19
aprile 1947.
Una
notte calma e afosa. Non tira un respiro di vento. Le stelle, larghe
e palpitanti, gremiscono il cielo sereno. Il lago, calmo e immobile
tanto da parere una vastissima vasca al riparo dei venti, riflette
sulla sua superficie la gloria di quel cielo palpitante d’astri. Le
piante lungo le rive sono un blocco senza fremiti. Così calmo il
lago che il suo fiotto sulla riva si riduce ad un fruscio lievissimo.
Qualche barca al largo, appena visibile come forma vagante, che
talora mette una stellina a poca distanza dall’onda col suo lumino
legato all’albero della vela a rischiarare l’interno del piccolo
scafo.Non so quale punto del lago sia. Direi in quello più
meridionale, là dove il lago si appresta a ritornar fiume. Alla
periferia di Tarichea, direi, non perché io veda la città, che un
ammasso d’alberi mi nasconde, protendendosi nel lago a fare un
piccolo promontorio collinoso, ma perché così giudico dalle
stelline dei lumi delle barche, che si allontanano verso nord
staccandosi dalle sponde del lago. Dico periferia perché un
mucchietto di casupole, che son tanto poche da non poter costituire
neppure un villaggio, sono riunite lì, ai piedi del piccolo
promontorio. Case povere, quasi sul lido, certo di pescatori.Delle
barche in secco sulla piccola spiaggia; altre, già pronte a
navigare, presso riva, nell’acqua, e così ferme da parer confitte
al suolo, anziché galleggianti.Da una casupola Pietro sporge il
capo. La luce tremolante di un fuoco acceso nella cucina fumosa
illumina da tergo la figura atticciata dell’apostolo, facendola
risaltare come un disegno. Guarda il cielo, guarda il lago... Viene
avanti sino al limite del lido. Poi è con una tunica corta e a piedi
scalzaentra nell’acqua sino a mezza coscia e carezza il bordo di
una barca, proten- dendo il braccio muscoloso.Lo raggiungono i figli
di Zebedeo. «Bella notte». «Fra poco ci sarà la luna». «Sera di
pesca». «Coi remi però». «Non c’è vento». «Che si fa?».
Parlano adagio, a frasi staccate, come uomini usi alla pesca e alle
manovre delle vele e delle reti, che richiedono attenzione e perciò
poche parole.«Sarebbe bene andare. Venderemmo parte della pesca».
Vengono a raggiungerli sulla riva Andrea, Tommaso e Bartolomeo. «Che
calda questa notte!», esclama Bartolomeo. «Farà tempesta? Vi
ricordate quella notte?», chiede Tommaso. «Oh! no! Calmeria, nebbie
forse, ma non tempesta. Io... Io vado a pescare. Chi viene con
me?».«Veniamo tutti. Forse si starà meglio là in mezzo», dice
Tommaso che suda, e aggiunge: «Occorreva alla donna quel fuoco, ma è
come fossimo stati alle terme calde...».«Vado a dirlo a Simone. È
tutto solo là», dice Giovanni. Pietro già prepara la barca insieme
ad Andrea e Giacomo. «Andiamo sino a casa? Una sorpresa per mia
madre...», chiede Giacomo. «No. Non so se posso far venire Marziam.
Prima di... della... Sì, insomma! Prima di andare a Gerusalemme si
era ancora ad Efraim il Signore mi disse di voler fare la seconda
Pasqua con Marziam. Ma poi non mi ha detto altro...».«A me pare che
abbia detto di sì», dice Andrea. «Sì. La seconda Pasqua, sì. Ma
farlo venire prima non so se vuole. Ho fatto tanto sbagli che... Oh!
vieni anche tu?».«Sì, Simone di Giona. Mi ricorderà molte cose
questa pesca...». «Eh! a tutti ricorderà molte cose... E cose che
non torneranno più... Si andava col Maestro in questa barca, sul
lago... E io le volevo bene come fosse una reggia, e mi pareva di non
poter vivere senza di essa. Ma ora che Lui non c’è più, nella
barca... ecco... ci sono dentro e non ne ho gioia», dice
Pietro.«Nessuno ha più gioia delle cose passate. Non è più la
stessa vita. E anche a guardare in- dietro... fra quelle ore passate
e quelle presenti c’è di mezzo quel tempo orrendo...», sospira
Bartolomeo.«Pronti. Venite. Tu al timone e noi ai remi. Andiamo
verso la curva di Ippo. È posto buono. Su! Op! Su! Op!».Pietro da
la voga e la barca scivola sull’acqua cheta, Bartolomeo al timone.
Tommaso e lo Zelote a far da garzoni, pronti a gettar le reti che
preparano stese. Si alza la luna, ossia supera i monti di Gadara (se
non erro) o Gamala, insomma quelli che sono sulla costa orientale ma
verso il sud del lago, e il lago ne riceve il raggio, che fa un
strada di diamanti sull’acque chete.«Ci accompagnerà sino al
mattino». «Se non viene foschia». «I pesci lasciano il fondo
attirati dalla luna». «Se faremo buona pesca, bene sarà. Perché
non abbiamo più denaro. Compreremo pane e porteremo a quelli sul
monte pesce e pane». Parole lente, con pause lunghe fra l’una e
l’altra voce. «Voghi bene, Simone. Non hai perso la vogata!...»,
ammira lo Zelote. «Sì... Maledizione!». «Ma che hai?», chiedono
gli altri. «Ho... Ho che il ricordo di quell’uomo mi perseguita da
per tutto. Mi ricordo di quel giorno che si faceva con due barche a
chi vogava meglio, e lui...». «Io invece pensavo che una delle
prime volte che ebbi la visione del suo abisso di perfidia, fu quella
volta che incontrammo, anzi, che scontrammo le barche dei romani.
Ricordate?»,dice lo Zelote. «Eh! se si ricorda! Mah!... Lui lo
difendeva... e noi... fra le difese del Maestro e le doppiezze del...
del nostro, non si comprese mai bene...», dice Tommaso. «Uhm! Io
più di una volta... Ma diceva: “Non giudicare, Simone!”». «Il
Taddeo lo ebbe sempre in sospetto». «Quello che io non riesco a
credere è che costui non ne abbia saputo mai nulla», dice Gia- como
urtando col gomito suo fratello. Ma Giovanni tace curvando il capo.
«Ormai puoi dire...», dice Tommaso. «Mi sforzo di dimenticare.
Così ne ho avuto ordine. Perché mi volete far disubbidire?». «Hai
ragione. Lasciamolo stare», difende lo Zelote. 5«Calate le reti.
Adagio... Vogate voi. Voga lento. Curva a sinistra, Bartolmai.
Accosta. Vira. Accosta. Vira. Stesa la rete? Sì? Su i remi e
attendiamo», comanda Pietro. Come è bello il dolce lago nella pace
della notte, sotto il bacio della luna! Paradisiaco tanto è puro. La
luna vi si specchia in pieno dal cielo e lo fa di diamante, la sua
fosforescenza trema sui colli, li disvela, fa di neve le città delle
rive... Ogni tanto estraggono la rete. Una cascata arpeggiante di
diamanti sull’argento del lago. Vuota. La immergono di nuovo. Si
spostano. Non hanno fortuna...Le ore passano. La luna tramonta,
mentre la luce dell’alba si fa strada, incerta, verd’azzurra...
Una foschia di caldo fuma verso le rive, specie verso l’estremità
sud del lago. Tiberiade se ne vela e se ne vela Tarichea. Nebbia
bassa, poco compatta, che il primo sole scioglierà. Per evitarla
preferiscono costeggiare il lato d’oriente dove essa è meno fitta,
mentre a ovest, venendo dall’acquitrino che è oltre Tarichea sulla
riva destra del Giordano, essa si af- fittisce come l’acquitrino
fumasse. Vogano attenti per evitare qualche pericolo del fondale,
essi pratici del lago. «Voi, della barca! Avete niente da
mangiare?». Una voce maschile viene dalla riva. Una voce che li fa
sussultare. Ma scrollano le spalle, rispondendo forte: «No»; e poi
fra loro: «Ci pare sempre di sentir lo!...». «Gettate le reti a
destra della barca e troverete». La destra è verso il largo.
Gettano la rete, un poco perplessi. Scosse, peso che fa piegare la
barca dal lato dove è la rete. «Ma questo è il Signore!», grida
Giovanni. «Il Signore, dici?», chiede Pietro. «E ne hai dubbio? Ci
è parsa la sua voce, ma questa ne è la prova, Guarda la rete! È
come quella volta! È Lui, ti dico! Oh! Gesù mio! Dove sei?». Tutti
aguzzano lo sguardo a forare i veli della nebbia, dopo aver bene
assicurata la rete per trascinarla nella scia della barca, posto che
volerla issare è pericolosa manovra, e remano per andare a riva. Ma
Tommaso deve prendere il remo di Pietro che, infilata in fretta e
furia la breve tunica sulle brachette cortissime che erano il suo
unico vestimento, come è quello degli altri meno Bartolomeo, si è
gettato a nuoto nel lago e fende a grandi bracciate l’acqua cheta,
pre- cedendo la barca e mettendo per primo il piede sulla spiaggetta
deserta, dove su due pietre al riparo da un cespuglio spinoso luccica
un fuoco di sterpi. E lì, vicino al fuoco, è Gesù, sorridente e
benigno. «Signore! Signore!». Pietro ha il fiato grosso
dall’emozione e non può dire altro. Grondante d’acqua come è,
non osa toccare neppur la veste del suo Gesù, e sta prostrato
sull’arena con la tunica incollata addosso, adorando. La barca
sfrega sul greto e si ferma. Tutti sono in piedi, agitati dalla
gioia... «Portate qua di quei pesci. Il fuoco è pronto. Venite e
mangiate», ordina Gesù. Pietro corre alla barca e aiuta a issare la
rete, e afferra nel mucchio guizzante tre grossi pesci e li sbatte
sull’orlo della barca per ucciderli e li sbuzza col suo coltello.
Ma gli tremano le mani, oh! non di freddo! Li sciacqua, li porta là
dove è il fuoco e ve li aggiusta sopra, sorve gliandoli nella
cottura. Gli altri stanno adorando il Signore, un poco lontani da
Lui, timorosi come sempre di Lui che è Risorto, così divinamente
potente. «Ecco. Qui è il pane. Avete lavorato tutta la notte e
siete stanchi. Ora vi rifocillerete. È pronto, Pietro?». «Sì, mio
Signore», dice Pietro con una voce ancor più roca del solito, curvo
sul fuoco, e si asciuga gli occhi che gocciano, come se il fumo li
facesse piangere irritandoli insieme alla gola. Ma non è il fumo che
dà quella voce e quelle lacrime... Porta il pesce che ha steso su
una foglia risposa, pare una foglia di zucca e gliel’ha portata
Andrea dopo averla sciacquata nel lago. Gesù offre e benedice,
spezza il pane e i pesci e li distribuisce facendone otto parti e
gustandone Lui pure. Mangiano con la riverenza con cui compirebbero
un rito. Gesù li guarda e sorride. Ma tace Egli pure sinché chiede:
«Dove sono gli altri?». «Sul monte. Dove hai detto. E noi si è
venuti per pescare, perché non si ha più denaro e non vogliamo
abusare dei discepoli». «Fate bene. Però d’ora in avanti voi
apostoli starete sul monte in orazione, edificando con l’esempio i
discepoli. Mandate quelli a pescare. Voi è bene che rimaniate là in
preghiera e per ascoltare quelli che hanno bisogno di consiglio o
possono venire a darvi delle notizie. Teneteli uniti molto i
discepoli. Presto verrò». «Lo faremo, Signore». «Marziam non è
con te?». «Non me lo avevi detto di farlo venire così subito».
«Fallo venire. La sua ubbidienza è finita». «Lo farò venire,
Signore». Un silenzio. Poi Gesù, che era stato un poco a capo
chino, pensando, alza la testa e figge gli sguardi su Pietro. Lo
guarda col suo sguardo delle ore di più forte miracolo e impero.
Pietro ne ha un trasalimento quasi di paura e si getta un poco
indietro... Ma Gesù, posando una mano sulla spalla di Pietro, lo
trattiene fortemente e gli chiede, tenendolo così: «Simone di
Giona, mi ami tu?». «Certo, Signore! Tu lo sai che ti amo»,
risponde Pietro sicuro. «Pasci i miei agnelli... Simone di Giona, mi
ami tu?». «Sì, mio Signore. E Tu lo sai che ti amo». La voce è
meno baldanzosa, è anzi un poco stupita per la ripetizione di quella
domanda. «Pasci i miei agnelli... Simone di Giona, mi ami tu?».
«Signore... Tu sai tutto... Tu sai se io ti amo...», gli trema la
voce a Pietro, che è sicuro del suo amore ma che ha l’impressione
non ne sia sicuro Gesù. «Pasci le mie pecorelle. La tua triplice
professione d’amore ha cancellato la tua triplice negazione. Sei
tutto puro, Simone di Giona, ed Io ti dico: assumi la veste
pontificale e porta la Santità del Signore in mezzo al mio gregge.
Cingiti le vesti alla cintura e tienile cinte sinché da Pastore tu
pure diverrai agnello. In verità ti dico che, quando eri più
giovane, da te ti cingevi e andavi dove volevi, ma quando sarai
invecchiato stenderai le mani ed un altro ti cingerà e ti condurrà
dove non vorresti. Ora però sono Io che ti dico: “Cingiti e
seguimi sulla mia stessa via”. Alzati e vieni». Si alza Gesù e si
alza Pietro, andando verso la riva, e gli altri si danno a spegnere
il fuoco soffocandolo sotto la rena. Ma Giovanni, raccolti i resti
del pane, segue Gesù. Pietro sente lo scalpiccìo dei passi e volge
il capo. Vede Giovanni e chiede, accennandolo a Gesù: «E di questo
che avverrà?». «Se Io voglio che resti finché Io non ritorni, che
te ne importa? Tu seguimi». Sono sulla riva. Pietro vorrebbe ancora
parlare: l’imponenza di Gesù, le parole sentite lo trattengono. Si
inginocchia, imitato dagli altri, e adora. Gesù li benedice e
congeda. Essi salgono in barca e si allontanano remando. Gesù li
guarda andare.
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