Questa
volta rispondo alla vostra lettera mentre albeggia... cosi nelle
tenebre della notte profonda, nel raggio ardente del sole e nella
calma mattutina sia lodato Dio sempre!
Sono
persuaso che Dio non si serve mai di un'anima sola nelle opere sue, e
ne associa sempre due o più, perché nessuna possa mai gloriarsi di
quello che è solo suo, e vi assicuro che sento che l'anima vostra mi
è associata in tante opere buone che dovrà fare in seguito il
Signore benedetto.
Forse
avrò agio di raccontarvi certi eventi della mia povera vita, e da
essi vedrete sempre di più che io non parlo per umiltà, ma per
realtà quando mi stimo quello che sono.
Molte
cose ho fatto nel campo del Signore, moltissime ne farò ancora, anzi
metterò il frastuono nel mondo intero, per volgere tutto alla gloria
di Dio, ma in tutte queste opere Dio si serve di me come della malta,
come del fango, come della trappola dirò così.
Sono
un istrumento semplice e nullo, che dalle opere sue piglia occasione
di glorificarlo, sono una povera lente che a volte concentra i suoi
raggi e pare un sole... in realtà è sempre un poco di vetro!...
Così in tutto rimane glorificato Dio solo, perché nessuno si glori
di sé. Questa è la più grande attività che possa avere una
creatura: diventare tanto inutile, tanto povera, tanto stolta, tanto
meschina, da rendersi capace di essere sostituita dalla bontà di
Dio. Così in me non troverete altro che ignoranza, che stoltezza,
che miseria, che povertà estrema, e sotto questo velo, che è
trasparente, potrete scorgere quel che opera Dio e che per me
desidero che non sia né merito, né gloria, perché non mi
appartiene niente! Per questo Dio mi fa incontrare con tante anime
che sono veramente sue; passa per me come fuoco e come lume; le
infiamma, le arde, le attiva, ed esse credono che sia io che opero e
non si gloriano di sé stesse; io so che è solamente Dio che agisce
e mi umilio profondamente, e godo nel vedere che questa volta la
polvere umana non può macchiare l'opera di Dio! Ne volete un
esempio?
Ho
parecchi amici in Francia ed in Inghilterra; sono anime innamorate di
Dio, vecchi ancora, con i quali sono intimo senza averli mai
conosciuti.
Fu
a caso che scrissi al Gesuita Dechevrens a Friburgo; egli fu preso in
trappola e per parecchi anni lavorammo insieme per la riforma del
Canto Gregoriano. Egli era un valore nella materia, forse l'uomo più
competente che vi sia mai stato, io ero un principiante; egli aveva
scritto opere colossali, io nulla. Egli desiderava il trionfo del suo
principio scientifico, io bramavo la glorificazione di Dio. Le sue
opere non avevano suscitato che lotte e si erano inaridite; Dio si
servi del più ignorante per trasformarle: io lavoravo, egli
correggeva. Mi sapeva fanciullo addirittura (allora avevo appena 24
anni); con tutto questo aveva la grande umiltà di stare ai miei
poveri giudizi pratici e mi voleva bene come un padre.
Io
scrissi un metodo vasto di canto sacro moderno ed antico, egli lo
ritoccò e l'opera per me non era mia, per Lui non era sua... Quale
dolcezza vedere cosi spuntare dalla miseria umana soltanto la gloria
di Dio e non poter dire mai: questo è frutto mio!
Egli,
gigante davvero, aveva sostenuto aspre polemiche in pubblici
congressi e ne era uscito amareggiato e malconcio, io povero nulla
con poche discussioni, con quel volumetto che voi avete, posi lo
scompiglio nel campo avversario e posi praticamente il germe di una
vera restaurazione che produrrà certamente i suoi frutti.
I
seguaci della Scuola Benedettina ne furono furenti, mi attaccarono
sulle loro riviste, strepitarono tanto, ma io ero un filo d'erba
inutile, e l'uragano non mi scuoteva perché operavo per Dio solo.
Per circostanze provvidenziali, Dio mi aveva fatto conoscere un
Consultore della Sacra Congregazione dei Riti a Roma, il quale prima
della piccola tempesta si dette conto con me di quello che poteva
ricondurre il decoro vero nella casa di Dio. Ne fu persuaso e nella
lotta fu lui che rispose, non io, fu lui che si attirò addosso anche
parecchie noie. Come vedete la Provvidenza era passata per me e non
aveva utilizzato che la mia ignoranza, ve lo dico davvero, e mi aveva
associato subito le anime grandi davvero, per operare.
Esse
credettero di vedere in me il sole e non si gloriarono di nulla, io
vidi in me le tenebre e mi umiliai, e così Dio ne fu glorificato!
Cosi
fece pure il Signore per la musica. Scrissi dei canti che mi uscivano
dal cuore, ma io non ho studiato mai né armonia, né contrappunto,
né composizione. Quel poco che so è frutto di preghiera e non di
studio.
Sapete
come compongo? Mi confesso, prego, poi vado al piano e mi lascio
guidare dalla bontà divina e dico: «Signore scrivi tu stesso quello
che serve a farti amare, a farmi dimenticare». È così che è
venuta fuori tutta la mia povera musica.
Ebbene
anche in questo Dio mi ha associato altre anime, ed ha fatto Lui
tutto, in modo che nessuno si fosse gloriato di niente. Un canonico
di Napoli, Vincenzo Torrente, mi diede a caso i versi, un arciprete
di un lontano paesello mi mandò le altre poesie che raccoglieva fra
le più belle, ed io scrivevo la musica.
Cantavo
in un paese di Calabria ed una nobile signorina volle che quei canti
fossero pubblicati. Io ero proprio poverello allora, avevo anche il
voto di non ricevere elemosine per le Messe, voto che poi Pio X volle
annullarmi; ebbene questa pia persona volle porre il danaro
occorrente per la prima pubblicazione. Fui costretto a cedere, benché
in fatto di soldi io abbia avuto per massima di non ricevere mai
nulla.
Odio
i soldi perché tante volte fanno offendere Dio e sono causa di tanti
malanni.
Un
giorno mi vengo giungere una lettera dalla Francia; era un gesuita
vecchio che mi scriveva. Era un musicista di grande valore che aveva
attraversato tante prove nella vita sua artistica e religiosa. Egli
mi si offri per cooperare a questa opera di gloria per Dio. Allora il
medesimo processo: io scrivevo, egli correggeva, nessuno si gloriava
di quello che aveva fatto e Dio solo ne rimaneva glorificato.
Ebbi
molte lodi da ogni parte, ebbi pure alcune critiche, ma non mi faceva
né caldo né freddo, essendo persuaso che Dio aveva fatto tutto.
Così un voto di plauso dell'Accademia Ceciliana di Roma mi sembrò
addirittura una burla fatta al mio povero nome, tanto ero e sono
persuaso di essere nulla. Questo santo vecchio (1) si trova
ora ad Enghien nel Belgio; io ne so notizie per mezzo di una sorella
sua che è suora ed è veramente una santa... quanta musica nuova ho
fatto e non la pubblico prima che egli non l'abbia rivista!
Anche
in questo impedimento della guerra vengo una via di Dio; quando sarà
finita, l'opera musicale potrà uscire completa; verrà un volume di
più di mille pagine, e sarà la lode del buon Dio, senza mescolanza
di vanità, di orgoglio, di vane compiacenze e di miserie umane...
sarà l'opera di Dio.
Sapete
come si legò a me questo gesuita? Quando io scrivo, ho per abitudine
di dire al Signore: «Sono un povero asino... scrivi tu stesso, o
Gesù mio, perché ogni parola sia vita ». Gesù scrisse quel che
era intimo all'anima di quest'uomo; egli se ne impressionò, ne fu
confortato, mi scambiò per un'anima buona, e per sua bontà mi volle
del bene, senza accorgersi che amava solo Gesù e che io sparivo.
Così
come l'acido corrode lo zinco là dove non è impressionato dalla
fotografia e ne emerge solo l'immagine impressa, gli eventi corrodono
quello che potrebbe essere mio e non emerge che l'immagine bella di
ciò che ha fatto Dio!
Se
vi dicessi tutti i segreti delle mie povere attività, vi
convincereste davvero che non esagero quando mi dico un nulla. Già è
la prima volta che io mi confido ad una anima con tanta intimità,
perché so che voi vagliate le cose come sono. Ebbene, dal momento
che io mi ci trovo vi dirò qualche altra cosa perché possiate
ammirare quanto è mirabile Dio nelle opere sue.
Sapete
quale è il segreto delle mie prediche, della mia esperienza, dei
miei scritti?
È
molto semplice: mi confesso quando sono passati gli otto giorni
dall'ultima confessione, o mi confesso novellamente quando la predica
che ho da fare è importante. Più difficile è il soggetto e più
prego. Salgo sul pulpito affidato a Gesù, ed ogni tanto mi rivolgo a
Lui, come il bimbo che ripete la sua lezione, per vedere se ripete
bene quel che mi mette nel cuore. Dopo averle fatte le scrivo per non
far perdere la parola di Dio, e le scrivo senza bozza, senza libri,
senza altro sforzo che l'affidamento completo in Lui solo!
Così
ho scritto molti volumi che al vostro ritorno potrò farvi leggere se
lo volete. Quanto più è importante l'uditorio, tanto più mi affido
a Gesù e gli dico: «Signore, sono un nulla, nutrisci tu queste
anime e fammi parlare secondo le loro necessità intime». Ed Egli
buono, buono, parla sempre Lui; io sono il portavoce che rende solo
più stridula la sua voce, e vi mescola un poco di fiato rarefatto e
putrido!
Alle
volte dico delle cose che mi sembrano fuori proposito, e poi mi
accorgo che qualche anima ne aveva bisogno; alle volte mi sento
inaridito, e vengo che allora Egli passa quasi diritto nei cuori...
chi può gloriarsi di niente? Ed Egli che mi sa bene a fondo mi fa
trovare sempre gente apparentemente fredda, ambienti ristretti, e
guadagno materiale nullo o quasi, perché l'opera è tutta Sua.
Nel
predicare, l'ambiente mi si riflette nell'anima: io sento in me gli
affetti, le miserie e le necessità di quelli che mi ascoltano e mi
proporziono ad essi. Quando l'ambiente è dissipato od umano, cioè
quando la gente non viene per Dio, il cuore mi si chiude e stento a
parlare, e debbo spesso nel mio interno dire al Signore: « Abbi
pietà di me e di loro».
Che
cosa direste voi di un fonografo che stridesse? Lo lodereste? Certo
di no! Lodereste chi ha parlato, chi ha cantato prima, mentre il
disco si imprimeva.
Dite
lo stesso di me. Per esperienza della mia vita vi dirò che Gesù mi
ha fatto passare per tutti gli stati possibili di vita e di animo,
perché voleva rendermi stolto istrumento della sua gloria. Io noto
che qualche nozione avuta tanti anni fa mi serve ora per qualcuno che
ne ha bisogno. Osservo tutto, noto tutto perché Egli me lo fa
osservare; poi me ne ricordo quando serve per la sua gloria soltanto.
Così
fin da fanciullo sono passato per tante prove e per tante vie
diverse. Mio padre mi faceva dormire nella stanzetta dei carboni,
solo e chiuso di dentro; non so perché. Avevo 8 o 9 anni e ricordo
che sulla mia branda militare (non avevo letto), mi offrivo al
Signore e m'immolavo a Lui avendo terrore della oscurità e del gatto
che saliva sul mio giaciglio a scherzare con i topi. Mio padre era
ingegnere e matematico, ma io ho sofferto la fame da fanciullo, e
spesso mi vestivo adattandomi io stesso i suoi abiti vecchi. Dio mi
abituava alla povertà ed alla privazione senza che io lo volessi. Mi
batteva spesso, fino a sangue, perché temeva che crescessi male.
Egli mi faceva la disciplina senza che io vi avessi pensato; ci
pensavo dopo, e Dio mi guidava.
Sempre
Dio solo, sul niente: è il carattere del mio nulla. Allora per
quante vie passavo nello spirito! Meditavo spesso tutto solo,
contemplavo le bellezze di Dio, ma non me ne accorgevo quasi.
Piccolo
piccolo per le strade me ne andavo per il sole per mortificarmi, e
volgevo gli occhi al cielo per pensare a Dio buono, e salutavo i
Sacerdoti senza conoscerli, per adorare il carattere di Gesù buono.
Quante
esperienze mi ha dato Dio fin dai primi anni.
Per
tutte le vie dello spirito ci sono passato: fui ardente di fervore, e
mangiavo il chinino per sentirne amarezza per Gesù, e mi pungevo, ed
avevo ideato di farmi una croce col piede della lavagna di papà per
mettermici sopra. Fui cattivo senza accorgermene, perché Gesù mi
sottrasse l'uso di ragione nell'età della malizia, e quasi fui ebete
in quei pochi anni. Fui scrupoloso a 14 anni, con grande mio
tormento; e soffrii sempre contraddizioni ed umiliazioni di ogni
specie con grande mia gioia.
Così
ho fatto la vita del solitario, e magari dell'estatico; una volta per
pochi istanti mi ritrovai persino nel cielo innanzi a Dio, e non so
dirvi quali istanti furono quelli, e come mi sentii nulla, nulla,
nulla, innanzi a Lui che vedevo, che percepivo, che amavo!
Nella
mia vita materiale ho fatto tutto: il falegname, il fabbricatore,
l'operaio, il maestro elementare, ginnasiale, Superiore ecc. tutto,
figlia mia, perché da tutto avessi pigliato occasione di glorificare
Dio in seguito.
Dio
mi volle persino nelle cose di Roma, e subii una lotta terribile per
circa sette anni, ed ebbi agio di conoscere tutto in questa lotta, e
di conoscerlo soffrendo tanto tanto, perché questo mi servirà
subito.
Così
trattai col S. Uffizio, con la Congregazione dei Regolari, perché
ero religioso, con quella del Concilio, col Papa stesso Pio X.
Io,
giovane naturalmente timido ed inceppato, ebbi addosso un uragano
provvidenziale, nel quale Gesù mi condusse passo passo per tutte le
prove.
Fui
trattato da pazzo e visitato senza risultato da uno dei primari di
Roma (2).
Il
mio ardore si scambiò per ossessione e fui esorcizzato, ma con esito
opposto, perché Dio si affermò allora e dimostrò che era Lui che
operava (3).
Fui
recluso in una casa del S. Uffizio a Roma; stetti abbandonato da
tutti e mi ridussi persino senza vesti, senza scarpe, senza cibo; per
23 giorni potetti mangiare 3 soldi di pane ed un po' d'acqua.
Eppure
allora sentivo tanta vita in me; e, scarno, ero presente dovunque per
l'onore di Dio. Fui scacciato anche dai miei, anche da casa mia, fui
avversato da tanti, anzi da tutti... Sarebbe lungo dirvi la causa di
questa lotta; ma vi dico solo che Dio la volle, Dio la dispose per
farmi avere esperienza di tutto.
Quali
furono i suoi fini? Io non posso dirlo precisamente, benché li
intuisca; debbo però dire che quando Lui opererà e metterà sotto
sopra tutto per restaurare tutto in Sé stesso, ancora una volta
dovrò confessare il mio nulla e riconoscere solo l'opera sua.
Dio
ha preparato grandi cose, figlia mia, ma nessuno dovrà gloriarsene
all'infuori di Lui: ecco il disegno suo sul mio nulla, eccolo anche
sull'anima vostra benedetta da Lui, eccola su quanti Egli ha
associati od assocerà a questi disegni di misericordia!
Oh,
quante volte ho benedetto Dio per avermi reso Dolore di nome e di
fatto! E siamo appena al principio, perché l'attività comincerà
quando Egli avrà preparato il mondo.
Oramai
io conosco l'ambiente; ho avuto agio di conoscere anche ciò che era
impossibile per me, anche le magagne della Massoneria, anche le
diaboliche turlupinature dello spiritismo, dell'ipnotismo... mi sono
trovato in tutto, e spero di sommergere tutto nel pelago dolce di
Dio, e di fare risaltare solo la sua dolcissima infinità.
Come
volete dunque, figlia mia buona, che dopo tanti eventi io possa
gloriarmi di me? Dio del resto vi ha provvisto bene e mi ha lasciato
tante miserie, tante stoltezze, tante rimembranze passate che io per
necessità debbo stare umiliato ed in una vita semplice e normale,
nella quale non attendo che il compimento della sua gloria soltanto!
È
così che le cose più grandi non mi fanno impressione, e non sento
che la necessità di umiliarmi! Una volta per es. stava per morire
una mia penitente lontano lontano. Mi mandò a chiamare ricordandomi
che le avevo promesso di assisterla. Non potevo andarvi e mi rivolsi
a Gesù: «Signore mandami ci tu o vacci tu stesso». Nel medesimo
momento essa mi vide vestito di bianco vicino al suo letto che la
benedicevo e guarì.
Io
sentii di esservi andato e glielo scrissi come cosa normale. Le
lettere si incrociarono, e la sua arrivò a me con la descrizione
dell'intervento di Gesù, mentre la mia arrivava a lei con queste
parole: «Mi pare che Gesù mi trasporti vicino a voi, e mi sento
nella vostra stanza ». Ad essa sembrò una cosa straordinaria, a me
no, francamente, perché non so che cosa vi sia di straordinario in
questo che Gesù soccorre un'anima.
Del
resto le mie miserie non mi danno tempo di pensare a quello che opera
Dio, ed anche da questo emerge la sua gloria soltanto!
Per
questo lasciate che io benedica anche queste miserie, come benedico
la morte, come benedico la guerra, come benedico quanto fa emergere
la nostra nullità e dà risalto a Dio soltanto! O figlia mia,
annulliamoci in Dio soltanto, e facciamo che Egli diventi il movente
di tutto: del vero, del bello, dell'arte, delle scienze, degli
affetti, della vita!
Muoviamoci,
operiamo, viviamo, ma solo perché Lui si muova, Lui operi, Lui viva!
Esaltiamolo sempre, ed utilizziamo tutto per esaltarlo, anche i
nostri medesimi peccati, il cui ricordo deve solo inabissarci in Lui
misericordioso e buono!
Lodiamolo
con la voce della Chiesa, lodiamolo nel cuore del Papa, esaltiamolo
nel suo Sacerdozio, e facciamo che nel nostro povero ardore si bruci
la paglia triste del mondo! Lodiamolo semplicemente sopra tutto,
abbandonandoci in Lui, senza preoccupazioni, senza ansie, senza
rammarichi, senza pianti, senza pesantezze, senza esagerazioni...
lodiamolo ed amiamolo come figliuoli!
Lodiamolo
vivendo di Gesù e con Gesù Eucarestia! Con Lui nel cuore la nostra
voce diventa espressiva, il nostro cuore palpita, l'anima nostra si
attiva, la nostra vita si trasforma, tutto si muta in bene, anche ciò
che è indifferente!
Lodiamolo
sotto il manto benedetto di Maria, nel Cuore materno di Lei... Essa
ci accompagnerà in questa via che fila da sé quando se ne è
trovato il principio!
Lodiamolo
sempre anche nella giovialità, nello scherzo, nella convenienza,
nella distrazione... viviamo alla sua presenza e saremo perfetti.
Esaltiamolo!
Noi siamo nulla, e se questo nulla è per la sua gloria, emerga esso,
pur dalle sue oscure profondità, come il verme che esce dal suo
nascondiglio alla luce del sole! L'umiltà non sta' nel celarsi ma
nel farsi eclissare dalla luce di Dio, non sta nei gemiti, ma nei
cantici sublimi dell'amore!... Amore mio Dio, tu solo sopra tutte le
cose, sopra me stesso, sopra la mia stessa pace... tu solo, tu
solo!...
Lodiamolo
Dio in sé stesso, nella sua vita intima... o Dio uno e Trino, Dio
infinito, Dio sapienza eterna, Dio amore sussistente... io ti adoro,
io ti amo, io mi annullo in te solo!... Dio mio!...
Qui
è il segreto vero della penetrazione degli arcani del cielo, figlia
mia, e voi ne avete provate le primizie guardando l'Ostia santa. Si,
non è stata illusione la vostra, è stata realtà, la prima realtà
della vostra novella vita di ascensioni celesti, che è sintetizzata
veramente nella parola immolazione!
Ed
avete fatto bene a non parlarne, perché le cose celesti sono come
l'etere, si svaporano quando sono messe a contatto dell'aria profana,
e quando non sono affidate a Dio od a chi lo rappresenta sulla terra.
Il non poter parlare con altri di quello che Dio opera intimamente in
noi è uno dei segni della realtà di questa operazione, e voi dovete
goderne.
Immolatevi
dunque, abbandonandovi a Lui solo; Egli si servirà dell'ambiente
vostro, del mondo, della amicizia stessa per immolarvi. Lasciatevi
guidare dallo Spirito suo e ripetetegli spesso: «Signore fa' di me
quello che vuoi». Non già in un anno solo, ma in tutta la vita
dovrà estendersi questa immolazione, e voi vedrete come Gesù saprà
rendervi vittima nell'intimo del vostro spirito.
Immolazione
ed espiazione sono le basi dell'opera che Dio sviluppa ora, e
ringraziatelo che vi ha associata a sé nella parte più bella e più
nobile di questa dolce via di misericordia.
Andate
pure a Roma nel nome di Dio e fatemi sapere il vostro nuovo
indirizzo. Là troverete le prime spine e le prime contraddizioni
negli ardori novelli del vostro cuore.
Sono
contento che abbiate disegnato la testa di Gesù; spero di poterla
ammirare. Cosi volevo io che si effigiasse Gesù, col cuore pieno di
amore per Lui. Quando l'avrò vista, spero che voi nel suo Nome vi
sforzerete di ritrarla su tela a grandezza naturale. Sapete, un'opera
d'arte può far fare tanti atti di amore a Lui. Il fotografo non mi
ha dato ancora le fotografie. Le manderò a voi per la vostra amica.
Vi
benedico di cuore nel Nome di Gesù. Ditemi quali sono le vostre
difficoltà sulla vita eterna e sulla vita delle anime e ve le
risolverò. Voi avete bisogno di conoscere molto a fondo le sublimi
meraviglie che sono nelle eterne verità per amare assai Dio.
Credetemi sempre
povero
nulla Sac. Dolindo Ruotolo
(1)
Il Padre Valeur - vedi Autobiografia IIIo Ed. pag. 157-158.
(2)
V. Autobiografia pag. 104 ed. III".
(3)
V. Autobiografia p. 112 ed. IIIo.
Tratto
da “Il piccone che scava i brillanti...”(Epistolario volume I) di
don Dolindo Ruotolo
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