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- Che divino linguaggio per questo mio argomento! Ecchè, santa
donna, vi fa dunque morire la dolcezza? Alle volte infatti, come io
stessa ho sentito dire, la soavità è così intensa che l'anima
si liquefa, e sembra proprio che non possa più vivere. E voi allora
chiedete dei fiori? Ma quali fiori chiedete? Per il vostro male non
son essi un rimedio, a meno che non li chiediate per morire del
tutto, come veramente si desidera quando l'anima è giunta a questo
stato. Eppure non è questo che la sposa intende, perché dice:
Sostenetemi con i fiori. E domandare di essere sostenuta non mi
sembra che sia chiedere di morire, ma piuttosto di vivere onde
lavorare alquanto per Colui a cui si sente obbligata.
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- Non pensate, figliuole, che sia esagerato affermare che l'anima sta
morendo. Così è realmente, perché come vi ho già detto,
l'amore opera alle volte con tale violenza da impadronirsi di tutte
le forze naturali. Conosco una persona che essendo una volta in
questa orazione, udì cantare una bella voce. Assicura che per
l'eccesso della gioia e della soavità di cui si sentì da Dio
inondata, le sembrò che l'anima stesse per separarsi dal corpo,
come realmente sarebbe avvenuto se quel canto non fosse cessato. Buon
per lei che il Signore dispose che cessasse, perché ella da parte
sua, trovandosi in quello stato, avrebbe ben potuto morire, ma non
mai dire una parola per far sospendere il canto. Infatti il suo
esteriore giaceva in completa impotenza e immobilità , capiva il
rischio in cui era, ma pareva come uno profondamente addormentato che
sogna di trovarsi in un pericolo: vuole allontanarsi, ma, nonostante
i suoi sforzi, non riesce a parlare.
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- Tuttavia l'anima non vorrebbe uscire da quello stato. La morte non
le sarebbe penosa, anzi molto gradita e non fa che bramarla. Come
sarebbe felice di morire per la forza di tanto amore! Ma di quando in
quando il Signore le invia la sua luce per farle conoscere che le
conviene vivere. Ed ella allora, vedendo che la sua naturale
debolezza non può a lungo resistere sotto l'eccesso di quel gaudio,
ne domanda un altro che la sottragga a quello, e dice: Sostenetemi
con i fiori. Questi fiori hanno un profumo ben diverso da quelli che
odoriamo quaggiù. E con essi la sposa chiede di far grandi cose in
servizio di Dio e del prossimo, rinunciando volentieri a quelle
delizie e soavità pur di esserne esaudita. Vero è che con questo
sembra che ne venga quasi a scapitare, per il fatto che la sua
domanda risente più della vita attiva che della contemplativa; ma
qui Marta e Maria van quasi sempre d'accordo, perché l'interiore
opera sull'esteriore e su quanto ad esso si riferisce. Leopere
esteriori che procedono da questa radice sono fiori ammirabili e
profumatissimi. Sbocciando sull'albero del divino amore, perché
fatte unicamente per Iddio, senza alcun interesse personale,
effondono la loro fragranza in vantaggio di un gran numero di anime,
fragranza duratura che si fa sentire per molto tempo e produce grandi
effetti.
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- Voglio spiegarmi di più per farmi meglio capire. Un oratore tiene
una predica. Suo scopo è di far del bene alle anime. Tuttavia non
è così staccato da ogni umano interesse da non nutrire qualche
desiderio di piacere, sia per guadagnarsi stima ed onore che per
buscarsi qualche canonicato nel caso che predichi bene. E altrettanto
si dica di molte altre cose che si fanno in utilità del prossimo.
Con la buona intenzione si ha pure un'attentissima preoccupazione di
piacere e di non perdervi nulla. Si temono le persecuzioni; si
cercano le grazie dei re, dei grandi e del popolo: insomma, si
procede con quella discrezione che il mondo tanto apprezza e che
sotto il nome di discrezione nasconde una quantità di difetti. –
Piacesse
a
Dio che fosse vera discrezione!...
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- Si serve il Signore e si fa del bene anche così; ma non credo che
sian questi i fiori, ossia le opere che la sposa domanda, perché
ella nelle sue azioni non mira che all'onore e alla gloria di Dio. Le
anime giunte a questo stato dimenticano se stesse, come se più non
esistessero. Così ho inteso di
alcune, e ne sono sicura. Non
pensano se avranno da perdere o da guadagnare: unico loro scopo è
di servire e contentare il Signore. Conoscendo l'amore ch'Egli porta
ai suoi servi, rinunciano volentieri a ogni personale soddisfazione
per non contentare che Lui, servendo il prossimo e annunziando alle
anime nel miglior modo possibile le verità che fan loro del bene.
Delle perdite che esse potrebbero averne, no, non si preoccupano
affatto. Hanno innanzi il solo interesse del prossimo e nient'altro.
Per meglio piacere a Dio, dimenticano se stesse per gli altri, pronte
pure a morire, se occorre, come fecero molti martiri. Le loro parole
risentono di un grande amore di Dio. Nell'ebbrezza di questo vino
celeste, non solo non vien loro il dubbio di esser di disgusto agli
uomini, ma nemmeno se ne curano nel caso che loro venisse. Insomma,
sono anime che fanno un gran bene.
6
- Mi ricordo di quella santa Samaritana a cui ho pensato varie
volte. Ella doveva essere ferita dal dardo che si tempra al succo di
quest'erba. Oh, come aveva ben compreso le parole del Signore, se
l'abbandonò per dare ai suoi cittadini la possibilità di
approfittare di Lui e averne giovamento. Come la sua condotta
conferma quel che dico! E in ricompensa della sua grande carità,
meritò di essere creduta e di vedere il gran bene che il Signore
fece in quel paese. Credo che una delle più grandi consolazioni di
questa vita sia vedere le anime avvantaggiarsi per nostro mezzo. E'
allora che si mangia il frutto deliziosissimo di quei fiori. Felici
le anime a cui il Signore concede queste grazie! Essedevono
maggiormente servirlo. Correva quella santa donna, in preda a
un'ebbrezza divina, gettando grida per la strada... Ciò che mi
sorprende è vedere come quella gente abbia creduto a una donna, e a
una donna che non doveva essere di nobile condizione, perché andava
ad attinger acqua. Umile, sì, doveva essere, perché quando il
Signore le palesò i suoi peccati, non solo non se ne offese, come
si farebbe oggi nel mondo dove la verità è difficilmente
ascoltata, ma rispose che Egli doveva essere un profeta. – Fatto
sta che fu creduta, e per la sua parola molti uscirono di città per
andare incontro al Signore.
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- Insomma, non è a dire di quanta utilità sian coloro che dopo
essersi intrattenuti con Dio qualche anno nel godimento delle sue
delizie e dei suoi favori, accettano di servirlo anche nelle cose
penose, nonostante che per esse debbano sacrificare così dolci
consolazioni. Quei loro fiori di opere, usciti e sbocciati
sull'albero di un così intenso amore, hanno un
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- Poi da quei fiori derivano i frutti, che sono i pomi di cui parla
la sposa quando dice: “Fortificatemi con i pomi! – Signore,
datemi travagli e persecuzioni!”. Lo desidera veramente e ne esce
con grandi effetti. Dimentica di ogni suo personale interesse, non
pensa che a contentare il Signore, godendo immensamente di imitare
almeno in qualche cosa la vita penosissima di Cristo. Per melo
intendo l'albero della croce, secondo l'altro passo dei Cantici: Ti
ho suscitato sotto un albero di melo. Gran sollievo per un'anima
abitualmente immersa nelle delizie della contemplazione è vedersi
circondata da croci, travagli e persecuzioni. La sofferenza le è di
grandissima gioia, anche perché non prova in esse
quell'indebolimento e consunzione di energie che deve produrre la
contemplazione quando le potenze vi si sospendono di frequente.
Perciò l'anima ha ragione di domandar patimenti. Non conviene star
sempre nella gioia senza aver mai da soffrire. Questo io ho osservato
attentamente in alcune persone, il cui numero, purtroppo, non è che
assai esiguo, a causa dei nostri peccati. Più esse sono innanzi in
quest'orazione e inondate di maggiori delizie, più si consacrano ai
bisogni del prossimo, specialmente alle necessità delle anime,
pronte, sembra, anche a sacrificare mille vite pur di trarne una sola
dal peccato mortale, come ho già detto in principio.
9
- Ma chi potrà convincerne le anime che il Signore comincia a
favorire delle sue delizie? Anzi, parrà loro che quelle conducono
una vita dissipata, e che sia meglio rimanersene in un angolo a
godere di quel bene. Ma credo che sia per una grazia della divina
provvidenza se non comprendono il grado di perfezione a cui quelle
sono giunte, perché altrimenti, nel fervore degli inizi, potrebbero
pretendere di arrivar subito a quell'altezza, che per il momento non
conviene a loro. Non si sono ancora fortificate, ed han bisogno di
continuare per altri giorni a nutrirsi con il latte di cui ho parlato
in principio. Stiano attaccate alle divine mammelle, sicure che
quando si saranno fortificate, il Signore le porterà più in alto.
Senza diquesto, non solo non farebbero agli altri il bene che si
immaginano, ma sarebbero di danno a loro stesse. – Siccome nel
libro di cui vi ho parlato troverete esposto minutamente quando
un'anima deve uscire dalla solitudine per rendersi utile al prossimo
e il danno che le verrebbe
uscendone troppo presto, qui non voglio
ripetermi né estendermi di più.
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- Mia intenzione nel cominciare questo scritto era d'insegnarvi a
trovare le vostre consolazioni nelle parole dei Cantici che vi
avvenisse di udire, e a meditare i grandi misteri che sono in esse
racchiusi, nonostante l'oscurità che presentano. Temerario sarebbe
voler dire di più. E Dio non voglia che ciò sia di me in quello
che ho scritto, benché non abbia fatto che obbedire a chi me l'ha
comandato. Si degni il Signore di ricavarne la sua gloria! Siate
intanto persuase che se in questo scritto vi è qualche cosa di
buono, ciò non viene da me, anche per la fretta con cui l'ho
composto, a causa delle mie molte occupazioni, come sanno le monache
di qui. Piuttosto pregate il Signore che mi faccia intendere per
esperienza quanto vi ho detto. Quella fra voi che crederà di
goderne qualche cosa, ne ringrazi il Signore e gli domandi la
medesima grazia per me, affinché il guadagno non sia soltanto per
lei. – Si degni il Signore di sorreggerci con la sua mano
e
d'insegnarci il modo di far sempre la sua volontà. Amen.
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