
mai”. Tacitamente si tratta anche di una certa ambizione. Del resto
gli apostoli, durante quella stessa cena, discutono su chi tra loro
sia il più grande , tanto questa passione li agita. Per questo
Gesù cerca di reprimerla, non certo inducendo Pietro a rinnegarlo –
Dio ci guardi da simile pensiero – ma ritirando il suo aiuto e
dimostrandogli in tal modo la debolezza della natura umana. Ma notate
come in seguito egli si dimostra più umile e dimesso. Dopo la
risurrezione, infatti, quando Pietro chiederà a Gesù: “E di lui
che sarà?” e verrà fatto tacere, non oserà più ribattere
come ha fatto qui, e non dirà più parola. E quando sentirà dire da
Cristo poco prima dell’ascensione: “Non tocca a voi conoscere i
tempi e i momenti”, anche allora resterà in silenzio, senza
contraddire. E quando, in seguito, salito sulla terrazza, alla
visione della grande tela, udrà una voce che gli dirà: “Ciò che
Dio ha purificato, tu non considerarlo impuro”0, accetterà
serenamente l’ordine e, pur non comprendendo chiaramente il senso
di quelle parole, non discuterà.
È
appunto quella caduta che opera in Pietro tutto ciò. Prima egli
attribuiva tutto a sé: “Quand’anche tutti restassero
scandalizzati, io non mi scandalizzerò”; e aggiungeva poco dopo:
“Dovessi morire con te, non ti rinnegherò”, mentre avrebbe
dovuto dire: Se godrò della tua grazia. Dopo la caduta, invece, egli
si comporterà in modo del tutto diverso e dirà: “Perché ci
guardate come se avessimo fatto camminare quest’uomo per la nostra
forza o per un nostro particolare potere?”. Da tutto questo
apprendiamo una grande verità. Apprendiamo che il fervore dell’uomo
non è sufficiente per operare il bene, se esso non è sostenuto
dalla grazia dall’alto, e che, viceversa, questo aiuto del cielo
non giova a nulla se manca la buona volontà. Giuda e Pietro
dimostrano, ambedue, questa verità. Giuda, pur avendo ricevuto tante
grazie, non ne ha tratto alcun vantaggio, perché non ha voluto e non
ha corrisposto personalmente all’aiuto divino; Pietro, al
contrario, pur essendo pieno di fervore, è caduto perché gli è
venuto meno l’aiuto del cielo. La virtù infatti è fondata su
questa duplice base. Ecco perché vi scongiuro di non dormire,
gettando tutta la responsabilità su Dio; e se, al contrario,
lavorate con ardore, vi prego di non credere che tutto sia effetto
delle vostre fatiche. Dio non vuole che siamo supini e indolenti: per
questo egli non opera tutto; d’altra parte non vuole che noi siamo
superbi: perciò non fa dipendere tutto da noi. Di queste due cose
egli toglie ciò che può nuocerci e lascia ciò che ci torna utile.
A tale scopo, quindi, Gesù permette che il corifeo degli apostoli
cada: per renderlo più umile e per indurlo a un più grande amore.
Ama, infatti, di più chi maggiormente è stato perdonato .
Crediamo,
dunque, sempre a Dio; non contraddiciamolo, anche se quanto egli
dichiara sembra contrario alla logica e alla nostra intelligenza. La
sua parola valga più dei nostri ragionamenti e della nostra vista. E
comportiamoci in tal modo, anche quando partecipiamo ai misteri, non
considerando solo quanto cade sotto i nostri sensi, ma aderendo alle
sue parole. La sua parola è infallibile, mentre i nostri sensi
possono facilmente ingannarsi. La sua parola non ha mai errato; i
nostri sensi sbagliano il più delle volte. Dato quindi che il verbo
dice: “Questo è il mio corpo”, persuadiamoci e crediamo,
guardando questo sacramento con occhi spirituali. Cristo, in realtà,
non ci ha dato niente di sensibile; in quelle realtà sensibili,
infatti, tutto è spirituale. Così, anche nel battesimo, è concesso
il dono sensibile dell’acqua, ma l’effetto è spirituale, cioè
la rigenerazione e il rinnovamento. Se tu non avessi il corpo, Dio ti
concederebbe doni puramente incorporei; ma poiché l’anima è
congiunta al corpo, Dio ti comunica le realtà spirituali sotto la
specie di cose sensibili. Quanti sono coloro che dicono oggi: Vorrei
vedere la figura di Cristo, il suo aspetto, i suoi abiti, le sue
calzature! Ecco, qui tu lo vedi, lo tocchi, lo mangi. Tu desideri
vedere i suoi abiti e lui ti dà se stesso non solo per vederlo, ma
per toccarlo anche, per mangiarlo e riceverlo dentro di te. Nessuno,
quindi, si accosti con disgusto; nessuno si avvicini con negligenza e
con scarso fervore, ma tutti siano infuocati, tutti ardenti e in
vivissima attesa. Se i giudei mangiavano l’agnello pasquale in
fretta e stando in piedi, calzati e coi bastoni nelle mani, assai di
più tu devi essere attento e vigilante. Gli ebrei stavano per
intraprendere il cammino verso la Palestina e per questo il loro era
un atteggiamento di viandanti; tu, ora, stai per partire per il
cielo.
Si
deve, dunque, senza tregua vigilare perché una terribile punizione
attende coloro che si comunicano indegnamente. Pensa quanto ti sei
indignato contro il traditore, contro coloro che crocifissero Gesù.
Bada quindi di non diventare anche tu reo del corpo e del sangue di
Cristo. Quelli trucidarono il suo santissimo corpo, ma tu, dopo tanti
benefici, lo ricevi con anima sozza e impura. A lui infatti non è
bastato farsi uomo, essere schiaffeggiato e ucciso; egli si mischia e
fonde se stesso con noi, e non solo per la fede, ma nella stessa
realtà. Di che cosa deve essere dunque, più puro colui che prende
parte a tale sacrificio? Di quale raggio di sole dev’essere più
pura la mano che distribuisce questa carne, la bocca che viene
ricolmata di fuoco spirituale, la lingua arrossata da questo sangue
che ispira tanto timore? Renditi conto di quale onore sei stato
onorato, a quale mensa tu prendi parte. Colui che gli angeli
contemplano tremando e che neppure osano guardare senza timore per lo
splendore che da lui emana, è colui che per noi s’è fatto cibo;
con lui ci mescoliamo e ci fondiamo, e così siamo fatti di Cristo
corpo uno e carne una. “Chi narrerà le potenti meraviglie del
Signore e farà udire tutte le sue lodi?”. Quale pastore nutre le
pecore con la propria carne? Ma che dico, un pastore? Oggi vi sono
tante madri che, dopo aver dato alla luce i figli, li consegnano ad
altre nutrici. Cristo non si comporta così, ma egli stesso ci nutre
con il proprio sangue e con ogni mezzo ci unisce strettamente a sé.
E considera anche che egli è nato dalla nostra sostanza. Ma questo –
tu obietti – non riguarda tutti gli uomini. Io ti assicuro, invece,
che riguarda tutti. Se egli è venuto nella nostra natura, è chiaro
che è venuto per tutti; e se è venuto per tutti, è venuto anche
per ognuno di noi. Perché allora – voi mi chiederete – non tutti
hanno tratto vantaggio da ciò? Non è causa certo di colui che per
tutti ha scelto di farsi uomo, ma di coloro che non hanno voluto
accoglierlo. A ciascuno dei fedeli egli si unisce mediante i misteri;
egli nutre di sé coloro che ha generati, senza affidarli ad altri e,
in tal modo, ti persuade ancora una volta che egli ha veramente preso
la tua carne.
Non
restiamo dunque indifferenti e pigri, avendo ricevuto così grande
amore e onore. Vedete con quanto desiderio i piccoli si attaccano al
petto della madre e con quale slancio accostano le loro labbra al suo
seno. Con lo stesso ardore avviciniamoci anche noi a questa mensa e a
questo calice spirituale; anzi, con desiderio e ardore ancor più
grande, come bambini lattanti, attiriamo a noi la grazia dello
Spirito, e unico dolore per noi sia l’esser privati di questo cibo.
Non è opera di potere umano ciò che ci viene offerto. Ma colui che
operò questo prodigio durante quella cena, anche oggi opera lo
stesso miracolo. Noi abbiamo l’ordine di ministri, ma è lui che
santifica e trasforma le offerte. Che nessun Giuda, che nessun avaro
partecipi a questi sacri misteri. Se qualcuno non è discepolo si
allontani, perché questa mensa non accoglie chi non è tale. “Faccio
la Pasqua con i miei discepoli”, ha detto infatti. Questa mensa è
la stessa di allora e non è affatto inferiore a quella. Non è vero
che in quella agiva Cristo, mentre in questa agisce un uomo. Questo è
lo stesso cenacolo dove, allora, erano riuniti Gesù e gli apostoli;
di là essi uscirono per andare al monte degli Ulivi. Usciamo anche
noi di qui per andare verso le mani che i poveri ci tendono. Quete
sono, ora, per noi il monte degli Ulivi. Ulivi piantati nella casa di
Dio sono infatti le moltitudini dei poveri, che stillano quell’olio
utile per l’aldilà, quell’olio che le cinque vergini prudenti
s’erano procurate; le altre, che non l’avevano portato con sé,
si perdettero. Prendiamo dunque quest’olio e andiamo incontro allo
Sposo con le lampade accese. Con quest’olio usciamo da questa vita.
Nessun uomo, disumano e crudele, si accosti a questi misteri, nessuno
che sia senza misericordia e impuro s’avvicini.
Questo
io dico a voi che prendete parte ai sacri misteri; e lo dico anche a
voi che li amministrate. È necessario infatti parlare anche a voi,
affinché dispensiate questi doni con grande cura e attenzione. Vi
attende una grande punizione se, conoscendo la malvagità di
qualcuno, gli consentite di partecipare a questa mensa. Cristo
domanderà conto alle nostre mani del suo sangue. Se si accosta
indegnamente il comandante di un esercito o un grande magistrato o
quello stesso che cinge la corona imperiale, anche in questo caso, tu
devi impedirglielo: la potestà che tu hai è molto più grande della
sua. Se ti fosse affidato il compito di mantenere pura l’acqua di
una fonte per un gregge di pecore, e vedessi una pecora con il muso
tutto insozzato di fango, le impediresti di affondarlo dentro
all’acqua e di intorbidare così la corrente. Ebbene, ora ti è
stata affidata, perché tu la custodisca, una sorgente non d’acqua,
ma di sangue e di spirito. Se, dunque, vedi che a questa fontana si
accostano persone macchiate di peccati più orridi del fango, non ti
sdegni, e non le allontani? Che perdono speri di ottenere? Dio vi ha
onorati di tale dignità affinché sappiate discernere ciò. In
questo consiste, infatti, la vostra dignità, la vostra forza, tutta
la vostra corona: non nell’andare in giro rivestiti di una bianca e
splendente tunica, ma nel saper distinguere tra chi è degno di
partecipare a questo sacramento e chi non lo è. Tu mi chiederai: ma
come posso conoscere questo o quell’altro? Io non vi sto parlando
di quanti vi sono sconosciuti, ma di coloro che conoscete. Vi dico
anzi qualcosa che vi sorprenderà e vi spaventerà ancor di più: è
minor male che entrino in chiesa degli indemoniati, piuttosto che
quegli uomini, di cui parla Paolo, i quali calpestano Cristo e
reputano immondo il sangue della sua alleanza e oltraggiano anche la
grazia dello Spirito . È infatti ben peggiore di un indemoniato
chi, pur essendo peccatore, si accosta ai misteri. Gli indemoniati,
essendo tormentati dal maligno, non vengono puniti; quanti, invece,
si accostano indegnamente vengono castigati con una punizione eterna.
Scacciamo quindi non solo gli indemoniati, ma tutti quanti, senza
eccezione, si accostano indegnamente a questi misteri. Nessuno che
non sia discepolo di Cristo vi partecipi. Nessun Giuda li riceva, se
non vuole essere punito come Giuda. Corpo di Cristo è anche questa
moltitudine. Badate, dunque, voi che dispensate questo sacramento, di
non suscitare l’ira del Signore trascurando di serbare puro questo
corpo; non date una spada per cibo. E se qualcuno, per stoltezza e
ignoranza, viene a comunicarsi mal disposto, impediteglielo, senza
alcun timore. Temete Dio, non l’uomo. Se temete un uomo, da questo
stesso uomo sarete disprezzati; ma se temete Dio, sarete stimati
anche dagli uomini. Se poi non avete il coraggio, ditelo a me; io non
consentirò che si commettano tali delitti. Perderò la vita
piuttosto che dare il sangue del Signore a chi ne è indegno; verserò
prima il mio sangue, piuttosto che dare questo sangue venerabile a
chi non è in condizioni di riceverlo. E se, dopo esservi accertati a
fondo, non riconoscerete chi è malvagio, non ne avrete colpa. Sto
parlando infatti di quegli uomini che sono notoriamente indegni. Se
noi, pertanto, correggeremo costoro, Dio ci farà conoscere
immediatamente anche quelli che non ci sono ancora noti. Ma se noi
ammettiamo alla partecipazione dei sacri misteri coloro che sono
colpevoli, quale motivo avrà Dio di renderci manifesti anche gli
altri? Vi dico questo non per limitare la nostra azione ad
allontanare e a separare, ma per ricondurre nuovamente ai misteri
quanti ne sono indegni, dopo averli richiamati al loro dovere, e al
fine di avere sempre un sollecito zelo per tutti. Così avremo Dio
propizio, moltiplicheremo il numero di coloro che partecipano
degnamente alla comunione e riceveremo una grande ricompensa per il
nostro interessamento e la nostra sollecitudine a favore dei
fratelli, ricompensa che io auguro a tutti noi di ottenere per la
grazia e l’amore di Gesù Cristo, nostro Signore. A lui la gloria
per i secoli dei secoli. Amen.
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