venerdì 14 febbraio 2014

BEATA, SUOR GIUSEPPINA NICOLI Figlia della Carità (Casatisma, 18 novembre 1863 – Cagliari, 31 dicembre 1924 )





Il 18 novembre 1863, la famiglia di Carlo Nicoli, Pretore di Casatisma, paese della bassa pavese, per la quinta volta fu allietata dalla nascita di una bambina. Giuseppina nacque inattesa – non erano più attesi bambini nella famiglia – e questo fatto segnerà per sempre la sua personalità: per tutta la vita, la sua percezione del mondo e dell’esistenza sarà vissuta, nel più intimo, con un sentimento di gratuità. Giuseppina non nacque santa, ma Dio le preparò una famiglia santa, di una santità popolare, fatta di timore di Dio e di abbandono alla Provvidenza. Quando la famiglia andò ad abitare a Voghera, il parroco, don Giacomo Prinetti, si incaricò dell’accompagnamento spirituale della brillante giovane che rischiava di inorgoglirsi! La prova della sofferenza non tardò ad entrare in quella casa: la morte della piccola Paolina, di due anni, ed un anno più tardi, quella di Giovanni, suo fratello maggiore di un anno. Giuseppina comprese il mistero della vita, la sua provvisorietà. A contatto con il dolore, imparò a guardare il Crocifisso che diventò il suo segreto interlocutore. Fu in questo tempo che maturò il grande desiderio della sua vita: dedicarla a Gesù per amore. Si sentiva missionaria, desiderosa di far conoscere l’amore di Dio, ma non sapeva come avrebbe potuto realizzarlo. Lasciò al Signore la libertà di chiamarla secondo i suoi disegni. Frequentò la scuola Normale di Pavia dove ottenne il diploma di maestra col massimo dei voti. Rientrata a Voghera, si dedicò al servizio di alcune bambine povere che non potevano frequentare la scuola. La sua casa fu un vero e proprio “doposcuola” e fu l’esperienza di quell’anno a illuminarle il cammino.

Il suo direttore spirituale, don Giacomo Prinetti, le fece conoscere molto discretamente il Carisma delle Figlie della Carità che non conosceva. Giuseppina si fidò di lui e di Gesù che l’aveva conquistata nel più profondo di se stessa e scrisse alla Visitatrice della Provincia di Torino. La risposta fu positiva. Giuseppina entrò tra le figlie della Carità come Postulante il 24 settembre 1883, a Torino, dove passerà tre mesi prima di entrare in Seminario. Il Seminario (Noviziato) è un tempo di riflessione durante il quale la giovane suora è invitata a scoprire nella preghiera e nello studio, il carisma della Compagnia: darsi a Dio per servire i poveri in spirito di umiltà, semplicità e carità. Suor Giuseppina si trovava in pieno accordo con la spiritualità dei Fondatori, Vincenzo de’ Paoli e Luisa de Marillac, ed ebbe la gioia di finire il Seminario alla Casa Madre, 140 rue du Bac a Parigi. Di là scrisse a sua madre: “Sono felice di trovarmi alla culla della nostra Compagnia, dove si ricevono grazie speciali e dove la Madonna è apparsa a Santa Caterina Labouré.” La prima destinazione di suor Giuseppina è Cagliari; vi sbarca il primo gennaio 1885. Ha appena compiuto 21 anni. Nella sua nuova missione, s’inserisce assai bene, vive con audace entusiasmo la sua consacrazione a Dio. Destinata al Conservatorio della Provvidenza per fare scuola alle ragazze dell’Istituto, emergono prontamente i suoi talenti di grande educatrice e pedagoga. Suor Giuseppina sa cogliere le necessità e le difficoltà delle singole alunne, si fa amare da tutti e in Comunità è molto stimata dalle sue consorelle e dai Superiori. In ambito educativo privilegia la relazione personale con ogni alunna: un metodo che, per quel tempo, è una vera e propria rivoluzione nel campo educativo e scolastico.

La sua attività non si è mai limitata al solo insegnamento in Casa. Per i vicoli stretti del quartiere Castello, scopre una piaga sociale che a Cagliari è molto diffusa: numerosissimi bambini poveri e laceri, allo sbando e senza alcuna formazione umana e culturale. Il suo carisma educativo le permette di farsi accogliere e ascoltare; li avvicina, entra in amicizia con loro che la seguono nelle sua spontanea e amabile autorevolezza nonostante le inevitabili fatiche e difficoltà. Ne ha cura come una mamma, affianca, stimola ed incoraggia, rimprovera ed esorta; li guida nelle relazioni di apprendimento che, sulle prime, prendono corpo per strada dove meglio e di più riesce ad incontrarli. Li appassiona al catechismo e li riunisce presso i locali dell’Asilo Umberto e Margherita, attiguo al Conservatorio della Provvidenza. Dentro a un legame di forte amicizia che si consolida nel tempo, li raggruppa in associazione (l’Associazione dei “Luigini” in onore di San Luigi Gonzaga, protettore dei giovanissimi); in tale contesto emergono le loro più belle qualità, insegna loro a leggere e a scrivere; nelle attività ludiche di gruppo per ideare insieme la preparazione della festa annuale del loro patrono, San Luigi, culminante in una rappresentazione teatrale e in un grande pranzo in arcivescovado, affinano senso di responsabilità e di appartenenza, capacità comunicative, impegno, fiducia in sé stessi, aiuto vicendevole. Molti di loro, grazie a lei, trovano la forza per cambiare vita. Nel 1886, a Cagliari scoppia il colera, suor Nicoli si offre per assistere le famiglie povere della città. L’amministrazione comunale predispone grandi cucine economiche per la distribuzione di brodo e carne in vari punti della città tra cui il quartiere Castello; qui presso l’Asilo Umberto e Margherita, a due passi dal Conservatorio della Provvidenza, Suor Nicoli e altre sue consorelle sono in prima fila nell’assicurare i pasti caldi a più di 3000 bambini.

Nel 1892 suor Giuseppina accusa seri problemi polmonari, che la rendono spesso debole e affaticata, sintomo di una grave tubercolosi che la consumerà lentamente nei successivi trent’anni di vita sebbene lei non si risparmi. Nel 1899 è nominata superiora dell’Orfanotrofio di Sassari, altro Istituto concepito sul modello del Conservatorio di Cagliari. Qui la sua vitalità di donna matura esplode. Ridà slancio all’associazione delle Figlie di Maria, riunisce le Dame della Carità e le guida nel servizio verso i poveri, incentiva la scuola di catechismo raggiungendo ogni domenica circa 800 bambini e bambine, e soprattutto costituisce la Scuola di Religione per le giovani delle scuole superiori ed universitarie per prepararle ad essere buone maestre nella fede, soprattutto nei paesi dell’entroterra della Sardegna. Introduce le suore in carcere, per il sollievo delle carcerate. Eleva il livello di studio presso l’Istituto, per contrastare le idee massoniche presenti a Sassari che tentano di rendere debole la presenza dei cattolici in città. Collabora con Padre Manzella che già nel 1900 ha iniziato la sua attività di apostolato a Sassari. Nel 1910 suor Giuseppina, nominata Economa Provinciale della Comunità, lascia Sassari per Torino, non senza sofferenza, anche se ormai ha ben imparato a sublimare i distacchi. Un anno e mezzo dopo, viene scelta come Direttrice del Seminario (Noviziato). Con quest’incarico si dedica alla formazione delle giovani che si preparano a diventare Figlie della Carità. Vi resta però solo nove mesi, poiché, ammalatasi gravemente, viene nuovamente trasferita in Sardegna ove, per il clima più mite e temperato, i suoi bronchi intaccati dalla tubercolosi avrebbero potuto riprendersi.

Ritorna a Sassari, nel suo vecchio ed amato Orfanotrofio, e qui inizia il suo calvario interiore. Malintesi e false denigrazioni da parte dell’amministrazione, costringono i superiori al suo trasferimento. Ella rimane a loro completa disposizione, accettando, in un silenzio adorante il mistero di Cristo Crocifisso, l’insinuazione più dolorosa e annientante che potessero farle: di essere incapace a gestire l’opera. La Provvidenza la conduce così, il 7 agosto 1914, all’ultima tappa della sua vita, l’Asilo della Marina di Cagliari; qui s’incontra per la prima volta con suor Teresa Tambelli, di appena 10 anni di vocazione e 30 anni di età. Il Quartiere “Marina” è il centro di maggiore espansione urbana, ma anche del sovraffollamento delle famiglie povere che hanno per casa sottani e case malsane e, in mancanza di lavoro, sopravvivono attraverso espedienti non sempre leciti. Ai bambini, perché poveri, è negato il diritto allo studio e l’assenza di educazione favorisce in loro comportamenti devianti. Quando suor Nicoli fa il suo ingresso all’Asilo Marina, suor Teresa lavora alacremente, già da sette anni, nel vasto campo del servizio ai poveri di cui il quartiere sovrabbonda. Ella trova nella nuova suor servente, suor Nicoli, un’ottima sorella maggiore che, colma di ogni virtù umana e spirituale, la sostiene e incoraggia nel suo servizio ai poveri, molto moderno per quei tempi, per una donna, per di più una suora, che si “azzardava” ad uscire per il quartiere con l’unica “arma” del Rosario, entrare nelle casupole semibuie e superaffollate a portare conforto e un tozzo di pane. Dall’altra, suor Nicoli trova in suor Tambelli, la giovane suora che ogni suor servente vorrebbe incontrare; una persona mossa da un amore sconfinato per Cristo con una potente forza interiore vissuta nel dono di sé personale, di vita fraterna e di servizio con un impegno a tutto tondo nel vivere la carità secondo il carisma di San Vincenzo de’ Paoli. Vivono con nomi diversi la medesima realtà cioè la passione per Dio e per l’uomo, senza mediocrità, né compromessi, un uguale tensione di vita che le condurrà, sebbene in tempi diversi, a percorrere l’irto cammino di santità, fatto di prove e di calunnie che l’infido presidente dell’Asilo della Marina imporrà ad entrambe. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale rende tutto più difficile. Suor Tambelli, che conosce ormai assai bene i bassifondi del Quartiere, indica e fa conoscere a suor Nicoli le profonde, rovinose e segrete ferite della miseria e della povertà materiale insieme al degrado della povertà morale e spirituale. Suor Nicoli viene incontro alla necessità di formazione delle giovani, che riunisce attraverso la Scuola di Religione e le scuole dell’Istituto della Marina. S’interessa alle giovani della città che lavorano numerose nelle manifatture di tabacchi e le riunisce attraverso l’Opera dei Ritiri Spirituali. Si occupa anche delle giovani domestiche che arrivano dai paesi in città, per mettersi a servizio delle famiglie benestanti. Oltre i momenti di distensione e di gioioso stare insieme, Suor Giuseppina, insegna loro il catechismo, impartisce e fa impartire lezioni per imparare a leggere e a scrivere. Nasce la geniale associazione delle “Zitine”, perché sotto la protezione di santa Zita. Suor Giuseppina è nominata dal vescovo animatrice spirituale delle “Dorotee”, giovani donne laiche consacrate nel mondo, le riunisce nei locali della Marina e le stimola al servizio della carità. I poveri non le danno tregua. Sono troppe le famiglie del quartiere che con le sue compagne non poteva raggiungere.



Nel 1917, si impegna anche a dare sollievo ai numerosi casi di bambini scrofolosi e rachitici con l’apertura di una Colonia Marina al Poetto. Più di tutto però la notorietà di suor Nicoli è legata a “is piccioccus de crobi” (i ragazzi della cesta), molto noti in città per il loro particolare strumento di lavoro, “sa crobi” (la cesta). Is piccioccus diventano per lei la preoccupazione più assillante. Nugoli di questi ragazzetti scalzi, mal vestiti e denutriti, s’addensano in prossimità del mercato cittadino, che confina con l’Asilo della Marina. Si guadagnano da vivere portando dalla stazione o dal porto i bagagli di coloro che sostano in città e la spesa che le signore fanno al mercato. Spesso bussano alla porta dell’Asilo per chiedere di che sfamarsi. Suor Nicoli avvicina questi ragazzi con la stessa delicatezza di una buona mamma. Li conquista. Risponde ai loro inespressi e profondi bisogni e, benché spesso le si mostrino rozzi e ineducati, nutre per loro il sogno di un avvenire migliore. Pian piano con pazienza li attrae con la sua confidenza ed amicizia all’incontro con il Signore. Li ribattezza con il nome di “Marianelli”, ovvero “i monelli di Maria”, affidandoli così alla protezione della Vergine. Fa loro scuola. Li prepara a esercitare una professione. Li istruisce nella fede, stabilendo con loro un’alleanza educativa, che li restituisce alla vita sociale arricchiti della coscienza della propria dignità. Per continuare l’opera dei Marianelli, suor Nicoli interpella tutte le sorelle della comunità locale ma chi riesce in tutto e per tutto a star eroicamente dietro e fino in fondo alle esigenze di questa specifica missione educativa è suor Tambelli che porta avanti l’opera fino alla morte.

L’ultimo anno della sua vita, il 1924, suor Nicoli subisce un’ingiuria gravosa e falsa. Accetta in silenzio la calunnia. Il Presidente dell’amministrazione dell’Asilo della Marina pone questioni sull’esercizio dell’insegnamento, sostenendo che la scuola è proprietà dell’amministrazione. Se la gestione della scuola fosse caduta in mano all’amministrazione, le figlie della Carità non avrebbero più potuto istruire i poveri gratuitamente e avrebbero perso la libertà di insegnamento. La controversia tra l’amministrazione e le suore fa talmente clamore che finisce sui giornali locali; in alcuni di questi giornali si lanciano accuse calunniose sulla gestione economica delle suore. Suor Nicoli, non manca di affrontare direttamente il Presidente dell’amministrazione mostrando l’inesattezza dei suoi punti di accusa. Scrivendo ai superiori per informarli dell’evolversi degli eventi, riassume umiliazioni e sofferenze con una parola: ” ci schiacciano”. L’ardua prova è da lei vissuta e affrontata con molta serenità e forza interiore. Suor visitatrice comunica la decisione di togliere le suore dell’Asilo della Marina e suor Giuseppina viene incaricata di cercare altri locali per proseguire l’opera didattica della scuola, in piena libertà. Nel frattempo, costituitosi un comitato spontaneo di genitori guidato dall’avvocato Enrico Sanjust si arriva in breve a un giro di vite: alcuni del consiglio di amministrazione si dimettono e le pretese del Presidente si ridimensionano.

A settembre del 1924, quando ritorna il sereno e la campagna diffamatoria contro le suore della Marina è passata, la salute di suor Nicoli peggiora notevolmente. È spesso costretta a letto, le bronchiti si susseguono, la tosse fastidiosa non la lascia e frequenti si fanno gli sbocchi di sangue. Una situazione di alti e bassi che si protrae fino a dicembre del medesimo anno. Nei suoi ultimi giorni di vita suor Teresa Tambelli le è particolarmente vicina. E racconta i suoi ultimi momenti: “Il 29 dicembre – scrive suor Tambelli – suor Nicoli accoglie il presidente… sempre con il suo bel sorriso, lo ringrazia della bontà che ha avuto per lei e gli dice: ” pregherò per lei, per la sua famiglia e per l’Asilo della Marina. Il Presidente dell’Amministrazione riconosce l’errore. Sul letto di morte suor Giuseppina gli dispensa il perdono con un ampio sorriso. Suor Nicoli muore il 31 dicembre 1924. I suoi funerali si celebrano il primo gennaio, proprio lo stesso giorno in cui quarant’anni prima suor Nicoli era sbarcata in Sardegna.

È stata beatificata il 3 febbraio 2008 nella Cagliari che ha visto splendere la sua carità. Numerose sono le grazie che avvengono per sua intercessione. Il miracolo, riconosciuto per la sua beatificazione, riguarda un giovane militare di Milano guarito improvvisamente da un tumore osseo con tumefazione lombare. La carità è stata la regola di tutti i suoi pensieri, di tutte le sue parole, di tutte le sue azioni. In un cammino di umiltà, con cui si è nascosta agli applausi della gente, ha cercato di inabissarsi nell’amore di Cristo e ha pinta fin nel mistero profondo della carità verso i poveri come atto di amore verso il Signore Il Quale l’ha glorificata.

Tratto dal sito https://www.fdcsardegna.it/beata-giuseppina-nicoli-approfondimenti/





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