Siamo
entrati nel tempo di Quaresima, tempo di penitenza, di purificazione,
di conversione. Non è un compito facile. Il cristianesimo non è un
cammino comodo: non basta “stare” nella Chiesa e far passare gli
anni. Nella nostra vita, vita di cristiani, la prima conversione —
quel momento irripetibile, indimenticabile, in cui si vede con tanta
chiarezza tutto ciò che il Signore ci chiede — è importante; però
ancora più importanti e difficili sono le conversioni successive.
Per agevolare l’opera della grazia divina che si manifesta in esse,
occorre conservare un animo giovane, invocare il Signore, ascoltarlo,
scoprire ciò che in noi non va, chiedere perdono.
Invocabit
me et ego exaudiam eum, se mi invocherete vi ascolterò, dice il
Signore
1
.
Considerate quanto è meravigliosa la sollecitudine di Dio verso di
noi; è sempre disposto ad ascoltarci, sempre attento alla parola
dell’uomo. In ogni tempo — ma ora in modo speciale, perché il
nostro cuore è ben disposto, deciso a purificarsi — Egli ci
ascolta e non sarà sordo alle richieste di un cuore contrito e
umiliato
2
.
Il
Signore ci ascolta per intervenire, per entrare nella nostra vita,
liberarci dal male, colmarci di bene: Eripiam eum et glorificabo eum
3
,
ci libererà e ci glorificherà. Ecco la speranza della gloria:
ritroviamo qui, come già in altre occasioni, l’inizio di
quell’intimo movimento che è la vita spirituale. La speranza di
questa glorificazione accresce la nostra fede e stimola la nostra
carità. In tal modo le tre virtù teologali, virtù divine che ci
fanno simili a Dio nostro Padre, diventano operanti.
Quale
miglior modo di cominciare la Quaresima? Il rinnovamento della fede,
della speranza e della carità è la fonte dello spirito di
penitenza, che è desiderio di purificazione. La Quaresima non è
solo un’occasione per intensificare le nostre pratiche esteriori di
mortificazione: se pensassimo che è solo questo, ci sfuggirebbe il
suo significato più profondo per la vita cristiana, perché quegli
atti esterni — vi ripeto — sono frutto della fede, della
speranza, dell’amore.
Qui
habitat in adiutorio Altissimi, in protectione Dei coeli
commorabitur4, abitare sotto la protezione di Dio, vivere con Dio: in
questo consiste la rischiosa sicurezza del cristiano. Bisogna
persuadersi che Dio ci ascolta, che è accanto a noi: e il nostro
cuore si riempirà di pace. Ma vivere con Dio è indubbiamente un
rischio, perché il Signore non si accontenta di condividere: chiede
tutto. E avvicinarsi un po’ di più a Lui vuoi dire essere disposti
a una nuova conversione, a una nuova rettificazione, ad ascoltare più
attentamente le sue ispirazioni, i santi desideri che egli fa
sbocciare nella nostra anima, e a metterli in pratica.
1
Sal 90, 15 (introito della Messa). 2 Sal 50, 19. 3 Sal 90, 15
(introito della Messa). 4 Sal 90, 1.
Certo,
dai tempi della nostra prima decisione cosciente di vivere
integramente la dottrina di Cristo, abbiamo fatto molti passi sulla
strada della fedeltà alla sua Parola. Eppure, non è vero che
restano ancora tante cose da fare? Non è vero che resta,
soprattutto, tanta superbia? C’è indubbiamente bisogno di un nuovo
cambiamento, di una lealtà più piena, di un’u miltà più
profonda, affinché diminuisca il nostro egoismo e Cristo cresca in
noi; infatti, illum oportet crescere, me autem minui5, bisogna che
Egli cresca e che io sminuisca.
Non
si può rimanere inerti. È necessario avanzare verso la meta
indicata da san Paolo: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in
me6. L’ambizione è grande e nobile: è l’identificazione con
Cristo, la santità. D’altronde non c’è altra strada se si
desidera essere coerenti con la vita divina che Dio stesso, mediante
il battesimo, ha fatto nascere nelle nostre anime. Andare avanti
significa progredire in santità; si retrocede, invece, se si
rinuncia allo sviluppo della vita cristiana. Il fuoco dell’amore di
Dio ha bisogno di essere alimentato, di crescere ogni giorno, di
gettare profonde radici nell’anima; e il fuoco si mantiene vivo a
condizione di bruciare cose sempre nuove. Se non avvampa, rischia di
estinguersi.
Ricordate
le parole di Sant’Agostino: Se dici basta, sei perduto. Guarda
sempre avanti, cammina sempre, avanza sempre. Non restare allo stesso
posto, non retrocedere, non sbagliare strada
7
.
La
Quaresima ci pone davanti a degli interrogativi fondamentali: cresce
la mia fedeltà a Cristo, il mio desiderio di santità? Cresce la
generosità apostolica nella mia vita di ogni giorno, nel mio lavoro
ordinario, fra i miei colleghi? Ognuno risponda silenziosamente, in
cuor suo, a queste domande e scoprirà che è necessaria una nuova
trasformazione perché Cristo viva in noi, perché la sua immagine si
rifletta limpidamente nella nostra condotta.
Se
qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni
giorno la sua croce e mi segua8. È Cristo che ce lo ripete di nuovo,
sottovoce, intimamente: la Croce ogni giorno. Non è solo — scrive
san Gerolamo — in tempo di persecuzione e sotto la costrizione del
martirio che dobbiamo rinnegare noi stessi quali eravamo in passato,
ma in ogni attimo della nostra vita, nelle opere, nei pensieri e
nelle parole; e dobbiamo far vedere che siamo degli esseri
effettivamente rinati in Cristo9.
Queste
considerazioni non sono, in realtà, altro che l’eco di quelle
dell’Apostolo: Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel
Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto
della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò
che è gradito al Signore10.
La
conversione è cosa di un istante; la santificazione è opera di
tutta la vita. Il seme divino della carità, che Dio ha posto nelle
nostre anime, aspira a crescere, a manifestarsi in opere e a produrre
frutti che in ogni momento corrispondano ai desideri del Signore. È
5
Gv 3, 30. 6 Gal 2, 20. 7 SANT'AGOSTINO, Sermo 169, 15 (PL 38, 926). 8
Lc 9, 23. 9 SAN GEROLAMO, Ep 121, 3 (PL 22, 1013). 10 Ef 5, 8-10.
indispensabile
quindi essere disposti a ricominciare, a ritrovare, nelle nuove
situazioni della nostra vita, la luce e l’impulso della prima
conversione. E questa è la ragione per cui dobbiamo prepararci con
un approfondito esame di coscienza, chiedendo aiuto al Signore, per
poterlo conoscere meglio e per conoscere meglio noi stessi. Se
vogliamo convertirci di nuovo, questa è l’unica strada.
Il
tempo propizio
Exhortamur
ne in vacuum gratiam Dei recipiatis
11
,
esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio. La grazia divina
potrà colmare la nostra anima in questa Quaresima, purché non
chiudiamo le porte del cuore. Dobbiamo avere buone disposizioni, il
desiderio di trasformarci veramente, di non giocare con la grazia di
Dio.
Non
mi piace parlare di timore, perché ciò che muove il cristiano è
l’amore d i Dio che è stato manifestato in Cristo e che ci insegna
ad amare tutti gli uomini e l’intera creazione; dobbiamo però
parlare di responsabilità, di serietà. Non vi fate illusioni — ci
avverte l’Apostolo — , non ci si può prendere gioco di Dio12.
Bisogna
decidersi. Non si può vivere con quelle due candele che, secondo il
detto popolare, ogni uomo tiene accese: una a san Michele e una al
demonio. Bisogna spegnere la candela del demonio. Dobbiamo consumare
la nostra vita facendola ardere tutta intera al servizio di Dio. Se
il nostro desiderio di santità è sincero e docilmente ci mettiamo
nelle mani di Dio, tutto andrà bene. Perché Dio è sempre disposto
a darci la sua grazia e, specialmente in questo tempo, la grazia per
una nuova conversione, per un miglioramento della nostra vita di
cristiani.
Non
possiamo considerare la Quaresima come un periodo qualsiasi, una
ripetizione ciclica dell’anno liturgico. È un momento unico; è un
aiuto divino che bisogna accogliere. Gesù passa accanto a noi e
attende da noi — oggi, ora — un rinnovamento profondo.
Ecce
nunc tempus accettabile, ecce nunc dies salutis
13
:
è il tempo propizio, l’occasione della salvezza. Si sente di nuovo
il richiamo del Buon Pastore, la sua voce affettuosa: Ego vocavi te
nomine tuo
14
.
Ci chiama per nome, a uno a uno, con l’appellativo famigliare con
cui ci chiamano le persone che ci amano. La tenerezza di Gesù è
inesprimibile.
Considerate
con me quanto è meraviglioso l’amore di Dio: il Signore ci viene
incontro, ci aspetta, attende lungo la strada in modo che non
possiamo fare a meno di vederlo. E ci chiama personalmente,
parlandoci delle nostre cose, che sono anche le sue: muove la nostra
coscienza al pentimento, l’apre alla generosità e imprime nelle
nostre anime il desiderio di essere fedeli e poterci chiamare suoi
discepoli. Ci basta percepire queste intime parole della grazia, che
suonano come un rimprovero sempre affettuoso, per renderci conto che
Egli non ci ha dimenticati in tutto il tempo in cui noi, per nostra
colpa, non ci siamo accorti di Lui. Cristo ci ama con l’amore
infinito del suo Cuore divino.
11
2 Cor 6, 1 (epistola della Messa). 12 Gal 6, 7. 13 2 Cor 6, 2
(epistola della Messa). 14 Is 43, 1.
Guardate
come insiste: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della
salvezza ti ho soccorso15. Ti promette la gloria, il suo amore; te li
dà al momento opportuno e ti chiama. E tu, che cosa dai al Signore?
Come risponderai? Come risponderò io stesso all’amore di Gesù che
passa accanto a noi?
Ecce
nunc dies salutis, ecco, oggi è il giorno della salvezza. L’appello
del Buon Pastore giunge sino a noi: Ego vocavi te nomine tuo, ho
chiamato te, per nome. Bisogna rispondere — amore con amor si paga
— dicendo: Ecce ego, quia vocasti me
16
,
mi hai chiamato, eccomi: sono deciso a non fare che il tempo di
Quaresima passi come l’acqua sui sassi, senza lasciare traccia; mi
lascerò penetrare, trasformare; mi convertirò, mi rivolgerò di
nuovo al Signore, amandolo come Egli vuole essere amato.
Amerai
il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e
con tutta la tua mente17. Che cosa resta del tuo cuore — commenta
Sant’Agostino — perché tu possa amare te stesso? Che cosa resta
della tua anima e della tua mente? “Ex toto, Egli dice, con tutto”.
Totum exigit te, qui fecit te18, Colui che ti fece, ti vuole tutto.
Dopo
questa professione d’amore, bisogna comportarsi come veri
innamorati di Dio. In omnibus exhibeamus nosmetipsos sicut Dei
ministros19, comportiamoci in ogni occasione come servitori del
Signore. Se ti dai a Lui come Lui vuole, l’azione divina si
manifesterà nella tua condotta professionale, nel lavoro,
nell’impegno per rendere divine le cose um ane, grandi o piccole
che siano, perché mediante l’amore tutte acquistano una nuova
dimensione.
Ma
in questa Quaresima non possiamo dimenticare che voler essere
servitori di Dio non è facile. Il testo di san Paolo propostoci
dalla Messa di oggi ce ne ricorda le difficoltà: Come ministri di
Dio — scrive l’Apostolo — con molta fermezza nelle
tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle
prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con
purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore
sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio
20
.
Nei
momenti più diversi della vita, in tutte le situazioni, dobbiamo
comportarci come servitori di Dio, sapendo che il Signore è con noi,
e noi siamo suoi figli. Bisogna essere consapevoli della radice
divina della nostra vita e agire in conseguenza.
Le
parole dell’Apostolo devono riempirvi di gioia, perché sono la
canonizzazione della vostra vocazione, quella di cristiani comuni, di
coloro che vivono in mezzo al mondo condividendo con gli altri
uomini, loro uguali, affanni, fatiche e gioie. Tutto questo è un
cammino divino. Ciò che il Signore vi chiede è di agire, in ogni
momento, come suoi figli e servitori.
15
2 Cor 6, 2 (epistola della Messa). 16 1 Sam 3, 5. 17 Mt 22, 37. 18
SANT'AGOSTINO, Sermo 34, 4, 7 (PL 38, 212). 19 2 Cor 6, 4 (epistola
della Messa). 20 2 Cor 6, 4-7.
Non
dimentichiamo però che le circostanze ordinarie della vita sono
cammino divino se veramente ci convertiamo e ci doniamo. Perché il
linguaggio di san Paolo è duro: promette al cristiano una vita
difficile, rischiosa, in perpetua tensione. Come è stato sfigurato
il cristianesimo quando se ne è voluto fare una via comoda! Ma
sfigura la verità anche chi pensasse che questa vita profonda e
seria, che conosce vivamente tutti gli ostacoli dell’esistenza
umana, sia una vita angosciata, fatta di oppressione e di paura.
Il
cristiano è realista, di un realismo soprannaturale e umano che
avverte tutte le sfaccettature della vita: il dolore e la gioia, la
sofferenza propria e altrui, la sicurezza e il dubbio, la generosità
e la tendenza dell’egoismo. Il cristiano conosce tutto e affronta
tutto, ricco di maturità umana e della fortezza che riceve da Dio.
Le
tentazioni di Gesù
La
Quaresima commemora i quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto,
in preparazione agli anni di predicazione che culminarono nella Croce
e nella gloria della Pasqua. Quaranta giorni di preghiera e di
penitenza. Al loro termine, avviene l’episodio che la liturgia di
oggi offre alla nostra considerazione nel Vangelo della Messa: le
tentazioni di Gesù21. Un episodio pieno di mistero, che l’uomo
cerca invano di capire — Dio che si sottomette alla tentazione, che
lascia agire il Maligno — ma che può essere meditato chiedendo al
Signore che ci faccia comprendere l’insegnamento che vi è
contenuto.
Gesù
tentato. La tradizione spiega questa scena considerando che Nostro
Signore, per darci esempio in tutto, volle subire anche la
tentazione. E infatti è così, perché Gesù fu perfetto uomo,
uguale a noi in tutto, meno che nel peccato
22
.
Dopo i quaranta giorni di digiuno, mangiando solo — forse — erba
e radici e bevendo un po’ d’acqua, Gesù sente fame: fame vera,
come quella di qualsiasi creatura. E quando il diavolo gli propone di
cambiare in pane le pietre, Nostro Signore non solo rifiuta
l’alimento che il suo corpo reclama, ma allontana da sé un
incitamento più grave, quello di usare del suo potere divino per
risolvere, se così si può dire, un problema personale.
Lo
avrete notato voi stessi leggendo il Vangelo: Gesù non fa miracoli
in favore di se stesso. Cambia l’acqua in vino per gli sposi di
Cana 23 e moltiplica i pani e i pesci per sfamare la folla
24
:
ma Lui si guadagna il pane, per lunghi anni, col suo lavoro. E più
tardi, pellegrino per le contrade di Israele, vive dell’aiuto di
quelli che lo seguono 25.
Racconta
san Giovanni che, dopo un lungo viaggio, giunto al pozzo di Sicar,
Gesù manda i suoi discepoli al paese vicino a cercare provviste; ed
Egli vedendo avvicinarsi una samaritana, chiede dell’acqua, poiché
non ha di che procurarsene
26
.
Il suo corpo, affaticato dal lungo cammino, sperimenta la stanchezza
e la sete. In altre occasioni, per riacquistare le
21
Cfr Mt 4, 1-11. 22 CFR Eb 4, 15. 23 Cfr Gv 2, 1-11. 24 Cfr Mc 6,
33-46. 25 Cfr Mt 27, 55. 26 Cfr Gv 4, 4 ss.
forze,
si abbandona al sonno
27
:
generosità del Signore che si umilia, che accetta in pieno la
condizione umana, che non si serve del suo potere divino per sfuggire
alle difficoltà o allo sforzo; che ci insegna a essere forti, ad
amare il lavoro, ad apprezzare la nobiltà umana e divina di
assaporare le conseguenze del dono di sé.
Nella
seconda tentazione, quando il diavolo gli propone di gettarsi
dall’alto del Tempio, Gesù rifiuta di nuovo di servirsi del suo
potere divino. Egli non cerca la vanagloria, lo spettacolo, la
commedia umana di chi pretende servirsi di Dio come scenario della
propria eccellenza. Gesù vuole compiere la volontà del Padre senza
affrettare i tempi né anticipare l’ora dei miracoli; vuole
percorrere passo per passo il faticoso sentiero degli uomini,
l’amabile cammino della Croce.
Qualcosa
di simile accade nella terza tentazione: gli vengono offerti regni,
potere, gloria. Il demonio pretende di estendere agli oggetti delle
ambizioni umane l’adorazione che è dovuta solo a Dio: promette una
vita facile a chi si prostra davanti a lui, davanti agli idoli.
Nostro Signore riporta l’adorazione al suo unico e vero fine, a
Dio, e riafferma la sua volontà di servizio: Allontànati da me,
Satana, perché sta scritto: adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo
servirai28.
Impariamo
da Gesù. Nella sua vita terrena non ha voluto la gloria che gli
spettava: pur avendo diritto a essere trattato come Dio, assunse le
sembianze di servo, di schiavo29. Il cristiano impara così che tutta
la gloria è per Iddio, e che non può servirsi della grandezza
sublime del Vangelo come strumento di ambizioni e di interessi umani.
Impariamo
da Gesù. Il suo atteggiamento nell’opporsi a ogni gloria umana è
in perfetta correlazione con la grandezza incomparabile della sua
missione: quella del Figlio amatissimo di Dio che si incarna per la
salvezza degli uomini. Una missione che l’amore del Padre ha
circondato di una sollecitudine piena di tenerezza: Filius meus es
tu, ego hodie genui te. Postula a me et dabo tibi gentes hereditatem
tuam
30
:
tu sei mio figlio, oggi ti ho generato. Chiedi, e ti darò le genti
in eredità.
Il
cristiano che, seguendo Cristo, vive in atteggiamento di piena
adorazione del Padre, riceve anche lui dal Signore parole di amorosa
sollecitudine: Lo salverò, perché a me si è affidato; lo esalterò,
perché ha conosciuto il mio nome
31
.
Gli
angeli, nostri amici
Gesù
ha detto di no al demonio, al principe delle tenebre. E subito si
manifesta la luce: Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si
accostarono e lo servivano32. Gesù ha superato la prova; una vera
prova, commenta sant’Ambrogio, perché Egli non agì come Dio,
27
Cfr Lc 8, 23. 28 Mt 4, 10. 29 Cfr Fil 2, 6-7. 30 Sal 2, 7-8. 31 Sal
90, 14 (tratto della Messa). 32 Mt 4, 11.
usandone
il potere — altrimenti, a che ci sarebbe servito il suo esempio? —
ma come uomo, servendosi dei mezzi che aveva in comune con noi33.
Il
demonio ha citato con perfidia l’Antico Testamento: Dio darà
ordine ai suoi angeli di custodire il giusto in tutti i suoi passi34.
Ma Gesù, rifiutandosi di tentare il Padre, restituisce al passo
biblico il suo vero significato e infatti, al momento opportuno, come
conseguenza della sua fedeltà, vengono i messaggeri di Dio Padre a
servirlo.
La
tattica usata da Satana con Gesù nostro Signore merita d’essere
considerata: si se rve di passi dei libri sacri, ma ne sfigura il
senso in modo blasfemo. Gesù non si lascia ingannare: il Verbo fatto
carne conosce bene la Parola divina, scritta per la salvezza degli
uomini e non per loro confusione e condanna. Ne possiamo dedurre che
chi è unito a Gesù con l’amore non si lascerà mai ingannare da
fraudolente interpretazioni della Scrittura, perché sa che è tipica
opera del diavolo cercare di confondere la coscienza cristiana
adoperando dolosamente le parole della Sapienza eterna per
trasformare la luce in tenebre.
Soffermiamoci
a contemplare l’intervento degli angeli nella vita di Gesù per
capire meglio il loro compito — la missione angelica — nella vita
umana. La tradizione cristiana descrive l’Angelo Custode come un
grande amico che Dio ha messo accanto a ogni uomo per accompagnarlo
nel suo cammino. E per questo ci invita a conoscerlo, a rivolgerci a
lui.
La
Chiesa, facendoci meditare questi passi della vita di Gesù, ci
ricorda che nel tempo di Quaresima — tempo in cui ci riconosciamo
peccatori, pieni di miserie, bisognosi di purificazione — c’è
posto anche per la gioia. Perché la Quaresima è anche tempo di
fortezza e di gaudio. Dobbiamo sentirci pieni di coraggio, perché la
grazia del Signore non può mancare: Dio sarà sempre accanto a noi e
manderà i suoi angeli perché siano i nostri compagni di viaggio, i
nostri prudenti consiglieri lungo la via, i collaboratori in tutte le
nostre imprese. In manibus suis portabunt te, ne forte offendas ad
lapidem pedem tuum35; gli angeli ti terranno per mano, affinché il
tuo piede non inciampi nei sassi.
Dobbiamo
imparare a trattare gli angeli. Rivolgiamoci a loro in questo
momento. Parla al tuo Angelo Custode e digli che le acque
soprannaturali della Quaresima non stanno passando invano sulla tua
anima, ma penetrano in profondità, perché il tuo cuore è contrito.
Chiedigli di presentare al Signore quella buona volontà che la
grazia fa germogliare dalla tua miseria come un giglio che fiorisce
nel letame. Sancti Angeli, custodes nostri, defendite nos in proelio,
ut non pereamus in tremendo iudicio
36
:
santi Angeli Custodi, difendeteci nella battaglia, affinché non sia
decretata la nostra morte nel tremendo giudizio.
Filiazione
divina
Come
si spiega questa preghiera fiduciosa, questa sicurezza di essere
protetti nella battaglia? È una convinzione che si basa su una
realtà che non mi stancherò mai di ammirare: la nostra filiazione
divina. Il Signore, che in questa Quaresima ci chiede di
33
SANT'AMBROGIO, Expositio Ev. sec. Lucam 1, 4, 20 (PL 15, 1525). 34
Cfr Sal 90, 11 (tratto della Messa). 35 Sal 90, 12 (tratto ella
Messa). 36 Da una preghiera a San Michele, nelle sue feste
liturgiche.
convertirci,
non è un dominatore tirannico né un giudice rigido e implacabile: è
nostro Padre. Ci parla dei nostri peccati, dei nostri errori, della
nostra mancanza di generosità; ma lo fa per liberarci da tutto
questo e offrirci la sua amicizia e il suo amore. La consapevolezza
della nostra filiazione divina riempie di gioia la nostra
conversione: ci dice che stiamo tornando alla casa del Padre.
La
filiazione divina è il fondamento dello spirito dell’Opus Dei.
Tutti gli uomini sono figli di Dio. Ma un figlio si può comportare
con suo padre in diverse maniere. Bisogna rendersi conto che il
Signore, volendoci suoi figli, ci ha ammessi a vivere nella sua casa,
in mezzo al mondo: ha voluto che fossimo della sua famiglia, che
tutte le cose sue fossero nostre e le nostre sue, che lo trattassimo
con tanta familiarità e fiducia da chiedergli, come fa il bambino,
la luna!
Un
figlio di Dio tratta il Signore come Padre. Non con ossequio servile
né con riverenza formale, ma con sincerità e fiducia.
Dio
non si scandalizza degli uomini, non si stanca delle nostre
infedeltà. Il Padre del Cielo perdona qualsiasi offesa, quando il
figlio torna a Lui, quando si pente e chiede perdono. Anzi, il
Signore è a tal punto Padre da prevenire il nostro desiderio di
perdono: è Lui a farsi avanti aprendoci le braccia con la sua
grazia.
Non
vi dico cose di mia invenzione. Basta ricordare la parabola che il
Figlio di Dio ci ha narrato per farci capire l’amore del Padre che
è nei Cieli: la parabola del figliol prodigo
37
.
Quando
era ancora lontano — dice la Scrittura — , suo padre lo vide e si
commosse profondamente; gli corse incontro, gli gettò le braccia al
collo e lo coprì di baci
38
.
Le parole del testo sacro sono proprio queste: lo coprì di baci. Si
può parlare in maniera più umana? Si può descrivere con maggior
evidenza l’amore paterno di Dio per gli uomini? Davanti a Dio che
muove incontro a noi, non possiamo che esclamare, con san Paolo,
Abba, Pater!39, Padre, Padre mio! Pur essendo il creatore
dell’universo, non esige titoli altisonanti né si cura del giusto
riconoscimento del suo potere. Vuole che lo chiamiamo Padre e che,
assaporando questa parola, l’anima ci si riempia di gioia.
La
vita umana, in un certo modo, è un continuo ritorno alla casa del
Padre. Ritorno mediante la contrizione, la conversione del cuore, che
presuppone il desiderio di cambiare, la decisione ferma di migliorare
la nostra vita, e si manifesta pertanto in opere di sacrificio e di
dedizione. Ritorno alla casa del Padre per mezzo del sacramento del
perdono, nel quale, confessando i nostri peccati, ci rivestiamo di
Cristo e ridiventiamo suoi fratelli e membri della famiglia di Dio.
Dio
ci aspetta, come il padre della parabola, con le braccia aperte,
benché non lo meritiamo. Non gli importa l’entità del nostro
debito. Come nel caso del figliol prodigo, dobbiamo solo aprire il
cuore, sentire la nostalgia del focolare paterno, meravigliarci e
37
Cfr Lc 15, 11 ss. 38 Lc 15, 20. 39 Rm 8, 15.
rallegrarci
di fronte al dono divino di poterci chiamare e di essere —
nonostante tante mancanze di corrispondenza — veramente figli di
Dio.
Che
strana capacità ha l’uomo di dimenticare le cose più
meravigliose, di abituarsi al mistero! Ricordiamo ancora una volta,
in questa Quaresima, che il cristiano non può essere superficiale.
Pienamente inserito nel suo lavoro ordinario, in mezzo agli altri
uomini — a cui è uguale in tutto — attivo, impegnato, in
tensione, il cristiano deve, nello stesso tempo, essere pienamente in
Dio, perché ne è figlio.
La
filiazione divina è una verità lieta, un mistero di consolazione.
Riempie tutta la nostra vita spirituale perché ci insegna a
trattare, conoscere, amare il nostro Padre del Cielo, e colma di
speranza la nostra lotta interiore, dandoci la semplicità fiduciosa
propria dei figli più piccoli. Più ancora: dal momento che siamo
figli di Dio, questa realtà ci porta anche a contemplare con amore e
ammirazione tutte le cose che sono uscite dalle mani di Dio, Padre e
Creatore. In tal modo, è amando il mondo che diventiamo
contemplativi in mezzo al mondo.
Nella
Quaresima, la liturgia ha presenti le conseguenze del peccato di
Adamo nella vita dell’uomo. Adamo non volle essere un buon figlio
di Dio e si ribellò. Ma già risuona incessante l’eco del felix
culpa — felice colpa — che la Chiesa intera, piena di gioia,
canterà nella veglia di Pasqua40.
Dio
Padre, giunta la pienezza dei tempi, inviò al mondo il suo Figlio
unigenito perché ristabilisse la pace; perché, redenti dal peccato,
adoptionem filiorum reciperemus41, fossimo costituiti figli di Dio,
liberati dal giogo della schiavitù, resi capaci di partecipare
all’intimità della Trinità divina. E così è stata data all’uomo
nuovo, al nuovo innesto dei figli di Dio 42, la possibilità di
riscattare la creazione intera dal disordine, restaurando tutte le
cose in Cristo
43
,
in Colui che le ha riconciliate con Dio44.
Tempo
di penitenza, quindi. Ma la penitenza, lo abbiamo già visto, non è
un compito negativo. La Quaresima va vissuta in quello spirito di
filiazione che Cristo ci ha comunicato e che palpita nella nostra
anima
45
.
Il Signore ci chiama ad avvicinarci a Lui con il desiderio di essere
come Lui: Fatevi imitatori di Dio quali figli suoi carissimi46,
collaborando umilmente ma con fervore al divino proposito di unire
ciò che è diviso, di salvare ciò che è perduto, di ordinare ciò
che il peccato dell’uomo ha sconvolto, di ricondurre al suo fine
ciò che se ne è allontanato, di ristabilire la divina concordia di
tutto il creato.
La
liturgia della Quaresima assume a volte toni drammatici, conseguenza
della meditazione su ciò che significa per l’uomo allontanarsi da
Dio. Ma non è questa l’ultima parola. L’ultima parola la dice
Dio, ed è la parola del suo amore sa lvifico e misericordioso e,
40
Preconio pasquale. 41 Gal 4, 5. 42 Cfr Rm 6, 4-5. 43 Cfr Ef 1, 5-10.
44 Cfr Col 1, 20. 45 Cfr Gal 4, 6. 46 Ef 5, 1.
pertanto,
la parola che dichiara la nostra filiazione divina. Per questo vi
ripeto oggi con san Giovanni: Quale grande amore ci ha dato il Padre
per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!
47
.
Figli di Dio, fratelli del Verbo fatto carne, di colui di cui fu
detto: In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini48.
Figli della luce, dunque, e fratelli della luce; portatori dell’unica
fiamma capace di accendere i cuori degli uomini.
Mentre,
fra poco, la santa Messa proseguirà, ciascuno di voi dovrà
considerare che cosa gli chiede il Signore, quali propositi, quali
decisioni vuole promuovere in Lui l’azione della grazia. Costatando
dentro di voi queste esigenze soprannaturali e umane di donazione e
di lotta, non dimenticate che Gesù Cristo è il nostro modello. E
ricordate anche che Gesù, che è Dio, permise che fosse tentato,
affinché ci riempissimo di coraggio e fossimo certi della vittoria.
Egli infatti non perde battaglie, e noi, uniti a Lui, non saremo mai
vinti, e potremo chiamarci ed essere veramente vincitori: buoni figli
di Dio.
Cerchiamo
di vivere contenti. Io sono contento. Non dovrei esserlo se guardo la
mia vita e faccio quell’esame personale di coscienza che il tempo
liturgico di Quaresima ci richiede. Eppure sono contento perché vedo
che il Signore mi cerca ancora una volta, che il Signore continua a
essere mio Padre. So che tutti noi, forti dello splendore e
dell’aiuto della grazia, sapremo vedere con decisione che cosa
bisogna bruciare, e la bruceremo; che cosa bisogna strappare, e la
strapperemo; che cosa bisogna donare, e la doneremo.
Il
lavoro non è facile, ma abbiamo una guida chiara, una realtà da cui
non possiamo né dobbiamo prescindere: siamo amati da Dio. Lasceremo
dunque che lo Spirito Santo agisca in noi e ci purifichi, e così
abbracceremo il Figlio di Dio crocifisso e risusciteremo con Lui,
dato che la gioia della Risurrezione ha le sue radici nella Croce.
Maria,
Madre nostra, auxilium christianorum, refugium peccatorum, intercedi
presso tuo Figlio affinché ci invii lo Spirito Santo. Egli
risveglierà nel nostro cuore la decisione di camminare con passo
fermo e sicuro, e ci farà sentire nell’intimo dell’anima
quell’invito che riempì di pace il martirio di uno dei primi
cristiani: Veni ad Patrem49, vieni, torna dal Padre, Egli ti aspetta.
47
1 Gv 3, 1. 48 Gv 1, 4. 49 SANT'IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Epistola ad
Romanos, 7, 2 (PG 5, 694).
Tratto
dal libro “ E’ Gesù che passa “ di Josemarìa Escivà da
pag.121 a pag 139
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